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Giorgia, personal trainer e la Rettocolite ulcerosa: "Bellezza e sensualità nonostante la stomia"

A causa di questa malattia autoimmune alla 39enne milanese è stato rimosso definitivamente il colon: “Convivo con una ileostomia terminale, un sacchetto di raccolta materiale enterico sulla pancia. Ora ho creato un prototipo più pratico ed esteticamente piacevole“

di CATERINA CECCUTI -
21 ottobre 2022
Giorgia, personal trainer milanese affetta da Rettocolite ulcerosa

Giorgia, personal trainer milanese affetta da Rettocolite ulcerosa

“Ho cercato di sentirmi bella, nonostante l’immagine nello specchio mi sembrasse quella di un mostro. Per colpa della malattia un pezzo di intestino è fuori dalla mia pancia, e devo fare i conti con un sacchetto che raccoglie il mio materiale enterico h24, anche mentre vivo situazioni di intimità. Con il tempo ho elaborato questo cambiamento necessario e oggi riesco a dare l’esempio ad altre donne che, come me, hanno dovuto reinventare la propria femminilità”. Giorgia Cirulli, personal trainer milanese di 39 anni affetta da Rettocolite ulcerosa, di mostruoso non ha proprio niente. Anzi, i grandi occhi chiari e il fisico scolpito da una passione per lo sport che è sempre stata anche il suo mestiere, raccontano la storia di una giovane donna tenace e combattiva, che non si è lasciata piegare neppure da una patologia così violenta da averla costretta a convivere con una stomia. “Una malattia autoimmuune intestinale come la mia -racconta a Luce!- è un dramma molto più diffuso di quello che si possa pensare. Già la diagnosi di per sé è complicata e il più delle volte le terapie proposte sono fallimentari; ecco perché, alla fine, si è obbligati a intervenire chirurgicamente. A me è stato rimosso il colon definitivamente e ad oggi convivo con una ileostomia terminale (sacchetto di raccolta materiale enterico sulla pancia). Potete immaginare che, per una donna, la condizione di disagio è estrema. Riguarda davvero qualcosa che entra nell’intimo, che mette a repentaglio la vita di chi la subisce e di chi sta vicino a persone con questa problematica”.
Giorgia Cirulli, personal trainer milanese di 39 anni affetta da Rettocolite ulcerosa

Giorgia Cirulli, personal trainer milanese di 39 anni affetta da Rettocolite ulcerosa

La testimonianza di Giorgia, così come il suo impegno sui social network, non è mirata all’autocommiserazione, piuttosto determinata a influenzare la cultura e la percezione che si hanno della malattia e della disabilità. “Non voglio spettacolarizzare la mia condizione -puntualizza- ma far riflettere su quanto le persone che si trovano ad affrontare traumi così grossi abbiano bisogno di leggerezza, ironia e accoglienza. E non voglio neanche essere compatita, desidero solo dimostrare al mondo e alle altre donne che condividono il mio stesso dramma, come sia riuscita a non farmi schiacciare dalla malattia o dall’aver visto il mio corpo oltraggiato. Il senso che ho dato alla vita e alla mia realizzazione personale, come imprenditrice e come madre, sono sempre stati più forti di qualsiasi dolore fisico o ostacolo. E sono sicura che, chi affronta questo calvario, riesca a scoprirsi integro, anche se mutilati”. L’intervento chirurgico che ha portato Giorgia a dover convivere con un dispositivo attaccato h24 alla pancia, le ha salvato la vita. “Da quando avevo vent’anni fino ai trenta -racconta-, ho convissuto con una candida intestinale molto forte. Poi, nel 2014, ho scoperto di avere la RCU: a due anni dal parto di mio figlio i sintomi si sono repentinamente aggravati. Avevo perdite di sangue dal retto con scariche che non riuscivo a contenere. Negli anni successivi tentai moltissime terapie sperimentali ospedaliere, oltre ovviamente a dosi massicce di cortisone, ma i medici mi dissero che la mia condizione era davvero grave. Un giorno mi fu detto esplicitamente “Se non ti operi subito, potresti non risvegliarti domattina, né veder crescere tuo figlio”. Mi è stato rimosso definitivamente il colon e da allora la mia vita è cambiata drasticamente, ma in meglio. Non ho più dolore, sono tornata a gestire i ritmi della mia vita senza più essere schiava degli attacchi che mi costringevano a correre in bagno anche trenta volte al giorno. Resta però che sono portatrice di  disabilità perché, una volta tolto, il colon non si può più rimettere”.
Giorgia Cirulli, personal trainer milanese di 39 anni affetta da Rettocolite ulcerosa

