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Home » Attualità » Un altro genere di leadership: “Con più partecipazione femminile, la società avrebbe uno sviluppo più rapido”

Un altro genere di leadership: “Con più partecipazione femminile, la società avrebbe uno sviluppo più rapido”

E' il pensiero di Tinny Andreatta, vicepresidente Content Italy di Netflix, illustrato durante l'incontro organizzato da Cinecittà e Archivio Luce in collaborazione con il ministero della Cultura

Redazione
2 Febbraio 2023
Un momento del convegno "Un altro genere di Leadership" a cui ha partecipato Agnese Pini, direttrice di Qn

Un momento del convegno "Un altro genere di Leadership" a cui ha partecipato Agnese Pini, direttrice di Qn

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“Sono convinta che se la nostra società avesse una partecipazione femminile più ampia, avrebbe un livello di sviluppo molto più rapido”. Parola di Tinny Andreatta, vicepresidente Content Italy di Netflix, partecipando a un incontro con Agnese Pini, direttrice responsabile di Qn – La Nazione, Il giorno, Il Resto del Carlino -, avvenuto nel corso del primo giorno di “Un altro genere di leadership”, il laboratorio organizzato da Cinecittà e Archivio Luce in collaborazione con il ministero della Cultura e curato da Chiara Sbarigia, presidente di Cinecittà.

Il convegno “Un altro genere di leadership” – in programma a Roma il 2 e 3 febbraio – ha l’obiettivo di dare visibilità, rilevanza e prospettiva alla leadership al femminile: un’opportunità per pensare più a fondo al futuro e alla relazione tra generazioni, per costruire una nuova visione, lontana dagli stereotipi di genere.

Un momento del convegno "Un altro genere di Leadership" al quale era presente anche Agnese Pini, direttrice di Qn
Un momento del convegno “Un altro genere di Leadership” al quale era presente anche Agnese Pini, direttrice di Qn

Tinny Andreatta ha raccontato la sua esperienza professionale, le difficoltà incontrate, i traguardi raggiunti. Sul fronte delle quote rosa, ha osservato che “dal punto di vista legislativo c’è tanto da fare”. Secondo Andreatta un altro aspetto che “non è tenuto in sufficiente considerazione è l’umanesimo, cioè l’essere umano nella sua interezza”. E spiega: “Prendo come esempio la premier neozelandese: una giovane donna di 37 anni che ha compiuto alcune scelte importanti e poi ha fatto il gesto di andarsene. Considerando che la buona politica è fatta non di arroccamenti, ma di bisogni, di momenti, di opportunità, di merito che si conquista e che può poi anche essere abbandonato è per tutte noi un ottimo esempio”. La Andretta ha concluso poi il suo intervento con un incoraggiamento per le nuove generazioni: “Bisogna vigilare, stare molto attenti perché il percorso dell’emancipazione purtroppo non è sempre lineare. Voglio dire alle donne, alle nuove generazioni di donne, che noi possiamo tutto”.

Un altro genere di leadership

Durante la due giorni romana, direttrici di istituzioni culturali, scienziate, giornaliste, leader del mondo della moda, del cinema, dell’architettura e della ricerca si incontrano e dialogano per confrontarsi sugli aspetti che caratterizzano la professionalità delle donne e per imbastire un racconto condiviso sulla cultura d’impresa al femminile, seguendo tre punti chiave: Spazio, Merito, Cura.

La locandina del convegno
La locandina del convegno

Lo “spazio” è inteso in senso materiale, storico e simbolico: quali sono gli spazi aperti per le donne e quali quelli ancora preclusi; come si muovono tra gli spazi del privato, del pubblico e del professionale.

Il merito: il convegno si propone di riflettere su come livelli e tipi di difficoltà legati al riconoscimento del merito siano strutturali e ambientali, ma l’obiettivo è anche quello di riflettere su come costruire linguaggio, sentimenti e senso comune sul merito delle donne, valorizzando il lavoro di impresa e consegnando al mondo futuro sentimenti di sé e modelli nuovi.

Infine la “cura“, tema centrale di questo convegno accanto a quello di leadership proprio perché spesso questi due concetti, pur essendo due elementi fondamentali del lavoro delle donne, sono anche due condizioni storicamente tenute divise e in due spazi in alternativa, quello privato e quello pubblico. Mentre la cura, intesa come qualità femminile e forma di ‘attenzione’ (alla qualità delle relazioni, degli ambienti di lavoro, o agli affetti, per esempio), e la direzione di progetti professionali, pubblici e istituzionali sono aspetti che vanno coraggiosamente riavvicinati, soprattutto quando si racconta il lavoro progettato e svolto dalle donne; per capire e smascherare gli stereotipi (in tema di disparità di genere), e per abituarsi alla normalità di un mondo pensato diretto e ‘curato’ anche dalle donne.

