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Home » Attualità » Figli coppie omogenitoriali: “Non considerate le famiglie gay un mondo a parte”

Figli coppie omogenitoriali: “Non considerate le famiglie gay un mondo a parte”

La fiorentina Claudia Magnelli ha ottenuto pochi giorni fa la piena adozione del bimbo partorito dalla moglie. E commenta la decisione del governo di bocciare il regolamento Ue sul tema

Geraldina Fiechter
15 Marzo 2023
Mamme coppia omogenitoriale figli

Una coppia di donne con il figlio

Share on FacebookShare on Twitter

La decisione presa ieri dal governo aggiunge un altro tassello al già complicato puzzle di norme e leggi che le coppie omosessuali italiane devono affrontare quando formano una famiglia. Le domande restano ancora tutte in sospeso: come riconoscere all’anagrafe i figli di queste coppie? E quanti genitori hanno nel pieno dei loro diritti/doveri? Come allargare la genitorialità all’altra mamma o papà? A queste domande da ieri si aggiunge una nuova certezza: questi bimbi – nati con inseminazione eterologa o surrogata, pratiche che l’Italia considera illegali – non possono essere iscritti all’elenco anagrafico europeo. E il labirinto si complica.
Ne è uscita per un pelo Claudia Magnelli, fiorentina, che giusto pochi giorni fa ha ottenuto la sentenza di piena adozione per il suo bimbo, partorito dalla moglie. In questo caso tutti i pezzi sono andati a posto, ma il percorso è stato lungo e faticoso.

Coppie omosessuali figli
Stop della commissione Politiche europee al Senato alla proposta di un regolamento europeo per il riconoscimento dei diritti dei figli delle coppie omosessuali

Dunque è arrivata la sentenza definitiva: ora lei ha adottato suo figlio e siete entrambe madri a tutti gli effetti. Come avete scelto questa strada?
“Abbiamo avuto la fortuna di imboccare la via giusta grazie al consiglio di un’avvocatessa molto attiva su questo fronte. Anziché passare dal riconoscimento all’anagrafe del Comune, che avrebbe potuto essere successivamente ostacolato dalle varie norme e sentenze, lei ci ha suggerito di chiedere subito l’adozione in base all’articolo 44″.

Che cosa prevede?
“Consente l’adozione di un minore nei casi particolari e per il bene del bambino“.

La stessa a cui ricorrono i single, che non avendo un marito o una moglie possono solo tentare questa strada. Ma dipende dalla discrezionalità dei tribunali, giusto? 
“Esatto, e noi per fortuna viviamo a Firenze e il Tribunale dei minori ci ha dato l’idoneità senza particolari problemi. Fra l’altro in pochissimo tempo: è stata una sentenza lampo”.

Ma l’adozione speciale prevista dall’articolo 44 non dà una genitorialità piena, si diventa madri o padri con alcune limitazioni. Lei come ha fatto?
“L’avvocatessa ha fatto ricorso in Cassazione ottenendo i miei pieni diritti di maternità.È un iter necessario che fanno tutti”.

Voi avete fatto ricorso alla maternità assistita eterologa?
“Sì, ovviamente non in Italia dove è vietata. Siamo andate in Danimarca, dove ci sono delle bellissima cliniche dedicate a questo”.

È stato un percorso lungo?
“Abbiamo fatto 5 tentativi, quindi è stato abbastanza complesso, oltretutto eravamo in piena pandemia”.

Possiamo chiedere quanto è costato?
“Compreso i viaggi e la permanenza a Copenaghen, abbiamo speso 25mila euro. Lavoriamo entrambe come professioniste e ce l’abbiamo fatta con i risparmi messi da parte nel tempo”.

Si possono scegliere i donatori, in quelle cliniche?
“Puoi decidere cosa vuoi sapere e, in base a quello che chiedi, cambiano anche i costi. Noi non abbiamo chiesto l’accesso alle foto dei donatori da adulti, per esempio, ma volevamo conoscere il fascicolo sanitario per escludere sovrapposizioni con alcune patologie presenti nelle nostre famiglie. Puoi anche scegliere di conoscere il nome del donatore, e noi abbiamo preferito l’anonimato”.

La scelta del governo contro l’iscrizione all’anagrafe europea è stata motivata con l’illegalità, in Italia, della maternità surrogata. Se per lei fosse stata l’unica strada, l’avrebbe percorsa?
“Non so dirle, bisogna trovarsi in quella situazione. Penso che bisognerebbe lasciare la massima libertà, togliendo soprattutto i riflettori dalle coppie gay come fossero un mondo a parte. Vivremo in una società più matura e serena quando si parlerà delle persone a prescindere da chi amano o dalle famiglie che decidono di formare”.

