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Home » Attualità » Guerra Ucraina, anche gli attivisti Lgbt+ imbracciano le armi per difendere i loro diritti

Guerra Ucraina, anche gli attivisti Lgbt+ imbracciano le armi per difendere i loro diritti

Victor Pylypenko, Veronika Limina, Andrii Kravchuk sono solo tre degli attivisti Lgbtq ucraini che hanno scelto di combattere per la libertà del loro Paese ma anche perché il regime tirannico e omofobo di Putin non ricada su di loro con conseguenze terribili sulle loro vite

Camilla Prato
2 Marzo 2022
Veronika limina

Veronika Limina ha addestrato i civili ucraini Lgbt a combattere

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La comunità Lgbt Ucraina

La guerra di pochi per i diritti di molti. Uniti sotto un’unica bandiera, quella del loro Paese, civili, soldati e anche membri della comunità Lgbtq+ ucraina, sin dall’inizio dell’invasione delle truppe russe, si sono schierati non solo in difesa dello stato ma anche delle proprie libertà. Che siano quella di vivere in una nazione indipendente ma anche quella di amare chi si vuole senza paura di essere uccisi o uccise. Viktor Pylypenko è un attivista e veterano Lgbt+ ucraino che ha scelto di unirsi al proprio esercito. Per questo ha formato un’organizzazione per sostenere gli altri veterani queer e lottare per i propri diritti. Anche quello di non avere paura di essere se stesso. 

La minaccia russa

La minaccia, concreta, è che il presidente russo Vladimir Putin, che non ha mai nascosto le proprie posizioni contrarie all’eterosessualità (per non dire apertamente omotransfobiche) possa aver pensato a “programmi di intimidazione e repressione” di dissidenti e minoranze, “tra le quali la comunità LGBTQI+”, come ha fatto sapere Foreign Policy citando un funzionario degli Stati Uniti. Dagli Usa è infatti arrivato l’avvertimento che la Russia ha una “lista di obiettivi” ucraini da arrestare o uccidere. Secondo quanto riferito, l’elenco contiene molti giornalisti, persone Lgbtq+, politici e funzionari governativi. La risposta della comunità ucraina però è stata chiara: Kyiv Pride, l’organizzazione non governativa ucraina che riunisce la comunità Lgbtqi+, ha twittato: “Restiamo forti, non facciamoci intimidire. Putin si romperà tutti i denti cercando di morderci. Non ci arrenderemo mai, la vittoria sarà nostra”.

L’invasione russa dell’Ucraina rappresenta una minaccia concreta per la comunità Lgbtq+

Pochi diritti ma fondamentali

Veronika Limina, di Leopoli, lavora per una ong che promuove la parità di diritti Lgbtq+ nell’esercito

Come Victor Pylypenko molti altri attivisti e membri della comunità queer infatti hanno scelto di indossare le tute mimetiche e imbracciare le armi per difendere il proprio Paese ma anche per preservare i (pochi) diritti Lgbt+ che hanno in Ucraina. Certo sul cielo di Kiev non splendeva certo un arcobaleno di tolleranza verso la comunità: se l’omosessualità non è più un reato dal 1991, il matrimonio tra persone dello stesso sesso e l’adozione da parte di coppie omosessuali sono ancora vietati – stessa cosa in Italia, a ben pensarci – ed essere transgender è ancora classificato come una “malattia”. Ciononostante, da trent’anni sono consentiti gli interventi per la riassegnazione di sesso e dal 2015, come stabilito per legge, è vietata la discriminazione in base all’orientamento sessuale e all’identità di genere nei luoghi di lavoro. Ma i passi in avanti in tema di diritti Lgbtq+ non si fermano qui: “In questo momento a livello statale stavamo discutendo di progetti di legge relativi alla protezione dei diritti LGBTQ+ – aveva a Gaynations un’organizzatrice del Kyiv Pride –. La Russia, invece, ha paura di dire la parola ‘gay’ in televisione e approva leggi che vietano quella che chiamano ‘propaganda dell’omosessualità‘”. Ecco perché centinaia di attivisti e attiviste hanno scelto di non fuggire davanti alla minaccia ma di schierarsi in prima linea contro chi, oltre a voler prendere il potere in Ucraina, vuole reprimere conquiste che hanno richiesto anni di dolorose battaglie civili.