“Ho ideato questo convegno – ha dichiarato la presidente di Cinecittà, Chiara Sbarigia – per ripensare la narrazione del femminile in termini propositivi, dando visibilità e valore a quelle donne che con le loro storie di successo hanno incarnato una nuova consapevolezza di sé e un modo diverso di guidare i processi creativi e culturali. Tutto questo sia per risignificare un paesaggio tradizionalmente deserto di presenze femminili, che per dimostrare, con queste luminose storie professionali, che le donne possono ricoprire ruoli di potere senza bisogno di adeguarsi a modelli maschili”.

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  • Per una detenuta come Joy – nigeriana di 34 anni, arrestata nel 2014 per possesso di droga – uscire dal carcere significherà dover imparare a badare a se stessa. Lei che è lontana da casa e dalla famiglia, lei che non ha nessuno ad aspettarla. In carcere ha fatto il suo percorso, ha imparato tanto, ha sofferto di più. Ma ha anche conosciuto persone importanti, detenute come lei che sono diventate delle amiche. 

Mon solo. Nella Cooperativa sociale Gomito a Gomito, per esempio, ha trovato una seconda famiglia, un ambiente lavorativo che le ha offerto “opportunità che, se fossi stata fuori dal carcere, non avrei mai avuto”, come quella di imparare un mestiere e partecipare ad un percorso di riabilitazione sociale e personale verso l’indipendenza, anche economica.

Enrica Morandi, vice presidente e coordinatrice dei laboratori sartoriali del carcere di Rocco D’Amato (meglio noto ai bolognesi come “La Dozza”), si riferisce a lei chiamandola “la mia Joy”, perché dopo tanti anni di lavoro fianco a fianco ha imparato ad apprezzare questa giovane donna impegnata a ricostruire la propria vita: 

“Joy è extracomunitaria, nel nostro Paese non ha famiglia. Per lei sarà impossibile beneficiare degli sconti di pena su cui normalmente possono contare le detenute italiane, per buona condotta o per anni di reclusione maturati. Non è una questione di razzismo, è che esistono problemi logistici veri e propri, come il non sapere dove sistemare e a chi affidare queste ragazze, una volta lasciate le mura del penitenziario. Se una donna italiana ha ad attenderla qualcuno che si fa carico di ospitarla, Joy e altre come lei non hanno nessun cordone affettivo cui appigliarsi”.

L
  • Presidi psicologici, psicoterapeutici e di counselling per tutti gli studenti universitari e scolastici. Lo chiedono l’Udu, Unione degli universitari, e la Rete degli studenti medi nella proposta di legge ‘Chiedimi come sto’ consegnata a una delegazione di parlamentari nel corso di una conferenza stampa a Montecitorio.

La proposta è stata redatta secondo le conclusioni di una ricerca condotta da Spi-Cgil e Istituto Ires, che ha evidenziato come, su un campione di 50mila risposte, il 28 per cento abbia avuto esperienze di disturbi alimentari e oltre il 14 di autolesionismo.

“Nella nostra generazione è ancora forte lo stigma verso chi sta male ed è difficile chiedere aiuto - spiega Camilla Piredda, coordinatrice nazionale dell’Udu - l’interesse effettivo della politica si è palesato solo dopo il 15esimo suicidio di studenti universitari in un anno e mezzo. Ci sembra assurdo che la politica si interessi solamente dopo che si supera il limite, con persone che arrivano a scegliere di togliersi la vita.

Dall’altro lato, è positivo che negli ultimi mesi si sia deciso di chiedere a noi studenti come affrontare e come risolvere, il problema. Non è scontato e non è banale, perché siamo abituati a decenni in cui si parla di nuove generazioni senza parlare alle nuove generazioni”.

#luce #lucenews #università
  • La polemica politica riaccende i riflettori sulle madri detenute con i figli dopo la proposta di legge in merito alla detenzione in carcere delle donne in gravidanza: già presentata dal Pd nella scorsa legislatura, approvata in prima lettura al Senato, ma non alla Camera, prevedeva l’affido della madre e del minore a strutture protette, come le case famiglia, e vigilate. La dichiarata intenzione del centrodestra di rivedere il testo ha messo il Pd sul piede di guerra; alla fine di uno scontro molto acceso, i dem hanno ritirato il disegno di legge ma la Lega, quasi per ripicca, ne ha presentato uno nuovo, esattamente in linea con i desideri della maggioranza.

Lunedì non ci sarà quindi alcuna discussione alla Camera sul testo presentato da Debora Serracchiani nella scorsa legislatura, Tutto ripartirà da capo, con un nuovo testo, firmato da due esponenti del centrodestra: Jacopo Morrone e Ingrid Bisa.

“Questo (il testo Serracchini) era un testo che era già stato votato da un ramo del Parlamento, noi lo avevamo ripresentato per migliorare le condizioni delle detenute madri – ha spiegato ieri il dem Alessandro Zan – ma la maggioranza lo ha trasformato inserendovi norme che di fatto peggiorano le cose, consentendo addirittura alle donne incinte o con figli di meno di un anno di età di andare in carcere. Così non ha più senso, quindi ritiriamo le firme“.

