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Home » Attualità » Irlanda del Nord: a 50 anni dalla ‘Bloody Sunday’, Londonderry ricorda il tragico evento

Irlanda del Nord: a 50 anni dalla ‘Bloody Sunday’, Londonderry ricorda il tragico evento

I soldati britannici spararono contro la folla disarmata di una protesta per i diritti civili. I morti furono 14 in un evento che segna l’inizio dei “Troubles”. Il vicepremier Varadkar alla manifestazione: “Quel dramma ha lasciato una lunga ombra sulla città e il Paese"

Letizia Cini
30 Gennaio 2022
Il sacerdote Edward Daly, uno dei simboli del “Bloody Sunday”: nell’iconico scatto tenta di portare in salvo il 17enne John “Jackie” Duddy, colpito a morte dai parà inglesi

Il sacerdote Edward Daly, uno dei simboli del “Bloody Sunday”: nell’iconico scatto tenta di portare in salvo il 17enne John “Jackie” Duddy, colpito a morte dai parà inglesi

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Londonderry ricorda il tragico Bloody Sunday di 50 anni fa, quando i soldati britannici spararono contro la folla disarmata di una protesta per i diritti civili. I morti furono 14 in un evento che segna l’inizio dei “Troubles” in Irlanda del Nord. Fra la folla che si è riunita per marciare lungo il percorso della manifestazione del 1972 c’erano i parenti delle vittime, con le foto dei loro cari, ma anche il ministro degli Esteri irlandese Simon Coveney, la presidente del Sinn Fein Mary Lou McDonald, e il vice primo ministro dell’Irlanda del Nord Michelle O’Neill.

Londonderry ricorda il tragico Bloody Sunday di 50 anni f
Londonderry ricorda il tragico Bloody Sunday di 50 anni f

A guidare la marcia vi erano 14 bambini, ciascuno con una rosa bianca, e il primo ministro irlandese Micheal Martin ha deposto una corona al monumento per le vittime. “Onoriamo la moralità della memoria. Onoriamo quanti morirono. E continueremo ad onorarli in futuro con il nostro continuo impegno per i diritti che furono conquistati con un prezzo così alto”, ha detto il presidente irlandese Michael D Higgins in un messaggio registrato alle famiglie, riferisce l’Irish Times. Gli eventi di 50 anni fa “hanno lasciato una lunga ombra sulla città e il paese”, ha detto il vicepremier irlandese Leo Varadkar, promettendo di lavorare “per una pace permanente sulla nostra isola condivisa”.

Londonderry ricorda il tragico Bloody Sunday di 50 anni fa, quando i soldati britannici spararono contro la folla disarmata di una protesta per i diritti civili
Londonderry ricorda il tragico Bloody Sunday di 50 anni fa, quando i soldati britannici spararono contro la folla disarmata di una protesta per i diritti civili

Nel 2010, l’allora premier britannico David Cameron si scusò per le “morti ingiustificabili” del Bloody Sunday. Mercoledì l’attuale primo ministro Boris Johnson ne ha parlato come di “uno dei giorni più bui della nostra storia”. “Dobbiamo imparare dal passato – ha aggiunto- riconciliarci e costruire un futuro prospero e condiviso”. Nell’aprile del 1998 la pace del Venerdì Santo mise fine alla guerra civile dei Troubles. Ma ora la Brexit rende tutto più difficile, dopo che l’accordo fu facilitato dalla comune appartenenza all’Unione Europea di Londra e Dublino.

Un simbolo di nome padre Daly

Nell’agosto del 2016 si spense l’ex vescovo Edward Daly, uno dei simboli del “Bloody Sunday”, evento storicamente considerato il punto di non ritorno del conflitto nordirlandese, in cui persero la vita 14 dimostranti disarmati nel gennaio del 1972 a Londonderry. Morto a 82 anni dopo una lunga malattia Daly, che al tempo della famigerata “domenica di sangue” era prete nella cattedrale cattolica di St. Eugene’s, a Derry, l’anziano vescovo aveva avuto il coraggio di marciare al fianco dei separatisti per chiedere giustizia e diritti civili al governo unionista nord-irlandese, più di 40 anni fa.