Attivisti in prima linea per i diritti Lgbt+

Victor Pylypenko nel 2014 ha combattuto nella Rivoluzione Maidan, culminata con la cacciata dell’allora presidente Viktor Janukovyč. Questa volta il giovane ha formato un’organizzazione per sostenere i veterani queer in Ucraina, la LGBT Soldiers: lunedì 28 febbraio la squadra ha scoperto alcuni soldati russi nascosti nell’ufficio dell’organizzazione Lgbt+, che sono stati fatti prigionieri. “Questa è la nostra guerra, gli ucraini, ma abbiamo anche combattuto come persone Lgbtq… Stiamo affrontando un nemico tirannico e omofobo“, ha dichiarato.

Viktor Pylypenko, attivista e veterano queer

Nel disperato tentativo di evitare che l’ombra del regime bigotto di Vladimir Putin cada sull’Ucraina, i volontari queer hanno raccontato al The Daily Beast che tantissimi membri della comunità si erano affrettati a prepararsi per questa invasione già nelle ultime settimane. Veronika Limina vive a Leopoli e lavora per una ong che promuove la parità di diritti nell’esercito: qualche settimana fa ha organizzato una sorta di “campo di addestramento”, insegnando ai volontari Lgbtq metodi di combattimento di base e alcune abilità paramediche. Unitasi lei stessa alle milizie della sua città dice di essere pronta a combattere, mentre le forze di Putin continuano ad avanzare a ovest del paese.

Andrii Kravchuk, che lavora presso il Centro Lgbtq Nash Svi, a Kiev, sostiene che l’impatto dell’omofobia russa è stato avvertito chiaramente nel Paese: “Siamo consapevoli delle minacce che dobbiamo affrontare, sia come ucraini che come persone LGBT+. Comprendiamo che l’occupazione russa significherebbe totale illegalità e repressione – lo vediamo proprio ora nei territori occupati dagli ucraini della Crimea e del Donbass”, ha affermato. “Ora abbiamo solo due opzioni: o difendiamo il nostro Paese e diventerà parte del mondo libero, oppure non ci sarà alcuna libertà per noi e non sarà affatto l’Ucraina”.

Valery Brown, che si identifica come lesbica, è tra coloro che hanno preso parte agli addestramenti per resistere all’invasione di Putin. Prima dell’inizio del conflitto, ha detto a The Daily Beast: “Sto cercando di fare del mio meglio per essere preparata a cambiare le sorti del conflitto”. Poi, poche ore dopo l’inizio dell’invasione, ha scritto sui social: “Tutto questo è orribile”.

Il supporto di chi non combatte

Volontari Lgbt durante un campo di addestramento qualche settimana prima prendesse avvio l’offensiva russa

Non tutti gli ucraini Lgbt hanno però scelto di combattere. Alcuni, invece, si offrono volontari per aiutare i soldati in prima linea e i civili queer. Pylypenko ha dichiarato che molti militari queer sono in prima linea, mentre i civili li stanno aiutando raccogliendo denaro, attrezzature, armi e assistenza medica. La comunità Lgbtq+ ucraina sta, insomma, mostrando una forza e un coraggio straordinari da quando i separatisti, sostenuti dalla Russia, hanno già iniziato a bombardare ed è scoppiata una vera e propria guerra per difendere il Paese. Molti non hanno un posto dove andare, ma tutti loro affermano che combatteranno fino alla morte, se servirà, perché senza libertà, senza diritti, senza l’amore – filo conduttore che li lega – verso gli altri e le altre, chiunque siano, di qualsiasi orientamento sessuale o identità di genere, non potrà esserci nemmeno uno Stato.

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Instagram

  • Numerosi attori e musicisti di alto profilo si sono recati in Ucraina da quando è scoppiata la guerra con la Russia nel febbraio 2022. L’ultimo in ordine di tempo è stato l’attore britannico Orlando Bloom, che ieri ha visitato un centro per bambini e ha incontrato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky a Kiev.

“Non mi sarei mai aspettato che la guerra si sarebbe intensificata in tutto il Paese da quando sono stato lì”, ha detto Bloom su Instagram, “Ma oggi ho avuto la fortuna di ascoltare le risate dei bambini in un centro del programma Spilno sostenuto dall’Unicef, uno spazio sicuro, caldo e accogliente dove i bambini possono giocare, imparare e ricevere supporto psicosociale”.

Bloom è un ambasciatore di buona volontà per l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’infanzia (Unicef). Il centro di Splino, che è uno dei tanti in Ucraina, offre sostegno ai bambini sfollati e alle loro famiglie, con più di mezzo milione di bambini che ne hanno visitato uno nell’ultimo anno.

