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Home » Attualità » La comunità LGBTQ+ raccontata dalla voce dei protagonisti: dialogo tra “Generazioni”

La comunità LGBTQ+ raccontata dalla voce dei protagonisti: dialogo tra “Generazioni”

Luca De Santis, fondatore di Geekqueer è l'autore del podcast disponibile in esclusiva su Storytel dall’1 giugno in cui, seguendo il filo rosso della sua esperienza, fa 'incontrare' passato, presente e futuro del movimento

Marianna Grazi
5 Giugno 2022
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“Mi chiamo Luca de Santis e ho la fortuna di far parte della comunità LGBTQ+ italiana da molti anni, o almeno abbastanza da aver vissuto importanti cambiamenti sociali, culturali e politici”. Quarantaquattro anni, scrittore, fumettista. E fondatore di “Geekqueer”, primo blog al mondo a fare un censimento dei personaggi Lgbtq nella storia dei videogiochi. “L’ho aperto farmi aiutare nel lavoro di scrittura del saggio ‘Videogame’. La ricerca parte dalla fine degli anni ’70 fino al 2005 e mi sono accorto che in Italia non c’era una vera community di videogiocatori”, racconta De Santis. “Il nome Geekqueer arriva proprio dal fatto che ‘geek’ è chi è interessato alla tecnologia e al termine ‘queer’ sono molto affezionato. In realtà aveva un’accezione negativa in inglese, perché vuol dire ‘frocio’, però la comunità Lgbtq se n’è appropriata e utilizzandola ha tolto tutto quell’alone negativo. Nel tempo è diventato un termine ombrello con un’accezione molto sovversiva, perché indica tutto ciò che non rientra nel binarismo”.

Ma Luca, che sui social ha adottato proprio il nome Geekqueer, oggi è anche l’autore e protagonista di “Generazioni”, un podcast in sei puntate disponibile in esclusiva su Storytel dall’1 giugno. La sua esperienza è il fil rouge del racconto, dal coming out giovanissimo, da ragazzo del sud a Campobasso, la sua città natale, all’uomo di oggi, che guarda ai giovani con speranza ma senza perdere di vista coloro che gli hanno dato gli strumenti necessari per la sua autodeterminazione. Una sorta di memoir, tra storia, attivismo, politica, ripercorrendo un passato che, per quanto (non ancora abbastanza) superato, non va però dimenticato, e che si incontra ora con il presente nelle lettere L,G,B,T,Q, e nel simbolo +. “Ho deciso così di incontrare le persone che sono state importanti nella mia formazione, e dialogare con quelle più giovani” racconta a Luce! emozionato da questa esperienza. Un ultimo viaggio alla riscoperta di sé attraverso la storia di tanti e tante, ma anche uno strumento, una sorta di bussola per orientarsi, oggi e in futuro, all’interno della comunità stessa.

Luca de Santis Geekqueer
Luca de Santis nei primi anni Duemila ha aperto il blog Geekqueer che è il primo al modno a fare un censimento sui personaggi Lgbtq+ nei videogames (Ph. Eleonora Festari)

Luca, l’idea del sovvertire lo status quo si addice sia all’ambito della comunità Lgbtq che a quella dei videogame?

“Sì perché all’epoca si faceva un po’ una rivoluzione e la si fa ancora oggi. Quando ho iniziato la raccolta dei dati sul blog, 17 anni fa, c’erano pochissimi videogiochi, c’era pochissima rappresentazione e soprattutto non c’era la disposizione di ora. Non che adesso ci siano tantissimi personaggi Lgbtq… Ce ne sono di più e sicuramente sono più esposti, adesso sono presenti non solo in produzioni indi o piccoline ma in produzioni grandissime. E sono personaggi principali. Abbiamo fatto un grande passo ma è solo l’inizio: i dati sono incoraggianti, perché siamo arrivati, nel 2021, al 10% di rappresentazione di personaggi Lgbtq nelle produzioni televisive e cinematografiche di prima serata. Sicuramente sta andando meglio, ma questo vuol dire che c’è sempre un 90% di produzione dove non c’è rappresentazione. Niente dittatura del politicamente corretto insomma”.  

