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Home » Attualità » Giovani sempre più isolati e aggressivi. L’appello degli psicologi: “Intervengano le istituzioni”

Giovani sempre più isolati e aggressivi. L’appello degli psicologi: “Intervengano le istituzioni”

"La violenza valvola di sfogo per un disagio che cresce dentro di sé. Il gruppo allora diventa appartenenza" afferma lo psicoterapeuta della Fondazione Minotauro. "Condannare non basta" sostiene la presidente dell'ordine degli psicologi toscani

Camilla Prato
3 Febbraio 2022
La psicologa indossa la mascherina durante una seduta con una paziente. In pandemia le richieste di aiuto si sono moltiplicate

La psicologa indossa la mascherina durante una seduta con una paziente. In pandemia le richieste di aiuto si sono moltiplicate

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“Sempre più isolati dal mondo e sempre più aggressivi“. Che i giovani non stiano attraversano, ormai da quasi due anni, un periodo facile e sereno è ormai cosa nota. Privati di valide prospettive per il proprio futuro formativo e professionale, costantemente succubi del limbo formativo tra Dad e scuola in presenza, costretti a casa tra quarantene e contagi, gli adolescenti italiani stanno sempre peggio. Una realtà di fatto evidente, nonostante i proclami edulcorati sulle ‘imminenti’ rivoluzioni nei settori della scuola, formazione e lavoro, sostenuti dal Pnrr.

I giovani sono le vittime sociali della pandemia

A lanciare l’allarme è Matteo Lancini, psicoterapeuta della Fondazione Minotauro, il quale sostiene che i giovani si sentono sempre più persi e consapevoli di non essere ascoltati, scaricando questa tensione su sé stessi o, in alcuni casi, sugli altri: “Nella maggior parte dei disagi – ha spiegato ai microfoni dell’Agenzia DIRE – l’attacco è verso sé stessi, perché non ci si sente all’altezza”. Ma se all’autolesionismo si affianca la violenza verso l’altro questo è sintomo, secondo lo specialista, della necessità di avere una valvola di sfogo per la propria frustrazione.

“Non c’è progettualità, il gruppo diventa appartenenza e ti sembra di non sentirti solo”, spiega infatti Lancini parlando nello specifico di un disagio da tempo latente che è esploso con la pandemia: “Stiamo parlando di un’emergenza che era già presente . Forse non interessava molto, ma c’era già”. “La politica – conclude – dovrebbe convocare i giovani e dargli dei ruoli, la semplice comparsata in consiglio comunale o regionale non basta”. Quello dello psicoterapeuta sembrerebbe dunque un chiaro monito, dopo gli eventi dei giorni scorsi che hanno coinvolto giovani in episodi di violenza e discriminazione, perché oltre ai proclami si muova veramente qualcosa per risolvere una questione quantomai urgente.

“Gli episodi di movida violenta a Livorno e Milano sono solo gli ultimi campanelli d’allarme sui giovani e giovanissimi, le vere vittime sociali della pandemia”. Tra le voci che si sono levate per lanciare l’allarme sul fenomeno del disagio e della violenza giovanile c’è anche quella della presidente dell’ordine degli Psicologi toscani, Maria Antonietta Gulino.

Violenza e isolamento sono i comportamenti più adottati per rispondere al disagio

“Ciò che è avvenuto a Livorno e Milano, è ovviamente da condannare, ma condannare non basta: per risolvere i problemi bisogna affrontarli e capirne le ragioni. I giovani sono stati i più colpiti da questi due anni di Covid, sia a scuola che fuori. Per la paura di contrarre il virus, dal desiderio sano di autonomia si è passati ad un calo delle interazioni sociali e ad una conseguente difficoltà di tessere nuovi legami e di tenere una condotta sociale adeguata e costruttiva, anche in gruppo e in strada, nelle occasioni che dovrebbero essere di svago con gli amici. È un tema che ci sembra purtroppo sottovalutato anche dalle Istituzioni“, aggiunge Gulino.

Secondo i dati forniti dal Consiglio nazionale dell’Ordine degli psicologi sui due anni di pandemia, 8 persone su 10 hanno sviluppato un malessere psicologico strutturato e 2 su 10 soffrono di disturbi mentali più severi. “Purtroppo – dice la presidente dell’Ordine toscano – è una tendenza che stiamo vedendo anche in Toscana e che va contrastata rafforzando i servizi territoriali e scolastici di assistenza psicologica. La proposta di legge regionale sullo ‘psicologo di base‘, a cui abbiamo dato il nostro plauso, può essere un contributo importante in questo senso. Ma servono anche investimenti immediati e mirati. Dobbiamo intervenire sui fattori di rischio e potenziare i fattori protettivi verso i giovani, dando sostegno anche ai genitori“.

