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Home » Attualità » Giornata mondiale dell’Ambiente: ma quanta energia consumano i data center?

Giornata mondiale dell’Ambiente: ma quanta energia consumano i data center?

In un mondo fortemente digitalizzato, molti settori e attività dipendono dall’elaborazione di grandi quantità di dati: le strutture che li elaborano consumano però moltissimo. Scatta l'allarme globale

Domenico Guarino
5 Giugno 2022
Giornata mondiale dell’Ambiente il 5 giugno: il consumo energetico dei data center

Il cambiamento climatico, il degrado dell’ambiente, la gestione e l’uso non sostenibile delle risorse naturali, l’inquinamento dell’aria, della terra e dell’acqua, la gestione scorretta delle sostanze chimiche e dei rifiuti e la conseguente perdita di biodiversità. Sappiamo tutti quanto questi fenomeni minaccino il futuro della terra e dell’umanità

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Il 5 giugno cade la Giornata mondiale dell’Ambiente, e quest’anno ricorre il 50° anniversario dalla nascita di questa campagna globale istituita dalle Nazioni Unite nel 1972 a Stoccolma, in occasione della prima Conferenza dell’Onu sull’Ambiente, in cui venne adottata la Dichiarazione che definì i 26 principi sui diritti dell’ambiente e le responsabilità dell’uomo per la sua salvaguardia.

Fra le tante notizie, non sempre positive, che vengono diffuse in questa occasione, salta agli occhi una certezza: siamo sempre più connessi ma sempre più…inquinati.

Il mondo dell’Internet ci appare talmente smaterializzato, fatto di bit e di cluoud, che non ci chiediamo mai come funzioni il sistema. E che costi ambientali abbia. Qualora lo facessimo scopriremmo che tutto parte, ed in qualche modo arriva, dai centri di elaborazione dati, ovvero delle infrastrutture fisiche in cui vengono immagazzinate molte delle informazioni prodotte nel mondo digitale. I data center dunque sono gli snodi fondamentali per il funzionamento del sistema perché in un mondo fortemente digitalizzato, permettono l’elaborazione di grandi quantità di dati.

Viviamo in un mondo in perenne connessione

Controllo e gestione dei dati sono diventati elementi centrali della strategia commerciale delle aziende tecnologiche. Ma spingere sulla proliferazione dei data center non sono solo le piattaforme e le reti sociali: banche, assicurazioni, società di videogiochi, il settore delle criptovalute quello sanitario dipendono oramai fortemente dall’elaborazione di grandi quantità di dati.
Il problema è che si tratta di strutture fortemente energivore, e dunque la crescita costante del numero e delle dimensioni dei data center costituisce una seria minaccia ambientale, in quanto richiedono grandi quantità di energia per funzionare, ma anche per raffreddare i loro sistemi.
Al punto che, oggi, il consumo energetico globale generato dai centri di elaborazione dati supera quello di interi paesi come l’Indonesia o il Sudafrica.

E per il futuro le cose andranno ancora peggio, visto che tutto il settore dell’immagazzinamento e della diffusione di megadati e metadati ha fatto registrare un nuovo impulso durante la pandemia da Covid-1. Non a caso sono diverse le organizzazioni e le istituzioni che hanno espresso preoccupazione per l’impatto di queste infrastrutture, che consumano da 10 a 100 volte più energia di un edificio commerciale di dimensioni simili.

Quanti sono i data center nell’Unione europea

Il datacenter è un’infrastruttura per l’archiviazione dei dati
Il datacenter è un’infrastruttura per l’archiviazione dei dati: la Germania, con oltre 480 strutture, è il Paese Ue che registra il maggior numero di queste strutture

