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Home » Attualità » Iran, il calciatore simbolo Mehdi Taremi: “Chiedo il rilascio dei prigionieri”

Iran, il calciatore simbolo Mehdi Taremi: “Chiedo il rilascio dei prigionieri”

L'attaccante del Porto torna ad alzare la voce contro il regime di Teheran. Intanto la campionessa di sci Atefeh Ahmadi dice addio al suo Paese

Barbara Berti
30 Gennaio 2023
Il calciatore iraniano Mehdi Taremi (Instagram)

Il calciatore iraniano Mehdi Taremi (Instagram)

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Torna ad alzare la voce il calciatore iraniano Mehdi Taremi. L’attaccante del Porto e della nazionale dell’Iran, ha chiesto il rilascio di tutte le persone arrestate durante le proteste antigovernative degli ultimi mesi. “Come iraniano, chiedo il rilascio dei prigionieri arrestati e imprigionati in questi recenti eventi” scrive su Instagram l’atleta, come riporta Bbc Persian, in riferimento alle manifestazioni esplose lo scorso settembre dopo la morte di Mahsa Amini, la 22enne di origine curda che ha perso la vita dopo essere stata messa in custodia dalla polizia morale perché non portava il velo in modo corretto. Secondo l’agenzia degli attivisti iraniani per i diritti umani Hrana, da quando le proteste sono iniziate sono state arrestate almeno 19.500 persone. Recentemente il portavoce della magistratura iraniana aveva affermato che quasi tutti gli arrestati nella provincia di Teheran erano stati rilasciati.

Il calciatore iraniano Mehdi Taremi (Instagram)
Il calciatore iraniano Mehdi Taremi (Instagram)

Non è la prima volta che l’attaccante 30enne si spende pubblicamente per il suo Paese, l’Iran. Nelle settimane scorse, infatti, aveva lanciato un duro attacco contro il regime di Teheran sostenendo che “la giustizia non si fa con il cappio”. In twitter aveva detto: “Quale società troverà pace con spargimento quotidiano di sangue ed esecuzioni?”. E aveva aggiunto: “Abbiamo tanti criminali in carcere, il cui processo dura diversi anni. Ma poiché questi giovani oppressi provengono da famiglie deboli, li giustizierete per tre capi d’accusa? Quando è troppo è troppo”.

 

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Un post condiviso da Mehdi Taremi (@mehditaremiofficial9)

 

Se il calciatore simbolo dell’Iran torna a chiedere giustizia, la sciatrice Atefeh Ahmadi, 22 anni, dice addio al suo Paese. “Addio Iran, tornerò più forte” è il messaggio postato su Instagram dall’atleta di sci, che ha lasciato il suo Paese e ha chiesto asilo in Germania. La sportiva aveva preso parte alle Olimpiadi del 2022, come unica sciatrice del suo Paese, portando la bandiera dell’Iran all’inaugurazione.

La sciatrice Atefeh Ahmadi (Ansa)
La sciatrice Atefeh Ahmadi (Ansa)

In un video sui social media, Ahmadi ha rivelato che il suo cuore è per la sua patria e che avrebbe desiderato di stare accanto alla gente, in particolare nelle proteste anti-sistema in corso, ma che è dovuta partire per i numerosi ostacoli che ha incontrato nello sport “poiché la priorità viene sempre data agli uomini“. “Prometto al popolo iraniano e alla mia famiglia che mi impegnerò duramente per ottenere la posizione che merito” ha detto. Il capo della Federazione sciistica iraniana, Abbas Nazarian, da parte sua ha affermato che Ahmadi ha preso una decisione personale.

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  • Per una detenuta come Joy – nigeriana di 34 anni, arrestata nel 2014 per possesso di droga – uscire dal carcere significherà dover imparare a badare a se stessa. Lei che è lontana da casa e dalla famiglia, lei che non ha nessuno ad aspettarla. In carcere ha fatto il suo percorso, ha imparato tanto, ha sofferto di più. Ma ha anche conosciuto persone importanti, detenute come lei che sono diventate delle amiche. 

Mon solo. Nella Cooperativa sociale Gomito a Gomito, per esempio, ha trovato una seconda famiglia, un ambiente lavorativo che le ha offerto “opportunità che, se fossi stata fuori dal carcere, non avrei mai avuto”, come quella di imparare un mestiere e partecipare ad un percorso di riabilitazione sociale e personale verso l’indipendenza, anche economica.

Enrica Morandi, vice presidente e coordinatrice dei laboratori sartoriali del carcere di Rocco D’Amato (meglio noto ai bolognesi come “La Dozza”), si riferisce a lei chiamandola “la mia Joy”, perché dopo tanti anni di lavoro fianco a fianco ha imparato ad apprezzare questa giovane donna impegnata a ricostruire la propria vita: 

“Joy è extracomunitaria, nel nostro Paese non ha famiglia. Per lei sarà impossibile beneficiare degli sconti di pena su cui normalmente possono contare le detenute italiane, per buona condotta o per anni di reclusione maturati. Non è una questione di razzismo, è che esistono problemi logistici veri e propri, come il non sapere dove sistemare e a chi affidare queste ragazze, una volta lasciate le mura del penitenziario. Se una donna italiana ha ad attenderla qualcuno che si fa carico di ospitarla, Joy e altre come lei non hanno nessun cordone affettivo cui appigliarsi”.

