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Home » Attualità » Fine vita: Marco Cappato e Mina Welby assolti nel processo sul caso Davide Trentini. “È un precedente giudiziario. Ora serve la legge”

Fine vita: Marco Cappato e Mina Welby assolti nel processo sul caso Davide Trentini. “È un precedente giudiziario. Ora serve la legge”

La Corte d'Assise di Genova conferma l'innocenza dell'attivista e di Mina Welby nel caso di suicidio assistito dopo quello di dj Fabo. "Abbiamo lanciato un referendum sull'eutanasia, la politica dia delle risposte"

Elisa Serafini
1 Maggio 2021
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Marco Cappato e Mina Welby sono innocenti: a stabilirlo, nuovamente è la Corte di Assise di Genova, dopo la sentenza di Massa nel Processo che riguardava l’aiuto al suicidio a Davide Trentini. Un caso diverso da quello di Dj Fabo per alcuni elementi molto significativi, ma che non sembra ancora sufficiente per invitare il Parlamento a legiferare. Per questo l’Associazione Luca Coscioni ha lanciato una campagna di raccolta firme per chiedere un referendum sul tema dell’eutanasia.
Luce! ha intervistato Marco Cappato.

 

Marco Cappato è un politico e attivista italiano, tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni – Ph. Micheal Braha

Marco, perché questa sentenza è importante?
“Perché fissa un precedente di interpretazione della sentenza della Corte Costituzionale di un anno e mezzo fa sul tema del fine vita. La Corte Costituzionale ha stabilito che, a certe condizioni, si può avere il diritto di essere aiutati a morire (e quindi non debba essere applicato l’articolo 580 del Codice Penale, relativo all’istigazione aiuto al suicidio).
Le condizioni sono: la volontà lucida della persona, la sofferenza insopportabile, la malattia irreversibile e l’essere tenuti in vita da trattamenti di sostegno vitale. In questo caso abbiamo un elemento di importante novità sull’interpretazione di quest’ultima condizione”.

 

Qual è la differenza di questa sentenza sul caso Davide Trentini rispetto a Dj Fabo?
“Ci sono due interpretazioni della formula relativa al sostegno vitale: una più restrittiva, ovvero che il paziente deve essere attaccato a delle macchine. Nel nostro caso invece anche cure farmacologiche salva vita sono da considerarsi allo stesso modo, anche se la loro interruzione non andasse a provocare immediatamente la morte. Davide Trentini non  era attaccato ad una macchina e quindi la Corte di Appello, rigettando l’appello del PM, ha confermato la nostra interpretazione”.

 

Marco Cappato e Mina Welby, insieme all’avvocato Filomena Gallo – Ph. Micheal Braha

Ora cosa manca, dopo questa pronuncia?
“È importante che si arrivi ad una legge.  La pronuncia è arrivata 4 anni dopo l’autodenuncia, iter del genere non sono sostenibili per un malato, per questo deve intervenire la politica. Immaginiamo un malato che voglia ottenere quel diritto preventivamente. Cosa fa, aspetta?
In un anno e mezzo dalla sentenza della Corte Costituzionale nemmeno una persona è stata aiutata in Italia a morire legalmente. La Corte ha fissato il principio ma per definire le procedure, le responsabilità, i tempi e le scadenze (ad esempio entro quando deve rispondere il sistema sanitario) è necessaria una legge.

 

Perché la politica non interviene su temi come questo?
“Perché, evidentemente, essendo temi che interpellano la coscienza delle persone e dei parlamentari, si prestano poco alle manovre di maggioranza e opposizione e non sono “utili” per i capi politici.
Noi sappiamo, è un’indiscrezione, che ci sarebbe all’esame un testo parlamentare che si limita a recepire la sentenza della Corte Costituzionale. Ma avrebbe due limiti: innanzitutto è partito da un caso preciso, e poi copre solo l’aiuto al suicidio e non l’eutanasia ad opera del medico su richiesta del paziente”.

Chi rimarrebbe fuori da questa legge e dalla sentenza della Corte Costituzionale?
“Verrebbero esclusi tutti quei malati che soffrono, nel quadro di malattia irreversibile, ma che non sono tenuti da trattamenti salva vita. Il caso più comune è quello dei malati oncologici terminali, che non sono dipendenti da terapia farmacologica ma da cure palliative”.

Cappato, Welby e i legali dopo la sentenza della Corte d’Assise di Genova – Ph. Micheal Braha

Cosa serve oggi in Italia?
“Serve una depenalizzazione piena dell’eutanasia e per fare questo abbiamo depositato una richiesta di referendum. Chiediamo l’abolizione dell’articolo del Codice Penale (riguardante l’omicidio del consenziente), mantenendo le aggravanti per minori e persone con deficienza psichica. Raccoglieremo le firme per depenalizzare il reato, aprendo la strada ad una legge per l’eutanasia”.