 Edward Daly, uno dei simboli del “Bloody Sunday”
Edward Daly, uno dei simboli del “Bloody Sunday” cerca di portare in salvo il 17enne John “Jackie” Duddy, che gli marciava a fianco e che fu colpito a morte dai parà inglesi

Impossibile dimenticare la sua figura, che si erse in mezzo alla sparatoria in cui l’esercito inglese colpì 26 persone innocenti (tra cui molti minorenni), sventolando disperatamente un fazzoletto bianco intriso di sangue per chiedere il cessate il fuoco. Fu un’immagine iconica che fece il giro del mondo e che contribuì a far condannare le azioni dell’allora governo dell’Irlanda del Nord. Daly stava cercando di portare in salvo il dicassettenne John “Jackie” Duddy, che gli marciava a fianco e che fu colpito a morte dai parà inglesi. Fu Daly a dargli l’estrema unzione e quel giorno lo segnò per sempre. Noto come il vescovo dei “Troubles”, termine eufemistico (traducibile in “disordini”) che contraddistingue il conflitto nordirlandese in cui morirono più di 3mila persone e molte altre rimasero ferite, Daly poi divenne vescovo di Derry dal 1974 al 1993, anno in cui si fece da parte dopo aver sofferto un ictus.

Alcuni giorni dopo la sparatoria si tenne un funerale di massa per alcune vittime della Bloody Sunday
Alcuni giorni dopo la sparatoria si tenne un funerale di massa per alcune vittime della Bloody Sunday

Negli ultimi anni, Daly fu nominato vescovo emerito di Derry e cappellano del centro ospedaliero di Foyle, dove prestava conforto ai malati terminali. Fratello di un politico, il vescovo Daly non ha mai avuto paura di dire quello che pensava, partecipando con gusto ai programmi della radio irlandese “Telefis Eireann”, sia in trasmissioni a sfondo religioso sia politico, soprattutto se a riguardo del conflitto nordirlandese. Più recentemente, divenne un prolifico autore firmando, tra i vari titoli, la sua autobiografia: Mister, è sicuro di essere un prete, in cui raccontò la sua vita piena di eventi, e il volume “Do not let your hearts be troubled” (Non lasciate che i vostri cuori vengano messi a scompiglio). Da giovane Daly aveva studiato al Pontificio Collegio Irlandese di Roma prima di venire ordinato sacerdote nel 1957.

Gli eventi

Degli eventi del “Bloody Sunday” Daly disse: “Sento la responsabilità di dire ciò che ho visto, e ciò che ho visto accanto a me è un giovane, che non minacciava nessuno, che viene ucciso senza giustificazione”.

el “Bloody Sunday”, evento storicamente considerato il punto di non ritorno del conflitto nordirlandese, in cui persero la vita 14 dimostranti disarmati nel gennaio del 1972 a Londonderry
“Bloody Sunday”, evento considerato il punto di non ritorno del conflitto nordirlandese, in cui persero la vita 14 dimostranti disarmati nel gennaio del 1972 a Londonderry

I controversi eventi del “Bloody Sunday” – cantati con dolore anche dagli U2, in una delle loro pezzi più leggendari – vennero poi sottoposti ad inchiesta due volte: la prima, denominata il “Widgery Tribunal”, prosciolse in gran parte le autorità e i soldati inglesi, ma fu criticata come un insabbiamento.
La seconda, la Saville Inquiry del 2008, ha invece condannato le azioni dell’esercito britannico, costringendo l’allora premier David Cameron a scusarsi e a dire: “Le azioni furono ingiuste e ingiustificate”. “Il vescovo Daly era un coraggioso uomo di pace, un pastore gentile, il cui immenso contributo spirituale e morale per il bene della popolazione di Derry non sarà mai dimenticato“, le parole dell’arcivescovo Eamon Martin, primate della chiesa cattolica in Irlanda.

La marcia

Ancora in marcia, 50 anni dopo. Oggi migliaia di persone hanno partecipato a Derry (Londonderry per britannici e unionisti) alla manifestazione per ricordare la strage del ‘ Bloody Sunday’, la domenica di sangue del 30 gennaio 1972, quando i paracadutisti del Regno Unito non esitarono a sparare più di 100 colpi con i loro fucili semi-automatici su una protesta pacifica di civili disarmati, causando 13 vittime (14 se si considera un ferito deceduto in seguito): da lì iniziò il periodo più sanguinoso dei Troubles.

