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Home » Attualità » Harvey Weinstein condannato per altri tre reati di violenza sessuale

Harvey Weinstein condannato per altri tre reati di violenza sessuale

L’ex produttore sta già scontando una pena di 23 anni. "Gli hotel erano le sue trappole, le vittime non avevano possibilità di sfuggire alla sua massa imponente"

Barbara Berti
20 Dicembre 2022
L'ex produttore di Hollywood Harvey Weinstein (Ansa)

L'ex produttore di Hollywood Harvey Weinstein (Ansa)

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L’ex produttore di Hollywood Harvey Weinstein è stato giudicato colpevole di stupro e di due accuse di aggressione sessuale nel processo in corso a Los Angeles, reati per i quali rischia fino a 24 anni di carcere. Weinstein (70 anni) si trova già in prigione, dove sta scontando una condanna a 23 anni dopo essere stato giudicato colpevole di stupro e aggressione sessuale nel processo di due anni fa a New York. La sentenza è arrivata al termine di un processo durato più di un mese con oltre 40 testimoni e una camera di consiglio di due settimane, al termine della quale la giuria non ha raggiunto un verdetto unanime su tutti i capi d’accusa.

Una vecchia foto di Weinstein insieme alle attrici Gwyneth Paltrow e Cameron Diaz (Instagram)
Una vecchia foto di Weinstein insieme alle attrici Gwyneth Paltrow e Cameron Diaz (Instagram)

Weinstein doveva rispondere di due accuse di stupro e cinque di aggressione sessuale in episodi che riguardavano quattro donne e che sarebbero avvenuti in alberghi di Los Angeles tra il 2004 e il 2013. Tra le vittime c’è anche un’attrice russa che vive in Italia di cui non è stato diffuso il nome: secondo il tribunale Weinstein la stuprò in una camera d’albergo di Los Angeles, durante un festival di cinema. Di due vittime non si conosce l’identità, mentre la terza e la quarta sono Jennifer Siebel Newsom, documentarista e moglie del governatore della California Gavin Newsom, e Lauren Young, modella e sceneggiatrice. Il tribunale di Los Angeles lo ha dichiarato colpevole di tre delle sette violenze sessuali, e solo ai danni di una delle quattro donne: l’ex boss di Miramax è stato assolto dall’accusa di violenza sessuale che riguardava una delle donne in questione, una massaggiatrice, mentre sulle accuse fatte da Newsom e Young i giudici non sono riusciti a mettersi d’accordo. Ora la procura dovrà decidere se riproporre l’accusa e far partire un altro processo.

Jennifer Siebel Newsom, documentarista e moglie del governatore della California Gavin Newsom (Instagram)
Jennifer Siebel Newsom, documentarista e moglie del governatore della California Gavin Newsom (Instagram)

Fino al 2017 Weinstein era conosciuto come un potentissimo produttore cinematografico di Hollywood, con un gran fiuto per gli affari e una spiccata capacità organizzativa. Poi decine di donne lo hanno accusato, soprattutto attraverso articoli usciti sul “New York Times” e sul “New Yorker”, di averle molestate sessualmente. Proprio da queste accuse prese avvio il #metoo, il movimento collettivo con cui molte donne in tutto il mondo denunciarono le molestie sessuali subite e fino a quel momento taciute.

Tra le donne che nel tempo lo hanno accusato di violenze ci sono Gwyneth Paltrow, Angelina Jolie, Uma Thurman, Cara Delevingne e Asia Argento. Il primo processo contro di lui era iniziato a gennaio del 2020 e si era concluso un mese dopo, quando era stato prosciolto dalle accuse più gravi ma dichiarato colpevole di violenza sessuale per due episodi avvenuti nel 2006 e nel 2013, venendo condannato a 23 anni di carcere. Per ora ne ha scontati due e ha presentato un appello contro la condanna. Gli anni di carcere che verranno stabiliti per questo secondo processo si aggiungeranno a quelli che sta già scontando.

