Il riscatto di Claudette Colvin: rifiutò di cedere il posto a un bianco, il reato è stato cancellato
Prima di Rosa Parks, in quel 1955 passato alla storia come l'anno del risveglio delle coscienze degli afroamericani contro le leggi segregazioniste, fu una studentessa 15enne a rifiutarsi di sottostare alla pratica razzista
Un’attesa lunga 66 anni, finalmente conclusa con un lieto fine. Non molti la conoscono, anzi, si può dire che è sempre rimasta nell’ombra di un’altra figura magistrale che la storia inserisce nei suoi libri, Rosa Parks. Ma a 82 anni la pioniera del diritti civili Claudette Colvin, finalmente, può dire di aver vinto la sua battaglia. Lo scorso ottobre, infatti, aveva presentato al tribunale minorile della contea di Montgomery la richiesta di cancellazione di un reato che la riguardava, inerente ad un episodio ben preciso accaduto nel 1955, dicendo che non voleva più essere considerata una “minorenne delinquente”. Richiesta che è stata accolta: tutti gli atti riguardanti il suo caso sono stati distrutti e la sua fedina penale è stata ripulita.
Claudette Colvin
Ma qual è stato questo episodio scatenante, che la donna ha dovuto portare con sé come un fardello memore del suo coraggio e della sua volontà di non piegarsi di fronte alle ingiustizie e discriminazioni? Tutti ricordano, giorno più giorno meno, che il primo dicembre 1955 a Montgomery, Alabama, una sarta di 42 anni, Rosa Parks, attivista della National Association for the Advancement of Colored People (“Associazione nazionale per la promozione delle persone di colore” – NAACP), si rifiutò di cedere il suo posto sull’autobus a un uomo bianco e viene arrestata. Nella vettura, non trovando altri posti liberi, la donna infatti aveva occupato il primo posto libero dietro all’area riservata ai bianchi, nel settore dei posti accessibili sia ai bianchi che ai neri, con l’obbligo però per i neri di cedere il posto qualora fosse salito un bianco e non ci fossero stati posti disponibili nell’area a loro riservata. Così, dopo il suo arresto si arrivò allo storico boicottaggio dei bus di Montgomery, che spinse Martin Luther King Jr. alla ribalta nazionale. Un momento chiave della storia, considerato l’inizio del moderno movimento per i diritti civili e simbolo della lotta degli afroamericani contro le leggi segregazioniste.
Pochi però, pochissimi, ricordano un caso analogo precedente. Nove mesi prima, il 2 marzo dello stesso anno, sempre a Montgomery, fucina di agitazioni e di ribellioni per i propri diritti da parte delle persone di colore, la studentessa 15enne Claudette Colvin, tornando a casa dalla scuola segregata Booker T. Washington su un autobus affollato, aveva trovato posto insieme a tre compagne di classe nel settore riservato ai neri. Tutto nella norma quindi, ma a un certo punto salì a bordo una giovane donna bianca.
Claudette Colvin, attivista per i diritti civili delle persone afroamericane
Come sappiamo all’epoca vigevano regole molto stringenti (e razziste) per mantenere la separazione e favorire le persone bianche, così, essendo l’area loro riservata al completo la donna si si spostò verso la parte posteriore in cerca di un posto a sedere e l’autista chiese a Claudette e alle sue compagne di alzarsi. Ma Colvin si rifiutò, dicendo che aveva pagato il biglietto e che era suo diritto costituzionale rimanere dov’era. “Dissi che non potevo muovermi perché era la storia ad avermi incollato al sedile”, ha raccontato la 82enne alla Bbc. Il caso finì davanti al tribunale minorile: per il suo atto di disobbedienza civile fu arrestata e venne accusata di disturbo della quiete pubblica, violazione della legge di segregazione e aggressione a pubblico ufficiale. Dopo il processo venne condannata alla libertà vigilata. Per i successivi 66 anni la donna ha portato questo fardello penale sulle spalle, perché nel frattempo non ha mai ricevuto la notifica ufficiale di aver chiuso i conti con la giustizia.
Claudette Colvin accanto all’avvocato per i diritti civili Fred Gray
Così, due mesi fa ha deciso di prendere l’iniziativa e finalmente un giudice dell’Alabama ha accolto la sua petizioneordinando lacancellazione del reato e la distruzione dei documenti. “Ora sono una donna anziana – aveva dichiarato Claudette presentando la petizione – Avere la fedina penale pulita significherà qualcosa per i miei nipoti e bisnipoti. E significherà qualcosa per
altri bambini neri. Quando penso al perché sto cercando di avere la riabilitazione del mio nome da parte dello Stato, è perché credo che se ciò accadesse mostrerebbe alla generazione che sta crescendo ora che il progresso è possibile e che le cose migliorano. Li ispirerà a rendere il mondo migliore“. E pochi giorni fa, alla notizia della distruzione di quegli atti che ancora incombevano su di lei come una spada di Damocle, l’anziana attivista ha visto finalmente riconoscere le sue azioni come coraggiose, coscienziose e lodevoli. Una donna che, anche nell’ombra, è riuscita a ritagliarsi un piccolo spazio nella storia dei diritti.