Anche se l’Europa non è ancora al livello del nord America – Stati Uniti e Canada contano, insieme, oltre 3.000 strutture – nell’ultimo periodo gli investimenti nei data center sono aumentati del 58% secondo ReportLinker (2021).
Secondo Cloudscene, un fornitore di servizi di cloud australiano, ci sono attualmente quasi 2mila data center nei 27 paesi dell’Unione europea. A cui ne vanno aggiunti altri 596, situati in paesi vicini come Regno Unito, Norvegia e Svizzera. La Germania, con più di 480 strutture, è il paese Ue che registra il maggior numero di queste strutture. data center. Numero che non è sempre proporzionale al peso demografico o economico del paese nel quale si trovano. I Paesi Bassi ad esempio, con una popolazione che è meno di un quarto di quella tedesca, ospitano circa 280 strutture, la maggior parte delle quali si trova ad Amsterdam.
La capitale olandese, insieme ad altre città come Londra, Parigi e Francoforte, è diventata così uno dei principali poli europei per questo settore nascente. Altre città dove assistiamo ad aumento di data center sono Madrid, Monaco e Milano, tutte con oltre 50 strutture (elaborazione openpolis su dati El orden mundial e Cloudscene).
Nella valutazione complessiva, va considerato poi che non tutti i centri di elaborazione dati hanno le stesse dimensioni.

Quanto consumano i data center?

Negli ultimi 7 anni è stata prodotta più energia rinnovabile rispetto ai combustibili fossili e al nucleare combinati

Secondo l’Agenzia internazionale dell’energia (Aie), alla fine del 2019 i data center erano responsabili di circa l’1% del consumo globale di energia. “Un dato -sottolineano gli analisti di openpolis- che però non considera il mining di criptovalute, altro settore che si appoggia enormemente su server e hardware per l’archiviazione dei dati”.
Per quanto attiene all’Ue, una delle ultime stime pubblicata in un rapporto del 2020 della Commissione europea, ha indicato che il consumo dei data center in Unione europea è cresciuto di quasi il 42% tra il 2010 e il 2018, arrivando a rappresentare il 2,8% di tutta la domanda energetica della regione. Per quanto riguarda l’impatto ambientale, il rapporto ha notato che, nonostante l’assenza di dati precisi, i data center potrebbero emettere tra lo 0,4% e lo 0,6% del totale dei gas serra generati nell’Ue.
Una crescita costante, al punto che, secondo uno studio di Eirgrid, la compagnia pubblica di elettricità irlandese, nel 2028 i centri di elaborazione dati assorbiranno circa il 30% della domanda energetica del Paese. Mentre uno studio del Danish council on climate change sostiene che i data center faranno aumentare il consumo totale di energia della Danimarca del 17% nei prossimi 10 anni.

Cosa si sta facendo?

Nel gennaio 2021, 25 aziende - tra cui giganti come Amazon e Google - hanno lanciato il Climate neutral
Nel gennaio 2021, 25 aziende – tra cui giganti come Amazon e Google – hanno lanciato il Climate neutral data centre pact

Le piattaforme che riuniscono i grandi operatori di centri europei di elaborazione dati, anche sulla spinta delle istituzioni internazionali, hanno iniziato a muoversi. “Nel gennaio 2021, 25 aziende – tra cui giganti come Amazon e Google, ma anche grandi attori del mercato europeo come Equinix e Interxion – hanno lanciato il Climate neutral data centre pact, una sorta di accordo sul clima per preparare la strada prima di un possibile inasprimento delle regole Ue.

Promettendo di ridurre le emissioni, fino a raggiungere la neutralità climatica nel 2030. Un tipo di iniziativa che ha numerosi precedenti in vari settori commerciali” rivela openpolis.
Sta di fatto che al momento si tratta di buone intenzioni, sulla carta. La realtà è la crescita esponenziale dei consumi

Conosciuto anche come data center, il datacenter è un’infrastruttura per l’archiviazione dei dati.
Composto da una rete, da uno spazio di archiviazione e da server di calcolo, viene utilizzato per elaborare, organizzare, proteggere e conservare i dati dei computer. Un buon datacenter deve quindi offrire una sicurezza ottimale e uno spazio di hosting adeguato, ma anche una fonte di energia affidabile ed economica. Entriamo un po’ più nel dettaglio.

Cos’è un data center?