La star hollywoodiana ha poi incontrato il presidente Zelensky, con cui ha trattato temi tra cui il ritorno dei bambini ucraini deportati in Russia, la creazione di rifugi antiatomici negli istituti scolastici e il supporto tecnico per l’apprendimento a distanza nelle aree in cui è impossibile studiare offline a causa della guerra. L’attore britannico aveva scritto ieri su Instagram, al suo arrivo a Kiev, che i «bambini in Ucraina hanno bisogno di riavere la loro infanzia».

#lucelanazione #lucenews #zelensky #orlandobloom
  • “La vita che stavo conducendo mi rendeva particolarmente infelice e se all’inizio ero entrata in terapia perché volevo accettare il fatto che mi dovessi nascondere, ho avuto poi un’evoluzione e questo percorso è diventato di accettazione di me stessa."

✨Un sorriso contagioso, la spensieratezza dei vent’anni e la bellezza di chi si piace e non può che riflettere quella luce anche al di fuori. La si potrebbe definire una Mulan nostrana Carlotta Bertotti, 23 anni, una ragazza torinese come tante, salvo che ha qualcosa di speciale. E non stiamo parlano del Nevo di Ota che occupa metà del suo volto. Ecco però spiegato un primo punto di contatto con Mulan: l’Oriente, dove è più diffusa (insieme all’Africa) quell’alterazione di natura benigna della pigmentazione della cute intorno alla zona degli occhi (spesso anche la sclera si presenta scura). Quella che appare come una chiazza grigio-bluastra su un lato del volto (rarissimi i casi bilaterali), colpisce prevalentemente persone di sesso femminile e le etnie asiatiche (1 su 200 persone in Giappone), può essere presente alla nascita o apparire durante la pubertà. E come la principessa Disney “fin da piccola ho sempre sentito la pressione di dover salvare tutto, ma forse in realtà dovevo solo salvare me stessa. Però non mi piace stare troppo alle regole, sono ribelle come lei”.

🗣Cosa diresti a una ragazza che ha una macchia come la tua e ti chiede come riuscire a conviverci?�
“Che sono profondamente fiera della persona che vedo riflessa allo specchio tutto i giorni e sono arrivata a questa fierezza dopo che ho scoperto e ho accettato tutti i miei lati, sia positivi che negativi. È molto autoreferenziale, quindi invece se dovessi dare un consiglio è quello che alla fine della fiera il giudizio altrui è momentaneo e tutto passa. L’unica persona che resta e con cui devi convivere tutta la vita sei tu, quindi le vere battaglie sono quelle con te stessa, quelle che vale la pena combattere”.

L’intervista a cura di Marianna Grazi �✍ 𝘓𝘪𝘯𝘬 𝘪𝘯 𝘣𝘪𝘰

#lucenews #lucelanazione #carlottabertotti #nevodiota
  • La salute mentale al centro del podcast di Alessia Lanza. Come si supera l’ansia sociale? Quanto è difficile fare coming out? Vado dallo psicologo? Come trovo la mia strada? La popolare influencer, una delle creator più note e amate del web con 1,4 milioni di followers su Instagram e 3,9 milioni su TikTok, Alessia Lanza debutta con “Mille Pare”, il suo primo podcast in cui affronta, in dieci puntate, una “para” diversa e cerca di esorcizzare le sue fragilità e, di riflesso, quelle dei suoi coetanei.

“Ho deciso di fare questo podcast per svariati motivi: io sono arrivata fin qui anche grazie alla mia immagine, ma questa volta vorrei che le persone mi ascoltassero e basta. Quando ho cominciato a raccontare le mie fragilità un sacco di persone mi hanno detto ‘Anche io ho quella para lì!’. Perciò dico parliamone, perché in un mondo in cui sembra che dobbiamo farcela da soli, io credo nel potere della condivisione”.

#lucenews #lucelanazione #millepare #alessialanza #podcast
  • Si è laureata in Antropologia, Religioni e Civiltà Orientali indossando un abito tradizionale Crow, tribù della sua famiglia adottiva in Montana. Eppure Raffaella Milandri è italianissima e ha conseguito il titolo nella storica università Alma Mater di Bologna, lo scorso 17 marzo. 

La scrittrice e giornalista nel 2010 è diventata membro adottivo della famiglia di nativi americani Black Eagle. Da quel momento quella che era una semplice passione per i popoli indigeni si è focalizzata sullo studio degli aborigeni Usa e sulla divulgazione della loro cultura.