A capo del corteo, che ha ripetuto lo stesso percorso di allora nelle vie della città nordirlandese, c’erano i parenti delle vittime con grandi fotografie appese al collo per ricordare quei morti che ancora provocano indignazione nella comunità cattolica nonostante il conflitto sia finito dal 1998. “Stanno cercando di negarci giustizia perché hanno paura di affrontare la giustizia”, le parole di Mickey McKinney, che perse il fratello 26enne William in quel giorno ed è emerso che a sparargli alla schiena era stato il militare identificato solo come ‘Soldato F’, per garantirgli l’anonimato, arrestato ma di recente non sottoposto a processo per la non ammissibilità di prove fondamentali, come stabilito dal pubblico ministero nordirlandese.

L’appello di Mickey McKinney

Mickey McKinney begli scontri perse il fratello 26enne William
Mickey McKinney begli scontri perse il fratello 26enne William

Il suo appello è rivolto al governo centrale di Londra e alla giustizia britannica: è stata fatta piena luce sulla strage grazie al rapporto di Lord Saville del 2010, l’allora primo ministro conservatore David Cameron chiese scusa solennemente per quegli innocenti uccisi dall’esercito ma mai nessuno di quei soldati d’élite ha risposto di fronte a un tribunale di quanto fatto. Perfino uno dei murales a Derry ricorda lo spirito di questo cinquantenario con la scritta “Non c’è giustizia britannica”.

Bloody Sunday
Bloody Sunday: Uno dei murales a Derry ricorda lo spirito di questo cinquantenario con la scritta “Non c’è giustizia britannica“

Ne ha parlato anche il premier irlandese Micheal Martin, che ha preso parte alla commemorazione con altri rappresentanti politici e religiosi e deposto una corona al Bloody Sunday Memorial. Ha detto che per i responsabili si deve muovere la giustizia dei tribunali e garantire finalmente un processo come chiedono le famiglie delle vittime. E ha aggiunto che «tutte le parti in Irlanda del Nord sono state molto chiare sul fatto che non vogliono amnistie». Invece il governo di Londra guidato dal premier conservatore Boris Johnson va proprio in questa direzione. Lo ha espresso lo stesso primo ministro annunciando la volontà di chiudere i conti con la storia all’insegna sì di una «piena riconciliazione» che però deve passare anche dalla fine delle inchieste nei confronti di ex militari di Sua maestà accusati di aver compiuto crimini nel corso dei Troubles.

Martin ha anche manifestato rammarico per la mancata presenza di rappresentanti politici unionisti. Una riprova di come il processo di pace nell’Ulster, nonostante si sia consolidato nei decenni grazie agli accordi del Venerdì Santo siglati nel 1998 e ai governi locali di unità nazionale fra le due parti un tempo in lotta, non abbia permesso ancora la completa rimarginazione delle ferite più profonde nella memoria storica di cattolici e protestanti.

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  • Sono tre, per il momento, gli istituti superiori che si sono candidati ad accogliere Nina Rosa Sorrentino, la studentessa disabile di 19 anni che non può sostenere la maturità al liceo Sabin di Bologna (indirizzo Scienze umane) e che i genitori hanno per questo motivo ritirato da scuola.

La storia è nota: la studentessa ha cominciato il suo percorso di studi nel liceo di via Matteotti seguendo il programma differenziato. Già al terzo anno i genitori avevano chiesto di passare al programma degli obiettivi minimi che si può concludere con l’Esame di Stato, mentre quello differenziato ha solo la "certificazione delle competenze".

Il Consiglio di classe aveva respinto la richiesta della famiglia, anche perché passare agli obiettivi minimi avrebbe implicato esami integrativi. Da qui la decisione della famiglia, avvenuta giusto una settimana fa, di ritirare Nina da scuola – esattamente un giorno prima che i giorni di frequenza potessero essere tali da farle comunque ottenere la "certificazione delle competenze" – in modo tale che possa provare a sostenere la Maturità in un altro istituto del capoluogo emiliano.

Sulla storia di Nina, ieri, è tornata anche la ministra per la Disabilità, Alessandra Locatelli, che alla Camera ha risposto, durante il question time, a una domanda sulle iniziative volte a garantire l’inclusione sociale e lavorativa delle persone con sindrome di Down presentata dal capogruppo di FdI, Tommaso Foti.

"C’è ancora un po’ di strada da fare se una ragazza con la sindrome di Down non viene ammessa all’esame di maturità – ha detto la ministra –. Se non si è stati in grado di usare tutte le strategie possibili e l’accomodamento ragionevole, come previsto dalla Convenzione Onu per i diritti delle persone disabili che in Italia è legge; se non si è stati in grado di valorizzare i punti di forza dei ragazzi che non chiedono di essere promossi automaticamente ma di avere un’occasione e un’opportunità."