Luca de Santis-videogames
Luca de Santis, 44 anni, ha aperto il blog Geekqueer per raccogliere dati sulla rappresentazione Lgbtq+ nei vidogiochi in vista della pubblicazione del suo saggio “Videogames”

Si parla di qualcosa che è iniziata a cambiare appena un paio di decenni fa…

“Secondo me l’anno di svolta è stato il 2000 perché è stato organizzato il World Pride durante l’anno del Giubileo. Il Mario Mieli (il circolo di cultura omosessuale intitolato allo scrittore, ndr), con tutte le associazioni d’Italia, organizza il Pride più grande del mondo, dove partecipa un milione di persone. Il World Pride è diventato una bomba che è deflagrata su tutti i giornali, le televisioni, non solo perché ci stavamo inserendo nell’Anno Santo, ma ci siamo inseriti e imposti nel discorso politico con le nostre istanze. Da lì non ce ne siamo più andati. Erano anni in cui già si avanzavano proposte di unioni civili, però dal 2000 in poi è sempre stato un tema presente nei programmi politici alle elezioni, non solo dai candidati Lgbtq ma nei candidati di sinistra. Dopo è stato difficile far finta che quei temi non fossero urgenti”.

E da lì in poi anche il Pride è diventato qualcosa di diverso, in Italia?

“Dopo il Duemila c’è stata l’idea di farlo in tutte le città. Prima abbiamo sempre organizzato la parata in un posto: c’è stato il Pride a Roma, il primo nel 1994, poi a Bologna nel 1995, poi il Pride a Napoli e così via. Dopo è nata l’idea di dividere in tantissimi piccoli Pride in tutte le città, per parlarne sempre di più e per far capire che eravamo presenti in tutta Italia. Diventiamo presenti ovunque”. 

Come vede la situazione dei diritti civili oggi nel nostro Paese?

“La questione sociale è tutta legata a stretto filo, basti pensare che siamo tornati a parlare di diritto all’aborto. Qualche anno fa, alla presentazione di un mio fumetto a Campobasso, parlando di diritti delle donne avevamo scoperto che il Molise era l’unica regione italiana con un solo medico non obiettore e quel medico stava andando in pensione a 70 anni perché non trovava sostituti”. 

Arriviamo al suo podcast, partendo dal titolo: perché Generazioni?

Generazioni podcast storytel
Generazioni è un podcast in sei puntate, disponibile su Storytel, che segue l’acronimo Lgbtq+ nel raccontare la comunità attraverso la voce dei protagonisti passati, presenti e futuuri

“Volevamo mettere un focus che fosse più chiaro possibile su qual era il tema del podcast. Quello che mi ha spinto a iniziare a scrivere è il far dialogare le generazioni precedenti e quelle successive alla mia. Essendo stato molto precoce nel mio coming out, a 15 anni, questa voglia di militanza e di attivismo l’ho sviluppata presto e quando sono arrivato a Bologna (al Cassero a 17 anni, ndr) ho conosciuto subito la generazione precedente alla mia che è stata quella che mi ha formato. Negli anni a venire ho avuto la fortuna di vivere tutte le realtà più grandi in Italia. Poi ho iniziato a scrivere i miei libri e ho continuato a fare conferenze in tutti i circoli arcigay italiani, anche quelli piccolini e sperduti. E infine, lavorando in pubblicità, mi sono specializzato nella comunicazione sul target giovane. Quindi questa percezione delle generazioni che mi hanno preceduto e quelle successive l’ho sempre mantenuta: da una parte erano i miei amici e le persone che mi hanno insegnato, dall’altra ho sempre sentito una grande responsabilità sui ragazzi più giovani”. 