Quali Paesi possono essere considerati un buon esempio su questo tema?
“Belgio, Olanda, Lussemburgo, l’Oregon e la Spagna si sono già mossi in questa direzione. La Svizzera, inoltre è l’unico Paese che ammette all’eutanasia anche cittadini non residenti. Ora è tempo di lavorare anche per una legge in Italia”.

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  • Aumentano, purtroppo, gli episodi di bullismo e cyberbullismo. 

I minori vittime di prepotenze nella vita reale, o che le abbiano subite qualche volta sono il 54%, contro il 44% del 2020. Un incremento significativo, di ben 10 punti, che deve spingerci a riflettere. 

Per quanto riguarda il cyber bullismo, il 31% dei minori ne è stato vittima almeno una volta, contro il 23% del 2020. Il fenomeno sembra interessare più i ragazzi delle ragazze sia nella vita reale (il 57% dei maschi è stato vittima di prepotenze, contro il 50% delle femmine) sia in quella virtuale (32% contro 29%). Nel 42% si tratta di offese verbali, ma sono frequenti anche violenze fisiche (26%) e psicologiche (26%).

Il 52% è pienamente consapevole dei reati che commette se intraprende un’azione di bullismo usando internet o lo smartphone, il 14% lo è abbastanza, ma questo non sembra un deterrente. Un 26%, invece, dichiara di non saperne nulla della gravità del reato. Intervistati, con risposte multiple, sui motivi che spingono ad avere comportamenti di prepotenza o di bullismo nei confronti degli altri, il 54% indica il body shaming. 

Mentre tra i motivi che spingono i bulli ad agire in questo modo, il 50% afferma che così dimostra di essere più forte degli altri, il 47% si diverte a mettere in ridicolo gli altri, per il 37% il bullo si comporta in questo modo perché gli piace che gli altri lo temano.

Ma come si comportano se assistono a episodi di bullismo? Alla domanda su come si comportano i compagni quando assistono a queste situazioni, solo il 34% risponde “aiutano la vittima”, un dato che nel 2020 era il 44%. 

Un calo drastico, che forse potrebbe essere spiegato con una minore empatia sociale dovuta al distanziamento sociale e al lockdown, che ha impedito ai minori di intessere relazioni profonde. Migliora, invece, la percentuale degli insegnanti che, rendendosi conto di quanto accaduto, intervengono prontamente (46% contro il 40% del 2020). Un 7%, però, dichiara che i docenti, sebbene si rendano conto di quanto succede, non fanno nulla per fermare le prepotenze.

I giovanissimi sono sempre più iperconessi, ma sono ancora in grado di legarsi?

#lucenews #giornatacontroilbullismo
  • “Non sono giorni facilissimi, il dolore va e viene: è molto difficile non pensare a qualcosa che ti fa male”. Camihawke, al secolo Camilla Boniardi, una delle influencer più amate del web si mette ancora una volta a nudo raccontando le sue insicurezze e fragilità. In un post su Instagram parla della tricodinia. 

“Se fosse tutto ok, per questa tricodinia rimarrebbe solo lo stress come unica causa e allora dovrò modificare qualcosa nella mia vita. Forse il mio corpo mi sta parlando e devo dargli ascolto."

La tricodinia è una sensazione dolorosa al cuoio capelluto, accompagnata da un bruciore o prurito profondo che, in termini medici, si chiama disestesia. Può essere transitoria o diventare cronica, a volte perfino un gesto quotidiano come pettinarsi o toccarsi i capelli può diventare molto doloroso. Molte persone – due pazienti su tre sono donne – lamentano formicolii avvertiti alla radice, tra i follicoli e il cuoio capelluto. Tra le complicazioni, la tricodinia può portare al diradamento e perfino alla caduta dei capelli. 

#lucenews #lucelanazione #camihawke #tricodinia
  • Dai record alle prime volte all’attualità, la 65esima edizione dei Grammy Awards non delude quanto a sorprese. 

Domenica 5 febbraio, in una serata sfavillante a Los Angeles, la cerimonia dell’Oscare della musica della Recording Academy ha fatto entusiasmare sia per i big presenti sia per i riconoscimenti assegnati. 

Intanto ad essere simbolicamente premiate sono state le donne e i manifestanti contro la dittatura della Repubblica Islamica: “Baraye“, l’inno delle proteste in Iran, ha vinto infatti il primo Grammy per la canzone che ispira cambiamenti sociali nel mondo. Ad annunciarlo dal palco è stata nientemeno che  la first lady americana Jill Biden.

L’autore, il 25enne Shervin Hajipour, era praticamente sconosciuto quando è stato eliminato dalla versione iraniana di American Idol, ma la sua canzone è diventata un simbolo delle proteste degli ultimi mesi in Iran evocando sentimenti di dolore, rabbia, speranza e desiderio di cambiamento. Hajipour vive nel Paese in rivolta ed è stato arrestato dopo che proprio questo brano, a settembre, è diventata virale generando oltre 40 milioni di click sul web in 48 ore.

