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Home » Attualità » Il video del prigioniero russo aiutato dagli ucraini. Una donna chiama sua mamma: “Natasha, tuo figlio sta bene”

Il video del prigioniero russo aiutato dagli ucraini. Una donna chiama sua mamma: “Natasha, tuo figlio sta bene”

I civili offrono al soldato russo cibo e tè caldo. Il giovane scoppia a piangere quando parla con la madre in videochiamata. Per il ministero della Difesa ucraino, la mamma potrà venire a riprendere suo figlio

Remy Morandi
3 Marzo 2022
Il prigioniero russo viene aiutato dagli ucraini e telefona alla mamma

Il prigioniero russo viene aiutato dagli ucraini e telefona alla mamma

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Anche in guerra qualche spiraglio di umanità è possibile. In Ucraina, mentre l’invasione russa prosegue, è stato diffuso un video – rilanciato su Twitter da Matthew Luxmoore, inviato a Mosca de The Wall Street Journal – in cui si vede un prigioniero russo aiutato da alcuni civili ucraini, i quali gli offrono cibo e un tè caldo e lo lasciano chiamare la mamma per farle sapere che sta bene. Ecco il video:

Video shared on Ukrainian channels of a captured Russian soldier apparently being fed by locals. The post says he burst into tears when he was allowed to video-call his mother. So many of these troops are just teenagers, with absolutely no clue what this war is really for. pic.twitter.com/oCPUC8cKcO

— Matthew Luxmoore (@mjluxmoore) March 2, 2022

Nel video si vede il soldato russo, un ragazzo, bere un tè caldo e mangiare qualcosa, mentre una donna gli porge dell’altro cibo e una ragazza tiene un telefono davanti al soldato russo, mentre lui parla in videochiamata con la madre. Il giovane prigioniero si riscalda sorseggiando il tè e dando qualche morso al cibo che gli è stato offerto. Poi, quando gli viene passato il collegamento con la mamma, scoppia a piangere. La ragazza ucraina che tiene il telefono in mano dà una carezza al prigioniero russo e poi dice alla mamma del soldato: “Non ti preoccupare Natasha, è vivo e sta bene. Ti richiameremo più tardi”.

Il ministero della Difesa ucraino informa le madri russe che possono venire a riprendere a Kiev i propri figli fatti prigionieri

Probabilmente il giovane prigioniero potrà essere riaccompagnato dalla mamma. Questo perché mercoledì 2 marzo il ministero della Difesa ucraino ha diffuso sui social un comunicato in cui viene spiegato che “i soldati russi che sono stati fatti prigionieri saranno resi alle madri che verranno a prenderli a Kiev”. Nel post diffuso su Facebook vengono anche comunicati i dettagli di come riportare a casa i figli prigionieri. Per scoprire se il proprio figlio è stato fatto prigioniero o se è morto in guerra bisogna chiamare un numero di telefono riportato nel volantino del ministero o mandare una mail. Se dunque le madri russe scoprono che il proprio figlio è stato fatto prigioniero potranno andare a riprenderlo “raggiungendo Kaliningrad o Minsk. Da lì in autobus o in taxi fino al confine con la Polonia. Quindi – comunica il ministero della Difesa ucraino rivolgendosi alle madri russe – attraverso il territorio polacco potrete raggiungere il checkpoint con l’Ucraina. Lì verrete accolte e scortate a Kiev, dove vostro figlio vi sarà riconsegnato”.

“Quello è mio figlio”. E la madre protesta da sola con un cartello “No alla guerra”

A Ulan-Udė una madre russa, dopo aver riconosciuto in un video il figlio fatto prigioniero, è scesa in strada a protestare. Nel cartello ha scritto: “No alla guerra”

A Uland-Udé, città della Siberia meridionale, una madre russa è scesa in strada protestando con un cartello “No alla guerra” dopo aver riconosciuto in un video il figlio fatto prigioniero in Ucraina. Al Baikal Journal, quotidiano locale, la donna ha dichiarato: “Voglio che la gente capisca che questo video non è un falso. Io sono sua madre”. La signora ha quindi raccontato di aver provato a contattare il Ministero della Difesa della Federazione Russa ma la sua chiamata è stata respinta.