Perché questa esigenza proprio ora?

“Ho notato che in questi ultimi tempi si sta perdendo un po’ il filo del discorso: il dialogo iniziato dalle vecchie generazioni e portato avanti dalla mia si stava assottigliando e perdendo con le ultime. Quando abbiamo iniziato con Antonia (Caruso, attivist* trans/femminista, ndr) a pensare a questo podcast ci siamo imposti una regola: non portare avanti nessuna regola. Volevamo capire cosa stesse succedendo e chiederlo alle vecchie e alle nuove generazioni. Capire se effettivamente questa percezione che avevamo di ‘non comunicazione’ era reale o no. Ma non abbiamo avanzato tesi. Ci sono state conferme e ci sono state sorprese, ma abbiamo capito che il titolo doveva essere quello, chiaro e semplice”. 

Come si struttura il podcast?

“I sei episodi seguono l’acronimo Lgbtq+. Ma non in questo ordine perché in realtà abbiamo seguito la mia storia personale che è un po’ il filo rosso e il pretesto per andare a chiacchierare con i nostri ospiti, chiedendo loro: ‘Parlami di come è iniziato il tuo attivismo e la tua militanza e secondo te dove va a finire?’. Sono stati dei monologhi in pratica, non interviste, ci siamo posti in ascolto”. 

Luca de Santis
De Santis ha fatto coming out giovanissimo e ha iniziato molto presto a militare e a fare attivismo, spostandosi da Campobasso a Bologna a 17 anni

Chi sono gli ospiti di Generazioni?

“Sono persone a me molto care, perché mi hanno formato in questo percorso di autodeterminazione. Si inizia con Beppe Ramina, che è uno storico del movimento Lgbt bolognese ed è la lettera G. Nel secondo episodio c’è Bruno Pompa, la lettera Q, che per tantissimi anni è stato il direttore creativo del Cassero. Poi Egizia Mondini che è stata la direttrice di OUT (la rivista patinata gratuita prodotta a Roma, ndr) ed è la lettera L. Si continua dopo con la lettera T e c’è Porpora Marcasciano, ex presidentessa del MIT, e lì raccontiamo tutto il WorldPride del 2000. Poi La lettera B è rappresentata da Debora Di Cave, prima presidente del Mario Mieli, che ha una lunga tradizione di presidenti donne rispetto al Cassero che è molto maschile. Nell’ultima puntata, dedicata al segno +, ci sono tre ragazzi: diciamo che tiro le fila del discorso nel chiacchierare con Majid, Stephan e Camilla. Majid è un ragazzo transgender intersessuale, Stephan è intersessuale e Camilla è una ragazza lesbica nonché la prima presidente del Cassero donna”.

Ci spiega il segno più?

“Majid inizia con una frase bellissima: ‘Tranne le prime due lettere dell’acronimo, io tutte le altre le ho’. Perché è un ragazzo transgender, che si scopre intersessuale, bisessuale e asessuale e quindi dice: ‘Io faccio coming out in continuazione’. Secondo me questo è il racconto più bello di come le nuove generazioni approcciano alla propria autodeterminazione. È una ricerca continua. Non si fermano, mai. Sanno che è tutto in evoluzione, che ogni lettera dell’acronimo non è un’etichetta ma è solo una definizione che può servire a orientarsi, può essere uno strumento per capire cosa sta succedendo nella propria identità. Non è qualcosa che attaccano gli altri ma che scegli tu, se non ti sta più bene ce ne sono altre e se non ci sono si creano. Ecco spiegato il segno +. È il segno che dà più speranza, è davvero una proiezione a quel futuro in cui forse questo percorso non sarà più difficoltoso e doloroso, ma sarà sempre più semplice”.

Luca de Santis
Luca de Santis nel podcast Generazioni si confronta con persone della comunità Lgbtq+ che lo hanno formato, con i protagonisti di oggi e con i ragazzi più giovani

Tre parole che cancellare dal lessico comune? 