Giorgia Cirulli, personal trainer milanese di 39 anni affetta da Rettocolite ulcerosa

Qual è l’aspetto del suo handicap che le provoca maggiori problemi? “Il fatto che esiste ancora molta ignoranza sul tema della stomia, benché i numeri parlino chiaro e i casi di persone stomizzate -per le ragioni più svariate che possono essere tumori, peritoniti, malattie croniche infiammatorie ecc.- parlino chiaro: centinaia di migliaia solo in Italia, e in Europa e all’estero i numeri sono ancora più grandi. Le persone devono essere educate su questo tema, invece non se ne parla, perché i problemi che riguardano le feci sono qualcosa di cui vergognarsi, qualcosa che deve rimanere nascosto. Ma il nostro handicap, purtroppo, è visibile. Ci sono donne che convivono addirittura con due sacchetti sulla pancia, uno per le urine e uno per le feci. Donne con pance deturpate da cicatrici che ti segnano anche l’anima. Quello verso la stomia è un iter molto violento, ma in certi casi è l’unica alternativa per vivere, altrimenti si muore”. Sarà costretta a portare il sacchetto per sempre? “Non è detto. La mia condizione è temporanea, nel senso che devo affrontare altri due interventi: con il primo dovrò rimuovere il retto, anch’esso malato. Mi faranno un’altra stomia, per far riposare la pouch (piccola ampolla interna creata con un pezzo di intestino tenue) che raccoglierà le feci una volta che, con il terzo intervento, avverrà il ricollegamento con l’ano. Si tratta davvero di un percorso estremo e doloroso, ma prima di operarmi ero arrivata ad avere un’emoglobina così bassa che stavo collassando, per colpa delle continue scariche di sangue. Una volta completata anche la terza operazione, avrò il 50% di possibilità di vivere senza tornare alla stomia. Infatti, si corre il rischio che anche la pouch interna si possa infiammare per ritornare allo stato cronico iniziale. Comunque, se dovessi tenere il sacchetto per sempre, almeno non dovrei più convivere con dolori lancinanti e una vita senza un minimo di equilibrio. Prima della stomia il mio viso era proprio quello di una persona malata, che portava i segni di una sofferenza trascinata per anni. Per me, alla fine, il dispositivo è stata una rinascita. La mia vita dopo l’intervento si è ribaltata, mi sono rimessa al centro, ho cercato di sentirmi bella nonostante la mia figura non la riconoscessi più...con un pezzo di intestino fuori dalla pancia di cui occuparmi h24, con cui fare i conti anche nell’intimità. Invece io l’ho esorcizzato mettendomi in mostra, apprezzandomi anche in questa nuova geometria e sensibilizzando gli altri. È indubbiamente difficile per una donna accettare questa condizione ma è la seconda opportunità che mi è stata data per vivere ed è forse l’unico messaggio che posso cogliere da questa esperienza, in grado di darmi il giusto slancio per supportare chi attraversa questa transizione o ci è già arrivato, sentendosi totalmente abbandonato”. Invece lei, attraverso il suo lavoro e il suo impegno sui social, sta cercando di ridare bellezza e dignità alle persone nella sua situazione... “Esattamente. La malattia isola, disorienta, divide. Il mio obiettivo invece è quello di unire, ridare corpo, voce e bellezza a chi si sente perduto e ha perso il contatto con il proprio intimo. Sui social ho un seguito di donne con il mio stesso problema che trovano stimolo in quello che faccio. Dimostro quanto sia fondamentale praticare attività fisica nonostante tutto e quanto sia importante dedicarsi alla propria cura personale attraverso sane abitudini da perseguire ogni giorno. Questo mi aiuta moltissimo, anche a superare i momenti fragili che continuo logicamente ad avere, ma che tengo per me, perché il messaggio che voglio divulgare parla di sensualità, di rinascita, di gentilezza, di amor proprio, motivando le persone. Fa parte del mio lavoro, alla fine. Le battute d’arresto nella vita sono frequenti. Vediamola così, è solo un nuovo punto di partenza! Da qui ho pensato anche a come migliorare questo dispositivo medico esteticamente poco piacevole con cui siamo costrette a convivere, creando un prototipo che non è ancora in commercio, ma che lo sarà a breve… insieme a tutto un movimento dedicato all’inclusione sui temi della diversità, della disabilità e della sostenibilità. Ho deciso che questo sarà uno degli obiettivi principali della mia vita. Sono una persona che ama il bello e che cerca di trarre sempre degli insegnamenti anche dalle crisi, e poter migliorare la vita degli altri è diventata la mia missione.”
Giorgia Cirulli, personal trainer milanese di 39 anni affetta da Rettocolite ulcerosa

