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Home » Attualità » Ginnasta ucraina di 11 anni morta sotto le macerie della sua casa a Mariupol: “Tutta la sua famiglia uccisa in un raid russo”

Ginnasta ucraina di 11 anni morta sotto le macerie della sua casa a Mariupol: “Tutta la sua famiglia uccisa in un raid russo”

Kateryna Dyachenko era una promessa della ginnastica artistica. La bambina è rimasta vittima di un bombardamento che ha colpito la sua abitazione. L'atleta ucraina Lidia Vynogradna: "Morto anche il padre. La mamma e il fratello si erano salvati, ma sono morti poco dopo in ospedale"

Remy Morandi
24 Marzo 2022
Kateryna Dyachenko, una ginnasta ucraina di 11 anni, è morta sotto le macerie della sua casa a Mariupol, in Ucraina

Kateryna Dyachenko, una ginnasta ucraina di 11 anni, è morta sotto le macerie della sua casa a Mariupol, in Ucraina

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Kateryna Dyachenko, una ginnasta ucraina di 11 anni, è morta sotto le macerie della sua casa a Mariupol, in Ucraina. Lo ha annunciato con una foto della piccola l’atleta ucraina Lidia Vynogradna, riprendendo un post della sua allenatrice Anastasia Meshchanenkova. Kateryna è l’ennesima bambina morta in Ucraina, vittima di un conflitto iniziato esattamente un mese fa, il 24 febbraio 2022. Nel bombardamento russo che ha raso al suolo la casa di Kateryna, oltre alla ginnasta di 11 anni, è morto anche il padre. Ma la tragedia non finisce qui: perché, se in un primo momento la mamma e il fratello della ginnasta si erano salvati, pur rimanendo gravemente feriti, l’atleta Lidia Vynogradna ha fatto sapere con una storia di Instagram che anche la madre e il fratello “sono morti nell’ospedale dove si trovavano”. Un’intera famiglia spazzata via.

Kateryna Dyachenko, la ginnasta ucraina di 11 anni morta sotto le macerie della sua casa a Mariupol, insieme alla sua allenatrice Anastasia Meshchanenkova (Foto tratta dal profilo Instagram dell’allenatrice)

La foto pubblicata dall’allenatrice di Kateryna è stata pubblicata il 24 dicembre 2021. Le due sorridono, la giovane atleta di ginnastica ritmica ha appena vinto una coppa e una medaglia d’oro in una competizione a Leopoli. La guerra è qualcosa di impensabile, come impensabile è il fatto che tre mesi dopo lo scatto di questa foto, Kateryna, 11 anni, sia morta sotto le macerie della sua casa.

La piccola atleta era una promessa della ginnastica ritmica. Sognava in grande, magari di competere alle Olimpiadi per l’Ucraina. “Ma non potrà mai più esibirsi. È morta. È morta solo perché era sulla strada dell’esercito russo che vuole ridurre in cenere questa eroica città, Mariupol’. La sua allenatrice è sopravvissuta, e non riesco a immaginare i suoi sentimenti in questo momento”, scrive l’atleta ucraina Lidia Vynogradna, colei che in un primo momento aveva fatto sapere che il fratello e la madre si erano salvati, ma che poi è stata costretta a precisare su una storia di Instagram: anche i due sono morti “in quanto i Russi hanno lanciato una bomba sull’ospedale dove si trovavano”. Riportiamo qui sotto la storia dell’atleta ucraina, precisando però che il bombardamento di un ospedale a Mariupol non è una notizia confermata.

“Anche la mamma e il fratello della ginnasta sono morti”. La storia su Instagram dell’atelta ucraina Lidia Vynogradna

La morte di Kateryna Dyachenko ha suscitato ovunque indignazione, in particolare tra le organizzazioni di ginnastica di tutto il mondo. “Non posso crederci… la nostra collega ucraina ha condiviso questa terribile tragedia. Questa creatura meravigliosamente tenera è già un angelo”, ha detto la ginnasta bulgara Iliana Raeva, presidente della Federazione nazionale di ginnastica ritmica. Anche la ginnastica ritmica svizzera ha reso omaggio a Kateryna: “Riposa in pace, Katya! La giovane e bella ginnasta di Mariupol’ ha lasciato questo mondo troppo presto. Lei è una delle tante vittime di una guerra senza senso”, scrive l’associazione svizzera su Twitter.

