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Home » Attualità » Iran, la protesta del velo nel mondo dello spettacolo e dello sport. L’attrice Taraneh Alidoosti: “Donna Vita Libertà”

Iran, la protesta del velo nel mondo dello spettacolo e dello sport. L’attrice Taraneh Alidoosti: “Donna Vita Libertà”

Si moltiplicano i gesti di solidarietà contro la repressione innescata dopo la morte di Mahsa Amini. Sparita nel nulla la nazionale di beach soccer

Barbara Berti
10 Novembre 2022
La famosa attrice Taraneh Alidoosti posa senza velo (Ansa)

La famosa attrice Taraneh Alidoosti posa senza velo (Ansa)

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Continua in Iran la protesta del velo coinvolgendo sempre più il mondo dello sport e dello spettacolo.

Nelle ultime ore l’attrice Taraneh Alidoosti (protagonista del film di Ashgar Farhadi, “Il Cliente”, vincitore dell’Oscar) si è fotografata senza velo e con un cartello in mano con scritto “Donna, vita, libertà” e ha condiviso l’immagine con i suoi oltre 8 milioni di follower su Instagram, in solidarietà con le manifestazioni anti-governative che vanno avanti ormai da più di sette settimane. Ovvero dalla morte di Mahsa Amini, la giovane di origini curde deceduta mentre era sotto la custodia della polizia morale iraniana per non aver indossato correttamente il velo. E l’attrice scrive “Donna. Vita. Libertà”, lo slogan diventato il grido di battaglia del movimento di protesta nazionale, proprio in lingua curda.

L’attrice Taraneh Alidoosti (Instagram)
L’attrice Taraneh Alidoosti (Instagram)

Alidoosti giorni fa su Instagram aveva giurato che sarebbe rimasta in patria a “qualsiasi prezzo”, affermando di voler smettere di lavorare per sostenere invece le famiglie di coloro che sono stati uccisi o arrestati nella repressione delle proteste. “Sono io che rimango qui e non ho alcuna intenzione di andarmene” aveva scritto, negando di avere un passaporto o una residenza all’estero. “Resterò, smetterò di lavorare. Sarò al fianco delle famiglie dei prigionieri e delle persone uccise. Sarò il loro avvocato” si legge nel post. “Combatterò per la mia casa. Pagherò qualsiasi prezzo per difendere i miei diritti e, soprattutto, credo in ciò che stiamo costruendo insieme oggi” aveva detto l’attrice, presenza di spicco sulla scena cinematografica iraniana fin dall’adolescenza. Tra i suoi ultimi lavori anche “I fratelli di Leila”, film del regista Saeed Roustayi, presentato al festival di Cannes di quest’anno.

L’immagine postata dall’attrice arriva in contemporanea con l’inizio degli scioperi anche nell’ovest del Paese, dove in tanti hanno manifestato per solidarietà con le proteste per la morte di Mahsa Amini, a 40 giorni dalla sanguinosa repressione dei dimostranti, avvenuta il 30 settembre a Zahedan. Quel giorno le forze di sicurezza aprirono il fuoco contro i manifestati dopo la preghiera settimanale a Zahedan, capitale del Sistan e provincia del Bauchestan, al confine con il Pakistan.

La regista senza velo

La regista e documentarista iraniana Sepideh Abtahi (Instagram)
La regista e documentarista iraniana Sepideh Abtahi (Instagram)

Anche Sepideh Abtahi, documentarista iraniana, ha pubblicato una foto senza velo, unendosi alle donne della cinematografia che hanno pubblicato le loro foto senza hijab. Nella descrizione della sua foto ha scritto: “Con la mia terra natia e con le persone con dolore. Rimarrò triste fino al giorno del giudizio. Per il giorno della libertà. Per il sangue dei bellissimi martiri della libertà”. La regista ha aggiunto: “Abituatevi a vedere questa faccia da noi”, accompagnato dall’hashtag “Donna. Vita. Libertà“.

Le proteste nel mondo dello sport

Altre figure di spicco del mondo dell’arte e dello sport si sono unite ai manifestanti in queste settimane. Si sono esposti, per esempio, molti calciatori come Sardar Azmoun del Bayern Leverkusen che ha condannato le forze di sicurezza in una storia su Instagram: “Vergognati per aver ucciso facilmente le persone e le donne vive dell’Iran. Lunga vita alle donne iraniane”.