In senso stretto, un datacenter, o centro dati, è definito come uno spazio di archiviazione dati
In senso stretto, un datacenter, o centro dati, è definito come uno spazio di archiviazione dati

In senso stretto, un datacenter, o centro dati, è definito come uno spazio di archiviazione dati: una chiave USB, un server dedicato, un armadio con diversi server collegati tra loro, una stanza dedicata che ospita diversi armadi per computer, un edificio dedicato, ecc.
Indipendentemente dalle dimensioni dei supporti, lo spazio ospita un insieme di server per l’archiviazione, l’elaborazione e la comunicazione dei dati verso l’esterno. energetici prodotti dai data center.

Giornata mondiale dell’Ambiente

La giornata è organizzata dal Programma delle Nazioni Unite per l’ ambiente (Unep) e ogni anno ha un tema specifico e un nuovo Paese ospitante: quest’anno, come 50 anni fa, sono la Svezia e ‘OnlyOneEarth’ (SoloUnaTerra), per ribadire la necessità di vivere in modo sostenibile e in armonia con la natura poiché le risorse sono limitate e devono essere salvaguardate. In sostanza, ci viene chiesto di proteggere il nostro pianeta, di prenderci cura della nostra casa comune, nelle nostre azioni quotidiane dal modo in cui mangiamo, viviamo, lavoriamo, ci muoviamo, investiamo.

Per l’Ocse solo il 9% di tutta la plastica nel mondo viene riciclato

Dopo due giorni di lavori fra Stati membri e stakeholder, a Stoccolma, sono emerse dieci raccomandazioni: – porre il benessere umano al centro di un pianeta sano e prosperità per tutti, riconoscendo che un pianeta sano è un prerequisito per la pace, la coesione e le società prospere; – riconoscere e attuare il diritto a un ambiente pulito, sano e sostenibile (realizzando la visione articolata nel principio 1 della Dichiarazione di Stoccolma del 1972); – adottare un cambiamento generalizzato nel modo in cui il nostro attuale sistema economico lavora per contribuire a un pianeta sano; – rafforzare l’attuazione nazionale degli impegni esistenti per un pianeta sano; – allineare i flussi finanziari pubblici e privati ;;con il clima ambientale e gli impegni di sviluppo sostenibile; – accelerare le trasformazioni a livello di sistema di settori ad alto impatto, come cibo, energia, acqua, edifici, edilizia, produzione e mobilità; – ricostruire rapporti di fiducia per rafforzare la cooperazione e la solidarietà; – rafforzare e rinvigorire il sistema multilaterale; – riconoscere la responsabilità intergenerazionale come una pietra miliare di una sana elaborazione delle politiche; – portare avanti i risultati di Stoccolma+50

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  • La salute mentale al centro del podcast di Alessia Lanza. Come si supera l’ansia sociale? Quanto è difficile fare coming out? Vado dallo psicologo? Come trovo la mia strada? La popolare influencer, una delle creator più note e amate del web con 1,4 milioni di followers su Instagram e 3,9 milioni su TikTok, Alessia Lanza debutta con “Mille Pare”, il suo primo podcast in cui affronta, in dieci puntate, una “para” diversa e cerca di esorcizzare le sue fragilità e, di riflesso, quelle dei suoi coetanei.

“Ho deciso di fare questo podcast per svariati motivi: io sono arrivata fin qui anche grazie alla mia immagine, ma questa volta vorrei che le persone mi ascoltassero e basta. Quando ho cominciato a raccontare le mie fragilità un sacco di persone mi hanno detto ‘Anche io ho quella para lì!’. Perciò dico parliamone, perché in un mondo in cui sembra che dobbiamo farcela da soli, io credo nel potere della condivisione”.

#lucenews #lucelanazione #millepare #alessialanza #podcast
  • Si è laureata in Antropologia, Religioni e Civiltà Orientali indossando un abito tradizionale Crow, tribù della sua famiglia adottiva in Montana. Eppure Raffaella Milandri è italianissima e ha conseguito il titolo nella storica università Alma Mater di Bologna, lo scorso 17 marzo. 