Un titolo di studio specifico, quello conseguito dalla Milandri, “Che ho ritenuto oltremodo necessario per coronare la mia attività di studiosa e attivista per i diritti dei Nativi Americani e per i Popoli Indigeni. La prima forma pacifica di attivismo è divulgare la cultura nativa”. L’abito indossato durante cerimonia di laurea appartiene alla tribù della sua famiglia adottiva. Usanza che è stata istituzionalizzata solo dal 2017 in Montana, Stato d’origine del suo popolo, quando è stata approvata una legge (la SB 319) che permette ai nativi e loro familiari di laurearsi con il “tribal regalia“. 

In virtù di questa norma, il Segretario della Crow Nation, Levi Black Eagle, a maggio 2022 ha ricordato la possibilità di indossare l’abito tradizionale Crow in queste occasioni e così Milandri ha chiesto alla famiglia d’adozione se anche lei, in quanto membro acquisito della tribù, avrebbe potuto indossarlo in occasione della sua discussione.

La scrittrice, ricordando il momento della laurea a Bologna, racconta che è stata “Una grandissima emozione e un onore poter rappresentare la Crow Nation e la mia famiglia adottiva. Ho dedicato la mia laurea in primis alle vittime dei collegi indiani, istituti scolastici, perlopiù a gestione cattolica, di stampo assimilazionista. Le stesse vittime per le quali Papa Francesco, lo scorso luglio, si è recato in Canada in viaggio penitenziale a chiedere scusa  Ho molto approfondito questo tema controverso e presto sarà pubblicato un mio studio sull’argomento dalla Mauna Kea Edizioni”.

#lucenews #raffaellamilandri #antropologia
La comunità Lgbt Ucraina

La guerra di pochi per i diritti di molti. Uniti sotto un'unica bandiera, quella del loro Paese, civili, soldati e anche membri della comunità Lgbtq+ ucraina, sin dall'inizio dell'invasione delle truppe russe, si sono schierati non solo in difesa dello stato ma anche delle proprie libertà. Che siano quella di vivere in una nazione indipendente ma anche quella di amare chi si vuole senza paura di essere uccisi o uccise. Viktor Pylypenko è un attivista e veterano Lgbt+ ucraino che ha scelto di unirsi al proprio esercito. Per questo ha formato un'organizzazione per sostenere gli altri veterani queer e lottare per i propri diritti. Anche quello di non avere paura di essere se stesso. 

La minaccia russa

La minaccia, concreta, è che il presidente russo Vladimir Putin, che non ha mai nascosto le proprie posizioni contrarie all'eterosessualità (per non dire apertamente omotransfobiche) possa aver pensato a “programmi di intimidazione e repressione” di dissidenti e minoranze, "tra le quali la comunità LGBTQI+", come ha fatto sapere Foreign Policy citando un funzionario degli Stati Uniti. Dagli Usa è infatti arrivato l'avvertimento che la Russia ha una "lista di obiettivi" ucraini da arrestare o uccidere. Secondo quanto riferito, l'elenco contiene molti giornalisti, persone Lgbtq+, politici e funzionari governativi. La risposta della comunità ucraina però è stata chiara: Kyiv Pride, l’organizzazione non governativa ucraina che riunisce la comunità Lgbtqi+, ha twittato: "Restiamo forti, non facciamoci intimidire. Putin si romperà tutti i denti cercando di morderci. Non ci arrenderemo mai, la vittoria sarà nostra".

L'invasione russa dell'Ucraina rappresenta una minaccia concreta per la comunità Lgbtq+

Pochi diritti ma fondamentali

Veronika Limina, di Leopoli, lavora per una ong che promuove la parità di diritti Lgbtq+ nell'esercito

