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Iran, 33enne morto dopo le torture, Amnesty: “Aveva studiato e lavorato a Bologna”

Si chiamava Mehdi Zare Ashkzari; era stato arrestato, pestato e rilasciato per paura che morisse in cella. Il messaggio di Patrick Zaki: "Ora l'università ha una nuova vittima della libertà di espressione"

di LETIZIA CINI -
2 gennaio 2023
Morto in Iran dopo venti giorni di coma a seguito di torture Mehdi Zare Ashkzari (30 anni)_ aveva studiato e lavorato a Bologna

Morto in Iran dopo venti giorni di coma a seguito di torture Mehdi Zare Ashkzari (30 anni)_ aveva studiato e lavorato a Bologna

Un giovane poco più che trentenne è morto in Iran dopo venti giorni di coma a seguito di torture. Era stato arrestato, pestato e poi rilasciato proprio per paura che morisse in cella. Si chiamava Mehdi Zare Ashkzari e a rendere la sua agghiacciante fine ancora più ‘sentita' in Italia è il legame con Bologna e con la sua università in particolare, dove Mehdi aveva studiato farmacia, prima di rientrare in patria due anni fa. Ed è Amnesty International Italia a diffondere le prime informazioni sul caso.

Il messaggio di Patrick Zaki

Patrick Zaki scarcerato dopo 22 mesi di detenzione in Egitto

Patrick Zaki scarcerato dopo 22 mesi di detenzione in Egitto

Poi il messaggio di Patrick Zaki che, con la scomparsa del trentenne iraniano, sottolinea come l’Università di Bologna abbia "ora una nuova vittima della libertà di espressione". Parole disarmanti quelle dello studente egiziano rimasto in prigione in patria per due anni per reati d’opinione, quando commenta: "Purtroppo, questa volta, era troppo tardi per salvarlo". È però poi il fiume di reazioni, di testimonianze e di affetto di chi lo conosceva e aveva condiviso con Mahdi gli anni universitari che fa della città italiana la cassa di risonanza di questo ennesimo caso shock proveniente dall’ Iran. Mehdi Zare Ashkzari "era uno di noi - dice Sanam Naderi, iraniana che vive a Bologna - :era conosciutissimo, molti studenti sono stati da lui, hanno mangiato la pizza dove lavorava. Era sempre sorridente".

Chi era a Mehdi Zare Ashkzari e le reazioni

Morto in Iran dopo venti giorni di coma a seguito di torture Mehdi Zare Ashkzari (30 anni): aveva studiato e lavorato a Bologna

Morto in Iran dopo venti giorni di coma a seguito di torture Mehdi Zare Ashkzari (33 anni): aveva studiato e lavorato a Bologna

Mehdi si era iscritto all’università nel 2015 e per un periodo aveva lavorato come fattorino, per mantenersi agli studi, poi come aiuto-cuoco in una pizzeria. Due anni fa era tornato in Iran per stare vicino alla madre che stava male, poi la madre è deceduta, come racconta un altro suo amico, Ali Jenaban: "L’ultima volta che l’ho sentito era felice, mi diceva ‘con la famiglia andiamo avanti'. Anche lui partecipava alle manifestazioni per la libertà, per trovare quello che vogliamo tutti noi". "Abbiamo avuto la notizia della morte solo ieri sera perché i familiari non avevano detto niente per non avere problemi nel fare il funerale, altrimenti il regime non rilascia il corpo - racconta Sanam - . Domani ti seppelliranno accanto alla tomba di tua madre è li ritroverai la pace, ma mi raccomando non farle vedere i segni delle botte e dei lividi e il tuo naso rotto", scrive un parente. La comunità attorno all’ateneo bolognese è sconvolta: "Accogliamo la notizia con sgomento, dolore, indignazione ed esprimiamo il nostro cordoglio alla famiglia e la nostra solidarietà a tutte le iraniane e a tutti gli iraniani che, anche nelle Università, stanno lottando e soffrendo per i valori che ci sono più cari", ha commentato il rettore di Bologna, Giovanni Molari. "L’università e la città di Bologna continueranno a chiedere giustizia e l’intervento delle istituzioni", gli ha fatto eco la professoressa Rita Monticelli, coordinatrice del Master Gemma frequentato da Patrick Zaki e delegata del sindaco ai diritti umani e al dialogo interreligioso e interculturale, intervenendo alla marcia della pace in città. E dal palco della marcia la vicesindaca di Bologna, Emily Clancy, lancia un messaggio di solidarietà: "Da Bologna mandiamo un pensiero molto forte alla famiglia di Mehdi Zare Ashkzari. A tutti coloro che lottano per la libertà di donne e uomini in Iran. Mandiamo un forte abbraccio di fratellanza e sorellanza alla comunità iraniana".
Mohammad, studente iraniano di 38 anni, si è tolto la vita per denunciare la repressione nel suo Paese

