“C’è un posto dove sono solo Raffo, non Raffo il ragazzo speciale”: in piazza San Pietro le parole che tutti dovremmo leggere

Tra le testimonianze al Giubileo delle Persone con Disabilità quella di Raffaele Macino 13 anni e una grave disabilità del neuro-sviluppo. “Dobbiamo sempre ricordare che un mondo migliore esiste e dobbiamo ricercarlo”

di GIAMBATTISTA ANASTASIO
30 aprile 2025
Raffo con mamma Mariella e un'amica, Sonia

Raffo con mamma Mariella e un'amica, Sonia

Città del Vaticano – Ha raccontato di quando gli capita di sentirsi diverso e di quando gli capita che altri lo facciano sentire diverso. Di parole che avrebbe preferito non sentire, di incontri che avrebbe preferito evitare. Ma ha raccontato anche di un posto dove qualcosa di diverso non gli capita mai, per fortuna, perché lì si trova sempre a casa, sempre in famiglia, lì si sente semplicemente se stesso. Ha raccontato di un altro incontro, quello che gli ha acceso lo sguardo sul domani.

Lui non parla, ma ha potuto raccontare tutto questo comunque. Lo ha fatto scrivendo e trovando, poi, chi leggesse le sue pagine. Lo ha fatto in un posto speciale: piazza San Pietro. In un’occasione decisamente diversa – stavolta sì – dal solito: durante il Giubileo delle Persone con Disabilità. Questo il luogo, questo il contesto in cui Raffaele Macino, detto "Raffo”, ieri mattina, 29 aprile 2025, ha potuto condividere il suo vissuto, fresco e intenso, da ragazzino di 13 anni con grave disabilità del neuro-sviluppo. È accaduto durante il momento di catechesi con monsignor Rino Fisichella, già pro-prefetto del Dicastero per l’Evangelizzazione.

A leggere le parole scritte da Raffo è stata Lavinia, giovane catechista della parrocchia dei Santissimi Martiri dell’Uganda di Roma. Ed è proprio questo il posto in cui Raffo scrive di sentirsi "solo Raffo”. Di sentirsi guardato “solo come Raffo e non come Raffo il ragazzo speciale”. Già, perché è proprio così che spesso, troppo spesso, sono chiamati i ragazzi nello spettro autistico: “speciali”. Peccato che poi nella loro quotidianità debbano altrettanto spesso fare a meno persino dell’ordinario per effetto di questa o quella lacuna del sistema educativo o sociosanitario pubblico. Ma questa è un’altra storia, almeno in parte. Largo alla lettera di Raffo, invece. Che sia d’aiuto a cambiare sguardo sulla disabilità.

La lettera di Raffo

"Dobbiamo sempre ricordare che un mondo migliore esiste e dobbiamo ricercarlo. Io, per esempio, sono un ragazzo con disabilità, ho quasi 13 anni e mi sento spesso diverso dagli altri, non posso fare tante cose che fanno i miei compagni: non so giocare a calcio, non so suonare, non posso parlare e sembro strano. Tante persone nuove che incontro mi fissano e pensano che sono diverso, una volta una signora ha detto a mia madre: “Come fai tu? Poverino, mi dispiace!“. Io in quel momento mi sono rattristato troppo – ricorda Raffo nella sua lettera –, ho capito che alcuni hanno pregiudizi e pensano che, siccome non parlo, non ascolto e non capisco. Ma io capisco, ascolto e osservo tutto ma non posso dire con la bocca cosa penso. È tanto brutto e ci resto male anche perché ho imparato a capire, guardandole, quello che pensano le persone che incontro e il cuore mi batte forte”.

Fino a qui le volte in cui si sente o altri lo fanno sentire diverso. Fino a qui tutta l’impreparazione dei contesti e delle comunità nel relazionarsi ai ragazzi con disabilità, il non capire quanto accade nei loro occhi e quanto dicano. "Io però sono un ragazzo fortunato – scrive subito dopo Raffo nella sua lettera –. Tante persone mi vogliono bene ed ho un posto dove mi sento felice e dove ogni giorno posso vivere il mio Giubileo, quel posto è la mia parrocchia, che si chiama Santissimi Martiri dell’Uganda, si trova a Roma”.

"Sono solo Raffo”

"Nella mia parrocchia c’è posto per tutti e nessuno è diverso, siamo tutti uguali e fratelli (...). Lì tutti mi guardano solo come Raffo e non come Raffo il ragazzo speciale (...). Quando sto nella mia parrocchia io mi sento bene e sono felice, mi sento in un posto sicuro e nessuno mi guarda in modo strano, mi rimproverano come tutti se faccio pasticci, lì mi sento solo Raffo”. “Io – prosegue – partecipo ai Campi della parrocchia come tutti i ragazzi e ogni volta torno col sorriso e i brutti pensieri e le paure se ne vanno dalla mia testa”. Infine, l’incontro particolare, quello con la fede: “La mia Prima Comunione è stato uno dei giorni più belli della mia vita. Insieme ai miei compagni ho ricevuto Gesù... ogni volta che prendo l’ostia ripenso a quel momento e mi dico che sono un ragazzo fortunato e mi emoziono”. Da qui quello sguardo (già) acceso sul domani, nonostante i brutti pensieri e le paure che ogni tanto tornano: “Pensando a Papa Francesco mi hanno colpito molto le sue scarpe nere consumate dentro la bara. Ci ha voluto dire che fino alla fine è andato tra la gente. Io da grande vorrei consumare le scarpe per aiutare le persone sole e abbracciare i tristi”.