#lucenews #lucelanazione #ninasorentino #disabilityinclusion #bologna
  • “Ho fatto la storia”. Con queste parole Alex Roca Campillo ha postato sul suo account Twitter il video degli ultimi, emozionanti, metri della maratona di Barcellona.

Ed effettivamente un record Alex l’ha scritto: è la prima persona al mondo con una disabilità al 76 per cento a riuscire a percorrere la distanza di 42 km e 195 metri.
Alex ha concluso la sua gara in 5 ore 50 minuti e 51 secondi, ma il cronometro in questa situazione è passato decisamente in secondo piano. “tutto questo è stato possibile grazie alle mia squadra. Grazie a tutti quelli che dal bordo della strada mi hanno spinto fino al traguardo. Non ho parole”.

#lucenews #alexrocacampillo #maratonadibarcellona #barcellona
  • In Uganda dirsi gay potrà costare l’ergastolo. Il Parlamento dell’Uganda ha appena approvato una legge che propone nuove e severe sanzioni per le relazioni tra persone dello stesso sesso. Al termine di una sessione molto movimentata e caotica, la speaker del Parlamento Annet Anita Among, dopo il voto finale ha detto: “È stata approvata a tempo record”. La legge, che passa ora nelle mani del presidente Yoweri Museveni, che potrà scegliere se porre il veto o firmarla, propone nuove e molto dure sanzioni per le relazioni omosessuali in un Paese in cui l’omosessualità è già illegale.

La versione finale non è ancora stata pubblicata ufficialmente, ma gli elementi discussi in Parlamento includono che una persona condannata per adescamento o traffico di bambini allo scopo di coinvolgerli in attività omosessuali, rischia l’ergastolo; individui o istituzioni che sostengono o finanziano attività o organizzazioni per i diritti Lgbt, oppure pubblicano, trasmettono e distribuiscono materiale mediatico e testuale a favore degli omosessuali, rischiano di essere perseguiti e incarcerati. 

“Questa proposta di legge – ha detto Asuman Basalirwa, membro del Parlamento che l’ha presentata – è stata concepita per proteggere la nostra cultura, i valori legali, religiosi e familiari tradizionali degli ugandesi e gli atti che possono promuovere la promiscuità sessuale in questo Paese”. Il parlamentare ha poi aggiunto: “Mira anche a proteggere i nostri bambini e giovani che sono resi vulnerabili agli abusi sessuali attraverso l’omosessualità e gli atti correlati”.

Secondo la legge amici, familiari e membri della comunità avrebbero il dovere di denunciare alle autorità le persone omosessuali. Nello stesso disegno di legge, tra l’altro, si introduce la pena di morte per chi abusa dei bambini o delle persone vulnerabili. 

#lucenews #lucelanazione #uganda #lgbtrights
  • Un’altra pagina di storia del calcio femminile è stata scritta. Non tanto per il risultato della partita ma per il record di spettatori presenti. All’Olimpico di Roma andava in scena il match di andata dei quarti di finale di Champions League tra Roma e Barcellona quando si è stabilito un nuovo record: sono state 39.454 infatti le persone che hanno incoraggiato le ragazze fin dal primo minuto superando il precedente di 39.027 stabilito in Juventus-Fiorentina del 24 marzo 2019.

Era l’andata dei quarti di finale che la Roma ha raggiunto alla sua prima partecipazione alla Champions League, ottenuta grazie al secondo posto nell’ultimo campionato. Il Barcellona, campione di Spagna e d’Europa due anni fa, era favorito e in campo lo ha dimostrato, soprattutto nel primo tempo, riuscendo a vincere 1-0. La squadra di casa è stata tenuta a galla dalle parate di Ceasar, migliore in campo, ma ha provato a impensierire la corazzata spagnola nella ripresa dove più a volte ha sfiorato la rete con le conclusioni di Haavi, Giacinti e Giugliano, il primo “numero 10” a giocare all’Olimpico per la Roma dopo il ritiro di Francesco Totti.

