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Home » Attualità » Una bambina di 12 anni è stata uccisa in Iran. Raisi: “Nessuna misericordia ai nemici”

Una bambina di 12 anni è stata uccisa in Iran. Raisi: “Nessuna misericordia ai nemici”

La repressione delle proteste nella Repubblica Islamica non si arresta. La vedova dello Scià: "La rivoluzione dei nostri giovani per la liberazione del Paese"

Marianna Grazi
27 Dicembre 2022
Saha Etebari, 12 anni, è stata uccisa mentre era in auto coi genitori da agenti in borghese

Saha Etebari, 12 anni, è stata uccisa mentre era in auto coi genitori da agenti in borghese

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Una bambina di 12 anni è l’ennesima vittima innocente della violenta repressione scatenata dal regime iraniano contro le proteste in corso da più di quattro mesi nel Paese: secondo quanto denunciato sui social dagli attivisti di Iran True, Saha Etebari è rimasta uccisa quando agenti in borghese ad un posto di blocco hanno sparato contro l’auto a bordo della quale viaggiava con la famiglia, nella provincia di Hormozgan. Lo scorso 16 novembre la stessa cosa era accaduto a Kian Pirfalak, di 9 anni, assassinato dagli agenti che hanno sparato contro l’auto dei genitori, ferendo anche in modo grave il padre del piccolo. Il comandante in capo delle forze di polizia iraniane ha confermato nelle scorse ore la notizia dell’uccisione della bimba, come scrive Bbc Persia, aggiungendo che è stato emesso un ordine speciale per indagare sulla vicenda.

Le proteste contro il regime in Iran vanno avanti da oltre 100 giorni

Il pugno duro del regime: “Nessuna misericordia ai nemici”

Mentre la situazione in Iran va sempre più peggiorando, sotto gli occhi preoccupati della comunità internazionale, nelle scorse settimane e autorità hanno già eseguito due condanne a morte, nei confronti del 23enne Mohsen Shekari e del coetaneo Majidreza Rahnavard, ma si teme un’escalation delle esecuzioni. L’Iran International English, il portale di notizie indipendente, che quotidianamente riporta quello che sta accadendo nella Repubblica islamica scossa da più di 100 giorni di proteste, ha reso noto il 26 dicembre che “la famiglia del manifestante iraniano Mohammad Qobadlou è seriamente preoccupata per la sua imminente esecuzione durante le vacanze di Natale, secondo una fonte ben informata”. “Mohammad è nato il 1 gennaio del 2000 e ora rischia di essere giustiziato il giorno in cui compirà 23 anni”, ha precisato la stessa fonte. Gli Stati Uniti, intanto, hanno chiesto al governo islamico di scarcerare tutti i manifestanti arrestati: “Chiediamo a Teheran il rilascio incondizionato di tutte le persone imprigionate in Iran per aver esercitato pacificamente le loro libertà”. Lo scrive su Twitter il portavoce del dipartimento di Stato americano, Ned Price, ricordando che “a sostegno delle coraggiose donne iraniane la comunità internazionale ha espulso l’Iran” dalla Commissione dell’Onu sullo status delle donne.

Il presidente iraniano Ebrahim Raisi

Notizie drammatiche che vanno ad aggravare un quadro già di per sé terribile, con le manifestazioni del popolo iraniano che non accennano a fermarsi e il pugno duro del regime che continua a colpire indiscriminatamente, senza pietà. “Non mostreremo misericordia ai nemici“, ha dichiarato infatti nel corso di una recente cerimonia il presidente iraniano Ebrahim Raisi, riferendosi alle proteste antigovernative che scuotono la Repubblica Islamica dalla morte di Mahsa Amini mentre la 22enne era sotto la custodia della polizia morale. Stando all’agenzia di stampa iraniana degli attivisti per i diritti umani (Hrana) ha stimato che, fino ad oggi, 507 manifestanti hanno perso la vita tra il 27 ottobre e il 5 dicembre, mentre il numero dei detenuti oscilla tra i 14.000 e i 16.000.