La calciatrice Fatemeh Adeli, dopo un gol si è rivolta verso il pubblico mettendo una mano sugli occhi e l'altra sulla bocca (Instagram)
La calciatrice Fatemeh Adeli, dopo un gol si è rivolta verso il pubblico mettendo una mano sugli occhi e l’altra sulla bocca (Instagram)

In un altro gesto di solidarietà per le proteste nel mondo dello sport si è registrato durante una partita di calcio femminile: la giocatrice della squadra Sepahan di Isfahan, Fatemeh Adeli, dopo un gol si è rivolta verso il pubblico mettendo una mano sugli occhi e l’altra sulla bocca, a simboleggiare la dura repressione in atto.

L’Iran nella giornata del 9 novembre, ha vinto anche la Coppa del Mondo di lotta greco-romana 2022 in Azerbaigian: anche i lottatori si sono astenuti dall’inno nazionale al momento della celebrazione della vittoria.

 

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Anche il mondo della pallavolo ha dato il suo sostegno: la nazionale di pallanuoto iraniana si è rifiutata di cantare l’inno della Repubblica islamica durante la prima partita dei Giochi asiatici contro l’India a Bangkok, in Thailandia. Il filmato degli atleti rimasti in silenzio è diventato virale sui social media, con gli utenti che hanno sottolineato che ogni occasione viene sfruttata per manifestare il proprio dissenso nei confronti del regime di Teheran.

La nazionale di beach soccer “fatta sparire”

Prima degli atleti della pallavolo, anche i giocatori della nazionale di beach soccer si erano rifiutati di cantare l’inno durante una partita contro gli Emirati Arabi Uniti e avevano esultato (dopo il gol di Saeed Piramoun) mimando il taglio di una ciocca di capelli nella sfida contro il Brasile. La tv iraniana ha risposto alla protesta interrompendo la diretta video della partita che era in corso a Dubai. Ma le repressioni contro i giocatori di beach soccer non si fermano qui: la federazione iraniana di beach soccer, in una nota, ha affermato che la nazionale – vincitrice dell’Emirates Intercontinental Beach Soccer Cup a Dubai – sarà richiamata per non aver rispettato la regola condivisa da autorità iraniane e Fifa sull’evitare mosse politiche nello sport. E più che un richiamo è stato un sequestro. Secondo quanto riferiscono i media dell’opposizione con sede all’estero, i giocatori dopo essere atterrati in Iran dagli Emirati Arabi Uniti, lunedì 7 novembre, sono stati portati via contro la loro volontà in un luogo sconosciuto da più di 15 uomini in uniforme. Ai rappresentanti dei media e alle famiglie degli atleti è stato vietato l’ingresso nella sala arrivi dell’aeroporto internazionale Imam Khomeini di Teheran e l’intera squadra è stata, dunque, sequestrata ed al momento il suo destino è ignoto.

Dopo il gol, Saeed Piramoun esulta mimando il taglio di una ciocca di capelli nella sfida contro il Brasile (Instagram)
Dopo il gol, Saeed Piramoun esulta mimando il taglio di una ciocca di capelli nella sfida contro il Brasile (Instagram)

La pattinatrice senza velo

Domenica 6 novembre un’altra atleta iraniana aveva sfidato il regime mostrandosi sul podio in Turchia a capo scoperto, come aveva fatto un mese fa a Seul Elnaz Rekabi, che aveva gareggiato senza hijab ai campionati di arrampicata. La pattinatrice Niloufar Mardani, che fa parte della nazionale iraniana di pattinaggio di velocità su pista da oltre un decennio, ha gareggiato a Istanbul ed è salita sul podio a capo scoperto mostrando la scritta “Iran” sulla maglietta nera.

La pattinatrice Niloufar Mardani (Instagram)
La pattinatrice Niloufar Mardani (Instagram)

Dura la reazione del governo di Teheran. “L’abbigliamento di Mardani non era stato approvato dal ministero e la sua presenza era personale senza la nostra autorizzazione – sostiene il ministero dello Sport – dato che la squadra iraniana non aveva partecipato alla competizione. Non fa parte della squadra da un mese”. Le atlete iraniane sono obbligate a gareggiare con il velo anche durante gli eventi che si tengono all’estero. Al suo rientro in Iran l’arrampicatrice Rekabi si era dovuta pubblicamente scusare sostenendo che l’hijab le era caduto per sbaglio.

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Instagram

  • Avete mai pensato a come fare quando siete in una foresta, in montagna o in una spiaggia solitaria, lontane da tutti, completamente immerse nella natura, ma avete il ciclo? 