Mohammad, studente iraniano di 38 anni, si è tolto la vita per denunciare la repressione nel suo Paese

Gli occhi del mondo restano così puntati sulla feroce repressione iraniana anche con l’inizio di questo nuovo anno, e proprio in seguito ai festeggiamenti nella notte sono stati arrestati a Damavand, vicino alla capitale iraniana, alcuni ex e attuali calciatori di una nota squadra di Teheran, per aver partecipato a una festa di Capodanno con uomini e donne e aver consumato alcolici. Lo scrive l’agenzia iraniana Tasnim. Dagli ultimi aggiornamenti risulta che lo stato di fermo per gli sportivi sia comunque durato poco, e siano stati rilasciati dopo poco. L’episodio rimarca però il fatto che dalla Rivoluzione islamica del 1979 in Iran è vietato partecipare a feste miste, con uomini e donne, e bere alcolici. Intanto è stato anche rilasciato il giornalista dissidente Keyvan Samimi, che era in carcere dal dicembre 2020 accusato di "tramare contro la sicurezza nazionale". In Iran sono stati arrestati ex e attuali calciatori delle principali squadre di Teheran per aver partecipato a una festa di Capodanno con donne, nella quale erano presenti anche bevande alcoliche. Il party bloccato dalle autorità del regime si stava svolgendo a Damavan, a est della capitale. I media iraniani non riportano né l'identità degli arrestati né il numero esatto. "Alcuni dei giocatori presenti alla festa erano in uno stato anormale a causa del consumo di alcol", scrive l'agenzia iraniana Tasmin, sottolineando la presenza alla festa di donne insieme a uomini. Dalla Rivoluzione islamica del 1979, in Iran è vietato partecipare a feste miste, con uomini e donne, e bere alcolici.

Rilasciato il giornalista dissidente Samimi

Il giornalista dissidente iraniano Keyvan Samimi, condannato nel 2020 per "complotto contro la sicurezza nazionale", è stato rilasciato: lo riporta  il quotidiano riformista Shargh.  Samimi, 73 anni, era stato condannato nel dicembre 2020 a tre anni di carcere ed era detenuto a Semnan, a circa 200 chilometri a est di Teheran. Il quotidiano non ha specificato la data del rilascio. Samimi aveva ottenuto il permesso di lasciare il carcere per motivi di salute lo scorso febbraio, ma era tornato in carcere a maggio dopo essere stato sospettato di svolgere attività contro la sicurezza nazionale, scrive l'agenzia di stampa Mehr. Il mese scorso il giornalista ha pubblicato un messaggio dal carcere a sostegno del movimento di protesta dopo la morte della 22enne curda iraniana Mahsa Amini, avvenuta il 16 settembre, dopo essere stata arrestata dalla polizia per una presunta violazione del codice di abbigliamento femminile del Paese. Samimi ha scontato pene detentive sia prima sia dopo la Rivoluzione islamica del 1979.