Le minacce delle autorità: il caso della famiglia dell’ex calciatore

Ma oltre agli arresti, alle uccisioni, alle condanne a morte, i funzionari del regime procedono anche con minacce più o meno concrete: un volo della Mahan Air Flight, diretto da Tehran a Dubai, è stato fatto atterrare sull’isola di Kish dove hanno “costretto a scendere dall’aereo la moglie e la figlia dell’ex calciatore Ali Daei“, che sta subendo minacce e ritorsioni da parte del governo per il suo sostegno alle proteste. Lo ha scritto su Twitter il giornalista di Bbc.monitoring Kian Sharifi, aggiungendo che l’uomo, che non era a bordo, ha fatto sapere che la sua famiglia non è stata arrestata.

Iranian authorities today ordered Mahan Air Flight W563 from Tehran to Dubai to land on Kish island and forced the wife and child of former footballer Ali Daei off the plane.

Daei, a supporter of the protests, says his family wasn’t arrested. He wasn’t on the plane. pic.twitter.com/h3CRg3EgfM

— Kian Sharifi (@KianSharifi) December 26, 2022

Iran International aggiunge che alla donna sarebbe stato vietato di lasciare il Paese a causa “delle sue attività in favore degli scioperi”, riportano le agenzie Tasnim e Isna secondo le quali la donna avrebbe aggirato “con un’azione illegale” il divieto. L’ex calciatore, al quale è stato sequestrato il passaporto, ha replicato che la moglie e la figlia si sono imbarcate in modo “completamente legale per andare a Dubai, se ci fosse stato un divieto a partire sarebbe emerso al momento del controllo dei passaporti. Ancora nessuno mi ha dato una risposta per quello che è successo, volevano arrestare dei terroristi?“, ha dichiarato ribadendo che sua moglie e sua figlia sono state fatte scendere dall’aereo ma non sarebbero state arrestate.

Farah Diba: “La rivoluzione dei giovani che stanno sacrificando tutto”

La vedova dello Scià Farah Diba elogia la rivoluzione dei giovani per la liberazione dell’Iran

“I nostri giovani hanno dimostrato un coraggio incredibile in questi tre mesi. Hanno sacrificato molto, direi tutto, per riprendersi il loro Paese. Non chiamare tutto questo rivoluzione sarebbe un insulto al loro coraggio e al loro sacrificio”. Sono parole piene di ammirazione e di stima quelle che Farah Diba, vedova dello Scià di Persia Muhammad Reza Pahlavi, pronuncia in un’intervista a la Repubblica. La donna è convinta che “Saranno proprio questi giovani a determinare il futuro della nostra nazione e ho fiducia che ci riusciranno. Non tollerano più questo regime. Vogliono un Iran libero, democratico, prospero e unito“. Inevitabile il riferimento alle donne, vere protagoniste della rivolta: “Come è ovvio è notevole il ruolo delle donne in prima linea in queste proteste. Ricordo che tra le prime vittime dei terribili eventi della rivoluzione islamica del 1979 nel mio Paese vi furono le donne. Immediatamente messe da parte e soggiogate – prosegue -, si videro sottrarre l’uguaglianza e i diritti che Sua Maestà, poi scomparso, aveva concesso loro. Ma le donne iraniane sono forti e resistenti e, al fianco dei loro fratelli, sono in prima linea in questa rivoluzione per la liberazione dell’Iran. Il loro ruolo preminente nelle vicende di questi mesi appare evidente a me e a tutto il mondo – conclude Farah Diba -. Naturalmente questa non è una novità per noi: abbiamo una lunga storia di donne che hanno plasmato e costruito la nostra nazione e queste giovani ne hanno preso l’eredità”.

 

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  • Avete mai pensato a come fare quando siete in una foresta, in montagna o in una spiaggia solitaria, lontane da tutti, completamente immerse nella natura, ma avete il ciclo? 

🟪 A questa eventualità ha risposto una ragazza scozzese, che ha sviluppato un kit mestruale portatile da usare all’aperto quando non esistono i servizi igienici o non c’è accesso alle toilette. Erin Reid, 25 anni, ha concepito l’idea quando ha affrontato il cammino di 96 miglia (154 km) della West Highland Way da Milngavie, vicino a Glasgow, a Fort William. Ispirata dalle sue esperienze racconta: 

🗣“Ho avuto le mestruazioni per tutto il tempo ed è stata una vera seccatura Il mio obiettivo è quello di risolvere il problema e dare alle persone la possibilità di uscire all’aria aperta quando hanno le mestruazioni”. Secondo Erin, le donne che si trovano in luoghi isolati potrebbero correre il rischio di infezioni del tratto urinario, shock tossico o infertilità a causa della scarsa igiene, quando non c’è accesso a bagni, impianti per lavarsi le mani o luoghi per smaltire i prodotti sanitari usati.