“Allora non mi piace ‘buonista’, ma nel senso che trovo sia una parola positiva e non negativa, ma siamo arrivati addirittura a pensare che essere buoni sia un difetto. È una parola che non mi piace per come viene interpretata. Non mi piace ‘dittatura del politicamente corretto’ perché è un falso retorico visto che i dati dicono tutt’altro. La terza è ‘esclusione’”.

Tre che invece le piacciono? 

“Sicuramente ‘generazioni’ è una di queste – ride –, poi mi mi piace la parola ‘viaggio’ perché è quello che facciamo tutti quanti, e mi piace la parola ‘ascolto’”. 

E se le dico luce a cosa pensa?

“Mi viene in mente la luce in fondo al tunnel, perché sono un ottimista. Sono convinto che alla fine di questo tunnel c’è una luce molto forte e molto calda”.

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  • La polemica politica riaccende i riflettori sulle madri detenute con i figli dopo la proposta di legge in merito alla detenzione in carcere delle donne in gravidanza: già presentata dal Pd nella scorsa legislatura, approvata in prima lettura al Senato, ma non alla Camera, prevedeva l’affido della madre e del minore a strutture protette, come le case famiglia, e vigilate. La dichiarata intenzione del centrodestra di rivedere il testo ha messo il Pd sul piede di guerra; alla fine di uno scontro molto acceso, i dem hanno ritirato il disegno di legge ma la Lega, quasi per ripicca, ne ha presentato uno nuovo, esattamente in linea con i desideri della maggioranza.

Lunedì non ci sarà quindi alcuna discussione alla Camera sul testo presentato da Debora Serracchiani nella scorsa legislatura, Tutto ripartirà da capo, con un nuovo testo, firmato da due esponenti del centrodestra: Jacopo Morrone e Ingrid Bisa.

“Questo (il testo Serracchini) era un testo che era già stato votato da un ramo del Parlamento, noi lo avevamo ripresentato per migliorare le condizioni delle detenute madri – ha spiegato ieri il dem Alessandro Zan – ma la maggioranza lo ha trasformato inserendovi norme che di fatto peggiorano le cose, consentendo addirittura alle donne incinte o con figli di meno di un anno di età di andare in carcere. Così non ha più senso, quindi ritiriamo le firme“.

Lo scontro tra le due fazioni è finito (anche) sui social media. "Sul tema delle borseggiatrici e ladre incinte occorre cambiare la visione affinché la gravidanza non sia una scusa“ sottolineano i due presentatori della proposta.

La proposta presentata prevede modifiche all’articolo 146 del codice penale in materia di rinvio obbligatorio dell’esecuzione della pena: “Se sussiste un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti – si legge nel testo presentato – il magistrato di sorveglianza può disporre che l’esecuzione della pena non sia differita, ovvero, se già differita, che il differimento sia revocato. Qualora la persona detenuta sia recidiva, l’esecuzione della pena avviene presso un istituto di custodia attenuata per detenute madri“.

#lucenews #madriincarcere
  • Paese che vai inquinamento che trovi. O, se volete, un mal comune che non diventa affatto un mezzo gaudio. Secondo uno studio pubblicato su “The Lancet Planetary Health”, primo autore il professore Yuming Guo, sono infatti a appena 8 milioni le persone che possono dire di respirare aria pulita: lo 0,001% della popolazione mondiale, che vive su una percentuale irrisoria del globo terraqueo, lo 0,18%.

Per i rimanenti 7 miliardi e passa la situazione è grama, se non critica, con la concentrazione annuale di polveri sottili che è costantemente al di sopra della soglia di sicurezza indicata dall’Oms, Organizzazione mondiale della sanità (PM2.5 inferiori a 5 µg/m3), un limite oltre il quale il rischio per la salute diventa considerevole. E come se non bastasse la concentrazione media giornaliera globale è di 32,8 µg/m3, più del doppio della soglia Oms.