Leggendo la sua arringa conclusiva, la vice-procuratore distrettuale Marlene Martinez aveva descritto Harvey Weinstein come un “predatore” e uno “stupratore degenerato”, che attirava le sue ignare vittime nelle camere d’albergo prima di masturbarsi di fronte a loro, palpeggiarle o stuprarle: “Gli hotel erano le sue trappole. Confinate tra quelle pareti, le vittime non avevano possibilità di sfuggire alla sua massa imponente. Nessuno sentiva le loro grida, nessuno le vedeva mentre si rannicchiavano”. Per tutta risposta gli avvocati di Weinstein avevano sostenuto che alcuni di quei rapporti fossero avvenuti per ottenere avanzamenti di carriera, altri non erano mai esistiti.

 

 

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  • Nicoletta Sipos, giornalista e scrittrice, ha vissuto in Ungheria, in Germania e negli Stati Uniti, prima di raggiungere Milano e lì restare. Il suo romanzo “La guerra di H”, un romanzo fortemente ispirato a fatti realmente accaduti.

L’autrice indaga in maniera del tutto nuova e appassionante un momento drammatico, decisivo della storia del nostro continente: la Seconda guerra mondiale. A raccontare l’ascesa e la disfatta del Nazismo è stavolta la voce di un bambino tedesco, che riporta con semplicità e veracità le molte sofferenze patite dal suo popolo durante il conflitto scatenato da Hitler, focalizzando l’attenzione del lettore sul drammatico paradigma che accomuna chiunque si trovi a vivere sulla propria pelle una guerra: la sofferenza. Pagine toccanti, le sue, tanto più intense perché impregnate di fatti reali, emozioni provate e sentite dai protagonisti e condivise da quanti, tuttora, si trovano coinvolti in un conflitto armato. La memoria collettiva è uno strumento potente per non commettere gli stessi errori. 

"Imparai poco alla volta – scrive il piccolo Heinrich Stein, protagonista del romanzo – che nel nostro strano Paese la verità aveva più volti con infinite sfumature”.

👉Perché una storia così e perché ora?
“Ho incontrato il protagonista di questa mia storia molto tempo fa, addirittura negli anni ’50, ossia in un’epoca che portava ancora gli strascichi della guerra. Diventammo amici, parlammo di Hitler e della miseria della Germania. Poco per volta, via via che ci incontravamo, lui aggiungeva ricordi, dettagli, confessioni. Per anni ho portato dentro di me la testimonianza di questa storia che si arricchiva sempre più di dettagli. Molte volte avrei voluto scriverla, magari a quattro mani con il mio amico, ma lui non se la sentiva. Io stessa esitavo ad affrontare questa storia che racconta una famiglia tedesca in forte sofferenza in una Germania ferita e umiliata. La gente ha etichettato tutto il popolo tedesco durante il nazismo come crudele per antonomasia. Non si pensa mai a quanto la gente comune abbia sofferto, alla fame e al freddo che anche il popolo tedesco ha patito”.

✍ Caterina Ceccuti

#lucenews #giornodellamemoria #27gennaio
  • È dalla sua camera con vista affacciata sull’Arno che Ornella Vanoni accetta di raccontare un po’ di sé ai lettori di Luce!, in attesa di esibirsi, sabato 28 gennaio sul palco della Tuscany Hall di Firenze, dov’è in programma una nuova tappa della nuova tournée Le Donne e la Musica. Un ritorno atteso per Ornella Vanoni, che in questo tour è accompagnata da un quintetto di sole donne.

Innanzitutto come sta, signora Vanoni?
“Stanca, sono partita due mesi dopo l’intervento al femore che mi sono rotto cadendo per una buca proprio davanti a casa mia. Ma l’incidente non mi ha impedito di intraprendere un progetto inaspettato che, sin da subito, mi è stato molto a cuore. Non ho perso la volontà di andare avanti. Anche se il tempo per prepararlo e provare è stato pochissimo. E poi sono molto dispiaciuta“.