La ragazza ha dichiarato che il suo kit è pensato per chi pratica l’escursionismo, il kayak e per il personale militare, ma ha spiegato che, grazie anche al design a forma di fiaschetta, potrebbe interessare persino il pubblico femminile dei festival all’aperto, preoccupati di utilizzare i bagni chimici. Il kit contiene: una coppetta mestruale riutilizzabile, salviette antibatteriche, che consentono di pulire la coppetta in viaggio e un semplice erogatore che può essere utilizzato anche senza avere le mani pulite, quindi in situazioni in cui non è possibile accedere a servizi igienici o all’acqua corrente. 

L’ex studentessa della Napier University, laureata in Design del Prodotto, spera ora di lanciare il prodotto nel 2024: appassionata escursionista e ciclista è ora alla ricerca di finanziamenti per portare sul mercato il suo kit per l’igiene mestruale LU Innovations. Che è stato sviluppato con il sostegno di Converge, società di supporto per le università e gli istituti di ricerca che lavorano su nuovi prototipi.

#lucenews #mestruazioni #kitmestruale #ciclomestruale #designdelprodotto
  • “Ho fatto un film artigianale, maldestramente ispirato a una lettera di Elsa Morante, e dedicato a tutte le ‘cattive ragazze’, che cattive non sono, e che lottano in tutto il mondo: dall’Iran all’Afghanistan, ma anche in Svezia e in Umbria”.

Il corto “Le Pupille” di Alice Rohrwcher ha ricevuto ieri, 24 gennaio, una nomination agli Oscar per il miglior Live Action Short. La cerimonia finale si terrà a Los Angeles il 12 marzo.

La reazione e la gioia delle piccole protagoniste, della troupe e della regista✨

#lucenews #lucelanazione #lepupille #oscar2023
  • C’è anche un film italiano in corsa per gli Oscar. 

È il cortometraggio "Le pupille" diretto da Alice Rohrwacher, regista quarantunenne nata in Toscana, cresciuta nella campagna umbra, regista "artigianale", autodidatta, i cui film hanno già ricevuto numerosi riconoscimenti internazionali. Le pupille è prodotto dal regista premio Oscar Alfonso Cuarón, ed è entrato nella cinquina delle pellicole in corsa per l’Oscar del Miglior cortometraggio.

"Dedico questa nomination alle “bambine cattive“, che cattive non sono affatto, e che sono in lotta ovunque nel mondo: in Iran, in Afghanistan, ma anche in Svezia e in Umbria. Mi auguro che, come nel mio cortometraggio, possano rompere la torta e condividerla fra loro". 

Si parla, infatti, nel film, di una torta. E di costrizioni, divieti, imposizioni, rigide regole da sovvertire. Il film prende spunto, dice la regista, da una lettera che nel dicembre 1971 la scrittrice Elsa Morante inviò all’amico giornalista e critico cinematografico Goffredo Fofi.

Nella lettera, la Morante racconta una storia avvenuta in un collegio di preti, negli anni del fascismo. Una decina di ragazzi si preparano al pranzo di Natale, scoprendo che a chiudere il pasto c’è un’enorme zuppa inglese. Ma il priore li invita a "fare un fioretto" a Gesù Bambino, rinunciando alla loro fetta di dolce. Qualcuno si ribellerà: un "bimbo cattivo". La lettera è pubblicata, col titolo di Pranzo di Natale, per le edizioni milanesi Henry Beyle, nel 2014.

Invitata da Cuarón a prendere parte a un progetto di corti per Disney+, Alice Rohrwacher ha scelto questa storia. Ma con un radicale cambiamento: ha trasformato i ragazzi in ragazzine, in "pupille", piccole orfane ospitate dalle suore. L’intransigente priora è interpretata dalla sorella della regista, Alba Rohrwacher. A portare la torta in convento è una eccentrica nobildonna che chiede – in cambio del dono – di pregare per l’uomo che la ha tradita e abbandonata.

È la prima volta, invece, che la regista riceve una nomination agli Oscar, e lo fa con una fiaba anarchica, un Canto di Natale "in rosa", rivoluzionario e al femminile.