✍ Edoardo Martini

#lucenews #lucelanazione #calciofemminile #championsleague
Londonderry ricorda il tragico Bloody Sunday di 50 anni fa, quando i soldati britannici spararono contro la folla disarmata di una protesta per i diritti civili. I morti furono 14 in un evento che segna l’inizio dei “Troubles” in Irlanda del Nord. Fra la folla che si è riunita per marciare lungo il percorso della manifestazione del 1972 c’erano i parenti delle vittime, con le foto dei loro cari, ma anche il ministro degli Esteri irlandese Simon Coveney, la presidente del Sinn Fein Mary Lou McDonald, e il vice primo ministro dell’Irlanda del Nord Michelle O’Neill.
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Nel 2010, l’allora premier britannico David Cameron si scusò per le “morti ingiustificabili” del Bloody Sunday. Mercoledì l’attuale primo ministro Boris Johnson ne ha parlato come di “uno dei giorni più bui della nostra storia”. “Dobbiamo imparare dal passato - ha aggiunto- riconciliarci e costruire un futuro prospero e condiviso”. Nell’aprile del 1998 la pace del Venerdì Santo mise fine alla guerra civile dei Troubles. Ma ora la Brexit rende tutto più difficile, dopo che l’accordo fu facilitato dalla comune appartenenza all’Unione Europea di Londra e Dublino.

Un simbolo di nome padre Daly

Nell’agosto del 2016 si spense l’ex vescovo Edward Daly, uno dei simboli del “Bloody Sunday”, evento storicamente considerato il punto di non ritorno del conflitto nordirlandese, in cui persero la vita 14 dimostranti disarmati nel gennaio del 1972 a Londonderry. Morto a 82 anni dopo una lunga malattia Daly, che al tempo della famigerata “domenica di sangue” era prete nella cattedrale cattolica di St. Eugene’s, a Derry, l’anziano vescovo aveva avuto il coraggio di marciare al fianco dei separatisti per chiedere giustizia e diritti civili al governo unionista nord-irlandese, più di 40 anni fa.
 Edward Daly, uno dei simboli del “Bloody Sunday”
Edward Daly, uno dei simboli del “Bloody Sunday” cerca di portare in salvo il 17enne John “Jackie” Duddy, che gli marciava a fianco e che fu colpito a morte dai parà inglesi
Impossibile dimenticare la sua figura, che si erse in mezzo alla sparatoria in cui l’esercito inglese colpì 26 persone innocenti (tra cui molti minorenni), sventolando disperatamente un fazzoletto bianco intriso di sangue per chiedere il cessate il fuoco. Fu un’immagine iconica che fece il giro del mondo e che contribuì a far condannare le azioni dell’allora governo dell’Irlanda del Nord. Daly stava cercando di portare in salvo il dicassettenne John “Jackie” Duddy, che gli marciava a fianco e che fu colpito a morte dai parà inglesi. Fu Daly a dargli l’estrema unzione e quel giorno lo segnò per sempre. Noto come il vescovo dei “Troubles”, termine eufemistico (traducibile in “disordini”) che contraddistingue il conflitto nordirlandese in cui morirono più di 3mila persone e molte altre rimasero ferite, Daly poi divenne vescovo di Derry dal 1974 al 1993, anno in cui si fece da parte dopo aver sofferto un ictus.
Alcuni giorni dopo la sparatoria si tenne un funerale di massa per alcune vittime della Bloody Sunday
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Negli ultimi anni, Daly fu nominato vescovo emerito di Derry e cappellano del centro ospedaliero di Foyle, dove prestava conforto ai malati terminali. Fratello di un politico, il vescovo Daly non ha mai avuto paura di dire quello che pensava, partecipando con gusto ai programmi della radio irlandese “Telefis Eireann”, sia in trasmissioni a sfondo religioso sia politico, soprattutto se a riguardo del conflitto nordirlandese. Più recentemente, divenne un prolifico autore firmando, tra i vari titoli, la sua autobiografia: Mister, è sicuro di essere un prete, in cui raccontò la sua vita piena di eventi, e il volume “Do not let your hearts be troubled” (Non lasciate che i vostri cuori vengano messi a scompiglio). Da giovane Daly aveva studiato al Pontificio Collegio Irlandese di Roma prima di venire ordinato sacerdote nel 1957.

