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Home » Attualità » Italia, Eurostat non lascia scampo: siamo tra i paesi dove il gender gap è più forte

Italia, Eurostat non lascia scampo: siamo tra i paesi dove il gender gap è più forte

La presenza di bambini in famiglia influisce in modo diverso sul tasso di occupazione di uomini e donne, lo rivela uno studio condotto da Eurostat. Dai dati, emerge la grande arretratezza che affligge il nostro paese in tema di disparità di genere.

Francesco Lommi
13 Agosto 2021
Ursula von der Leyen, 63 anni, è presidente della Commissione europea

Ursula von der Leyen, 63 anni, è presidente della Commissione europea

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Il gender gap è un tema di cui, fortunatamente, si sente parlare sempre più spesso. Negli ultimi anni l’attenzione dell’opinione pubblica si è spostata parecchio sulle condizioni delle donne sul lavoro. Gli sforzi dei governi internazionali, con iniziative come Woman20 (tavolo di lavoro del G20 che affronta tutta l’area tematica legata all’emancipazione femminile e alla lotta contro le disuguaglianze), e delle aziende che, di propria iniziativa, promuovono politiche a supporto della diversità e dell’inclusione femminile, stanno andando in questa direzione. La strada che porta alla parità tra sessi però, è ancora molto lunga: basti pensare che in Italia il tasso di occupazione femminile, nel 2020, era circa al 49%, a fronte di una media europea del 62,5%. Lo Stivale, inoltre, registra uno dei peggiori gap salariali tra generi, stimato intorno al 12%. Tematiche, quella del “woman empowerment” e del “salary gap”, che stanno particolarmente a cuore al presidente della Commissione europea, Ursula Von Der Leyen:

“Nel prossimo summit del G20 a Roma, in ottobre, io potrei essere l’unica donna e non potrebbe esserci indicatore più chiaro per capire quanto siamo lontani dall’uguaglianza di genere”. La Von Der Leyen ha poi sottolineato come sia ancora troppo frequente il retaggio culturale per cui le donne, all’interno delle dinamiche di coppia, dovrebbero restare a casa per prendersi cura dei piccoli. Ursula di figli ne ha 7, ed è riuscita a far convivere la sua ambizione lavorativa agli impegni che ogni mamma si trova a fronteggiare, ma è ben consapevole di essere la famosa eccezione che conferma la regola.

Infatti, la presenza di bambini in famiglia influisce in modo diverso sul tasso di occupazione di uomini e donne. Lo mostrano i dati del 2020, secondo quanto riferisce l’Eurostat. Complessivamente, nel 2020, erano occupati nell’UE il 72,2% delle donne e il 90,0% degli uomini con figli di età compresa tra 25 e 54 anni. In quella stessa fascia di età, ma per le persone senza figli, le donne avevano un tasso di occupazione più elevato (76,8%), mentre gli uomini avevano un tasso di occupazione più basso (80,9%). Le quote più elevate di donne occupate con figli sono state registrate da Slovenia (86,2%), Svezia (83,5%), Portogallo (83,0%), Lituania (82,6%), Danimarca (82,2%), Paesi Bassi (80,7%) e Finlandia (80,3%).

I tassi di occupazione più bassi sono stati riportati dall’Italia (57,3%), dalla Grecia (61,3%) e dalla Spagna (66,2%) dove erano occupate meno di due terzi delle donne con figli. Gli uomini con bambini erano più occupati in Cechia (96,5%), Malta (95,7%), Slovenia (95,0%), Svezia (93,9%), Paesi Bassi (93,7%) e Polonia (93,5%).

Italia e Grecia registrano dunque i maggiori divari di genere con e senza figli, 28,9% e 12,6% in Italia e 27,2% e 11,8% in Grecia. I divari di genere più bassi per le persone con figli sono stati riscontrati in Lituania (6,8%), Slovenia (8,8%) e Portogallo (9,3%). Per le persone senza figli, Portogallo (0,1%, Belgio (0,8%) e Germania (1,0%) hanno registrato i divari di genere occupazionali più bassi.

Nel 2020, i tassi di occupazione delle donne senza o fino a due figli erano simili (circa il 74% in media), tuttavia più figli hanno le donne, più basso è il loro tasso di occupazione. Le donne con tre figli o più avevano un tasso di occupazione medio del 59,1%. Il livello di istruzione svolge un ulteriore ruolo importante nel tasso di occupazione femminile: maggiore è il numero di figli, maggiore è il divario occupazionale tra le donne con un livello di istruzione basso e alto. Questo variava dal 32% per le donne con un figlio al 48,4% per le donne con tre o più figli.