🟪 A questa eventualità ha risposto una ragazza scozzese, che ha sviluppato un kit mestruale portatile da usare all’aperto quando non esistono i servizi igienici o non c’è accesso alle toilette. Erin Reid, 25 anni, ha concepito l’idea quando ha affrontato il cammino di 96 miglia (154 km) della West Highland Way da Milngavie, vicino a Glasgow, a Fort William. Ispirata dalle sue esperienze racconta: 

🗣“Ho avuto le mestruazioni per tutto il tempo ed è stata una vera seccatura Il mio obiettivo è quello di risolvere il problema e dare alle persone la possibilità di uscire all’aria aperta quando hanno le mestruazioni”. Secondo Erin, le donne che si trovano in luoghi isolati potrebbero correre il rischio di infezioni del tratto urinario, shock tossico o infertilità a causa della scarsa igiene, quando non c’è accesso a bagni, impianti per lavarsi le mani o luoghi per smaltire i prodotti sanitari usati.

La ragazza ha dichiarato che il suo kit è pensato per chi pratica l’escursionismo, il kayak e per il personale militare, ma ha spiegato che, grazie anche al design a forma di fiaschetta, potrebbe interessare persino il pubblico femminile dei festival all’aperto, preoccupati di utilizzare i bagni chimici. Il kit contiene: una coppetta mestruale riutilizzabile, salviette antibatteriche, che consentono di pulire la coppetta in viaggio e un semplice erogatore che può essere utilizzato anche senza avere le mani pulite, quindi in situazioni in cui non è possibile accedere a servizi igienici o all’acqua corrente. 

L’ex studentessa della Napier University, laureata in Design del Prodotto, spera ora di lanciare il prodotto nel 2024: appassionata escursionista e ciclista è ora alla ricerca di finanziamenti per portare sul mercato il suo kit per l’igiene mestruale LU Innovations. Che è stato sviluppato con il sostegno di Converge, società di supporto per le università e gli istituti di ricerca che lavorano su nuovi prototipi.

#lucenews #mestruazioni #kitmestruale #ciclomestruale #designdelprodotto
  • “Ho fatto un film artigianale, maldestramente ispirato a una lettera di Elsa Morante, e dedicato a tutte le ‘cattive ragazze’, che cattive non sono, e che lottano in tutto il mondo: dall’Iran all’Afghanistan, ma anche in Svezia e in Umbria”.

Il corto “Le Pupille” di Alice Rohrwcher ha ricevuto ieri, 24 gennaio, una nomination agli Oscar per il miglior Live Action Short. La cerimonia finale si terrà a Los Angeles il 12 marzo.

La reazione e la gioia delle piccole protagoniste, della troupe e della regista✨

#lucenews #lucelanazione #lepupille #oscar2023
  • C’è anche un film italiano in corsa per gli Oscar. 

È il cortometraggio "Le pupille" diretto da Alice Rohrwacher, regista quarantunenne nata in Toscana, cresciuta nella campagna umbra, regista "artigianale", autodidatta, i cui film hanno già ricevuto numerosi riconoscimenti internazionali. Le pupille è prodotto dal regista premio Oscar Alfonso Cuarón, ed è entrato nella cinquina delle pellicole in corsa per l’Oscar del Miglior cortometraggio.

"Dedico questa nomination alle “bambine cattive“, che cattive non sono affatto, e che sono in lotta ovunque nel mondo: in Iran, in Afghanistan, ma anche in Svezia e in Umbria. Mi auguro che, come nel mio cortometraggio, possano rompere la torta e condividerla fra loro". 

Si parla, infatti, nel film, di una torta. E di costrizioni, divieti, imposizioni, rigide regole da sovvertire. Il film prende spunto, dice la regista, da una lettera che nel dicembre 1971 la scrittrice Elsa Morante inviò all’amico giornalista e critico cinematografico Goffredo Fofi.

Nella lettera, la Morante racconta una storia avvenuta in un collegio di preti, negli anni del fascismo. Una decina di ragazzi si preparano al pranzo di Natale, scoprendo che a chiudere il pasto c’è un’enorme zuppa inglese. Ma il priore li invita a "fare un fioretto" a Gesù Bambino, rinunciando alla loro fetta di dolce. Qualcuno si ribellerà: un "bimbo cattivo". La lettera è pubblicata, col titolo di Pranzo di Natale, per le edizioni milanesi Henry Beyle, nel 2014.