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  • "Ora dobbiamo fare di meno, per il futuro".

Torna anche quest’anno l
  • Per una detenuta come Joy – nigeriana di 34 anni, arrestata nel 2014 per possesso di droga – uscire dal carcere significherà dover imparare a badare a se stessa. Lei che è lontana da casa e dalla famiglia, lei che non ha nessuno ad aspettarla. In carcere ha fatto il suo percorso, ha imparato tanto, ha sofferto di più. Ma ha anche conosciuto persone importanti, detenute come lei che sono diventate delle amiche. 

Mon solo. Nella Cooperativa sociale Gomito a Gomito, per esempio, ha trovato una seconda famiglia, un ambiente lavorativo che le ha offerto “opportunità che, se fossi stata fuori dal carcere, non avrei mai avuto”, come quella di imparare un mestiere e partecipare ad un percorso di riabilitazione sociale e personale verso l’indipendenza, anche economica.

Enrica Morandi, vice presidente e coordinatrice dei laboratori sartoriali del carcere di Rocco D’Amato (meglio noto ai bolognesi come “La Dozza”), si riferisce a lei chiamandola “la mia Joy”, perché dopo tanti anni di lavoro fianco a fianco ha imparato ad apprezzare questa giovane donna impegnata a ricostruire la propria vita: 

“Joy è extracomunitaria, nel nostro Paese non ha famiglia. Per lei sarà impossibile beneficiare degli sconti di pena su cui normalmente possono contare le detenute italiane, per buona condotta o per anni di reclusione maturati. Non è una questione di razzismo, è che esistono problemi logistici veri e propri, come il non sapere dove sistemare e a chi affidare queste ragazze, una volta lasciate le mura del penitenziario. Se una donna italiana ha ad attenderla qualcuno che si fa carico di ospitarla, Joy e altre come lei non hanno nessun cordone affettivo cui appigliarsi”.

L
  • Presidi psicologici, psicoterapeutici e di counselling per tutti gli studenti universitari e scolastici. Lo chiedono l’Udu, Unione degli universitari, e la Rete degli studenti medi nella proposta di legge ‘Chiedimi come sto’ consegnata a una delegazione di parlamentari nel corso di una conferenza stampa a Montecitorio.

La proposta è stata redatta secondo le conclusioni di una ricerca condotta da Spi-Cgil e Istituto Ires, che ha evidenziato come, su un campione di 50mila risposte, il 28 per cento abbia avuto esperienze di disturbi alimentari e oltre il 14 di autolesionismo.

“Nella nostra generazione è ancora forte lo stigma verso chi sta male ed è difficile chiedere aiuto - spiega Camilla Piredda, coordinatrice nazionale dell’Udu - l’interesse effettivo della politica si è palesato solo dopo il 15esimo suicidio di studenti universitari in un anno e mezzo. Ci sembra assurdo che la politica si interessi solamente dopo che si supera il limite, con persone che arrivano a scegliere di togliersi la vita.

Dall’altro lato, è positivo che negli ultimi mesi si sia deciso di chiedere a noi studenti come affrontare e come risolvere, il problema. Non è scontato e non è banale, perché siamo abituati a decenni in cui si parla di nuove generazioni senza parlare alle nuove generazioni”.

#luce #lucenews #università
  • La polemica politica riaccende i riflettori sulle madri detenute con i figli dopo la proposta di legge in merito alla detenzione in carcere delle donne in gravidanza: già presentata dal Pd nella scorsa legislatura, approvata in prima lettura al Senato, ma non alla Camera, prevedeva l’affido della madre e del minore a strutture protette, come le case famiglia, e vigilate. La dichiarata intenzione del centrodestra di rivedere il testo ha messo il Pd sul piede di guerra; alla fine di uno scontro molto acceso, i dem hanno ritirato il disegno di legge ma la Lega, quasi per ripicca, ne ha presentato uno nuovo, esattamente in linea con i desideri della maggioranza.

Lunedì non ci sarà quindi alcuna discussione alla Camera sul testo presentato da Debora Serracchiani nella scorsa legislatura, Tutto ripartirà da capo, con un nuovo testo, firmato da due esponenti del centrodestra: Jacopo Morrone e Ingrid Bisa.

“Questo (il testo Serracchini) era un testo che era già stato votato da un ramo del Parlamento, noi lo avevamo ripresentato per migliorare le condizioni delle detenute madri – ha spiegato ieri il dem Alessandro Zan – ma la maggioranza lo ha trasformato inserendovi norme che di fatto peggiorano le cose, consentendo addirittura alle donne incinte o con figli di meno di un anno di età di andare in carcere. Così non ha più senso, quindi ritiriamo le firme“.