Per gli uomini il quadro è piuttosto diverso: gli uomini senza figli hanno riscontrato il tasso di occupazione medio più basso (80,9%), mentre il tasso di occupazione più elevato è stato riscontrato negli uomini con due figli (92,4%), prima di scendere all’86,7% per gli uomini con tre o più figli. Indipendentemente dal numero di figli, il divario occupazionale tra uomini con un livello di istruzione basso e alto non era così ampio come per le donne.

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#lucenews #lucysalani #dachau
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  • Elaheh Tavakolian, l’iraniana diventata uno dei simboli della lotta nel suo Paese, è arrivata in Italia. Nella puntata del 21 marzo de “Le Iene”, tra i servizi del programma di Italia 1, c’è anche la storia della giovane donna, ferita a un occhio dalla polizia durante le proteste in Iran. Nella puntata andata in onda la scorsa settimana, l’inviata de “Le Iene” aveva incontrato la donna in Turchia, durante la sua fuga disperata dall’Iran, dove ormai era troppo pericoloso vivere. 

“Ho molta paura. Vi prego, qui potrebbero uccidermi” raccontava l’attivista a Roberta Rei. Già in quell’occasione, Elaheh Tavakolian era apparsa con una benda sull’occhio, a causa di una grave ferita causatale da un proiettile sparato dalle forze dell’ordine iraniane durante le manifestazioni a cui ha preso parte dopo la morte di Mahsa Amini.

Elaheh Tavakolian fa parte di quelle centinaia di iraniani che hanno subito gravi ferite agli occhi dopo essere stati colpiti da pallottole, lacrimogeni, proiettili di gomma o altri proiettili usati dalle forze di sicurezza durante le dure repressioni che vanno avanti ormai da oltre sei mesi. La ragazza, che ha conseguito un master in commercio internazionale e ora lavora come contabile, ha usato la sua pagina Instagram per rivelare che le forze di sicurezza della Repubblica islamica stavano deliberatamente prendendo di mira gli occhi dei manifestanti. 

✍ Barbara Berti

#lucenews #lucelanazione #ElahehTavakolian #iran #leiene
  • Ha 19 anni e vorrebbe solo sostenere la Maturità. Eppure alla richiesta della ragazza la scuola dice di no. Nina Rosa Sorrentino è nata con la sindrome di Down, e quel diritto che per tutte le altre studentesse e studenti è inviolabile per lei è invece un’utopia.

Il liceo a indirizzo Scienze Umane di Bologna non le darà la possibilità di diplomarsi con i suoi compagni e compagne, svolgendo le prove che inizieranno il prossimo 21 giugno. La giustificazione – o la scusa ridicola, come quelle denunciate da CoorDown nella giornata mondiale sulla sindrome di Down – dell’istituto per negarle questa possibilità è stata che “per lei sarebbe troppo stressante“.

Così Nina si è ritirata da scuola a meno di tre mesi dalla fine della quinta. Malgrado la sua famiglia, fin dall’inizio del triennio, avesse chiesto agli insegnanti di cambiare il Pei (piano educativo individualizzato) della figlia, passando dal programma differenziato per gli alunni certificati a quello personalizzato per obiettivi minimi o equipollenti, che prevede l’ammissione al vero e proprio esame di Maturità. Ma il liceo Sabin non ha assecondato la loro richiesta.

Francesca e Alessandro Sorrentino avevano trovato una sponda di supporto nel Ceps di Bologna (Centro emiliano problemi sociali per la Trisomia 21), in CoorDown e nei docenti di Scienze della Formazione dell’Alma Mater, che si sono detti tutti disponibili per realizzare un progetto-pilota per la giovane studentessa e la sua classe. Poi, all’inizio di marzo, la doccia fredda: è arrivato il no definitivo da parte del consiglio di classe, preoccupato che per la ragazza la Maturità fosse un obiettivo troppo impegnativo e stressante, tanto da generare “senso di frustrazione“, come ha scritto la dirigente del liceo nella lettera che sancisce l’epilogo di questa storia tutt’altro che inclusiva.

“Il perché è quello che ci tormenta – aggiungono i genitori –. Anche la neuropsichiatra concordava: Nina poteva e voleva provarci a fare l’esame. Non abbiamo mai chiesto le venisse regalato il diploma, ma che le fosse data la possibilità di provarci”.