Come Victor Pylypenko molti altri attivisti e membri della comunità queer infatti hanno scelto di indossare le tute mimetiche e imbracciare le armi per difendere il proprio Paese ma anche per preservare i (pochi) diritti Lgbt+ che hanno in Ucraina. Certo sul cielo di Kiev non splendeva certo un arcobaleno di tolleranza verso la comunità: se l'omosessualità non è più un reato dal 1991, il matrimonio tra persone dello stesso sesso e l'adozione da parte di coppie omosessuali sono ancora vietati – stessa cosa in Italia, a ben pensarci – ed essere transgender è ancora classificato come una "malattia". Ciononostante, da trent'anni sono consentiti gli interventi per la riassegnazione di sesso e dal 2015, come stabilito per legge, è vietata la discriminazione in base all’orientamento sessuale e all’identità di genere nei luoghi di lavoro. Ma i passi in avanti in tema di diritti Lgbtq+ non si fermano qui: “In questo momento a livello statale stavamo discutendo di progetti di legge relativi alla protezione dei diritti LGBTQ+ – aveva a Gaynations un’organizzatrice del Kyiv Pride –. La Russia, invece, ha paura di dire la parola ‘gay’ in televisione e approva leggi che vietano quella che chiamano 'propaganda dell’omosessualità'”. Ecco perché centinaia di attivisti e attiviste hanno scelto di non fuggire davanti alla minaccia ma di schierarsi in prima linea contro chi, oltre a voler prendere il potere in Ucraina, vuole reprimere conquiste che hanno richiesto anni di dolorose battaglie civili.

Attivisti in prima linea per i diritti Lgbt+

Victor Pylypenko nel 2014 ha combattuto nella Rivoluzione Maidan, culminata con la cacciata dell'allora presidente Viktor Janukovyč. Questa volta il giovane ha formato un'organizzazione per sostenere i veterani queer in Ucraina, la LGBT Soldiers: lunedì 28 febbraio la squadra ha scoperto alcuni soldati russi nascosti nell'ufficio dell'organizzazione Lgbt+, che sono stati fatti prigionieri. "Questa è la nostra guerra, gli ucraini, ma abbiamo anche combattuto come persone Lgbtq... Stiamo affrontando un nemico tirannico e omofobo", ha dichiarato.

Viktor Pylypenko, attivista e veterano queer

Nel disperato tentativo di evitare che l'ombra del regime bigotto di Vladimir Putin cada sull'Ucraina, i volontari queer hanno raccontato al The Daily Beast che tantissimi membri della comunità si erano affrettati a prepararsi per questa invasione già nelle ultime settimane. Veronika Limina vive a Leopoli e lavora per una ong che promuove la parità di diritti nell'esercito: qualche settimana fa ha organizzato una sorta di "campo di addestramento", insegnando ai volontari Lgbtq metodi di combattimento di base e alcune abilità paramediche. Unitasi lei stessa alle milizie della sua città dice di essere pronta a combattere, mentre le forze di Putin continuano ad avanzare a ovest del paese.

Andrii Kravchuk, che lavora presso il Centro Lgbtq Nash Svi, a Kiev, sostiene che l'impatto dell'omofobia russa è stato avvertito chiaramente nel Paese: “Siamo consapevoli delle minacce che dobbiamo affrontare, sia come ucraini che come persone LGBT+. Comprendiamo che l'occupazione russa significherebbe totale illegalità e repressione – lo vediamo proprio ora nei territori occupati dagli ucraini della Crimea e del Donbass", ha affermato. "Ora abbiamo solo due opzioni: o difendiamo il nostro Paese e diventerà parte del mondo libero, oppure non ci sarà alcuna libertà per noi e non sarà affatto l'Ucraina".

Valery Brown, che si identifica come lesbica, è tra coloro che hanno preso parte agli addestramenti per resistere all'invasione di Putin. Prima dell'inizio del conflitto, ha detto a The Daily Beast: "Sto cercando di fare del mio meglio per essere preparata a cambiare le sorti del conflitto". Poi, poche ore dopo l'inizio dell'invasione, ha scritto sui social: "Tutto questo è orribile".

Il supporto di chi non combatte

Volontari Lgbt durante un campo di addestramento qualche settimana prima prendesse avvio l'offensiva russa

Non tutti gli ucraini Lgbt hanno però scelto di combattere. Alcuni, invece, si offrono volontari per aiutare i soldati in prima linea e i civili queer. Pylypenko ha dichiarato che molti militari queer sono in prima linea, mentre i civili li stanno aiutando raccogliendo denaro, attrezzature, armi e assistenza medica. La comunità Lgbtq+ ucraina sta, insomma, mostrando una forza e un coraggio straordinari da quando i separatisti, sostenuti dalla Russia, hanno già iniziato a bombardare ed è scoppiata una vera e propria guerra per difendere il Paese. Molti non hanno un posto dove andare, ma tutti loro affermano che combatteranno fino alla morte, se servirà, perché senza libertà, senza diritti, senza l'amore – filo conduttore che li lega – verso gli altri e le altre, chiunque siano, di qualsiasi orientamento sessuale o identità di genere, non potrà esserci nemmeno uno Stato.

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