La scrittrice e giornalista nel 2010 è diventata membro adottivo della famiglia di nativi americani Black Eagle. Da quel momento quella che era una semplice passione per i popoli indigeni si è focalizzata sullo studio degli aborigeni Usa e sulla divulgazione della loro cultura.

Un titolo di studio specifico, quello conseguito dalla Milandri, “Che ho ritenuto oltremodo necessario per coronare la mia attività di studiosa e attivista per i diritti dei Nativi Americani e per i Popoli Indigeni. La prima forma pacifica di attivismo è divulgare la cultura nativa”. L’abito indossato durante cerimonia di laurea appartiene alla tribù della sua famiglia adottiva. Usanza che è stata istituzionalizzata solo dal 2017 in Montana, Stato d’origine del suo popolo, quando è stata approvata una legge (la SB 319) che permette ai nativi e loro familiari di laurearsi con il “tribal regalia“. 

In virtù di questa norma, il Segretario della Crow Nation, Levi Black Eagle, a maggio 2022 ha ricordato la possibilità di indossare l’abito tradizionale Crow in queste occasioni e così Milandri ha chiesto alla famiglia d’adozione se anche lei, in quanto membro acquisito della tribù, avrebbe potuto indossarlo in occasione della sua discussione.

La scrittrice, ricordando il momento della laurea a Bologna, racconta che è stata “Una grandissima emozione e un onore poter rappresentare la Crow Nation e la mia famiglia adottiva. Ho dedicato la mia laurea in primis alle vittime dei collegi indiani, istituti scolastici, perlopiù a gestione cattolica, di stampo assimilazionista. Le stesse vittime per le quali Papa Francesco, lo scorso luglio, si è recato in Canada in viaggio penitenziale a chiedere scusa  Ho molto approfondito questo tema controverso e presto sarà pubblicato un mio studio sull’argomento dalla Mauna Kea Edizioni”.

#lucenews #raffaellamilandri #antropologia
  • "Ora dobbiamo fare di meno, per il futuro".

Torna anche quest’anno l
  • Per una detenuta come Joy – nigeriana di 34 anni, arrestata nel 2014 per possesso di droga – uscire dal carcere significherà dover imparare a badare a se stessa. Lei che è lontana da casa e dalla famiglia, lei che non ha nessuno ad aspettarla. In carcere ha fatto il suo percorso, ha imparato tanto, ha sofferto di più. Ma ha anche conosciuto persone importanti, detenute come lei che sono diventate delle amiche. 

Mon solo. Nella Cooperativa sociale Gomito a Gomito, per esempio, ha trovato una seconda famiglia, un ambiente lavorativo che le ha offerto “opportunità che, se fossi stata fuori dal carcere, non avrei mai avuto”, come quella di imparare un mestiere e partecipare ad un percorso di riabilitazione sociale e personale verso l’indipendenza, anche economica.

Enrica Morandi, vice presidente e coordinatrice dei laboratori sartoriali del carcere di Rocco D’Amato (meglio noto ai bolognesi come “La Dozza”), si riferisce a lei chiamandola “la mia Joy”, perché dopo tanti anni di lavoro fianco a fianco ha imparato ad apprezzare questa giovane donna impegnata a ricostruire la propria vita: 

“Joy è extracomunitaria, nel nostro Paese non ha famiglia. Per lei sarà impossibile beneficiare degli sconti di pena su cui normalmente possono contare le detenute italiane, per buona condotta o per anni di reclusione maturati. Non è una questione di razzismo, è che esistono problemi logistici veri e propri, come il non sapere dove sistemare e a chi affidare queste ragazze, una volta lasciate le mura del penitenziario. Se una donna italiana ha ad attenderla qualcuno che si fa carico di ospitarla, Joy e altre come lei non hanno nessun cordone affettivo cui appigliarsi”.