Giorgia Cirulli, personal trainer milanese di 39 anni affetta da Rettocolite ulcerosa

Ci parli del suo lavoro. Come mai ha scelto di essere una personal trainer esclusivamente femminile? “In mezzo a tanta sofferenza, sia fisica che psicologica, nel 2018 ho deciso di lasciare la palestra in cui lavoravo e iniziare a lavorare come personal trainer a domicilio oppure da remoto, di modo da poter gestire i sintomi della malattia e poter accudire mio figlio. Questo mi ha permesso di sentirmi utile e gratificata come donna, mantenendo la mia indipendenza e impedendo alla malattia di distruggere tutto quello che avevo costruito negli anni. Purtroppo, la maggior parte delle persone che hanno questa patologia entrano in depressione proprio per l’incapacità di mantenere un lavoro, e per il poco supporto da parte dei datori di lavoro o dei famigliari; io stessa mi sono sottoposta a quattro anni di psicanalisi, più che altro perché volevo fare un lavoro profondo su me stessa, capire cosa potevo aspettarmi dalla vita in qualità di malata e quali fossero i miei talenti. Oggi porto avanti la mia attività imprenditoriale di fitness su misura insieme a specialiste del benessere, della medicina e dell’immagine, a supporto delle clienti che si affidano a me. Ho scelto di allenare solo donne a domicilio per una questione di sicurezza personale.” Tra i consigli che dà alle donne c’è quello di condurre uno stile di vita sano, anche per prevenire patologie come la sua. “Esattamente. Le malattie infiammatorie croniche intestinali non sono genetiche, ma può esistere una familiarità. Lo stile di vita in questi casi è essenziale: spesso prima di arrivare ad una diagnosi trascorrono anni, e più passa il tempo più la malattia può estendersi ad altri organi. Ai primi segnali consiglio sempre di affidarsi a specialisti in grado di diagnosticare l’eventuale problema. Lo stress conta moltissimo, come in tutte le patologie dove il sistema immunitario viene attivato. Mangiare sano e praticare uno sport sostenibile, stare accanto a persone che sappiano accoglierci e comprenderci, riposare bene, stare a contatto con la natura…s ono tutti comportamenti da adottare per un benessere profondo. Ma non sempre purtroppo i medici prendono in considerazione anche questo aspetto psicologico ed emotivo del paziente.”