Gli eventi

Degli eventi del “Bloody Sunday” Daly disse: “Sento la responsabilità di dire ciò che ho visto, e ciò che ho visto accanto a me è un giovane, che non minacciava nessuno, che viene ucciso senza giustificazione".
el “Bloody Sunday”, evento storicamente considerato il punto di non ritorno del conflitto nordirlandese, in cui persero la vita 14 dimostranti disarmati nel gennaio del 1972 a Londonderry
“Bloody Sunday”, evento considerato il punto di non ritorno del conflitto nordirlandese, in cui persero la vita 14 dimostranti disarmati nel gennaio del 1972 a Londonderry
I controversi eventi del “Bloody Sunday” - cantati con dolore anche dagli U2, in una delle loro pezzi più leggendari - vennero poi sottoposti ad inchiesta due volte: la prima, denominata il “Widgery Tribunal”, prosciolse in gran parte le autorità e i soldati inglesi, ma fu criticata come un insabbiamento. La seconda, la Saville Inquiry del 2008, ha invece condannato le azioni dell’esercito britannico, costringendo l’allora premier David Cameron a scusarsi e a dire: “Le azioni furono ingiuste e ingiustificate". “Il vescovo Daly era un coraggioso uomo di pace, un pastore gentile, il cui immenso contributo spirituale e morale per il bene della popolazione di Derry non sarà mai dimenticato“, le parole dell’arcivescovo Eamon Martin, primate della chiesa cattolica in Irlanda.

La marcia

Ancora in marcia, 50 anni dopo. Oggi migliaia di persone hanno partecipato a Derry (Londonderry per britannici e unionisti) alla manifestazione per ricordare la strage del ‘ Bloody Sunday’, la domenica di sangue del 30 gennaio 1972, quando i paracadutisti del Regno Unito non esitarono a sparare più di 100 colpi con i loro fucili semi-automatici su una protesta pacifica di civili disarmati, causando 13 vittime (14 se si considera un ferito deceduto in seguito): da lì iniziò il periodo più sanguinoso dei Troubles. A capo del corteo, che ha ripetuto lo stesso percorso di allora nelle vie della città nordirlandese, c’erano i parenti delle vittime con grandi fotografie appese al collo per ricordare quei morti che ancora provocano indignazione nella comunità cattolica nonostante il conflitto sia finito dal 1998. "Stanno cercando di negarci giustizia perché hanno paura di affrontare la giustizia", le parole di Mickey McKinney, che perse il fratello 26enne William in quel giorno ed è emerso che a sparargli alla schiena era stato il militare identificato solo come ‘Soldato F’, per garantirgli l’anonimato, arrestato ma di recente non sottoposto a processo per la non ammissibilità di prove fondamentali, come stabilito dal pubblico ministero nordirlandese.

L'appello di Mickey McKinney

Mickey McKinney begli scontri perse il fratello 26enne William
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Il suo appello è rivolto al governo centrale di Londra e alla giustizia britannica: è stata fatta piena luce sulla strage grazie al rapporto di Lord Saville del 2010, l’allora primo ministro conservatore David Cameron chiese scusa solennemente per quegli innocenti uccisi dall’esercito ma mai nessuno di quei soldati d’élite ha risposto di fronte a un tribunale di quanto fatto. Perfino uno dei murales a Derry ricorda lo spirito di questo cinquantenario con la scritta "Non c’è giustizia britannica".
Bloody Sunday
Bloody Sunday: Uno dei murales a Derry ricorda lo spirito di questo cinquantenario con la scritta “Non c’è giustizia britannica“
Ne ha parlato anche il premier irlandese Micheal Martin, che ha preso parte alla commemorazione con altri rappresentanti politici e religiosi e deposto una corona al Bloody Sunday Memorial. Ha detto che per i responsabili si deve muovere la giustizia dei tribunali e garantire finalmente un processo come chiedono le famiglie delle vittime. E ha aggiunto che «tutte le parti in Irlanda del Nord sono state molto chiare sul fatto che non vogliono amnistie». Invece il governo di Londra guidato dal premier conservatore Boris Johnson va proprio in questa direzione. Lo ha espresso lo stesso primo ministro annunciando la volontà di chiudere i conti con la storia all’insegna sì di una «piena riconciliazione» che però deve passare anche dalla fine delle inchieste nei confronti di ex militari di Sua maestà accusati di aver compiuto crimini nel corso dei Troubles. Martin ha anche manifestato rammarico per la mancata presenza di rappresentanti politici unionisti. Una riprova di come il processo di pace nell’Ulster, nonostante si sia consolidato nei decenni grazie agli accordi del Venerdì Santo siglati nel 1998 e ai governi locali di unità nazionale fra le due parti un tempo in lotta, non abbia permesso ancora la completa rimarginazione delle ferite più profonde nella memoria storica di cattolici e protestanti.
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