L
Il 5 giugno cade la Giornata mondiale dell’Ambiente, e quest’anno ricorre il 50° anniversario dalla nascita di questa campagna globale istituita dalle Nazioni Unite nel 1972 a Stoccolma, in occasione della prima Conferenza dell’Onu sull’Ambiente, in cui venne adottata la Dichiarazione che definì i 26 principi sui diritti dell’ambiente e le responsabilità dell’uomo per la sua salvaguardia. Fra le tante notizie, non sempre positive, che vengono diffuse in questa occasione, salta agli occhi una certezza: siamo sempre più connessi ma sempre più…inquinati. Il mondo dell’Internet ci appare talmente smaterializzato, fatto di bit e di cluoud, che non ci chiediamo mai come funzioni il sistema. E che costi ambientali abbia. Qualora lo facessimo scopriremmo che tutto parte, ed in qualche modo arriva, dai centri di elaborazione dati, ovvero delle infrastrutture fisiche in cui vengono immagazzinate molte delle informazioni prodotte nel mondo digitale. I data center dunque sono gli snodi fondamentali per il funzionamento del sistema perché in un mondo fortemente digitalizzato, permettono l’elaborazione di grandi quantità di dati.
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Quanti sono i data center nell'Unione europea

Il datacenter è un’infrastruttura per l’archiviazione dei dati
Il datacenter è un’infrastruttura per l’archiviazione dei dati: la Germania, con oltre 480 strutture, è il Paese Ue che registra il maggior numero di queste strutture
Anche se l’Europa non è ancora al livello del nord America - Stati Uniti e Canada contano, insieme, oltre 3.000 strutture – nell’ultimo periodo gli investimenti nei data center sono aumentati del 58% secondo ReportLinker (2021). Secondo Cloudscene, un fornitore di servizi di cloud australiano, ci sono attualmente quasi 2mila data center nei 27 paesi dell’Unione europea. A cui ne vanno aggiunti altri 596, situati in paesi vicini come Regno Unito, Norvegia e Svizzera. La Germania, con più di 480 strutture, è il paese Ue che registra il maggior numero di queste strutture. data center. Numero che non è sempre proporzionale al peso demografico o economico del paese nel quale si trovano. I Paesi Bassi ad esempio, con una popolazione che è meno di un quarto di quella tedesca, ospitano circa 280 strutture, la maggior parte delle quali si trova ad Amsterdam. La capitale olandese, insieme ad altre città come Londra, Parigi e Francoforte, è diventata così uno dei principali poli europei per questo settore nascente. Altre città dove assistiamo ad aumento di data center sono Madrid, Monaco e Milano, tutte con oltre 50 strutture (elaborazione openpolis su dati El orden mundial e Cloudscene). Nella valutazione complessiva, va considerato poi che non tutti i centri di elaborazione dati hanno le stesse dimensioni.

Quanto consumano i data center?

Negli ultimi 7 anni è stata prodotta più energia rinnovabile rispetto ai combustibili fossili e al nucleare combinati
Secondo l’Agenzia internazionale dell’energia (Aie), alla fine del 2019 i data center erano responsabili di circa l’1% del consumo globale di energia. “Un dato -sottolineano gli analisti di openpolis- che però non considera il mining di criptovalute, altro settore che si appoggia enormemente su server e hardware per l’archiviazione dei dati”. Per quanto attiene all’Ue, una delle ultime stime pubblicata in un rapporto del 2020 della Commissione europea, ha indicato che il consumo dei data center in Unione europea è cresciuto di quasi il 42% tra il 2010 e il 2018, arrivando a rappresentare il 2,8% di tutta la domanda energetica della regione. Per quanto riguarda l’impatto ambientale, il rapporto ha notato che, nonostante l’assenza di dati precisi, i data center potrebbero emettere tra lo 0,4% e lo 0,6% del totale dei gas serra generati nell’Ue. Una crescita costante, al punto che, secondo uno studio di Eirgrid, la compagnia pubblica di elettricità irlandese, nel 2028 i centri di elaborazione dati assorbiranno circa il 30% della domanda energetica del Paese. Mentre uno studio del Danish council on climate change sostiene che i data center faranno aumentare il consumo totale di energia della Danimarca del 17% nei prossimi 10 anni.

Cosa si sta facendo?