Per cosa?
“La morte dell’orso Juan Carrito, travolto e ucciso da un’auto cercava bacche e miele: la mia carissima amica Dacia (Maraini, ndr) l’altro giorno ha scritto una cosa molto bella dedicata a lui. Dovrò scrollarmi di dosso la malinconia e ricaricarmi in vista del concerto“.

Con lei sul palco ci sarà una jazz band al femminile con Sade Mangiaracina al pianoforte, Eleonora Strino alla chitarra, Federica Michisanti al contrabbasso, Laura Klain alla batteria e Leila Shirvani. Perché questa scelta?
“Perché sono tutte bravissime, professioniste davvero eccezionali. Non è una decisione presa sulla spinta di tematiche legate al genere o alle quote rosa, ma nata grazie a Paolo Fresu, amico e trombettista fantastico del quale sono innamorata da sempre. Tempo fa, durante una chiacchierata, Paolo mi raccontò che al festival jazz di Berchidda erano andate in scena tante musiciste bravissime. E allora ho pensato: ’Se sono così brave perché non fare un gruppo di donne? Certo, non l’ha fatto mai nessuno. Bene, ora lo faccio io“.

Il fatto che siano tutte donne è un valore aggiunto?
“In realtà per me conta il talento, ma sono felice della scelta: è bellissimo sentire suonare queste artiste, vederle sul palco intorno a me mi emoziona“.

L
  • Devanshi Sanghvi è una bambina di otto anni che sarebbe potuta crescere e studiare per gestire l’attività di diamanti multimilionaria appartenente alla sua facoltosissima famiglia, con un patrimonio stimato di 60 milioni di dollari.

Ma la piccola ha scelto di farsi suora, vivendo così una vita spartana, vestita con sari bianchi, a piedi nudi e andando di porta in porta a chiedere l’elemosina. Si è unita ai “diksha” alla presenza di anziani monaci giainisti. La bimba è arrivata alla cerimonia ingioiellata e vestita di sete pregiate. Sulla sua testa poggiava una corona tempestata di diamanti. Dopo la cerimonia, a cui hanno partecipato migliaia di persone, è rimasta in piedi con altre suore, vestita con un sari bianco che le copriva anche la testa rasata. Nelle fotografie, la si vede con in mano una scopa che ora dovrà usare per spazzare via gli insetti dal suo cammino per evitare di calpestarli accidentalmente.

Di Barbara Berti ✍

#lucenews #lucelanazione #india #DevanshiSanghvi
  • Settanta giorni trascorsi in un mondo completamente bianco, la capitana dell’esercito britannico Harpreet Chandi, che già lo scorso anno si era distinta per un’impresa tra i ghiacci, è una fisioterapista che lavora in un’unità di riabilitazione regionale nel Buckinghamshire, fornendo supporto a soldati e ufficiali feriti. 

Ha dimostrato che i record sono fatti per essere battuti e, soprattutto, i limiti personali superabili grazie alla forza di volontà e alla preparazione. E ora è diventata una vera leggenda vivente, battendo il record del mondo femminile per la più lunga spedizione polare – sola e senza assistenza – della storia.

Il 9 gennaio scorso, 57esimo giorno del viaggio che era cominciato lo scorso 14 novembre, la 34enne inglese ha raggiunto il centro del Polo Sud dopo aver percorso circa 1100 chilometri. Quando è arrivata a destinazione nel bel mezzo della calotta polare era felice, pura e semplice gioia di aver raggiunto l’agognato traguardo: “Il Polo Sud è davvero un posto incredibile dove stare. Non mi sono fermata molto a lungo perché ho ancora un lungo viaggio da fare. È stato davvero difficile arrivare qui, sciando tra le 13 e le 15 ore al giorno con una media di 5 ore di sonno”.

