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Iran, donne colpite al volto e in punti sensibili. La minaccia di Telegram per fermare la rivolta

i medici che curano - di nascosto - i manifestanti aggrediti dalla polizia dichiarano che le ferite delle ragazze sono diverse da quelle degli uomini

di GIOVANNI BOGANI -
19 dicembre 2022
Iran autorità donne

Iran autorità donne

Durante le sanguinose repressioni delle rivolte popolari in Iran, le forze di sicurezza iraniane stanno prendendo di mira le donne sparando ai loro volti, ai seni e ai genitali. È la denuncia a cui arriva il Guardian, dopo interviste realizzate con i dottori di tutto il Paese. Medici e infermieri – che curano i manifestanti in segreto, per evitarne l’arresto – hanno rilevato che le femmine spesso arrivavano con ferite diverse rispetto agli uomini, colpiti invece alle gambe, alle natiche e alla schiena. Le foto fornite dai medici al quotidiano hanno mostrato ferite devastanti su tutto il corpo, conseguenza di colpi a distanza ravvicinata. Spesso, hanno aggiunto i medici, sono stati curate donne, uomini e bambini colpiti agli occhi.

Le condanne a morte

È stata arrestata in Iran la nota attrice Taraneh Alidousti (Ansa)

Tra le persone note che stanno subendo la dura repressione del regime c'è anche la nota attrice Taraneh Alidousti, arrestata per aver pubblicato delle immagini che la ritraevano senza il velo, oltre al fatto che nei suoi post sui social media aveva sostenuto le proteste a livello nazionale, che ieri sono entrate nel quarto mese. Intanto, sono iniziate le impiccagioni stabilite dai tribunali del Paese. Lunedì è stato impiccato Majidreza Rahnavard, con l’accusa di "moharebeh" ("guerra contro Dio"), per la quale è prevista la pena capitale. Durante la sua detenzione, Rahnavard sarebbe stato picchiato, tanto da riportare una frattura a un braccio. "Non pregate, non leggete il Corano davanti alla mia tomba; voglio che ci sia una atmosfera gioiosa e che si suoni musica allegra", queste le sue ultime parole, prima di essere impiccato. L’8 dicembre era stato impiccato il 23enne Mohsen Shekari. Ieri la magistratura ha annunciato di aver emesso altre undici condanne capitali contro altri giovani scesi in piazza.

L'utilizzo della tecnologia per reprimere il dissenso

Da un lato il divieto di utilizzare Internet, dall'altro l'uso della tecnologia per entrare nelle app sui dispositivi mobili dei cittadini, come Telegram o Instagram. È così, secondo diverse testimonianze raccolte dalla Cnn, che le autorità iraniane agiscono per sorvegliare i manifestanti e sopprimere il dissenso crescente nella Repubblica islamica. Dove, da metà settembre, su tutto il territorio nazionale si stanno svolgendo proteste di massa che vedono in prima linea proprio le donne e che sono state scatenate dalla morte di Mahsa Amini. Una miccia che ha fatto esplodere il dissenso contro il regime islamico. Ora gli attivisti per i diritti umani all'interno e all'esterno dell'Iran mettono in guardia sulla capacità del governo islamico di accedere a distanza e manipolare i telefoni cellulari dei manifestanti. Negin, una manifestante detenuta nel carcere di Evin con l'accusa di aver creato un gruppo anti-regime, ha spiegato alla Cnn che le autorità "hanno continuato a creare account Telegram utilizzando la mia scheda Sim, per vedere con chi ero in contatto". Durante un interrogatorio, spiega, "mi hanno messo davanti le stampe trascritte delle mie conversazioni telefoniche con gli amici" attivisti e "mi hanno chiesto quale fosse il mio rapporto con quelle persone". In altri casi, le autorità potrebbero tentare di cooptare il processo di autenticazione a due fattori progettato per fornire una maggiore sicurezza tramite Sms o e-mail con un codice di accesso.

Le autorità iraniane controllano i manifestanti anche attraverso le chat di Telegram

Il governo iraniano potrebbe aver usato tattiche di hacking per sorvegliare gli account Telegram e Instagram di Nika Shahkarami, la manifestante di 16 anni morta dopo aver partecipato a una manifestazione a Teheran il 20 settembre. Le autorità iraniane hanno sempre negato qualsiasi coinvolgimento nel suo decesso, ma una indagine della Cnn ha trovato prove che suggerivano che fosse stata arrestata durante le proteste poco prima che scomparisse. La società Meta ha anche aperto un'inchiesta interna sull'attività dell'account Instagram di Nika dopo la sua scomparsa, per verificare se qualcun altro l'avesse disabilitato:  "Sebbene non possiamo condividere dettagli specifici sull'account di Nika Shahkarami per motivi di privacy e sicurezza, possiamo confermare che non è lei che l'ha disabilitato", ha dichiarato un portavoce dell'azienda.