Lidia Vynogradna, l’atleta ucraina che ha condiviso la foto e la notizia di Kateryna su Instagram, ha così concluso il post: “Non sarà nemmeno seppellita. Nessuno potrà visitarla al cimitero. Nella mia testa c’è solo l’immagine di una bambina chiusa in una busta di plastica e seppellita in giardino. Questo è l’unico modo in cui le persone possono essere seppelite ora. È davvero immaginabile tutto ciò nel 21esimo secolo?”.

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  • "Ora dobbiamo fare di meno, per il futuro".

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  • Per una detenuta come Joy – nigeriana di 34 anni, arrestata nel 2014 per possesso di droga – uscire dal carcere significherà dover imparare a badare a se stessa. Lei che è lontana da casa e dalla famiglia, lei che non ha nessuno ad aspettarla. In carcere ha fatto il suo percorso, ha imparato tanto, ha sofferto di più. Ma ha anche conosciuto persone importanti, detenute come lei che sono diventate delle amiche. 

Mon solo. Nella Cooperativa sociale Gomito a Gomito, per esempio, ha trovato una seconda famiglia, un ambiente lavorativo che le ha offerto “opportunità che, se fossi stata fuori dal carcere, non avrei mai avuto”, come quella di imparare un mestiere e partecipare ad un percorso di riabilitazione sociale e personale verso l’indipendenza, anche economica.

Enrica Morandi, vice presidente e coordinatrice dei laboratori sartoriali del carcere di Rocco D’Amato (meglio noto ai bolognesi come “La Dozza”), si riferisce a lei chiamandola “la mia Joy”, perché dopo tanti anni di lavoro fianco a fianco ha imparato ad apprezzare questa giovane donna impegnata a ricostruire la propria vita: 

“Joy è extracomunitaria, nel nostro Paese non ha famiglia. Per lei sarà impossibile beneficiare degli sconti di pena su cui normalmente possono contare le detenute italiane, per buona condotta o per anni di reclusione maturati. Non è una questione di razzismo, è che esistono problemi logistici veri e propri, come il non sapere dove sistemare e a chi affidare queste ragazze, una volta lasciate le mura del penitenziario. Se una donna italiana ha ad attenderla qualcuno che si fa carico di ospitarla, Joy e altre come lei non hanno nessun cordone affettivo cui appigliarsi”.

L
  • Presidi psicologici, psicoterapeutici e di counselling per tutti gli studenti universitari e scolastici. Lo chiedono l’Udu, Unione degli universitari, e la Rete degli studenti medi nella proposta di legge ‘Chiedimi come sto’ consegnata a una delegazione di parlamentari nel corso di una conferenza stampa a Montecitorio.

La proposta è stata redatta secondo le conclusioni di una ricerca condotta da Spi-Cgil e Istituto Ires, che ha evidenziato come, su un campione di 50mila risposte, il 28 per cento abbia avuto esperienze di disturbi alimentari e oltre il 14 di autolesionismo.

“Nella nostra generazione è ancora forte lo stigma verso chi sta male ed è difficile chiedere aiuto - spiega Camilla Piredda, coordinatrice nazionale dell’Udu - l’interesse effettivo della politica si è palesato solo dopo il 15esimo suicidio di studenti universitari in un anno e mezzo. Ci sembra assurdo che la politica si interessi solamente dopo che si supera il limite, con persone che arrivano a scegliere di togliersi la vita.

Dall’altro lato, è positivo che negli ultimi mesi si sia deciso di chiedere a noi studenti come affrontare e come risolvere, il problema. Non è scontato e non è banale, perché siamo abituati a decenni in cui si parla di nuove generazioni senza parlare alle nuove generazioni”.

