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In Islanda uomini e donne sono più "uguali" che altrove: colmato il gender gap per oltre il 90%

Un "modello globale per l'uguaglianza di genere", secondo l'International Social Security Association: più donne al potere, a partire dalla premier, congedi parentali equi e divario salariale al minimo

di GIOVANNI BOGANI -
14 novembre 2022
Katrín-Jakobsdóttir

Katrín-Jakobsdóttir

Qual è il Paese, al mondo, che si impegna di più per colmare il gap nelle differenze di genere? Qual è il Paese, al mondo, nel quale uomini e donne sono più "uguali"? È l’Islanda. Da tredici anni di fila, peraltro. Secondo il Global Gender Gap Report, che ogni anno stila una classifica dei paesi che rispettano maggiormente l’uguaglianza di genere. E secondo l’ISSA, International Social Security Association, che ha premiato l’Islanda, definendo il Paese dei Sigur Ròs e di Bjork "un modello globale per l’uguaglianza di genere". Secondo il Global Gender Gap, l’Islanda ha colmato il divario di genere per oltre il 90% in quattro dimensioni chiave: partecipazione economica e opportunità, rendimento scolastico, salute e presenza delle donne in politica – basti pensare che qui il primo ministro è una donna, Katrin Jakobsdottir, da cinque anni: è entrata in carica nel novembre 2017.

Gender Gap Islanda-Italia

Katrin Jakobsdottir è entrata in carica nel 2017

E l’Islanda ha la quota più alta di donne in posizioni apicali. In questa speciale classifica, ai primi posti ci sono i Paesi nordici europei: Finlandia, Norvegia e Svezia. L’Italia è al 63° posto nella classifica mondiale. In particolare, per quanto riguarda la parità nelle condizioni di salute e di sicurezza siamo al 108° posto. Per quello che riguarda il divario salariale di genere, l’Italia scende ancora più giù nella classifica: è al 114° posto mondiale. L’Islanda ha elaborato, negli anni, molte leggi al riguardo. Ha costruito un sistema di congedo parentale che garantisce diritti individuali indipendenti per entrambi i genitori. In Islanda la parità di stipendio tra uomo e donna è legge: aziende e uffici pubblici sono obbligati a certificare che le donne sono pagate quanto i loro colleghi. La differenza salariale fra uomini e donne è comunque un problema comune a tutti i Paesi: negli Stati Uniti le donne guadagnano in media l’83% di quanto guadagnano gli uomini. E anche in Italia la differenza di retribuzione è stimata attorno al 12%. Anche se la legge prevede, nel nostro Paese, la parità retributiva fra uomini e donne. Il decreto legislativo n.5 del gennaio 2010 impone che le aziende che occupano oltre cento dipendenti siano tenute a rendere trasparente la retribuzione effettivamente corrisposta al personale maschile e femminile in ognuna delle professioni.

Un percorso partito tanto tempo fa

Anche gli altri parametri che riguardano la condizione economica delle donne in Islanda sono esemplari. L’Islanda ha un tasso di impiego femminile pari all’83%, a fronte di una media europea del 66,8%. E ha il tasso di povertà più basso fra le donne sopra i 65 anni in tutti i paesi OCSE, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico. Ma si tratta di un cammino che viene da lontano. Nel 1850, l’Islanda è stato il primo Paese al mondo a garantire uguali diritti ereditari a uomini e donne. Nel 1881, l’Islanda ha esteso i diritti delle donne ammettendole al voto – locale – per la prima volta. In Italia, la prima volta in cui le donne votarono fu per le elezioni amministrative del 10 marzo 1946. Già all’inizio del secolo, nel 1908, l’Islanda aveva eletto quattro donne nel consiglio comunale di Reykjavik. Nel 1915 le donne ebbero in Islanda diritto di voto per le elezioni nazionali. I frutti di questa attenzione alla presenza delle donne in politica si sono visti già nella seconda metà del Novecento: Vigdìs Finnbogadòttir è stata la prima donna al mondo eletta democraticamente presidente del suo paese. Era il 1980, e rimase presidente dell’Islanda fino al 1996. Nel 2009, l’uguaglianza di genere fece un ulteriore passo avanti con l’elezione a primo ministro di Jòhanna Sigurdardòttir, prima donna a ricoprire quella carica in Islanda.