Invitata da Cuarón a prendere parte a un progetto di corti per Disney+, Alice Rohrwacher ha scelto questa storia. Ma con un radicale cambiamento: ha trasformato i ragazzi in ragazzine, in "pupille", piccole orfane ospitate dalle suore. L’intransigente priora è interpretata dalla sorella della regista, Alba Rohrwacher. A portare la torta in convento è una eccentrica nobildonna che chiede – in cambio del dono – di pregare per l’uomo che la ha tradita e abbandonata.

È la prima volta, invece, che la regista riceve una nomination agli Oscar, e lo fa con una fiaba anarchica, un Canto di Natale "in rosa", rivoluzionario e al femminile.

L
  • Messaggi osceni, allusioni, avances in ufficio e ricatti sessuali. La forma più classica del sopruso in azienda, unita ai nuovi strumenti tecnologici nelle mani dei molestatori. Il movimento Me Too, nel 2017, squarciò il velo di silenzio sulle molestie sessuali subite dalle donne nel mondo del cinema e poi negli altri luoghi di lavoro. Cinque anni dopo, con in mezzo la pandemia che ha terremotato il mondo del lavoro, le donne continuano a subire abusi, che nella maggior parte dei casi restano nell’ombra.

«Sono pochissime le donne che denunciano – spiega Roberta Vaia, della segreteria milanese della Cisl – e nei casi più gravi preferiscono lasciare il lavoro. Il molestatore andrebbe allontanato dalla vittima ma nei contratti collettivi dei vari settori non è ancora prevista una sanzione disciplinare per chi si rende responsabile di molestie o di mobbing».

Un quadro sconfortante che emerge anche da una rilevazione realizzata dalla Cisl Lombardia, nel corso del 2022, su lavoratrici di diversi settori, attraverso un sondaggio distribuito in fabbriche, negozi e uffici della regione. Sono seimila le donne che hanno partecipato all’indagine, e il 44% ha dichiarato di aver subìto molestie o di «esserne stata testimone» nel corso della sua vita lavorativa.

A livello nazionale, secondo gli ultimi dati Istat, sono 1.404.000 le donne che nel corso della loro vita lavorativa hanno subito molestie fisiche o ricatti sessuali sul posto di lavoro. Quando una donna subisce un ricatto sessuale, nell’80,9% dei casi non ne parla con nessuno sul posto di lavoro. Quasi nessuna ha denunciato il fatto alle forze dell’ordine: appena lo 0,7% delle vittime.

✍🏻di Andrea Gianni

#lucenews #istat #donne #molestie #lavoro #diritti
Continua in Iran la protesta del velo coinvolgendo sempre più il mondo dello sport e dello spettacolo. Nelle ultime ore l’attrice Taraneh Alidoosti (protagonista del film di Ashgar Farhadi, “Il Cliente”, vincitore dell'Oscar) si è fotografata senza velo e con un cartello in mano con scritto “Donna, vita, libertà” e ha condiviso l'immagine con i suoi oltre 8 milioni di follower su Instagram, in solidarietà con le manifestazioni anti-governative che vanno avanti ormai da più di sette settimane. Ovvero dalla morte di Mahsa Amini, la giovane di origini curde deceduta mentre era sotto la custodia della polizia morale iraniana per non aver indossato correttamente il velo. E l’attrice scrive “Donna. Vita. Libertà”, lo slogan diventato il grido di battaglia del movimento di protesta nazionale, proprio in lingua curda.
L’attrice Taraneh Alidoosti (Instagram)
L’attrice Taraneh Alidoosti (Instagram)
Alidoosti giorni fa su Instagram aveva giurato che sarebbe rimasta in patria a “qualsiasi prezzo”, affermando di voler smettere di lavorare per sostenere invece le famiglie di coloro che sono stati uccisi o arrestati nella repressione delle proteste. “Sono io che rimango qui e non ho alcuna intenzione di andarmene” aveva scritto, negando di avere un passaporto o una residenza all'estero. “Resterò, smetterò di lavorare. Sarò al fianco delle famiglie dei prigionieri e delle persone uccise. Sarò il loro avvocato” si legge nel post. “Combatterò per la mia casa. Pagherò qualsiasi prezzo per difendere i miei diritti e, soprattutto, credo in ciò che stiamo costruendo insieme oggi” aveva detto l’attrice, presenza di spicco sulla scena cinematografica iraniana fin dall'adolescenza. Tra i suoi ultimi lavori anche “I fratelli di Leila”, film del regista Saeed Roustayi, presentato al festival di Cannes di quest'anno. L’immagine postata dall’attrice arriva in contemporanea con l'inizio degli scioperi anche nell'ovest del Paese, dove in tanti hanno manifestato per solidarietà con le proteste per la morte di Mahsa Amini, a 40 giorni dalla sanguinosa repressione dei dimostranti, avvenuta il 30 settembre a Zahedan. Quel giorno le forze di sicurezza aprirono il fuoco contro i manifestati dopo la preghiera settimanale a Zahedan, capitale del Sistan e provincia del Bauchestan, al confine con il Pakistan.