La presidente dell’Ordine degli Psicologi invita quindi ad aprire una riflessione a tutto campo sulla condizione giovanile oggi. “Gli adolescenti hanno necessità di riappropriarsi dei loro spazi di crescita: scuola, sport, attività ricreative e relazionali. Sono stati deprivati e mutilati per troppo tempo. Sono necessari spazi e progetti di ascolto psicologico per facilitare lo scambio,
comprendere e arginare la rabbia. I genitori – continua Gulino – hanno bisogno di essere sostenuti e aiutati a riattivare capacità di ascolto e di presenza partecipata e consapevole a fianco dei propri figli. La casa non può essere l’unico luogo di vita, perché rischia di diventare una prigione. Servono anche interventi anche a favore degli insegnanti e dei dirigenti scolastici in quanto educatori attivi nel processo di crescita di ogni studente. Sono due anni che tentiamo di costruire una interlocuzione proficua con l’Ufficio scolastico regionale, purtroppo senza alcuna risposta. Mettere insieme sinergie è l’unica strada per intervenire con efficacia”, conclude la presidente Gulino.

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  • «Era terribile durante il fascismo essere transessuale. Mi picchiavano e mi facevano fare delle cose schifose. Mi imbrattavano con il catrame e mi hanno rasato. Ho preso le botte dai fascisti perché mi ero atteggiato a donna e per loro questo era inconcepibile».

È morta a quasi 99 anni Lucy Salani, attivista nota come l’unica persona trans italiana sopravvissuta ai campi di concentramento nazisti.

#lucenews #lucysalani #dachau
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  • Elaheh Tavakolian, l’iraniana diventata uno dei simboli della lotta nel suo Paese, è arrivata in Italia. Nella puntata del 21 marzo de “Le Iene”, tra i servizi del programma di Italia 1, c’è anche la storia della giovane donna, ferita a un occhio dalla polizia durante le proteste in Iran. Nella puntata andata in onda la scorsa settimana, l’inviata de “Le Iene” aveva incontrato la donna in Turchia, durante la sua fuga disperata dall’Iran, dove ormai era troppo pericoloso vivere. 

“Ho molta paura. Vi prego, qui potrebbero uccidermi” raccontava l’attivista a Roberta Rei. Già in quell’occasione, Elaheh Tavakolian era apparsa con una benda sull’occhio, a causa di una grave ferita causatale da un proiettile sparato dalle forze dell’ordine iraniane durante le manifestazioni a cui ha preso parte dopo la morte di Mahsa Amini.

Elaheh Tavakolian fa parte di quelle centinaia di iraniani che hanno subito gravi ferite agli occhi dopo essere stati colpiti da pallottole, lacrimogeni, proiettili di gomma o altri proiettili usati dalle forze di sicurezza durante le dure repressioni che vanno avanti ormai da oltre sei mesi. La ragazza, che ha conseguito un master in commercio internazionale e ora lavora come contabile, ha usato la sua pagina Instagram per rivelare che le forze di sicurezza della Repubblica islamica stavano deliberatamente prendendo di mira gli occhi dei manifestanti. 

✍ Barbara Berti

#lucenews #lucelanazione #ElahehTavakolian #iran #leiene
  • Ha 19 anni e vorrebbe solo sostenere la Maturità. Eppure alla richiesta della ragazza la scuola dice di no. Nina Rosa Sorrentino è nata con la sindrome di Down, e quel diritto che per tutte le altre studentesse e studenti è inviolabile per lei è invece un’utopia.

Il liceo a indirizzo Scienze Umane di Bologna non le darà la possibilità di diplomarsi con i suoi compagni e compagne, svolgendo le prove che inizieranno il prossimo 21 giugno. La giustificazione – o la scusa ridicola, come quelle denunciate da CoorDown nella giornata mondiale sulla sindrome di Down – dell’istituto per negarle questa possibilità è stata che “per lei sarebbe troppo stressante“.

Così Nina si è ritirata da scuola a meno di tre mesi dalla fine della quinta. Malgrado la sua famiglia, fin dall’inizio del triennio, avesse chiesto agli insegnanti di cambiare il Pei (piano educativo individualizzato) della figlia, passando dal programma differenziato per gli alunni certificati a quello personalizzato per obiettivi minimi o equipollenti, che prevede l’ammissione al vero e proprio esame di Maturità. Ma il liceo Sabin non ha assecondato la loro richiesta.

Francesca e Alessandro Sorrentino avevano trovato una sponda di supporto nel Ceps di Bologna (Centro emiliano problemi sociali per la Trisomia 21), in CoorDown e nei docenti di Scienze della Formazione dell’Alma Mater, che si sono detti tutti disponibili per realizzare un progetto-pilota per la giovane studentessa e la sua classe. Poi, all’inizio di marzo, la doccia fredda: è arrivato il no definitivo da parte del consiglio di classe, preoccupato che per la ragazza la Maturità fosse un obiettivo troppo impegnativo e stressante, tanto da generare “senso di frustrazione“, come ha scritto la dirigente del liceo nella lettera che sancisce l’epilogo di questa storia tutt’altro che inclusiva.

“Il perché è quello che ci tormenta – aggiungono i genitori –. Anche la neuropsichiatra concordava: Nina poteva e voleva provarci a fare l’esame. Non abbiamo mai chiesto le venisse regalato il diploma, ma che le fosse data la possibilità di provarci”.