Di Irene Carlotta Cicora ✍

#lucenews #lucelanazione #polosud #HarpreetChandi #polarpreet
L'ex produttore di Hollywood Harvey Weinstein è stato giudicato colpevole di stupro e di due accuse di aggressione sessuale nel processo in corso a Los Angeles, reati per i quali rischia fino a 24 anni di carcere. Weinstein (70 anni) si trova già in prigione, dove sta scontando una condanna a 23 anni dopo essere stato giudicato colpevole di stupro e aggressione sessuale nel processo di due anni fa a New York. La sentenza è arrivata al termine di un processo durato più di un mese con oltre 40 testimoni e una camera di consiglio di due settimane, al termine della quale la giuria non ha raggiunto un verdetto unanime su tutti i capi d'accusa.
Una vecchia foto di Weinstein insieme alle attrici Gwyneth Paltrow e Cameron Diaz (Instagram)
Una vecchia foto di Weinstein insieme alle attrici Gwyneth Paltrow e Cameron Diaz (Instagram)
Weinstein doveva rispondere di due accuse di stupro e cinque di aggressione sessuale in episodi che riguardavano quattro donne e che sarebbero avvenuti in alberghi di Los Angeles tra il 2004 e il 2013. Tra le vittime c’è anche un’attrice russa che vive in Italia di cui non è stato diffuso il nome: secondo il tribunale Weinstein la stuprò in una camera d’albergo di Los Angeles, durante un festival di cinema. Di due vittime non si conosce l’identità, mentre la terza e la quarta sono Jennifer Siebel Newsom, documentarista e moglie del governatore della California Gavin Newsom, e Lauren Young, modella e sceneggiatrice. Il tribunale di Los Angeles lo ha dichiarato colpevole di tre delle sette violenze sessuali, e solo ai danni di una delle quattro donne: l’ex boss di Miramax è stato assolto dall’accusa di violenza sessuale che riguardava una delle donne in questione, una massaggiatrice, mentre sulle accuse fatte da Newsom e Young i giudici non sono riusciti a mettersi d’accordo. Ora la procura dovrà decidere se riproporre l’accusa e far partire un altro processo.
Jennifer Siebel Newsom, documentarista e moglie del governatore della California Gavin Newsom (Instagram)
Jennifer Siebel Newsom, documentarista e moglie del governatore della California Gavin Newsom (Instagram)
Fino al 2017 Weinstein era conosciuto come un potentissimo produttore cinematografico di Hollywood, con un gran fiuto per gli affari e una spiccata capacità organizzativa. Poi decine di donne lo hanno accusato, soprattutto attraverso articoli usciti sul “New York Times” e sul “New Yorker”, di averle molestate sessualmente. Proprio da queste accuse prese avvio il #metoo, il movimento collettivo con cui molte donne in tutto il mondo denunciarono le molestie sessuali subite e fino a quel momento taciute. Tra le donne che nel tempo lo hanno accusato di violenze ci sono Gwyneth Paltrow, Angelina Jolie, Uma Thurman, Cara Delevingne e Asia Argento. Il primo processo contro di lui era iniziato a gennaio del 2020 e si era concluso un mese dopo, quando era stato prosciolto dalle accuse più gravi ma dichiarato colpevole di violenza sessuale per due episodi avvenuti nel 2006 e nel 2013, venendo condannato a 23 anni di carcere. Per ora ne ha scontati due e ha presentato un appello contro la condanna. Gli anni di carcere che verranno stabiliti per questo secondo processo si aggiungeranno a quelli che sta già scontando. Leggendo la sua arringa conclusiva, la vice-procuratore distrettuale Marlene Martinez aveva descritto Harvey Weinstein come un “predatore” e uno “stupratore degenerato”, che attirava le sue ignare vittime nelle camere d'albergo prima di masturbarsi di fronte a loro, palpeggiarle o stuprarle: “Gli hotel erano le sue trappole. Confinate tra quelle pareti, le vittime non avevano possibilità di sfuggire alla sua massa imponente. Nessuno sentiva le loro grida, nessuno le vedeva mentre si rannicchiavano”. Per tutta risposta gli avvocati di Weinstein avevano sostenuto che alcuni di quei rapporti fossero avvenuti per ottenere avanzamenti di carriera, altri non erano mai esistiti.    
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