L
  • Presidi psicologici, psicoterapeutici e di counselling per tutti gli studenti universitari e scolastici. Lo chiedono l’Udu, Unione degli universitari, e la Rete degli studenti medi nella proposta di legge ‘Chiedimi come sto’ consegnata a una delegazione di parlamentari nel corso di una conferenza stampa a Montecitorio.

La proposta è stata redatta secondo le conclusioni di una ricerca condotta da Spi-Cgil e Istituto Ires, che ha evidenziato come, su un campione di 50mila risposte, il 28 per cento abbia avuto esperienze di disturbi alimentari e oltre il 14 di autolesionismo.

“Nella nostra generazione è ancora forte lo stigma verso chi sta male ed è difficile chiedere aiuto - spiega Camilla Piredda, coordinatrice nazionale dell’Udu - l’interesse effettivo della politica si è palesato solo dopo il 15esimo suicidio di studenti universitari in un anno e mezzo. Ci sembra assurdo che la politica si interessi solamente dopo che si supera il limite, con persone che arrivano a scegliere di togliersi la vita.

Dall’altro lato, è positivo che negli ultimi mesi si sia deciso di chiedere a noi studenti come affrontare e come risolvere, il problema. Non è scontato e non è banale, perché siamo abituati a decenni in cui si parla di nuove generazioni senza parlare alle nuove generazioni”.

#luce #lucenews #università
  • La polemica politica riaccende i riflettori sulle madri detenute con i figli dopo la proposta di legge in merito alla detenzione in carcere delle donne in gravidanza: già presentata dal Pd nella scorsa legislatura, approvata in prima lettura al Senato, ma non alla Camera, prevedeva l’affido della madre e del minore a strutture protette, come le case famiglia, e vigilate. La dichiarata intenzione del centrodestra di rivedere il testo ha messo il Pd sul piede di guerra; alla fine di uno scontro molto acceso, i dem hanno ritirato il disegno di legge ma la Lega, quasi per ripicca, ne ha presentato uno nuovo, esattamente in linea con i desideri della maggioranza.

Lunedì non ci sarà quindi alcuna discussione alla Camera sul testo presentato da Debora Serracchiani nella scorsa legislatura, Tutto ripartirà da capo, con un nuovo testo, firmato da due esponenti del centrodestra: Jacopo Morrone e Ingrid Bisa.

“Questo (il testo Serracchini) era un testo che era già stato votato da un ramo del Parlamento, noi lo avevamo ripresentato per migliorare le condizioni delle detenute madri – ha spiegato ieri il dem Alessandro Zan – ma la maggioranza lo ha trasformato inserendovi norme che di fatto peggiorano le cose, consentendo addirittura alle donne incinte o con figli di meno di un anno di età di andare in carcere. Così non ha più senso, quindi ritiriamo le firme“.

Lo scontro tra le due fazioni è finito (anche) sui social media. "Sul tema delle borseggiatrici e ladre incinte occorre cambiare la visione affinché la gravidanza non sia una scusa“ sottolineano i due presentatori della proposta.

La proposta presentata prevede modifiche all’articolo 146 del codice penale in materia di rinvio obbligatorio dell’esecuzione della pena: “Se sussiste un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti – si legge nel testo presentato – il magistrato di sorveglianza può disporre che l’esecuzione della pena non sia differita, ovvero, se già differita, che il differimento sia revocato. Qualora la persona detenuta sia recidiva, l’esecuzione della pena avviene presso un istituto di custodia attenuata per detenute madri“.

#lucenews #madriincarcere
Torna ad alzare la voce il calciatore iraniano Mehdi Taremi. L’attaccante del Porto e della nazionale dell'Iran, ha chiesto il rilascio di tutte le persone arrestate durante le proteste antigovernative degli ultimi mesi. “Come iraniano, chiedo il rilascio dei prigionieri arrestati e imprigionati in questi recenti eventi” scrive su Instagram l'atleta, come riporta Bbc Persian, in riferimento alle manifestazioni esplose lo scorso settembre dopo la morte di Mahsa Amini, la 22enne di origine curda che ha perso la vita dopo essere stata messa in custodia dalla polizia morale perché non portava il velo in modo corretto. Secondo l'agenzia degli attivisti iraniani per i diritti umani Hrana, da quando le proteste sono iniziate sono state arrestate almeno 19.500 persone. Recentemente il portavoce della magistratura iraniana aveva affermato che quasi tutti gli arrestati nella provincia di Teheran erano stati rilasciati.
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