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Hajar Boudraa, la magistrata con il velo. "Così sconfiggo i pregiudizi. Ma l'Iran sbaglia a imporlo"

Trent'anni, nata in Marocco, sta facendo il tirocinio come viceprocuratrice a Verona: "Spero che la mia storia possa essere d'esempio per le ragazze musulmane"

di BARBARA BERTI -
11 gennaio 2023
Hajar Boudraa il giorno della laurea (foto: La Stampa)

Hajar Boudraa il giorno della laurea (foto: La Stampa)

La prima magistrata con il velo. Trent’anni, nata in Marocco e residente a Verona, Hajar Boudraa è laureata in Giurisprudenza a Trento e sta frequentando il secondo anno della scuola di specializzazione: potrebbe diventare la prima donna magistrato in Italia a indossare lo hijab. “Sto facendo il tirocinio come viceprocuratrice a Verona. Mi presento in udienza, davanti al giudice di pace, con la toga e con il velo. E sento di essere al posto giusto, come vorrei essere” racconta Hajar in un’intervista a “La Stampa”. E aggiunge: “Questa società non tiene in giusta considerazione il merito. Ma ho trovato anche persone aperte. Non ci si deve mai abbattere”.
Hajar Boudraa, trent’anni, con i genitori il giorno della laurea in Giurisprudenza (Foto: L'Arena)

Hajar Boudraa, trent’anni, con i genitori il giorno della laurea in Giurisprudenza (Foto: L'Arena)

Il forte temperamento l’ha aiutata durante il percorso si studi. Gli anni dell’università, infatti, sono stati “belli e duri allo stesso tempo”. La trentenne, infatti, racconta di avere un famiglia numerosa: “In otto, soltanto con lo stipendio di mio padre, che era operaio in un'azienda agricola. Io a Trento a studiare Giurisprudenza, mia sorella a Padova a studiare Ingegneria biomedica, mi sono data da fare, lavorando come mediatrice in un tribunale per i minorenni, per pagarmi gli studi e aiutare la mia famiglia”. Sulla scelta del percorso di studi, Hajar non ha mai avuto dubbi: “Da sempre sono soggetta a giudizi e pregiudizi, ho sviluppato un’attitudine a non giudicare prima di avere a disposizione tutti gli elementi. E penso che sia la cosa più importante per un giudice”. Dopo tanti anni di sacrifici, Hajar è a un passo da realizzare il sogno di diventare magistrato. Anzi, magistrata con il velo. "Lo indosso da quando avevo 13 anni. Sintetizza la mia duplice identità: quella italiana e quella connessa alla mia spiritualità. Non è certo un simbolo dell’oppressione di noi donne musulmane: non siamo noi ad avere un limite, ma la parte di società che ci vede così” racconta nell’intervista dove non nasconde che il velo in certe situazioni l’ha penalizzata. “Due miei carissimi amici mi avevano avvertito: ‘Con il velo non troverai mai lavoro’, io non ci credevo. Dopo tre anni senza un contratto a tempo indeterminato, né un lavoro stabile, ho pensato che forse avevano ragione loro. Io pensavo che fosse soltanto il curriculum a contare. Ma nel curriculum bisogna inserire la foto, e a volte questa vale più di esperienze e competenze. In ogni caso, no, io il velo non lo tolgo”.
Hajar Boudraa in tribunale (foto: L'Arena)

Hajar Boudraa in tribunale (foto: L'Arena)

Il pensiero corre alle proteste in Iran dove le ragazze che si tolgono il velo rischiano la vita. “Sostengo tutte le donne e tutti i movimenti che lottano per la loro libertà. E quello che sta accadendo in Iran è la ribellione a un obbligo imposto dall'alto: da un livello politico e religioso. Quella è compromissione dell'essenza della donna, che non può decidere di se stessa” spiega la trentenne che, nonostante “gli occhi addosso al supermercato, gli sguardi inquisitori” è cittadina italiana dal 2020, dopo un iter durato sette anni. E irto di difficoltà. “Mi mi sono trasferita, con la mia famiglia, in provincia di Verona quando avevo cinque anni e mezzo. Mi sento italiana a tutti gli effetti. Eppure ho dovuto fare istanza di autotutela, inviarla al Ministero e rivolgermi a un avvocato per ottenere quello a cui avevo diritto” spiega ricordando che “le ingiustizie mi hanno sempre fatto soffrire. Mi piace l’idea di potermi spendere per difendere chi non ha gli strumenti o i mezzi per farlo”. La sua storia vuole essere anche un esempio per le altre ragazze musulmane “perché arrivino a ricoprire anche ruoli apicali”.