L
  • Messaggi osceni, allusioni, avances in ufficio e ricatti sessuali. La forma più classica del sopruso in azienda, unita ai nuovi strumenti tecnologici nelle mani dei molestatori. Il movimento Me Too, nel 2017, squarciò il velo di silenzio sulle molestie sessuali subite dalle donne nel mondo del cinema e poi negli altri luoghi di lavoro. Cinque anni dopo, con in mezzo la pandemia che ha terremotato il mondo del lavoro, le donne continuano a subire abusi, che nella maggior parte dei casi restano nell’ombra.

«Sono pochissime le donne che denunciano – spiega Roberta Vaia, della segreteria milanese della Cisl – e nei casi più gravi preferiscono lasciare il lavoro. Il molestatore andrebbe allontanato dalla vittima ma nei contratti collettivi dei vari settori non è ancora prevista una sanzione disciplinare per chi si rende responsabile di molestie o di mobbing».

Un quadro sconfortante che emerge anche da una rilevazione realizzata dalla Cisl Lombardia, nel corso del 2022, su lavoratrici di diversi settori, attraverso un sondaggio distribuito in fabbriche, negozi e uffici della regione. Sono seimila le donne che hanno partecipato all’indagine, e il 44% ha dichiarato di aver subìto molestie o di «esserne stata testimone» nel corso della sua vita lavorativa.

A livello nazionale, secondo gli ultimi dati Istat, sono 1.404.000 le donne che nel corso della loro vita lavorativa hanno subito molestie fisiche o ricatti sessuali sul posto di lavoro. Quando una donna subisce un ricatto sessuale, nell’80,9% dei casi non ne parla con nessuno sul posto di lavoro. Quasi nessuna ha denunciato il fatto alle forze dell’ordine: appena lo 0,7% delle vittime.

✍🏻di Andrea Gianni

#lucenews #istat #donne #molestie #lavoro #diritti
Una bambina di 12 anni è l'ennesima vittima innocente della violenta repressione scatenata dal regime iraniano contro le proteste in corso da più di quattro mesi nel Paese: secondo quanto denunciato sui social dagli attivisti di Iran True, Saha Etebari è rimasta uccisa quando agenti in borghese ad un posto di blocco hanno sparato contro l'auto a bordo della quale viaggiava con la famiglia, nella provincia di Hormozgan. Lo scorso 16 novembre la stessa cosa era accaduto a Kian Pirfalak, di 9 anni, assassinato dagli agenti che hanno sparato contro l'auto dei genitori, ferendo anche in modo grave il padre del piccolo. Il comandante in capo delle forze di polizia iraniane ha confermato nelle scorse ore la notizia dell'uccisione della bimba, come scrive Bbc Persia, aggiungendo che è stato emesso un ordine speciale per indagare sulla vicenda.
Le proteste contro il regime in Iran vanno avanti da oltre 100 giorni

Il pugno duro del regime: "Nessuna misericordia ai nemici"

Mentre la situazione in Iran va sempre più peggiorando, sotto gli occhi preoccupati della comunità internazionale, nelle scorse settimane e autorità hanno già eseguito due condanne a morte, nei confronti del 23enne Mohsen Shekari e del coetaneo Majidreza Rahnavard, ma si teme un'escalation delle esecuzioni. L'Iran International English, il portale di notizie indipendente, che quotidianamente riporta quello che sta accadendo nella Repubblica islamica scossa da più di 100 giorni di proteste, ha reso noto il 26 dicembre che "la famiglia del manifestante iraniano Mohammad Qobadlou è seriamente preoccupata per la sua imminente esecuzione durante le vacanze di Natale, secondo una fonte ben informata". "Mohammad è nato il 1 gennaio del 2000 e ora rischia di essere giustiziato il giorno in cui compirà 23 anni", ha precisato la stessa fonte. Gli Stati Uniti, intanto, hanno chiesto al governo islamico di scarcerare tutti i manifestanti arrestati: "Chiediamo a Teheran il rilascio incondizionato di tutte le persone imprigionate in Iran per aver esercitato pacificamente le loro libertà". Lo scrive su Twitter il portavoce del dipartimento di Stato americano, Ned Price, ricordando che "a sostegno delle coraggiose donne iraniane la comunità internazionale ha espulso l'Iran" dalla Commissione dell'Onu sullo status delle donne.
Il presidente iraniano Ebrahim Raisi
Notizie drammatiche che vanno ad aggravare un quadro già di per sé terribile, con le manifestazioni del popolo iraniano che non accennano a fermarsi e il pugno duro del regime che continua a colpire indiscriminatamente, senza pietà. "Non mostreremo misericordia ai nemici", ha dichiarato infatti nel corso di una recente cerimonia il presidente iraniano Ebrahim Raisi, riferendosi alle proteste antigovernative che scuotono la Repubblica Islamica dalla morte di Mahsa Amini mentre la 22enne era sotto la custodia della polizia morale. Stando all'agenzia di stampa iraniana degli attivisti per i diritti umani (Hrana) ha stimato che, fino ad oggi, 507 manifestanti hanno perso la vita tra il 27 ottobre e il 5 dicembre, mentre il numero dei detenuti oscilla tra i 14.000 e i 16.000.