Today, after the phone talk with her captured at war in #Ukraine son, a Russian soldier Sergey Ochirov, his mother went on a protest in #Buriatia of Russia. She stood under the Lenin monument in capital Ulan-Ude with a sign “No to War”. Thread ⬇️Source: https://t.co/64HtB2PC5c pic.twitter.com/iMCLsikpB9

— Victor Kovalenko (@MrKovalenko) March 2, 2022

E così la signora è scesa in strada, e con un cartello “No alla guerra” ha protestato davanti al monumento di Lenin della città di Uland-Udé. Alle telecamere ha poi dichiarato: “Non ho avuto più nessuna informazione su mio figlio. Voglio solo che torni a casa”.

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Instagram

  • Numerosi attori e musicisti di alto profilo si sono recati in Ucraina da quando è scoppiata la guerra con la Russia nel febbraio 2022. L’ultimo in ordine di tempo è stato l’attore britannico Orlando Bloom, che ieri ha visitato un centro per bambini e ha incontrato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky a Kiev.

“Non mi sarei mai aspettato che la guerra si sarebbe intensificata in tutto il Paese da quando sono stato lì”, ha detto Bloom su Instagram, “Ma oggi ho avuto la fortuna di ascoltare le risate dei bambini in un centro del programma Spilno sostenuto dall’Unicef, uno spazio sicuro, caldo e accogliente dove i bambini possono giocare, imparare e ricevere supporto psicosociale”.

Bloom è un ambasciatore di buona volontà per l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’infanzia (Unicef). Il centro di Splino, che è uno dei tanti in Ucraina, offre sostegno ai bambini sfollati e alle loro famiglie, con più di mezzo milione di bambini che ne hanno visitato uno nell’ultimo anno.

La star hollywoodiana ha poi incontrato il presidente Zelensky, con cui ha trattato temi tra cui il ritorno dei bambini ucraini deportati in Russia, la creazione di rifugi antiatomici negli istituti scolastici e il supporto tecnico per l’apprendimento a distanza nelle aree in cui è impossibile studiare offline a causa della guerra. L’attore britannico aveva scritto ieri su Instagram, al suo arrivo a Kiev, che i «bambini in Ucraina hanno bisogno di riavere la loro infanzia».

#lucelanazione #lucenews #zelensky #orlandobloom
  • “La vita che stavo conducendo mi rendeva particolarmente infelice e se all’inizio ero entrata in terapia perché volevo accettare il fatto che mi dovessi nascondere, ho avuto poi un’evoluzione e questo percorso è diventato di accettazione di me stessa."

✨Un sorriso contagioso, la spensieratezza dei vent’anni e la bellezza di chi si piace e non può che riflettere quella luce anche al di fuori. La si potrebbe definire una Mulan nostrana Carlotta Bertotti, 23 anni, una ragazza torinese come tante, salvo che ha qualcosa di speciale. E non stiamo parlano del Nevo di Ota che occupa metà del suo volto. Ecco però spiegato un primo punto di contatto con Mulan: l’Oriente, dove è più diffusa (insieme all’Africa) quell’alterazione di natura benigna della pigmentazione della cute intorno alla zona degli occhi (spesso anche la sclera si presenta scura). Quella che appare come una chiazza grigio-bluastra su un lato del volto (rarissimi i casi bilaterali), colpisce prevalentemente persone di sesso femminile e le etnie asiatiche (1 su 200 persone in Giappone), può essere presente alla nascita o apparire durante la pubertà. E come la principessa Disney “fin da piccola ho sempre sentito la pressione di dover salvare tutto, ma forse in realtà dovevo solo salvare me stessa. Però non mi piace stare troppo alle regole, sono ribelle come lei”.