Lo studio pubblicato su “Lancet” è il primo al mondo ad aver ricostruito i valori giornalieri di polveri sottili, ovvero smog, su tutto il Pianeta, attraverso un metodo complesso e multifattoriale che ha permesso di ottenere dei valori anche nelle regioni non monitorate, grazie a un mix fatto di osservazioni tradizionali di monitoraggio della qualità dell’aria, rilevatori meteorologici e di inquinamento atmosferico via satellite, metodi statistici e di apprendimento automatico (machine learning).

Dati allarmanti, dunque. Per quanto qualche segnale di miglioramento comincia a intravvedersi, con il totale dei giorni con concentrazioni eccessive che sta diminuendo nel complesso. I dati degli ultimi 20 anni rivelano delle tendenze positive in Europa e Nord America, dove l’inquinamento da PM2.5 è sceso, ma non in Asia meridionale, Australia e Nuova Zelanda, America Latina e Caraibi, dove il trend è invece di crescita. Le concentrazioni più elevate di PM2.5 sono state rilevate nelle regioni dell’Asia orientale (50 µg/m3) e meridionale (37,2 µg/m3), seguite dall’Africa settentrionale (30,1 µg/m3). Poco da gioire, dunque e molto da lavorare.

#lucenews #inquinamento
  • L’arrivo della bella stagione ha il sapore del gelato 🍦

Golosi ma di qualità. È il rapporto degli italiani con il gelato artigianale secondo un’indagine di Glovo. Piattaforma di consegne, e Gusto17, brand gourmet, in vista del Gelato Day del prossimo 24 marzo.

Nel 2022 solo sull’app di Glovo gli italiani hanno ordinato più di 2 milioni di gelati, il 16% in più rispetto al 2021, con una media di 5.500 gelati al giorno, principalmente dalle gelaterie di quartiere, facendo aumentare le vendite del 138% per i piccoli esercenti. In particolare, il picco di ordini si registra alle 21.

Tra i gusti più amati dagli italiani ci sono: crema, pistacchio, nocciola e Nutella. Questa la Top 10 delle città più golose di gelato: Roma, Milano, Torino, Palermo, Napoli, Firenze, Catania, Bologna, Bari e Verona.

🍨E voi, amanti del gelato, qual è il vostro gusto preferito? 

📸 Credits: @netflixit 

#lucenews #lucelanazione #gelatoday
  • 🗣«Persi undici chili in poco tempo. Per cercare di rialzarmi iniziai un percorso con uno psicologo, ma ho capito presto qual era il motivo per cui ero caduta dentro quel tunnel. E ho iniziato presto a lavorare su di me, da sola.

Nel 2014 avevo ripreso ad allenarmi da pochissimo tempo, quando ho incontrato una donna, Luana Angeletti. Ho scoperto dopo che era la mamma di un amico, ma la cosa importante è quello che lei mi disse quella volta.

Che avevo una struttura fisica adatta a competere nella categoria bikini, nel body-building. Mi è scattato dentro qualcosa, ho iniziato a lavorare perché volevo migliorare e finalmente farmi vedere dagli altri, dopo che per otto anni non ero andata neanche al mare perché mi vergognavo del mio fisico e della mia scoliosi. Grazie a Luana sono passata dal nascondermi allo stare su un palco guardata da tante persone. È stata decisiva.

Imparate a volervi bene, e se non ci riuscite con le vostre forze, non abbiate paura di farvi aiutare e seguire da altri. È importantissimo».

