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Home » Attualità » Inferno tra Italia e Francia, dove i migranti vengono respinti e muoiono per il freddo

Inferno tra Italia e Francia, dove i migranti vengono respinti e muoiono per il freddo

Pochi giorni fa in Val di Susa un ragazzo di 15 anni è deceduto tentando di attraversare i binari che collegano. In tasca aveva un biglietto con alcuni numeri di telefono e sul quale era scritto "Chiedi di loro"

Nicolò Guelfi
6 Febbraio 2022
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Altri due migranti morti negli ultimi giorni al confine tra Italia e Francia. I nomi delle due vittime sono quelli di Fathallah Balafhail, 31 anni originario del Marocco, e Ullah Rezwan Sheyzad, ragazzo afghano di soli 15 anni. 

Il corpo di Balafhail è stato ritrovato il 2 febbraio al Barrage del Freney, nei pressi di Modane in Francia. Aveva cercato di valicare le Alpi a piedi, contando solo sulle sue forze. Secondo quanto ricostruito, l’uomo era partito dal suo Paese alla volta della Turchia, svolgendo il percorso lungo via terra che gli avrebbe consentito però di giungere in Europa: la rotta balcanica. L’uomo aveva vissuto per un breve periodo a Crescentino, in provincia di Vercelli, per poi ripartire verso nord. Già due tentativi falliti di attraversare il confine a Ventimiglia prima di quello che gli è costato la vita passando dalla Val di Susa. L’ultima sua notizia è un messaggio inviato alla famiglia il 30 gennaio alle 23.54 dalla stazione di Oulx, tre giorni prima del ritrovamento del cadavere. La restituzione della salma in Marocco si è svolta in fretta e nel silenzio, con pochissima attenzione della stampa locale.

Ualla Rezwan Sheyzand invece racconta un’altra storia. Poco più che bambino aveva lasciato l’Afghanistan prima del ritiro delle truppe americane e del conseguente ritorno dei talebani. Aveva attraversato in un solo anno Iran, Turchia, Bulgaria, Serbia, Croazia e Slovenia prima di giungere in Italia, dove si è concluso prematuramente il suo viaggio. Sheyzand stava andando a Parigi per ricongiungersi con sua sorella. Il suo corpo senza vita è stato trovato il 26 gennaio sui binari che collegano Salbertrand a Oulx dal personale impegnato a dei lavori di manutenzione della linea ferroviaria. Nella tasca dei pantaloni aveva con sé un biglietto: “Chiedi di loro”, con nomi e numeri di telefono afghani.

Val di Susa, tra trafficanti e migranti respinti alla frontiera

La Val di Susa è il punto di passaggio obbligato per tutti coloro che da est o da sud cercano di passare in Francia. Persone in difficoltà, che hanno percorso migliaia di chilometri, spesso con mezzi di fortuna. I migranti, stremati dalla fatica e dal freddo, cercano di valicare la catena montuosa più alta del continente in cerca di una vita migliore dall’altra parte, a rischio della vita. A gennaio 2022, i morti alla frontiera sono giovani, che in virtù dell’età e della migliore condizione fisica, credono di poter superare le prove più pericolose. Dopo il dispiegamento militare sul versante francese e la collaborazione tra polizie di frontiera, basata su accordi europei e tra Italia-Francia, l’attività degli smugglers (trafficanti) è aumentata. I migranti che vogliono andare in Francia potrebbero di diritto chiedere asilo per essere riconosciuti come rifugiati, secondo quanto sancito dalla convenzione di Ginevra, ma questa possibilità viene loro negata. La polizia di frontiera si limita a fermare mezzi di trasporto e persone a piedi e fargli fare dietro front. 

Fermati anche i minori

Secondo quanto riportato da Medici per i Diritti Umani, i minori, quando vengono prelevati in montagna dalla gendarmerie, vengono respinti per prassi, senza alcun accertamento: “La situazione si complica ancora, quando, così come abbiamo potuto documentare, il minore, nel porto italiano di entrata, viene indotto dalla polizia con maniere minacciose, a sottoscrivere la sua maggiore età, nonostante i suoi documenti provino il contrario. Il caso è stato vagliato anche dallo sportello legale della diaconia valdese in Oulx”. Sempre Medu chiede alle istituzioni e a tutti gli attori presenti in frontiera di intervenire affinché vengano rispettati i diritti umani delle persone in transito e sia garantita la loro incolumità e sicurezza.