#lucenews #lucelanazione #disabilityinclusion #giornatamondialedellasindromedidown
Il gender gap è un tema di cui, fortunatamente, si sente parlare sempre più spesso. Negli ultimi anni l’attenzione dell’opinione pubblica si è spostata parecchio sulle condizioni delle donne sul lavoro. Gli sforzi dei governi internazionali, con iniziative come Woman20 (tavolo di lavoro del G20 che affronta tutta l’area tematica legata all’emancipazione femminile e alla lotta contro le disuguaglianze), e delle aziende che, di propria iniziativa, promuovono politiche a supporto della diversità e dell’inclusione femminile, stanno andando in questa direzione. La strada che porta alla parità tra sessi però, è ancora molto lunga: basti pensare che in Italia il tasso di occupazione femminile, nel 2020, era circa al 49%, a fronte di una media europea del 62,5%. Lo Stivale, inoltre, registra uno dei peggiori gap salariali tra generi, stimato intorno al 12%. Tematiche, quella del “woman empowerment” e del “salary gap”, che stanno particolarmente a cuore al presidente della Commissione europea, Ursula Von Der Leyen: “Nel prossimo summit del G20 a Roma, in ottobre, io potrei essere l’unica donna e non potrebbe esserci indicatore più chiaro per capire quanto siamo lontani dall’uguaglianza di genere”. La Von Der Leyen ha poi sottolineato come sia ancora troppo frequente il retaggio culturale per cui le donne, all’interno delle dinamiche di coppia, dovrebbero restare a casa per prendersi cura dei piccoli. Ursula di figli ne ha 7, ed è riuscita a far convivere la sua ambizione lavorativa agli impegni che ogni mamma si trova a fronteggiare, ma è ben consapevole di essere la famosa eccezione che conferma la regola. Infatti, la presenza di bambini in famiglia influisce in modo diverso sul tasso di occupazione di uomini e donne. Lo mostrano i dati del 2020, secondo quanto riferisce l'Eurostat. Complessivamente, nel 2020, erano occupati nell'UE il 72,2% delle donne e il 90,0% degli uomini con figli di età compresa tra 25 e 54 anni. In quella stessa fascia di età, ma per le persone senza figli, le donne avevano un tasso di occupazione più elevato (76,8%), mentre gli uomini avevano un tasso di occupazione più basso (80,9%). Le quote più elevate di donne occupate con figli sono state registrate da Slovenia (86,2%), Svezia (83,5%), Portogallo (83,0%), Lituania (82,6%), Danimarca (82,2%), Paesi Bassi (80,7%) e Finlandia (80,3%). I tassi di occupazione più bassi sono stati riportati dall'Italia (57,3%), dalla Grecia (61,3%) e dalla Spagna (66,2%) dove erano occupate meno di due terzi delle donne con figli. Gli uomini con bambini erano più occupati in Cechia (96,5%), Malta (95,7%), Slovenia (95,0%), Svezia (93,9%), Paesi Bassi (93,7%) e Polonia (93,5%). Italia e Grecia registrano dunque i maggiori divari di genere con e senza figli, 28,9% e 12,6% in Italia e 27,2% e 11,8% in Grecia. I divari di genere più bassi per le persone con figli sono stati riscontrati in Lituania (6,8%), Slovenia (8,8%) e Portogallo (9,3%). Per le persone senza figli, Portogallo (0,1%, Belgio (0,8%) e Germania (1,0%) hanno registrato i divari di genere occupazionali più bassi. Nel 2020, i tassi di occupazione delle donne senza o fino a due figli erano simili (circa il 74% in media), tuttavia più figli hanno le donne, più basso è il loro tasso di occupazione. Le donne con tre figli o più avevano un tasso di occupazione medio del 59,1%. Il livello di istruzione svolge un ulteriore ruolo importante nel tasso di occupazione femminile: maggiore è il numero di figli, maggiore è il divario occupazionale tra le donne con un livello di istruzione basso e alto. Questo variava dal 32% per le donne con un figlio al 48,4% per le donne con tre o più figli. Per gli uomini il quadro è piuttosto diverso: gli uomini senza figli hanno riscontrato il tasso di occupazione medio più basso (80,9%), mentre il tasso di occupazione più elevato è stato riscontrato negli uomini con due figli (92,4%), prima di scendere all'86,7% per gli uomini con tre o più figli. Indipendentemente dal numero di figli, il divario occupazionale tra uomini con un livello di istruzione basso e alto non era così ampio come per le donne.
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