Dai disturbi alimentari al body building, l

"Mi chiamo Luca de Santis e ho la fortuna di far parte della comunità LGBTQ+ italiana da molti anni, o almeno abbastanza da aver vissuto importanti cambiamenti sociali, culturali e politici". Quarantaquattro anni, scrittore, fumettista. E fondatore di "Geekqueer", primo blog al mondo a fare un censimento dei personaggi Lgbtq nella storia dei videogiochi. "L'ho aperto farmi aiutare nel lavoro di scrittura del saggio ‘Videogame’. La ricerca parte dalla fine degli anni ’70 fino al 2005 e mi sono accorto che in Italia non c'era una vera community di videogiocatori", racconta De Santis. "Il nome Geekqueer arriva proprio dal fatto che ‘geek’ è chi è interessato alla tecnologia e al termine ‘queer’ sono molto affezionato. In realtà aveva un'accezione negativa in inglese, perché vuol dire ‘frocio’, però la comunità Lgbtq se n’è appropriata e utilizzandola ha tolto tutto quell’alone negativo. Nel tempo è diventato un termine ombrello con un’accezione molto sovversiva, perché indica tutto ciò che non rientra nel binarismo".

Ma Luca, che sui social ha adottato proprio il nome Geekqueer, oggi è anche l'autore e protagonista di "Generazioni", un podcast in sei puntate disponibile in esclusiva su Storytel dall’1 giugno. La sua esperienza è il fil rouge del racconto, dal coming out giovanissimo, da ragazzo del sud a Campobasso, la sua città natale, all'uomo di oggi, che guarda ai giovani con speranza ma senza perdere di vista coloro che gli hanno dato gli strumenti necessari per la sua autodeterminazione. Una sorta di memoir, tra storia, attivismo, politica, ripercorrendo un passato che, per quanto (non ancora abbastanza) superato, non va però dimenticato, e che si incontra ora con il presente nelle lettere L,G,B,T,Q, e nel simbolo +. "Ho deciso così di incontrare le persone che sono state importanti nella mia formazione, e dialogare con quelle più giovani" racconta a Luce! emozionato da questa esperienza. Un ultimo viaggio alla riscoperta di sé attraverso la storia di tanti e tante, ma anche uno strumento, una sorta di bussola per orientarsi, oggi e in futuro, all'interno della comunità stessa.
Luca de Santis Geekqueer
Luca de Santis nei primi anni Duemila ha aperto il blog Geekqueer che è il primo al modno a fare un censimento sui personaggi Lgbtq+ nei videogames (Ph. Eleonora Festari)

Luca, l'idea del sovvertire lo status quo si addice sia all’ambito della comunità Lgbtq che a quella dei videogame?

“Sì perché all’epoca si faceva un po’ una rivoluzione e la si fa ancora oggi. Quando ho iniziato la raccolta dei dati sul blog, 17 anni fa, c’erano pochissimi videogiochi, c’era pochissima rappresentazione e soprattutto non c’era la disposizione di ora. Non che adesso ci siano tantissimi personaggi Lgbtq... Ce ne sono di più e sicuramente sono più esposti, adesso sono presenti non solo in produzioni indi o piccoline ma in produzioni grandissime. E sono personaggi principali. Abbiamo fatto un grande passo ma è solo l’inizio: i dati sono incoraggianti, perché siamo arrivati, nel 2021, al 10% di rappresentazione di personaggi Lgbtq nelle produzioni televisive e cinematografiche di prima serata. Sicuramente sta andando meglio, ma questo vuol dire che c’è sempre un 90% di produzione dove non c'è rappresentazione. Niente dittatura del politicamente corretto insomma”.  

Luca de Santis-videogames
Luca de Santis, 44 anni, ha aperto il blog Geekqueer per raccogliere dati sulla rappresentazione Lgbtq+ nei vidogiochi in vista della pubblicazione del suo saggio "Videogames"

Si parla di qualcosa che è iniziata a cambiare appena un paio di decenni fa…

“Secondo me l’anno di svolta è stato il 2000 perché è stato organizzato il World Pride durante l’anno del Giubileo. Il Mario Mieli (il circolo di cultura omosessuale intitolato allo scrittore, ndr), con tutte le associazioni d’Italia, organizza il Pride più grande del mondo, dove partecipa un milione di persone. Il World Pride è diventato una bomba che è deflagrata su tutti i giornali, le televisioni, non solo perché ci stavamo inserendo nell’Anno Santo, ma ci siamo inseriti e imposti nel discorso politico con le nostre istanze. Da lì non ce ne siamo più andati. Erano anni in cui già si avanzavano proposte di unioni civili, però dal 2000 in poi è sempre stato un tema presente nei programmi politici alle elezioni, non solo dai candidati Lgbtq ma nei candidati di sinistra. Dopo è stato difficile far finta che quei temi non fossero urgenti”.

