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Home » Attualità » Iran, sei mesi di proteste. Arrestata di nuovo Sepideh Qoliyan

Iran, sei mesi di proteste. Arrestata di nuovo Sepideh Qoliyan

L'attivista 28enne era stata rilasciata il 15 marzo dopo oltre quattro anni di detenzione a Evin. Nel momento del rilascio si era sciolta i capelli e aveva criticato Khamenei

Barbara Berti
16 Marzo 2023
La 28enne Sepideh Qoliyan (Foto: Iranwire)

La 28enne Sepideh Qoliyan (Foto: Iranwire)

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Arrestata nuovamente l’attivista iraniana Sepideh Qoliyan a poche ore dalla sua scarcerazione: lo rende noto il canale televisivo in lingua persiana con sede all’estero “Iran International”. Secondo l’emittente, al momento dell’arresto, l’attivista si trovava su un veicolo che è stato fermato da un convoglio di dieci auto delle forze di sicurezza: gli agenti, in borghese, hanno arrestato anche due passanti che filmavano la scena. Poco dopo essere stata rilasciata, su cauzione, dal carcere di Evin a Teheran, Qoliyan aveva criticato la Guida Suprema Ali Khamenei mostrandosi in un video senza velo.

 

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La 28enne Sepideh Gholian era stata scarcerata il 15 marzo dopo circa quattro anni e sette mesi di detenzione. Lo aveva annunciato la stessa attivista via social pubblicando un video in cui la si vede gridare di gioia per la strada senza il velo, obbligatorio in pubblico per le donne nella Repubblica islamica. Nel video con cui ha dato l’annuncio del rilascio, l’attivista indossa un vestito tradizionale, non ha il velo e pronuncia alcuni slogan contro la Guida Suprema Ali Khamenei e nel post sui social scrive: “Questa volta sono uscita con la speranza di vedere la libertà in Iran, sperando nella liberazione di tutti i prigionieri politici, soprattutto delle donne”.

Arrestata nuovamente l’attivista iraniana Sepideh Qoliyan (Ansa)
Arrestata nuovamente l’attivista iraniana Sepideh Qoliyan (Ansa)

L’attività era stata arrestata una prima volta nel 2018 in seguito a una protesta sindacale a cui aveva partecipato come giornalista: dal carcere aveva denunciato ripetutamente, attraverso lettere e messaggi, gli abusi a cui sono soggetti nelle carceri iraniane i prigionieri politici e in particolare le donne. In una delle ultime lettere, a gennaio, aveva raccontato le torture con cui vengono estorte le false confessioni. Era stata brevemente rilasciata su cauzione dopo qualche mese nel 2018, ma poi nel gennaio 2019 di nuovo arrestata e condannata a cinque anni per crimini “contro la sicurezza nazionale”.

Sei mesi di proteste

Masha Amini, arrestata il 13 settembre 2022 e uccisa il 16, per una ciocca di capelli fuoriuscita dallo hijab
Masha Amini, arrestata il 13 settembre 2022 e uccisa il 16, per una ciocca di capelli fuoriuscita dallo hijab

Il nuovo arresto di Sepideh Qoliyan arriva nel giorno in cui ricorrono i sei mesi dalla morte della ventiduenne Masha Amini che era stata arrestata il 13 settembre e uccisa il 16, per una ciocca di capelli fuoriuscita dallo hijab. L’indignazione per la vicenda Masha Amini si era trasformata già in autunno in un’ondata di manifestazioni – al grido “Donna, vita. Libertà” – contro il governo che stanno andando avanti per sei mesi nonostante le repressioni da parte del regime. Nell’anniversario dell’arresto della giovane Saleh Nikbakht, avvocato che rappresenta la famiglia di Mahsa Amini, è stato accusato di “propaganda contro lo Stato” dopo avere rilasciato interviste a media stranieri ed è stato rilasciato su cauzione dopo la convocazione presso il carcere di Evin.

Secondo Amnesty International, da dopo la morte di Amini a oggi sono oltre 22mila gli arrestati avvenuti durante le manifestazioni, mentre secondo Hrana, l’agenzia degli attivisti dei diritti umani iraniani, almeno 530 persone hanno perso la vita in scontri con le forze di sicurezza nel corso delle proteste.

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  • "Ora dobbiamo fare di meno, per il futuro".

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  • Per una detenuta come Joy – nigeriana di 34 anni, arrestata nel 2014 per possesso di droga – uscire dal carcere significherà dover imparare a badare a se stessa. Lei che è lontana da casa e dalla famiglia, lei che non ha nessuno ad aspettarla. In carcere ha fatto il suo percorso, ha imparato tanto, ha sofferto di più. Ma ha anche conosciuto persone importanti, detenute come lei che sono diventate delle amiche. 

Mon solo. Nella Cooperativa sociale Gomito a Gomito, per esempio, ha trovato una seconda famiglia, un ambiente lavorativo che le ha offerto “opportunità che, se fossi stata fuori dal carcere, non avrei mai avuto”, come quella di imparare un mestiere e partecipare ad un percorso di riabilitazione sociale e personale verso l’indipendenza, anche economica.