🗣Cosa diresti a una ragazza che ha una macchia come la tua e ti chiede come riuscire a conviverci?�
“Che sono profondamente fiera della persona che vedo riflessa allo specchio tutto i giorni e sono arrivata a questa fierezza dopo che ho scoperto e ho accettato tutti i miei lati, sia positivi che negativi. È molto autoreferenziale, quindi invece se dovessi dare un consiglio è quello che alla fine della fiera il giudizio altrui è momentaneo e tutto passa. L’unica persona che resta e con cui devi convivere tutta la vita sei tu, quindi le vere battaglie sono quelle con te stessa, quelle che vale la pena combattere”.

L’intervista a cura di Marianna Grazi �✍ 𝘓𝘪𝘯𝘬 𝘪𝘯 𝘣𝘪𝘰

#lucenews #lucelanazione #carlottabertotti #nevodiota
  • La salute mentale al centro del podcast di Alessia Lanza. Come si supera l’ansia sociale? Quanto è difficile fare coming out? Vado dallo psicologo? Come trovo la mia strada? La popolare influencer, una delle creator più note e amate del web con 1,4 milioni di followers su Instagram e 3,9 milioni su TikTok, Alessia Lanza debutta con “Mille Pare”, il suo primo podcast in cui affronta, in dieci puntate, una “para” diversa e cerca di esorcizzare le sue fragilità e, di riflesso, quelle dei suoi coetanei.

“Ho deciso di fare questo podcast per svariati motivi: io sono arrivata fin qui anche grazie alla mia immagine, ma questa volta vorrei che le persone mi ascoltassero e basta. Quando ho cominciato a raccontare le mie fragilità un sacco di persone mi hanno detto ‘Anche io ho quella para lì!’. Perciò dico parliamone, perché in un mondo in cui sembra che dobbiamo farcela da soli, io credo nel potere della condivisione”.

#lucenews #lucelanazione #millepare #alessialanza #podcast
  • Si è laureata in Antropologia, Religioni e Civiltà Orientali indossando un abito tradizionale Crow, tribù della sua famiglia adottiva in Montana. Eppure Raffaella Milandri è italianissima e ha conseguito il titolo nella storica università Alma Mater di Bologna, lo scorso 17 marzo. 

La scrittrice e giornalista nel 2010 è diventata membro adottivo della famiglia di nativi americani Black Eagle. Da quel momento quella che era una semplice passione per i popoli indigeni si è focalizzata sullo studio degli aborigeni Usa e sulla divulgazione della loro cultura.

Un titolo di studio specifico, quello conseguito dalla Milandri, “Che ho ritenuto oltremodo necessario per coronare la mia attività di studiosa e attivista per i diritti dei Nativi Americani e per i Popoli Indigeni. La prima forma pacifica di attivismo è divulgare la cultura nativa”. L’abito indossato durante cerimonia di laurea appartiene alla tribù della sua famiglia adottiva. Usanza che è stata istituzionalizzata solo dal 2017 in Montana, Stato d’origine del suo popolo, quando è stata approvata una legge (la SB 319) che permette ai nativi e loro familiari di laurearsi con il “tribal regalia“. 

In virtù di questa norma, il Segretario della Crow Nation, Levi Black Eagle, a maggio 2022 ha ricordato la possibilità di indossare l’abito tradizionale Crow in queste occasioni e così Milandri ha chiesto alla famiglia d’adozione se anche lei, in quanto membro acquisito della tribù, avrebbe potuto indossarlo in occasione della sua discussione.

La scrittrice, ricordando il momento della laurea a Bologna, racconta che è stata “Una grandissima emozione e un onore poter rappresentare la Crow Nation e la mia famiglia adottiva. Ho dedicato la mia laurea in primis alle vittime dei collegi indiani, istituti scolastici, perlopiù a gestione cattolica, di stampo assimilazionista. Le stesse vittime per le quali Papa Francesco, lo scorso luglio, si è recato in Canada in viaggio penitenziale a chiedere scusa  Ho molto approfondito questo tema controverso e presto sarà pubblicato un mio studio sull’argomento dalla Mauna Kea Edizioni”.