E da lì in poi anche il Pride è diventato qualcosa di diverso, in Italia?

“Dopo il Duemila c’è stata l’idea di farlo in tutte le città. Prima abbiamo sempre organizzato la parata in un posto: c'è stato il Pride a Roma, il primo nel 1994, poi a Bologna nel 1995, poi il Pride a Napoli e così via. Dopo è nata l’idea di dividere in tantissimi piccoli Pride in tutte le città, per parlarne sempre di più e per far capire che eravamo presenti in tutta Italia. Diventiamo presenti ovunque”. 

Come vede la situazione dei diritti civili oggi nel nostro Paese?

“La questione sociale è tutta legata a stretto filo, basti pensare che siamo tornati a parlare di diritto all’aborto. Qualche anno fa, alla presentazione di un mio fumetto a Campobasso, parlando di diritti delle donne avevamo scoperto che il Molise era l’unica regione italiana con un solo medico non obiettore e quel medico stava andando in pensione a 70 anni perché non trovava sostituti”. 

Arriviamo al suo podcast, partendo dal titolo: perché Generazioni?

Generazioni podcast storytel
Generazioni è un podcast in sei puntate, disponibile su Storytel, che segue l'acronimo Lgbtq+ nel raccontare la comunità attraverso la voce dei protagonisti passati, presenti e futuuri

“Volevamo mettere un focus che fosse più chiaro possibile su qual era il tema del podcast. Quello che mi ha spinto a iniziare a scrivere è il far dialogare le generazioni precedenti e quelle successive alla mia. Essendo stato molto precoce nel mio coming out, a 15 anni, questa voglia di militanza e di attivismo l’ho sviluppata presto e quando sono arrivato a Bologna (al Cassero a 17 anni, ndr) ho conosciuto subito la generazione precedente alla mia che è stata quella che mi ha formato. Negli anni a venire ho avuto la fortuna di vivere tutte le realtà più grandi in Italia. Poi ho iniziato a scrivere i miei libri e ho continuato a fare conferenze in tutti i circoli arcigay italiani, anche quelli piccolini e sperduti. E infine, lavorando in pubblicità, mi sono specializzato nella comunicazione sul target giovane. Quindi questa percezione delle generazioni che mi hanno preceduto e quelle successive l’ho sempre mantenuta: da una parte erano i miei amici e le persone che mi hanno insegnato, dall’altra ho sempre sentito una grande responsabilità sui ragazzi più giovani”. 

Perché questa esigenza proprio ora?

“Ho notato che in questi ultimi tempi si sta perdendo un po’ il filo del discorso: il dialogo iniziato dalle vecchie generazioni e portato avanti dalla mia si stava assottigliando e perdendo con le ultime. Quando abbiamo iniziato con Antonia (Caruso, attivist* trans/femminista, ndr) a pensare a questo podcast ci siamo imposti una regola: non portare avanti nessuna regola. Volevamo capire cosa stesse succedendo e chiederlo alle vecchie e alle nuove generazioni. Capire se effettivamente questa percezione che avevamo di ‘non comunicazione’ era reale o no. Ma non abbiamo avanzato tesi. Ci sono state conferme e ci sono state sorprese, ma abbiamo capito che il titolo doveva essere quello, chiaro e semplice”. 

Come si struttura il podcast?