Le minacce delle autorità: il caso della famiglia dell'ex calciatore

Ma oltre agli arresti, alle uccisioni, alle condanne a morte, i funzionari del regime procedono anche con minacce più o meno concrete: un volo della Mahan Air Flight, diretto da Tehran a Dubai, è stato fatto atterrare sull'isola di Kish dove hanno "costretto a scendere dall'aereo la moglie e la figlia dell'ex calciatore Ali Daei", che sta subendo minacce e ritorsioni da parte del governo per il suo sostegno alle proteste. Lo ha scritto su Twitter il giornalista di Bbc.monitoring Kian Sharifi, aggiungendo che l'uomo, che non era a bordo, ha fatto sapere che la sua famiglia non è stata arrestata.

Iranian authorities today ordered Mahan Air Flight W563 from Tehran to Dubai to land on Kish island and forced the wife and child of former footballer Ali Daei off the plane.

Daei, a supporter of the protests, says his family wasn't arrested. He wasn't on the plane. pic.twitter.com/h3CRg3EgfM — Kian Sharifi (@KianSharifi) December 26, 2022
Iran International aggiunge che alla donna sarebbe stato vietato di lasciare il Paese a causa "delle sue attività in favore degli scioperi", riportano le agenzie Tasnim e Isna secondo le quali la donna avrebbe aggirato "con un'azione illegale" il divieto. L'ex calciatore, al quale è stato sequestrato il passaporto, ha replicato che la moglie e la figlia si sono imbarcate in modo "completamente legale per andare a Dubai, se ci fosse stato un divieto a partire sarebbe emerso al momento del controllo dei passaporti. Ancora nessuno mi ha dato una risposta per quello che è successo, volevano arrestare dei terroristi?", ha dichiarato ribadendo che sua moglie e sua figlia sono state fatte scendere dall'aereo ma non sarebbero state arrestate.

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"I nostri giovani hanno dimostrato un coraggio incredibile in questi tre mesi. Hanno sacrificato molto, direi tutto, per riprendersi il loro Paese. Non chiamare tutto questo rivoluzione sarebbe un insulto al loro coraggio e al loro sacrificio". Sono parole piene di ammirazione e di stima quelle che Farah Diba, vedova dello Scià di Persia Muhammad Reza Pahlavi, pronuncia in un'intervista a la Repubblica. La donna è convinta che "Saranno proprio questi giovani a determinare il futuro della nostra nazione e ho fiducia che ci riusciranno. Non tollerano più questo regime. Vogliono un Iran libero, democratico, prospero e unito". Inevitabile il riferimento alle donne, vere protagoniste della rivolta: "Come è ovvio è notevole il ruolo delle donne in prima linea in queste proteste. Ricordo che tra le prime vittime dei terribili eventi della rivoluzione islamica del 1979 nel mio Paese vi furono le donne. Immediatamente messe da parte e soggiogate - prosegue -, si videro sottrarre l'uguaglianza e i diritti che Sua Maestà, poi scomparso, aveva concesso loro. Ma le donne iraniane sono forti e resistenti e, al fianco dei loro fratelli, sono in prima linea in questa rivoluzione per la liberazione dell'Iran. Il loro ruolo preminente nelle vicende di questi mesi appare evidente a me e a tutto il mondo - conclude Farah Diba -. Naturalmente questa non è una novità per noi: abbiamo una lunga storia di donne che hanno plasmato e costruito la nostra nazione e queste giovani ne hanno preso l'eredità".  
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