Nel gennaio 2021, 25 aziende - tra cui giganti come Amazon e Google - hanno lanciato il Climate neutral
Nel gennaio 2021, 25 aziende - tra cui giganti come Amazon e Google - hanno lanciato il Climate neutral data centre pact
Le piattaforme che riuniscono i grandi operatori di centri europei di elaborazione dati, anche sulla spinta delle istituzioni internazionali, hanno iniziato a muoversi. “Nel gennaio 2021, 25 aziende - tra cui giganti come Amazon e Google, ma anche grandi attori del mercato europeo come Equinix e Interxion - hanno lanciato il Climate neutral data centre pact, una sorta di accordo sul clima per preparare la strada prima di un possibile inasprimento delle regole Ue. Promettendo di ridurre le emissioni, fino a raggiungere la neutralità climatica nel 2030. Un tipo di iniziativa che ha numerosi precedenti in vari settori commerciali” rivela openpolis. Sta di fatto che al momento si tratta di buone intenzioni, sulla carta. La realtà è la crescita esponenziale dei consumi Conosciuto anche come data center, il datacenter è un’infrastruttura per l’archiviazione dei dati. Composto da una rete, da uno spazio di archiviazione e da server di calcolo, viene utilizzato per elaborare, organizzare, proteggere e conservare i dati dei computer. Un buon datacenter deve quindi offrire una sicurezza ottimale e uno spazio di hosting adeguato, ma anche una fonte di energia affidabile ed economica. Entriamo un po’ più nel dettaglio.

Cos’è un data center?

In senso stretto, un datacenter, o centro dati, è definito come uno spazio di archiviazione dati
In senso stretto, un datacenter, o centro dati, è definito come uno spazio di archiviazione dati
In senso stretto, un datacenter, o centro dati, è definito come uno spazio di archiviazione dati: una chiave USB, un server dedicato, un armadio con diversi server collegati tra loro, una stanza dedicata che ospita diversi armadi per computer, un edificio dedicato, ecc. Indipendentemente dalle dimensioni dei supporti, lo spazio ospita un insieme di server per l’archiviazione, l’elaborazione e la comunicazione dei dati verso l’esterno. energetici prodotti dai data center.

Giornata mondiale dell’Ambiente

La giornata è organizzata dal Programma delle Nazioni Unite per l’ ambiente (Unep) e ogni anno ha un tema specifico e un nuovo Paese ospitante: quest’anno, come 50 anni fa, sono la Svezia e ‘OnlyOneEarth’ (SoloUnaTerra), per ribadire la necessità di vivere in modo sostenibile e in armonia con la natura poiché le risorse sono limitate e devono essere salvaguardate. In sostanza, ci viene chiesto di proteggere il nostro pianeta, di prenderci cura della nostra casa comune, nelle nostre azioni quotidiane dal modo in cui mangiamo, viviamo, lavoriamo, ci muoviamo, investiamo.
Per l’Ocse solo il 9% di tutta la plastica nel mondo viene riciclato
Dopo due giorni di lavori fra Stati membri e stakeholder, a Stoccolma, sono emerse dieci raccomandazioni: - porre il benessere umano al centro di un pianeta sano e prosperità per tutti, riconoscendo che un pianeta sano è un prerequisito per la pace, la coesione e le società prospere; - riconoscere e attuare il diritto a un ambiente pulito, sano e sostenibile (realizzando la visione articolata nel principio 1 della Dichiarazione di Stoccolma del 1972); - adottare un cambiamento generalizzato nel modo in cui il nostro attuale sistema economico lavora per contribuire a un pianeta sano; - rafforzare l’attuazione nazionale degli impegni esistenti per un pianeta sano; - allineare i flussi finanziari pubblici e privati ;;con il clima ambientale e gli impegni di sviluppo sostenibile; - accelerare le trasformazioni a livello di sistema di settori ad alto impatto, come cibo, energia, acqua, edifici, edilizia, produzione e mobilità; - ricostruire rapporti di fiducia per rafforzare la cooperazione e la solidarietà; - rafforzare e rinvigorire il sistema multilaterale; - riconoscere la responsabilità intergenerazionale come una pietra miliare di una sana elaborazione delle politiche; - portare avanti i risultati di Stoccolma+50
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