#luce #lucenews #università
  • La polemica politica riaccende i riflettori sulle madri detenute con i figli dopo la proposta di legge in merito alla detenzione in carcere delle donne in gravidanza: già presentata dal Pd nella scorsa legislatura, approvata in prima lettura al Senato, ma non alla Camera, prevedeva l’affido della madre e del minore a strutture protette, come le case famiglia, e vigilate. La dichiarata intenzione del centrodestra di rivedere il testo ha messo il Pd sul piede di guerra; alla fine di uno scontro molto acceso, i dem hanno ritirato il disegno di legge ma la Lega, quasi per ripicca, ne ha presentato uno nuovo, esattamente in linea con i desideri della maggioranza.

Lunedì non ci sarà quindi alcuna discussione alla Camera sul testo presentato da Debora Serracchiani nella scorsa legislatura, Tutto ripartirà da capo, con un nuovo testo, firmato da due esponenti del centrodestra: Jacopo Morrone e Ingrid Bisa.

“Questo (il testo Serracchini) era un testo che era già stato votato da un ramo del Parlamento, noi lo avevamo ripresentato per migliorare le condizioni delle detenute madri – ha spiegato ieri il dem Alessandro Zan – ma la maggioranza lo ha trasformato inserendovi norme che di fatto peggiorano le cose, consentendo addirittura alle donne incinte o con figli di meno di un anno di età di andare in carcere. Così non ha più senso, quindi ritiriamo le firme“.

Lo scontro tra le due fazioni è finito (anche) sui social media. "Sul tema delle borseggiatrici e ladre incinte occorre cambiare la visione affinché la gravidanza non sia una scusa“ sottolineano i due presentatori della proposta.

La proposta presentata prevede modifiche all’articolo 146 del codice penale in materia di rinvio obbligatorio dell’esecuzione della pena: “Se sussiste un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti – si legge nel testo presentato – il magistrato di sorveglianza può disporre che l’esecuzione della pena non sia differita, ovvero, se già differita, che il differimento sia revocato. Qualora la persona detenuta sia recidiva, l’esecuzione della pena avviene presso un istituto di custodia attenuata per detenute madri“.

#lucenews #madriincarcere
Kateryna Dyachenko, una ginnasta ucraina di 11 anni, è morta sotto le macerie della sua casa a Mariupol, in Ucraina. Lo ha annunciato con una foto della piccola l'atleta ucraina Lidia Vynogradna, riprendendo un post della sua allenatrice Anastasia Meshchanenkova. Kateryna è l'ennesima bambina morta in Ucraina, vittima di un conflitto iniziato esattamente un mese fa, il 24 febbraio 2022. Nel bombardamento russo che ha raso al suolo la casa di Kateryna, oltre alla ginnasta di 11 anni, è morto anche il padre. Ma la tragedia non finisce qui: perché, se in un primo momento la mamma e il fratello della ginnasta si erano salvati, pur rimanendo gravemente feriti, l'atleta Lidia Vynogradna ha fatto sapere con una storia di Instagram che anche la madre e il fratello "sono morti nell'ospedale dove si trovavano". Un'intera famiglia spazzata via.
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"Anche la mamma e il fratello della ginnasta sono morti". La storia su Instagram dell'atelta ucraina Lidia Vynogradna
La morte di Kateryna Dyachenko ha suscitato ovunque indignazione, in particolare tra le organizzazioni di ginnastica di tutto il mondo. "Non posso crederci... la nostra collega ucraina ha condiviso questa terribile tragedia. Questa creatura meravigliosamente tenera è già un angelo", ha detto la ginnasta bulgara Iliana Raeva, presidente della Federazione nazionale di ginnastica ritmica. Anche la ginnastica ritmica svizzera ha reso omaggio a Kateryna: "Riposa in pace, Katya! La giovane e bella ginnasta di Mariupol' ha lasciato questo mondo troppo presto. Lei è una delle tante vittime di una guerra senza senso", scrive l'associazione svizzera su Twitter. Lidia Vynogradna, l'atleta ucraina che ha condiviso la foto e la notizia di Kateryna su Instagram, ha così concluso il post: "Non sarà nemmeno seppellita. Nessuno potrà visitarla al cimitero. Nella mia testa c'è solo l'immagine di una bambina chiusa in una busta di plastica e seppellita in giardino. Questo è l'unico modo in cui le persone possono essere seppelite ora. È davvero immaginabile tutto ciò nel 21esimo secolo?".
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