#lucenews #lucelanazione #disabilityinclusion #giornatamondialedellasindromedidown
"Sempre più isolati dal mondo e sempre più aggressivi". Che i giovani non stiano attraversano, ormai da quasi due anni, un periodo facile e sereno è ormai cosa nota. Privati di valide prospettive per il proprio futuro formativo e professionale, costantemente succubi del limbo formativo tra Dad e scuola in presenza, costretti a casa tra quarantene e contagi, gli adolescenti italiani stanno sempre peggio. Una realtà di fatto evidente, nonostante i proclami edulcorati sulle ‘imminenti’ rivoluzioni nei settori della scuola, formazione e lavoro, sostenuti dal Pnrr.
I giovani sono le vittime sociali della pandemia

A lanciare l’allarme è Matteo Lancini, psicoterapeuta della Fondazione Minotauro, il quale sostiene che i giovani si sentono sempre più persi e consapevoli di non essere ascoltati, scaricando questa tensione su sé stessi o, in alcuni casi, sugli altri: "Nella maggior parte dei disagi – ha spiegato ai microfoni dell’Agenzia DIRE – l’attacco è verso sé stessi, perché non ci si sente all’altezza". Ma se all'autolesionismo si affianca la violenza verso l'altro questo è sintomo, secondo lo specialista, della necessità di avere una valvola di sfogo per la propria frustrazione.

"Non c’è progettualità, il gruppo diventa appartenenza e ti sembra di non sentirti solo", spiega infatti Lancini parlando nello specifico di un disagio da tempo latente che è esploso con la pandemia: “Stiamo parlando di un’emergenza che era già presente . Forse non interessava molto, ma c’era già". "La politica – conclude – dovrebbe convocare i giovani e dargli dei ruoli, la semplice comparsata in consiglio comunale o regionale non basta". Quello dello psicoterapeuta sembrerebbe dunque un chiaro monito, dopo gli eventi dei giorni scorsi che hanno coinvolto giovani in episodi di violenza e discriminazione, perché oltre ai proclami si muova veramente qualcosa per risolvere una questione quantomai urgente.

"Gli episodi di movida violenta a Livorno e Milano sono solo gli ultimi campanelli d'allarme sui giovani e giovanissimi, le vere vittime sociali della pandemia". Tra le voci che si sono levate per lanciare l'allarme sul fenomeno del disagio e della violenza giovanile c'è anche quella della presidente dell'ordine degli Psicologi toscani, Maria Antonietta Gulino.
Violenza e isolamento sono i comportamenti più adottati per rispondere al disagio
"Ciò che è avvenuto a Livorno e Milano, è ovviamente da condannare, ma condannare non basta: per risolvere i problemi bisogna affrontarli e capirne le ragioni. I giovani sono stati i più colpiti da questi due anni di Covid, sia a scuola che fuori. Per la paura di contrarre il virus, dal desiderio sano di autonomia si è passati ad un calo delle interazioni sociali e ad una conseguente difficoltà di tessere nuovi legami e di tenere una condotta sociale adeguata e costruttiva, anche in gruppo e in strada, nelle occasioni che dovrebbero essere di svago con gli amici. È un tema che ci sembra purtroppo sottovalutato anche dalle Istituzioni", aggiunge Gulino. Secondo i dati forniti dal Consiglio nazionale dell'Ordine degli psicologi sui due anni di pandemia, 8 persone su 10 hanno sviluppato un malessere psicologico strutturato e 2 su 10 soffrono di disturbi mentali più severi. "Purtroppo – dice la presidente dell'Ordine toscano – è una tendenza che stiamo vedendo anche in Toscana e che va contrastata rafforzando i servizi territoriali e scolastici di assistenza psicologica. La proposta di legge regionale sullo 'psicologo di base', a cui abbiamo dato il nostro plauso, può essere un contributo importante in questo senso. Ma servono anche investimenti immediati e mirati. Dobbiamo intervenire sui fattori di rischio e potenziare i fattori protettivi verso i giovani, dando sostegno anche ai genitori". La presidente dell'Ordine degli Psicologi invita quindi ad aprire una riflessione a tutto campo sulla condizione giovanile oggi. "Gli adolescenti hanno necessità di riappropriarsi dei loro spazi di crescita: scuola, sport, attività ricreative e relazionali. Sono stati deprivati e mutilati per troppo tempo. Sono necessari spazi e progetti di ascolto psicologico per facilitare lo scambio, comprendere e arginare la rabbia. I genitori – continua Gulino – hanno bisogno di essere sostenuti e aiutati a riattivare capacità di ascolto e di presenza partecipata e consapevole a fianco dei propri figli. La casa non può essere l'unico luogo di vita, perché rischia di diventare una prigione. Servono anche interventi anche a favore degli insegnanti e dei dirigenti scolastici in quanto educatori attivi nel processo di crescita di ogni studente. Sono due anni che tentiamo di costruire una interlocuzione proficua con l'Ufficio scolastico regionale, purtroppo senza alcuna risposta. Mettere insieme sinergie è l'unica strada per intervenire con efficacia", conclude la presidente Gulino.
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