I decessi a causa del freddo e l’intervento della Croce Rossa

Il clima nella zona è particolarmente rigido d’inverno, e questo causa la maggior parte degli infortuni, degli smarrimenti e delle morti tra i migranti, non adeguatamente equipaggiati per muoversi tra il ghiaccio e la neve. Senza l’intervento della Croce Rossa le vittime sarebbero molto probabilmente superiori. Gli operatori della Cr si occupano quotidianamente di recuperare e offrire cure ai respinti al confine, accogliendoli nei propri spazi al polo logistico della Protezione Civile di Bussoleno. Fortunatamente esistono anche altre realtà che offrono sostegno come il rifugio “Fraternità Massi” di Oulx. La struttura è gestita dall’associazione Talità Kum, fondata dal prete don Luigi Chiampo, che si occupa di ospitare i migranti duranti la loro permanenza nella zona, che generalmente dura solo pochi giorni, a seconda di quanti tentativi sono necessari per attraversare la frontiera.

“Ad oggi abbiamo circa 80-100 passaggi al giorno – spiega don Chiampo –. Finora, nell’ospitare le persone, ci siamo sempre alternati con il polo logistico di Bussoleno, ma adesso cecheremo di fare base a Oulx e tenere il polo soltanto per le emergenze. Dalle amministrazioni comunali la collaborazione continua a esserci. Bardonecchia ha deciso di donare al rifugio 400mila euro stanziati per il disagio provocato dai migranti, e il Comune di Oulx ci ha sempre aiutato. Il Ministero poi ha stanziato 240mila euro”.

Come dimostra anche il caso di Balafhail, anche Oltralpe le mancanze sono tante e spaventose. A inizio dicembre a Briançon, a seguito della chiusura del rifugio Terrasses Solidaires per protesta contro l’assenza delle istituzioni statali, l’unico punto di accoglienza per gli stranieri rimasto era un campo tenda allestito da Medici Senza Frontiere, con pochi operatori a provvedere ai bisogni dei 50 ospiti, i quali potevano scaldarsi solo con un falò in mezzo a un prato innevato. 

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Instagram

  • Passa anche da un semplice tasto la possibilità per una donna, vittima di stalking, di salvarsi da chi vuole farle del male. Il tasto di uno smartwatch che, una volta premuto, lancia un’immediata richiesta di aiuto alle forze di polizia. E grazie a questo orologio, Marta (il nome è di fantasia) potrà ora vedere la sua vita cambiata in meglio. La donna aveva smesso di vivere, a causa della relazione asfissiante e malata con il suo ex marito violento che aveva promesso di sfregiarla con l’acido e poi ucciderla e seppelire il suo corpo in un terreno. Ma venerdì scorso a Marta è stato consegnato il primo di 45 smartwatch che saranno distribuiti ad altrettante vittime. L’orologio è collegato con la centrale operativa del comando provinciale dei carabinieri di Napoli: appena arriva l’Sos, la vittima viene geolocalizzata e arrivano i soccorsi.

E così Marta ha ripreso la sua vita interrotta per paura dell’ex e delle sue minacce. «Posso uscire più serena e tranquilla dopo mesi e mesi trascorsi rintanata in casa. Grazie a questo orologio mi sento protetta. È vero, devo rinunciare alla mia privacy, ma è un prezzo che sono disposta a pagare.»

Lo scorso 30 novembre i carabinieri del Comando provinciale di Napoli, la sezione fasce deboli della Procura partenopea coordinata dal procuratore aggiunto Raffaello Falcone, la Fondazione Vodafone Italia e la Soroptimist international club Napoli hanno annunciato l’avvio del progetto pilota "Mobile Angel", che prevede, appunto, la consegna di questo orologio salvavita alle vittime di maltrattamenti. Il progetto è stato esteso anche alle città di Milano e Torino. Lo smartwatch affidato a Marta è il primo nel Sud Italia. Il mobile angel, spiegano i Carabinieri, rientra in un progetto ad ampio respiro che ha come punto focale le vittime di violenza. Un contesto di tutela all’interno del quale è stata istituita anche la "stanza tutta per sé", un ambiente dove chi ha subìto vessazioni può sentirsi a suo agio nel raccontare il proprio vissuto. 