#lucenews #grammyawards2023 #shervinhajipour #iran

Marco Cappato e Mina Welby sono innocenti: a stabilirlo, nuovamente è la Corte di Assise di Genova, dopo la sentenza di Massa nel Processo che riguardava l’aiuto al suicidio a Davide Trentini. Un caso diverso da quello di Dj Fabo per alcuni elementi molto significativi, ma che non sembra ancora sufficiente per invitare il Parlamento a legiferare. Per questo l’Associazione Luca Coscioni ha lanciato una campagna di raccolta firme per chiedere un referendum sul tema dell’eutanasia. Luce! ha intervistato Marco Cappato.

 
Marco Cappato è un politico e attivista italiano, tesoriere dell'Associazione Luca Coscioni - Ph. Micheal Braha

Marco, perché questa sentenza è importante? "Perché fissa un precedente di interpretazione della sentenza della Corte Costituzionale di un anno e mezzo fa sul tema del fine vita. La Corte Costituzionale ha stabilito che, a certe condizioni, si può avere il diritto di essere aiutati a morire (e quindi non debba essere applicato l’articolo 580 del Codice Penale, relativo all’istigazione aiuto al suicidio). Le condizioni sono: la volontà lucida della persona, la sofferenza insopportabile, la malattia irreversibile e l’essere tenuti in vita da trattamenti di sostegno vitale. In questo caso abbiamo un elemento di importante novità sull’interpretazione di quest’ultima condizione".

 

Qual è la differenza di questa sentenza sul caso Davide Trentini rispetto a Dj Fabo? "Ci sono due interpretazioni della formula relativa al sostegno vitale: una più restrittiva, ovvero che il paziente deve essere attaccato a delle macchine. Nel nostro caso invece anche cure farmacologiche salva vita sono da considerarsi allo stesso modo, anche se la loro interruzione non andasse a provocare immediatamente la morte. Davide Trentini non  era attaccato ad una macchina e quindi la Corte di Appello, rigettando l’appello del PM, ha confermato la nostra interpretazione".

 
Marco Cappato e Mina Welby, insieme all'avvocato Filomena Gallo - Ph. Micheal Braha

Ora cosa manca, dopo questa pronuncia? "È importante che si arrivi ad una legge.  La pronuncia è arrivata 4 anni dopo l’autodenuncia, iter del genere non sono sostenibili per un malato, per questo deve intervenire la politica. Immaginiamo un malato che voglia ottenere quel diritto preventivamente. Cosa fa, aspetta? In un anno e mezzo dalla sentenza della Corte Costituzionale nemmeno una persona è stata aiutata in Italia a morire legalmente. La Corte ha fissato il principio ma per definire le procedure, le responsabilità, i tempi e le scadenze (ad esempio entro quando deve rispondere il sistema sanitario) è necessaria una legge.

 

Perché la politica non interviene su temi come questo? "Perché, evidentemente, essendo temi che interpellano la coscienza delle persone e dei parlamentari, si prestano poco alle manovre di maggioranza e opposizione e non sono "utili" per i capi politici. Noi sappiamo, è un'indiscrezione, che ci sarebbe all’esame un testo parlamentare che si limita a recepire la sentenza della Corte Costituzionale. Ma avrebbe due limiti: innanzitutto è partito da un caso preciso, e poi copre solo l’aiuto al suicidio e non l’eutanasia ad opera del medico su richiesta del paziente".

Chi rimarrebbe fuori da questa legge e dalla sentenza della Corte Costituzionale? "Verrebbero esclusi tutti quei malati che soffrono, nel quadro di malattia irreversibile, ma che non sono tenuti da trattamenti salva vita. Il caso più comune è quello dei malati oncologici terminali, che non sono dipendenti da terapia farmacologica ma da cure palliative".

Cappato, Welby e i legali dopo la sentenza della Corte d'Assise di Genova - Ph. Micheal Braha

Cosa serve oggi in Italia? "Serve una depenalizzazione piena dell’eutanasia e per fare questo abbiamo depositato una richiesta di referendum. Chiediamo l'abolizione dell’articolo del Codice Penale (riguardante l’omicidio del consenziente), mantenendo le aggravanti per minori e persone con deficienza psichica. Raccoglieremo le firme per depenalizzare il reato, aprendo la strada ad una legge per l’eutanasia".

Quali Paesi possono essere considerati un buon esempio su questo tema? "Belgio, Olanda, Lussemburgo, l’Oregon e la Spagna si sono già mossi in questa direzione. La Svizzera, inoltre è l’unico Paese che ammette all’eutanasia anche cittadini non residenti. Ora è tempo di lavorare anche per una legge in Italia".

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