Lo scontro tra le due fazioni è finito (anche) sui social media. "Sul tema delle borseggiatrici e ladre incinte occorre cambiare la visione affinché la gravidanza non sia una scusa“ sottolineano i due presentatori della proposta.

La proposta presentata prevede modifiche all’articolo 146 del codice penale in materia di rinvio obbligatorio dell’esecuzione della pena: “Se sussiste un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti – si legge nel testo presentato – il magistrato di sorveglianza può disporre che l’esecuzione della pena non sia differita, ovvero, se già differita, che il differimento sia revocato. Qualora la persona detenuta sia recidiva, l’esecuzione della pena avviene presso un istituto di custodia attenuata per detenute madri“.

#lucenews #madriincarcere
“Sono convinta che se la nostra società avesse una partecipazione femminile più ampia, avrebbe un livello di sviluppo molto più rapido”. Parola di Tinny Andreatta, vicepresidente Content Italy di Netflix, partecipando a un incontro con Agnese Pini, direttrice responsabile di Qn – La Nazione, Il giorno, Il Resto del Carlino -, avvenuto nel corso del primo giorno di “Un altro genere di leadership”, il laboratorio organizzato da Cinecittà e Archivio Luce in collaborazione con il ministero della Cultura e curato da Chiara Sbarigia, presidente di Cinecittà. Il convegno “Un altro genere di leadership” – in programma a Roma il 2 e 3 febbraio - ha l’obiettivo di dare visibilità, rilevanza e prospettiva alla leadership al femminile: un'opportunità per pensare più a fondo al futuro e alla relazione tra generazioni, per costruire una nuova visione, lontana dagli stereotipi di genere.
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Tinny Andreatta ha raccontato la sua esperienza professionale, le difficoltà incontrate, i traguardi raggiunti. Sul fronte delle quote rosa, ha osservato che “dal punto di vista legislativo c'è tanto da fare”. Secondo Andreatta un altro aspetto che “non è tenuto in sufficiente considerazione è l'umanesimo, cioè l'essere umano nella sua interezza”. E spiega: “Prendo come esempio la premier neozelandese: una giovane donna di 37 anni che ha compiuto alcune scelte importanti e poi ha fatto il gesto di andarsene. Considerando che la buona politica è fatta non di arroccamenti, ma di bisogni, di momenti, di opportunità, di merito che si conquista e che può poi anche essere abbandonato è per tutte noi un ottimo esempio”. La Andretta ha concluso poi il suo intervento con un incoraggiamento per le nuove generazioni: “Bisogna vigilare, stare molto attenti perché il percorso dell'emancipazione purtroppo non è sempre lineare. Voglio dire alle donne, alle nuove generazioni di donne, che noi possiamo tutto”.

Un altro genere di leadership

Durante la due giorni romana, direttrici di istituzioni culturali, scienziate, giornaliste, leader del mondo della moda, del cinema, dell’architettura e della ricerca si incontrano e dialogano per confrontarsi sugli aspetti che caratterizzano la professionalità delle donne e per imbastire un racconto condiviso sulla cultura d'impresa al femminile, seguendo tre punti chiave: Spazio, Merito, Cura.
La locandina del convegno
La locandina del convegno
Lo "spazio" è inteso in senso materiale, storico e simbolico: quali sono gli spazi aperti per le donne e quali quelli ancora preclusi; come si muovono tra gli spazi del privato, del pubblico e del professionale. Il merito: il convegno si propone di riflettere su come livelli e tipi di difficoltà legati al riconoscimento del merito siano strutturali e ambientali, ma l’obiettivo è anche quello di riflettere su come costruire linguaggio, sentimenti e senso comune sul merito delle donne, valorizzando il lavoro di impresa e consegnando al mondo futuro sentimenti di sé e modelli nuovi. Infine la "cura", tema centrale di questo convegno accanto a quello di leadership proprio perché spesso questi due concetti, pur essendo due elementi fondamentali del lavoro delle donne, sono anche due condizioni storicamente tenute divise e in due spazi in alternativa, quello privato e quello pubblico. Mentre la cura, intesa come qualità femminile e forma di 'attenzione' (alla qualità delle relazioni, degli ambienti di lavoro, o agli affetti, per esempio), e la direzione di progetti professionali, pubblici e istituzionali sono aspetti che vanno coraggiosamente riavvicinati, soprattutto quando si racconta il lavoro progettato e svolto dalle donne; per capire e smascherare gli stereotipi (in tema di disparità di genere), e per abituarsi alla normalità di un mondo pensato diretto e 'curato' anche dalle donne. “Ho ideato questo convegno – ha dichiarato la presidente di Cinecittà, Chiara Sbarigia - per ripensare la narrazione del femminile in termini propositivi, dando visibilità e valore a quelle donne che con le loro storie di successo hanno incarnato una nuova consapevolezza di sé e un modo diverso di guidare i processi creativi e culturali. Tutto questo sia per risignificare un paesaggio tradizionalmente deserto di presenze femminili, che per dimostrare, con queste luminose storie professionali, che le donne possono ricoprire ruoli di potere senza bisogno di adeguarsi a modelli maschili".
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