Lo scontro tra le due fazioni è finito (anche) sui social media. "Sul tema delle borseggiatrici e ladre incinte occorre cambiare la visione affinché la gravidanza non sia una scusa“ sottolineano i due presentatori della proposta.

La proposta presentata prevede modifiche all’articolo 146 del codice penale in materia di rinvio obbligatorio dell’esecuzione della pena: “Se sussiste un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti – si legge nel testo presentato – il magistrato di sorveglianza può disporre che l’esecuzione della pena non sia differita, ovvero, se già differita, che il differimento sia revocato. Qualora la persona detenuta sia recidiva, l’esecuzione della pena avviene presso un istituto di custodia attenuata per detenute madri“.

#lucenews #madriincarcere
La decisione presa ieri dal governo aggiunge un altro tassello al già complicato puzzle di norme e leggi che le coppie omosessuali italiane devono affrontare quando formano una famiglia. Le domande restano ancora tutte in sospeso: come riconoscere all’anagrafe i figli di queste coppie? E quanti genitori hanno nel pieno dei loro diritti/doveri? Come allargare la genitorialità all’altra mamma o papà? A queste domande da ieri si aggiunge una nuova certezza: questi bimbi - nati con inseminazione eterologa o surrogata, pratiche che l’Italia considera illegali - non possono essere iscritti all’elenco anagrafico europeo. E il labirinto si complica. Ne è uscita per un pelo Claudia Magnelli, fiorentina, che giusto pochi giorni fa ha ottenuto la sentenza di piena adozione per il suo bimbo, partorito dalla moglie. In questo caso tutti i pezzi sono andati a posto, ma il percorso è stato lungo e faticoso.
Coppie omosessuali figli
Stop della commissione Politiche europee al Senato alla proposta di un regolamento europeo per il riconoscimento dei diritti dei figli delle coppie omosessuali
Dunque è arrivata la sentenza definitiva: ora lei ha adottato suo figlio e siete entrambe madri a tutti gli effetti. Come avete scelto questa strada? "Abbiamo avuto la fortuna di imboccare la via giusta grazie al consiglio di un’avvocatessa molto attiva su questo fronte. Anziché passare dal riconoscimento all’anagrafe del Comune, che avrebbe potuto essere successivamente ostacolato dalle varie norme e sentenze, lei ci ha suggerito di chiedere subito l’adozione in base all’articolo 44". Che cosa prevede? "Consente l’adozione di un minore nei casi particolari e per il bene del bambino". La stessa a cui ricorrono i single, che non avendo un marito o una moglie possono solo tentare questa strada. Ma dipende dalla discrezionalità dei tribunali, giusto?  "Esatto, e noi per fortuna viviamo a Firenze e il Tribunale dei minori ci ha dato l’idoneità senza particolari problemi. Fra l’altro in pochissimo tempo: è stata una sentenza lampo". Ma l’adozione speciale prevista dall’articolo 44 non dà una genitorialità piena, si diventa madri o padri con alcune limitazioni. Lei come ha fatto? "L’avvocatessa ha fatto ricorso in Cassazione ottenendo i miei pieni diritti di maternità.È un iter necessario che fanno tutti". Voi avete fatto ricorso alla maternità assistita eterologa? "Sì, ovviamente non in Italia dove è vietata. Siamo andate in Danimarca, dove ci sono delle bellissima cliniche dedicate a questo". È stato un percorso lungo? "Abbiamo fatto 5 tentativi, quindi è stato abbastanza complesso, oltretutto eravamo in piena pandemia". Possiamo chiedere quanto è costato? "Compreso i viaggi e la permanenza a Copenaghen, abbiamo speso 25mila euro. Lavoriamo entrambe come professioniste e ce l’abbiamo fatta con i risparmi messi da parte nel tempo". Si possono scegliere i donatori, in quelle cliniche? "Puoi decidere cosa vuoi sapere e, in base a quello che chiedi, cambiano anche i costi. Noi non abbiamo chiesto l’accesso alle foto dei donatori da adulti, per esempio, ma volevamo conoscere il fascicolo sanitario per escludere sovrapposizioni con alcune patologie presenti nelle nostre famiglie. Puoi anche scegliere di conoscere il nome del donatore, e noi abbiamo preferito l’anonimato". La scelta del governo contro l’iscrizione all’anagrafe europea è stata motivata con l’illegalità, in Italia, della maternità surrogata. Se per lei fosse stata l’unica strada, l’avrebbe percorsa? "Non so dirle, bisogna trovarsi in quella situazione. Penso che bisognerebbe lasciare la massima libertà, togliendo soprattutto i riflettori dalle coppie gay come fossero un mondo a parte. Vivremo in una società più matura e serena quando si parlerà delle persone a prescindere da chi amano o dalle famiglie che decidono di formare".
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