La regista senza velo

La regista e documentarista iraniana Sepideh Abtahi (Instagram)
La regista e documentarista iraniana Sepideh Abtahi (Instagram)
Anche Sepideh Abtahi, documentarista iraniana, ha pubblicato una foto senza velo, unendosi alle donne della cinematografia che hanno pubblicato le loro foto senza hijab. Nella descrizione della sua foto ha scritto: “Con la mia terra natia e con le persone con dolore. Rimarrò triste fino al giorno del giudizio. Per il giorno della libertà. Per il sangue dei bellissimi martiri della libertà”. La regista ha aggiunto: “Abituatevi a vedere questa faccia da noi", accompagnato dall'hashtag "Donna. Vita. Libertà".

Le proteste nel mondo dello sport

Altre figure di spicco del mondo dell’arte e dello sport si sono unite ai manifestanti in queste settimane. Si sono esposti, per esempio, molti calciatori come Sardar Azmoun del Bayern Leverkusen che ha condannato le forze di sicurezza in una storia su Instagram: “Vergognati per aver ucciso facilmente le persone e le donne vive dell’Iran. Lunga vita alle donne iraniane”.
La calciatrice Fatemeh Adeli, dopo un gol si è rivolta verso il pubblico mettendo una mano sugli occhi e l'altra sulla bocca (Instagram)
La calciatrice Fatemeh Adeli, dopo un gol si è rivolta verso il pubblico mettendo una mano sugli occhi e l'altra sulla bocca (Instagram)
In un altro gesto di solidarietà per le proteste nel mondo dello sport si è registrato durante una partita di calcio femminile: la giocatrice della squadra Sepahan di Isfahan, Fatemeh Adeli, dopo un gol si è rivolta verso il pubblico mettendo una mano sugli occhi e l'altra sulla bocca, a simboleggiare la dura repressione in atto. L’Iran nella giornata del 9 novembre, ha vinto anche la Coppa del Mondo di lotta greco-romana 2022 in Azerbaigian: anche i lottatori si sono astenuti dall'inno nazionale al momento della celebrazione della vittoria.
 
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  Anche il mondo della pallavolo ha dato il suo sostegno: la nazionale di pallanuoto iraniana si è rifiutata di cantare l'inno della Repubblica islamica durante la prima partita dei Giochi asiatici contro l'India a Bangkok, in Thailandia. Il filmato degli atleti rimasti in silenzio è diventato virale sui social media, con gli utenti che hanno sottolineato che ogni occasione viene sfruttata per manifestare il proprio dissenso nei confronti del regime di Teheran.

La nazionale di beach soccer “fatta sparire”

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Dopo il gol, Saeed Piramoun esulta mimando il taglio di una ciocca di capelli nella sfida contro il Brasile (Instagram)
Dopo il gol, Saeed Piramoun esulta mimando il taglio di una ciocca di capelli nella sfida contro il Brasile (Instagram)

La pattinatrice senza velo

Domenica 6 novembre un’altra atleta iraniana aveva sfidato il regime mostrandosi sul podio in Turchia a capo scoperto, come aveva fatto un mese fa a Seul Elnaz Rekabi, che aveva gareggiato senza hijab ai campionati di arrampicata. La pattinatrice Niloufar Mardani, che fa parte della nazionale iraniana di pattinaggio di velocità su pista da oltre un decennio, ha gareggiato a Istanbul ed è salita sul podio a capo scoperto mostrando la scritta “Iran” sulla maglietta nera.
La pattinatrice Niloufar Mardani (Instagram)
La pattinatrice Niloufar Mardani (Instagram)
Dura la reazione del governo di Teheran. “L'abbigliamento di Mardani non era stato approvato dal ministero e la sua presenza era personale senza la nostra autorizzazione - sostiene il ministero dello Sport - dato che la squadra iraniana non aveva partecipato alla competizione. Non fa parte della squadra da un mese”. Le atlete iraniane sono obbligate a gareggiare con il velo anche durante gli eventi che si tengono all'estero. Al suo rientro in Iran l'arrampicatrice Rekabi si era dovuta pubblicamente scusare sostenendo che l'hijab le era caduto per sbaglio.
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