#lucenews #lucelanazione #mobileangel #napoli
  • Se nei giorni scorsi l’assessore al Welfare del Comune di Napoli, papà single di Alba, bambina affetta da Sindrome di Down, aveva ri-scritto pubblicamente alla premier Giorgia Meloni per avere un confronto sull’idea di famiglia e sul tema delle adozioni, stavolta commenta quanto sta accadendo in Italia in relazione ai diritti dei figli delle famiglie arcobaleno. 

Ricordiamo, infatti, che lo scorso 12 marzo il Governo ha ordinato, in merito ad una richiesta pervenuta al Comune di Milano di una coppia dello stesso sesso, lo stop a procedere alla registrazione del loro figlio appena nato e impedendo, di fatto, la creazione di una famiglia omogenitoriale. Il veto della destra compatta boccia il certificato europeo di filiazione che propone agli Stati membri di garantire ai genitori residenti in Unione Europea il diritto ad essere riconosciuti come madri e padri dei propri figli nello stesso modo in tutti i Paesi Ue.

“In tutta Europa i figli di coppie gay avranno il riconoscimento degli stessi diritti degli altri bambini. In Italia il Senato, trascinato da Fratelli d’Italia, fortemente contrario, ha appena bocciato la proposta – dice Trapanese in un lungo post sulla sua pagina Instagram -. Quindi, i figli delle coppie omosessuali non sono, per il nostro Paese, figli come gli altri. Questo hanno deciso e detto chiaramente”. Così facendo, “resteranno bambini privi di tutele complete, i cui genitori dovranno affrontare battaglie giudiziarie, sfiniti da tempi lunghissimi, solo perché il loro bimbo venga considerato semplicemente un figlio”. 

Trapanese attacca chiaramente questa decisione: “L’Italia è l’unico paese europeo con un governo che lavora per togliere diritti invece che per aggiungerli. Se la prende con bambini che esistono e vivono la loro quotidianità serenamente in famiglie piene d’amore, desiderati sopra ogni cosa, ma considerati in Italia figli di un dio minore”. Per Trapanese “stiamo continuando a parlare di ciò che dovrebbe essere semplicemente attuato. I diritti non si discutono, si riconoscono e basta. Ma come fate a non rendervene conto?”.

#lucenews #diritti #coppieomogenitoriali
  • Il nuovo progetto presentato dal governatore Viktor Laiskodat a Kupang, in Indonesia, prevede l’entrata degli alunni a scuola alle 5.30 del mattino. Secondo l’alto funzionario il provvedimento servirebbe per rafforzare la disciplina dei bambini.

Solitamente nelle scuole del Paese le lezioni iniziavano tra le 7 e le 8 del mattino: anticipando l’orario d’ingresso i bambini sono apparsi esausti quando tornano a casa. La madre di una 16enne, infatti, è molto preoccupata da questa nuova iniziativa: “È estremamente difficile, ora devono uscire di casa mentre è ancora buio pesto. Non posso accettarlo. La loro sicurezza non è garantita quando è ancora notte. Inoltre mia figlia, ogni volta che arriva a casa, è esausta e si addormenta immediatamente.”

Sulla vicenda è intervenuto anche Marsel Robot, esperto di istruzione dell’Università di Nusa Cendana, che ha spiegato come a lungo termine la privazione del sonno potrebbe mettere in pericolo la salute degli studenti e causare un cambiamento nei loro comportamenti: “Non c’è alcuna correlazione con lo sforzo per migliorare la qualità dell’istruzione. Gli studenti dormiranno solo per poche ore e questo è un grave rischio per la loro salute. Inoltre, questo causerà loro stress e sfogheranno la loro tensione in attività magari incontrollabili”. Anche il Ministero per l’emancipazione delle donne e la Commissione indonesiana per la protezione dei minori hanno espresso richieste di revisione della politica. Il cambiamento delle regole di Kupang è stato anche contestato dai legislatori locali, che hanno chiesto al governo di annullare quella che hanno definito una politica infondata.

Tuttavia il governo centrale ha mantenuto il suo esperimento rincarando la dose ed estendendolo anche all’agenzia di istruzione locale, dove anche i dipendenti pubblici ora inizieranno la loro giornata alle 5.30 del mattino.

#lucenews #lucelanazione #indonesia #scuola
  • Quante ore dormi? È difficile addormentarsi? Ti svegli al minimo rumore o al mattino rimandi tutte le sveglie per dormire un po’ di più? Soffri d’insonnia?

Sono circa 13,4 milioni gli italiani che soffrono di insonnia, secondo le ultime rilevazioni di Aims - l
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