“I sei episodi seguono l’acronimo Lgbtq+. Ma non in questo ordine perché in realtà abbiamo seguito la mia storia personale che è un po’ il filo rosso e il pretesto per andare a chiacchierare con i nostri ospiti, chiedendo loro: ‘Parlami di come è iniziato il tuo attivismo e la tua militanza e secondo te dove va a finire?’. Sono stati dei monologhi in pratica, non interviste, ci siamo posti in ascolto”. 

Luca de Santis
De Santis ha fatto coming out giovanissimo e ha iniziato molto presto a militare e a fare attivismo, spostandosi da Campobasso a Bologna a 17 anni

Chi sono gli ospiti di Generazioni?

“Sono persone a me molto care, perché mi hanno formato in questo percorso di autodeterminazione. Si inizia con Beppe Ramina, che è uno storico del movimento Lgbt bolognese ed è la lettera G. Nel secondo episodio c’è Bruno Pompa, la lettera Q, che per tantissimi anni è stato il direttore creativo del Cassero. Poi Egizia Mondini che è stata la direttrice di OUT (la rivista patinata gratuita prodotta a Roma, ndr) ed è la lettera L. Si continua dopo con la lettera T e c’è Porpora Marcasciano, ex presidentessa del MIT, e lì raccontiamo tutto il WorldPride del 2000. Poi La lettera B è rappresentata da Debora Di Cave, prima presidente del Mario Mieli, che ha una lunga tradizione di presidenti donne rispetto al Cassero che è molto maschile. Nell’ultima puntata, dedicata al segno +, ci sono tre ragazzi: diciamo che tiro le fila del discorso nel chiacchierare con Majid, Stephan e Camilla. Majid è un ragazzo transgender intersessuale, Stephan è intersessuale e Camilla è una ragazza lesbica nonché la prima presidente del Cassero donna”.

Ci spiega il segno più?

“Majid inizia con una frase bellissima: ‘Tranne le prime due lettere dell’acronimo, io tutte le altre le ho’. Perché è un ragazzo transgender, che si scopre intersessuale, bisessuale e asessuale e quindi dice: ‘Io faccio coming out in continuazione’. Secondo me questo è il racconto più bello di come le nuove generazioni approcciano alla propria autodeterminazione. È una ricerca continua. Non si fermano, mai. Sanno che è tutto in evoluzione, che ogni lettera dell'acronimo non è un’etichetta ma è solo una definizione che può servire a orientarsi, può essere uno strumento per capire cosa sta succedendo nella propria identità. Non è qualcosa che attaccano gli altri ma che scegli tu, se non ti sta più bene ce ne sono altre e se non ci sono si creano. Ecco spiegato il segno +. È il segno che dà più speranza, è davvero una proiezione a quel futuro in cui forse questo percorso non sarà più difficoltoso e doloroso, ma sarà sempre più semplice”.

Luca de Santis
Luca de Santis nel podcast Generazioni si confronta con persone della comunità Lgbtq+ che lo hanno formato, con i protagonisti di oggi e con i ragazzi più giovani

Tre parole che cancellare dal lessico comune? 

“Allora non mi piace ‘buonista’, ma nel senso che trovo sia una parola positiva e non negativa, ma siamo arrivati addirittura a pensare che essere buoni sia un difetto. È una parola che non mi piace per come viene interpretata. Non mi piace ‘dittatura del politicamente corretto’ perché è un falso retorico visto che i dati dicono tutt’altro. La terza è ‘esclusione’”.

Tre che invece le piacciono? 

“Sicuramente ‘generazioni’ è una di queste – ride –, poi mi mi piace la parola ‘viaggio’ perché è quello che facciamo tutti quanti, e mi piace la parola ‘ascolto’”. 

E se le dico luce a cosa pensa?

“Mi viene in mente la luce in fondo al tunnel, perché sono un ottimista. Sono convinto che alla fine di questo tunnel c’è una luce molto forte e molto calda”.

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