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Iran, scarcerati 5mila manifestanti. L'uomo che decapitò la moglie 17enne condannato a soli 7 anni

La magistratura iraniana ha anche condannato a morte un uomo disabile di 35 anni con l'accusa di apostasia e per aver bruciato il Corano durante una protesta

di MARIANNA GRAZI -
19 gennaio 2023
Le proteste non si fermano in Iran e le prigioni del Paese straripano di detenuti, tanto che nemmeno i processi "farsa" di condanna a morte riescono a rispondere in modo efficace all'emergenza. Ma la magistratura iraniana ha fatto sapere, tramite il portavoce Massoud Setayeshi, che circa 5.200 persone arrestate nella provincia di Teheran durante le manifestazioni antigovernative sono state scarcerate. Citato dalla Tv in lingua persiana con sede a Londra Iran international, ha spiegato che questo numero equivale a oltre il 98% dei manifestanti fermati nella capitale e "pare che sia lo stesso anche nel resto del Paese". Il funzionario non ha fornito il numero totale degli arresti, ma per l'agenzia di attivisti per i diritti umani Hrana da settembre oltre 19.500 cittadini e cittadine sono stati portati in carcere. La percentuale di persone tornate in libertà, quindi, non sarebbe che un'esigua parte della massa di detenuti ancora reclusi, in attesa di una sentenza che potrebbe costare loro persino la vita. "Mohsen Shekari. Majidreza Rahnavard. Mohammad Mehdi Karami. Seyyed Mohammad Hosseini. Ricordate i loro nomi. Giustiziati in Iran per aver protestato per la pace, per aver lottato per la libertà, per aver voluto la democrazia. Questo non può continuare. L'Iran deve fermare l'oppressione e abolire la pena di morte" ha scritto in un tweet la presidente dell'Eurocamera, Roberta Metsola, a seguito del voto oggi in Plenaria in cui si chiedono più sanzioni contro Teheran. Dal Parlamento europeo è arrivato infatti il via libera per acclamazione alla relazione che condanna il governo iraniano per le brutali repressioni delle manifestazioni e chiede di ampliare l'elenco delle sanzioni, in moda da includere tutti gli individui e le entità responsabili di Ebrahim Raisi e i loro familiari, "tra cui la Guida Suprema Ali Khamenei, il presidente Ebrahim Raisi, il procuratore generale Mohammad Jafar Montazeri e tutte le fondazioni ("bonyad") legate al Corpo delle Guardie Rivoluzionarie Islamiche".

Le nuove sanzioni: pasdaran organizzazione terroristica

Manifestazione di cittadini iraniani davanti al Ministero degli Affari Esteri a Bruxelles, Belgio, 18 gennaio 2023

Una mozione che ha scatenato le ire dell'Esercito iraniano, che ha condannato la richiesta dell'Europarlamento di inserire le Guardie della Rivoluzione nell'elenco delle organizzazioni che l'Unione considera terroriste. "La recente azione del Parlamento europeo, oltre ad essere un'eresia per le norme e per i regolamenti internazionali, influenzerà la sicurezza, la tranquillità e la pace regionale e globale e il Parlamento europeo dovrebbe essere attento alle conseguenze", si legge in un comunicato dello Stato Maggiore delle Forze Armate della Repubblica Islamica, che definisce "ridicolo" l'emendamento approvato da Strasburgo. "Le forze armate della Repubblica islamica dell' Iran, in particolare il Corpo delle Guardie rivoluzionarie islamiche, non faranno mai un passo indietro per proteggere la sicurezza, gli interessi nazionali e gli alti ideali della Rivoluzione islamica e continueranno a confrontarsi con i terroristi dell'America, dell'Inghilterra e del regime sionista".

Disabile condannato a morte: bruciò il Corano per protesta

Tra le esecuzioni capitali che, nel frattempo, la magistratura iraniana continua a infliggere c'è quella ad un uomo di 35 anni che soffre di una grave malattia mentale. L'accusa nei suoi confronti è quella di apostasia e "offesa a oggetti sacri", per aver bruciato il Corano durante le prime proteste innescate dalla morte in carcere di Mahsa Amini. Javad Rouhi non ha avuto diritto a un avvocato scelto per la difesa e, secondo gli attivisti per i diritti umani, sarebbe stato costretto a confessare: non ci sarebbero infatti altre prove del suo coinvolgimento, ma le torture subite nel centro di detenzione gestito dalle Guardie Rivoluzionarie gli hanno fatto perdere la capacità di parlare e camminare, rendendolo incontinente. La condanna a morte risale al 3 gennaio, con tre accuse generiche - guerra contro Dio, corruzione sulla Terra e apostasia - e quella specifica di incitamento a combattere e uccidersi a vicenda, in relazione a un presunto incidente a Nowshahr, nella provincia di Mazandaran, il 21 settembre 2022. Il 35enne disabile è stato ritenuto responsabile, assieme ad altre due persone, di essere entrato nel quartier generale della polizia stradale del paese, di avergli dato fuoco e di aver bruciato un Corano. Secondo l'agenzia di stampa governativa Mizan Rouhi ha "confessato di aver distrutto il quartier generale e di avergli dato fuoco". Di diverso parere Habibullah Qazvini, legale scelto dallo Stato per la difesa, secondo cui il suo cliente non sapeva che un Corano fosse stato bruciato, e che in ogni caso "i filmati delle telecamere a circuito chiuso e le dichiarazioni di Javad Rouhi mostrano soltanto la sua presenza nel luogo del raduno e non ci sono prove che abbia partecipato all'incendio e alla distruzione di proprietà pubbliche".

Solo sette anni di carcere per l'uomo che decapitò la moglie

Mona Heidari, la 17enne iraniana decapitata dal marito, Sajjad Heidarnava, nel febbraio del 2022 dopo anni di violenza domestica.(women.ncr-iran.org)

Intanto ieri, 18 gennaio, un tribunale iraniano ha condannato a solo 7 anni e mezzo di reclusione un uomo che ha decapitato la moglie 17enne, Mona Heidari, a febbraio 2022 e successivamente mostrato la testa della giovane per le strade di Avhaz, nella provincia del Khuzestan. Lo ha fatto sapere sempre il portavoce della magistratura Setayeshi, aggiungendo che l'uomo è stato condannato ad altri 8 mesi di carcere per avere picchiato la compagna. L'omicidio è stato un "delitto d'onore", ha aggiunto il funzionario, come riporta Irna, spiegando che i genitori della giovane vittima "hanno perdonato l'omicida, Sajjad Heidarnava, che per questo motivo è stato condannato al carcere a causa dell'aspetto pubblico del crimine". All'epoca del delitto, aveva creato grande indignazione in Iran un video diffuso sui social media dove si vedeva Heidarnava camminare sorridente per strada, stringendo in mano la testa della moglie decapitata. Gli attivisti avevano criticato la situazione, denunciando la mancanza di pene severe per coloro che commettono questo tipo di delitti o sposano bambine, considerato che all'epoca del matrimonio Mona era appena dodicenne e quando è stata uccisa aveva già un figlio di tre anni. Ma in Iran evidentemente simili reati vengono ritenuti meno gravi di altri, come ad esempio le manifestazioni di dissenso: nei precedenti casi di uomini colpevoli di "delitto d'onore" le condanne sono arrivate al massimo a tre anni di carcere. È questo il valore di una vita?