#lucenews #raffaellamilandri #antropologia
Anche in guerra qualche spiraglio di umanità è possibile. In Ucraina, mentre l'invasione russa prosegue, è stato diffuso un video - rilanciato su Twitter da Matthew Luxmoore, inviato a Mosca de The Wall Street Journal - in cui si vede un prigioniero russo aiutato da alcuni civili ucraini, i quali gli offrono cibo e un tè caldo e lo lasciano chiamare la mamma per farle sapere che sta bene. Ecco il video:

Video shared on Ukrainian channels of a captured Russian soldier apparently being fed by locals. The post says he burst into tears when he was allowed to video-call his mother. So many of these troops are just teenagers, with absolutely no clue what this war is really for. pic.twitter.com/oCPUC8cKcO

— Matthew Luxmoore (@mjluxmoore) March 2, 2022
Nel video si vede il soldato russo, un ragazzo, bere un tè caldo e mangiare qualcosa, mentre una donna gli porge dell'altro cibo e una ragazza tiene un telefono davanti al soldato russo, mentre lui parla in videochiamata con la madre. Il giovane prigioniero si riscalda sorseggiando il tè e dando qualche morso al cibo che gli è stato offerto. Poi, quando gli viene passato il collegamento con la mamma, scoppia a piangere. La ragazza ucraina che tiene il telefono in mano dà una carezza al prigioniero russo e poi dice alla mamma del soldato: "Non ti preoccupare Natasha, è vivo e sta bene. Ti richiameremo più tardi".
Il ministero della Difesa ucraino informa le madri russe che possono venire a riprendere a Kiev i propri figli fatti prigionieri
Probabilmente il giovane prigioniero potrà essere riaccompagnato dalla mamma. Questo perché mercoledì 2 marzo il ministero della Difesa ucraino ha diffuso sui social un comunicato in cui viene spiegato che "i soldati russi che sono stati fatti prigionieri saranno resi alle madri che verranno a prenderli a Kiev". Nel post diffuso su Facebook vengono anche comunicati i dettagli di come riportare a casa i figli prigionieri. Per scoprire se il proprio figlio è stato fatto prigioniero o se è morto in guerra bisogna chiamare un numero di telefono riportato nel volantino del ministero o mandare una mail. Se dunque le madri russe scoprono che il proprio figlio è stato fatto prigioniero potranno andare a riprenderlo "raggiungendo Kaliningrad o Minsk. Da lì in autobus o in taxi fino al confine con la Polonia. Quindi - comunica il ministero della Difesa ucraino rivolgendosi alle madri russe - attraverso il territorio polacco potrete raggiungere il checkpoint con l'Ucraina. Lì verrete accolte e scortate a Kiev, dove vostro figlio vi sarà riconsegnato".

"Quello è mio figlio". E la madre protesta da sola con un cartello "No alla guerra"

A Ulan-Udė una madre russa, dopo aver riconosciuto in un video il figlio fatto prigioniero, è scesa in strada a protestare. Nel cartello ha scritto: "No alla guerra"
A Uland-Udé, città della Siberia meridionale, una madre russa è scesa in strada protestando con un cartello "No alla guerra" dopo aver riconosciuto in un video il figlio fatto prigioniero in Ucraina. Al Baikal Journal, quotidiano locale, la donna ha dichiarato: "Voglio che la gente capisca che questo video non è un falso. Io sono sua madre". La signora ha quindi raccontato di aver provato a contattare il Ministero della Difesa della Federazione Russa ma la sua chiamata è stata respinta.

Today, after the phone talk with her captured at war in #Ukraine son, a Russian soldier Sergey Ochirov, his mother went on a protest in #Buriatia of Russia. She stood under the Lenin monument in capital Ulan-Ude with a sign "No to War". Thread ⬇️Source: https://t.co/64HtB2PC5c pic.twitter.com/iMCLsikpB9

— Victor Kovalenko (@MrKovalenko) March 2, 2022
E così la signora è scesa in strada, e con un cartello "No alla guerra" ha protestato davanti al monumento di Lenin della città di Uland-Udé. Alle telecamere ha poi dichiarato: "Non ho avuto più nessuna informazione su mio figlio. Voglio solo che torni a casa".
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