Enrica Morandi, vice presidente e coordinatrice dei laboratori sartoriali del carcere di Rocco D’Amato (meglio noto ai bolognesi come “La Dozza”), si riferisce a lei chiamandola “la mia Joy”, perché dopo tanti anni di lavoro fianco a fianco ha imparato ad apprezzare questa giovane donna impegnata a ricostruire la propria vita: 

“Joy è extracomunitaria, nel nostro Paese non ha famiglia. Per lei sarà impossibile beneficiare degli sconti di pena su cui normalmente possono contare le detenute italiane, per buona condotta o per anni di reclusione maturati. Non è una questione di razzismo, è che esistono problemi logistici veri e propri, come il non sapere dove sistemare e a chi affidare queste ragazze, una volta lasciate le mura del penitenziario. Se una donna italiana ha ad attenderla qualcuno che si fa carico di ospitarla, Joy e altre come lei non hanno nessun cordone affettivo cui appigliarsi”.

L
  • Presidi psicologici, psicoterapeutici e di counselling per tutti gli studenti universitari e scolastici. Lo chiedono l’Udu, Unione degli universitari, e la Rete degli studenti medi nella proposta di legge ‘Chiedimi come sto’ consegnata a una delegazione di parlamentari nel corso di una conferenza stampa a Montecitorio.

La proposta è stata redatta secondo le conclusioni di una ricerca condotta da Spi-Cgil e Istituto Ires, che ha evidenziato come, su un campione di 50mila risposte, il 28 per cento abbia avuto esperienze di disturbi alimentari e oltre il 14 di autolesionismo.

“Nella nostra generazione è ancora forte lo stigma verso chi sta male ed è difficile chiedere aiuto - spiega Camilla Piredda, coordinatrice nazionale dell’Udu - l’interesse effettivo della politica si è palesato solo dopo il 15esimo suicidio di studenti universitari in un anno e mezzo. Ci sembra assurdo che la politica si interessi solamente dopo che si supera il limite, con persone che arrivano a scegliere di togliersi la vita.

Dall’altro lato, è positivo che negli ultimi mesi si sia deciso di chiedere a noi studenti come affrontare e come risolvere, il problema. Non è scontato e non è banale, perché siamo abituati a decenni in cui si parla di nuove generazioni senza parlare alle nuove generazioni”.

#luce #lucenews #università
  • La polemica politica riaccende i riflettori sulle madri detenute con i figli dopo la proposta di legge in merito alla detenzione in carcere delle donne in gravidanza: già presentata dal Pd nella scorsa legislatura, approvata in prima lettura al Senato, ma non alla Camera, prevedeva l’affido della madre e del minore a strutture protette, come le case famiglia, e vigilate. La dichiarata intenzione del centrodestra di rivedere il testo ha messo il Pd sul piede di guerra; alla fine di uno scontro molto acceso, i dem hanno ritirato il disegno di legge ma la Lega, quasi per ripicca, ne ha presentato uno nuovo, esattamente in linea con i desideri della maggioranza.

Lunedì non ci sarà quindi alcuna discussione alla Camera sul testo presentato da Debora Serracchiani nella scorsa legislatura, Tutto ripartirà da capo, con un nuovo testo, firmato da due esponenti del centrodestra: Jacopo Morrone e Ingrid Bisa.

“Questo (il testo Serracchini) era un testo che era già stato votato da un ramo del Parlamento, noi lo avevamo ripresentato per migliorare le condizioni delle detenute madri – ha spiegato ieri il dem Alessandro Zan – ma la maggioranza lo ha trasformato inserendovi norme che di fatto peggiorano le cose, consentendo addirittura alle donne incinte o con figli di meno di un anno di età di andare in carcere. Così non ha più senso, quindi ritiriamo le firme“.

Lo scontro tra le due fazioni è finito (anche) sui social media. "Sul tema delle borseggiatrici e ladre incinte occorre cambiare la visione affinché la gravidanza non sia una scusa“ sottolineano i due presentatori della proposta.

La proposta presentata prevede modifiche all’articolo 146 del codice penale in materia di rinvio obbligatorio dell’esecuzione della pena: “Se sussiste un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti – si legge nel testo presentato – il magistrato di sorveglianza può disporre che l’esecuzione della pena non sia differita, ovvero, se già differita, che il differimento sia revocato. Qualora la persona detenuta sia recidiva, l’esecuzione della pena avviene presso un istituto di custodia attenuata per detenute madri“.

#lucenews #madriincarcere
Arrestata nuovamente l’attivista iraniana Sepideh Qoliyan a poche ore dalla sua scarcerazione: lo rende noto il canale televisivo in lingua persiana con sede all'estero “Iran International”. Secondo l’emittente, al momento dell'arresto, l'attivista si trovava su un veicolo che è stato fermato da un convoglio di dieci auto delle forze di sicurezza: gli agenti, in borghese, hanno arrestato anche due passanti che filmavano la scena. Poco dopo essere stata rilasciata, su cauzione, dal carcere di Evin a Teheran, Qoliyan aveva criticato la Guida Suprema Ali Khamenei mostrandosi in un video senza velo.
 
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