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Home » Attualità » Kenya, strangolato e torturato l’attivista Lgbtq+ Edwin Chiloba

Kenya, strangolato e torturato l’attivista Lgbtq+ Edwin Chiloba

Il corpo senza vita del 25enne ritrovato in una cassa di metallo abbandonata per strada. Arrestato un sospettato

Barbara Berti
7 Gennaio 2023
L'attivista Lgbtq+ kenyota, Edwin Chiloba (Instagram)

L'attivista Lgbtq+ kenyota, Edwin Chiloba (Instagram)

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Strangolato e torturato: sarebbe morto così il noto attivista Lgbtq+ kenyota, Edwin Chiloba. Il corpo senza vita del modello e designer di 25 anni è stato trovato – il 4 gennaio – dentro una cassa di metallo, abbandonata lungo una strada a 40 chilometri dalla città di Eldoret, nella Rift Valley, in Kenya.

L'attivista Lgbtq+ kenyota, Edwin Chiloba (Instagram)
L’attivista Lgbtq+ kenyota, Edwin Chiloba (Instagram)

Nelle ultime ore la polizia keniana ha arrestato un fotografo di Nairobi, in relazione all’omicidio dell’attivista, avvenuto con tutta probabilità nel giorno di Capodanno. È stata la sorella maggiore di Chiloba, Melvin Faith, a raccontare alla Direzione delle Investigazioni Criminali della Contea di Uasin Gishu le presumibili ultime ore del 25enne, come riporta il quotidiano “Daily Nation”. “Avevo invitato mio fratello nel locale notturno di Eldoret, dove lavoro, per festeggiare il nuovo anno. Ci siamo divertiti e abbiamo scattato selfie e brevi video per inaugurare il nuovo anno, lui è andato via con un amico che non conosco” sono le parole della sorella che ha aggiunto che da allora il cellulare del fratello è rimasto spento. Secondo la polizia quell’uomo sarebbe un giovane di Nairobi, di professione fotografo, che i vicini di casa avrebbero visto caricare una cassa di metallo su un’auto. La stessa in cui è stato trovato il corpo esanime di Chiloba ad una ventina di chilometri dalla sua abitazione, dopo che un motociclista l’aveva vista scaricare da un veicolo poi fuggito ad alta velocità. Aprendo la cassa, gli agenti avevano trovato il corpo in stato di decomposizione dell’attivista con addosso abiti femminili.

 

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Un post condiviso da kIPROTICH🌈🌈🌈 (@its_edwinchiloba)

Chiloba era molto conosciuto nella comunità Lgbtq+ del Kenya e nel mondo della moda. Nel suo ultimo post su Instagram, condiviso il 29 dicembre, Chiloba scriveva che sperava di cogliere diversi obiettivi nel 2023, tra cui quello di far crescere il proprio marchio di moda e lavorare con importanti aziende. Tra gli ultimi post sui social, l’attivista, inoltre, aveva scritto: “Il mio movimento è per tutti. Si tratta di inclusione. E se ho intenzione di combattere ciò per cui sono stato emarginato, lo farò per tutte le persone emarginate”. Il sito “Nairobi News” ricorda che quattro mesi fa Chiloba era stato aggredito da sconosciuti e picchiato ma era riuscito a salvarsi, riportando tagli ed ematomi.

 

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Gli attivisti per i diritti Lgbtq+ hanno chiesto che le indagini procedano rapidamente, facendo riferimento all’uccisione di un’altra attivista per i diritti della comunità Lgbtq+, Sheila Lumumba, perpetrata lo scorso anno. “È davvero preoccupante che si continui ad assistere a un’escalation di violenza contro i keniani Lgbtq+. È riprovevole e profondamente ingiusto. Ogni giorno, i diritti umani delle persone Lgbtq+ vengono violati con poche conseguenze per i responsabili” dichiara sulla propria pagina Facebook la Khrc, organizzazione non-governativa che da tre decenni si batte per radicare in Kenya una cultura dei diritti umani e della democrazia monitorando violazioni dei diritti stessi.

In Kenya, le persone Lgbtq+ vengono ancora pesantemente discriminate all’interno di una società prevalentemente cristiana e conservatrice dove l’omosessualità è tabù, come in molti paesi africani. I rapporti sessuali tra persone dello stesso sesso sono punibili dalla legge, con pene fino a 14 anni di reclusione. Nel 2019 l’Alta Corte del Kenya respinse un ricorso di esponenti della società civile che chiedevano l’abrogazione della legge che risale all’epoca coloniale.

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Instagram

  • Si sa, con l’età che avanza il rischio di ritrovarsi da soli aumenta, man mano che scompaiono anche le persone care con cui si sono costruiti affetti, legami. È un processo inevitabile, chiamato vita. Ma questa situazione rischia di aggravare la condizione di chi resta. 

Per questo anche un piccolo gesto, un’attività poco impegnativa ma costante e partecipata, può regalare gioie inaspettate. La fama in paese del signor Peter Davies, 100 anni, è dovuta a un hobby improbabile per la sua età: insegnare a leggere ai bambini.

Veterano della Seconda Guerra Mondiale, che è addirittura stato insignito della Medaglia dell’Impero Britannico (BEM) nell’ambito delle onorificenze del Re per il nuovo anno, Davies ha iniziato sei anni fa ad offrirsi volontario per dare una mano alla Dean Valley Community Primary School, scuola elementare di Macclesfield, Cheshire, in Inghilterra, dopo che l’amata moglie di 72 anni è venuta a mancare. 

Una vera e propria “fonte di ispirazione” per i cittadini, ma per l’arzillo centenario aiutare i bambini è un’attività che lo fa sentire nuovamente parte di una collettività. Peter racconta alla BBC che quando i piccoli alunni con cui legge lo chiamano per strada, riconoscendolo e salutandolo calorosamente, “si sente alto tre metri”. 

La stessa direttrice della scuola, Vicky McPherson, lo ha descritto come “ispiratore, generoso, premuroso e attento“. “Ha dedicato il suo tempo a così tanti bambini negli ultimi sei anni per instillare l’amore per la lettura che non potremo mai ringraziarlo abbastanza”, ha dichiarato la preside. Lui, invece, si sente semplicemente “una persona qualunque che fa qualcosa di utile per affrontare la settimana”.

Il signor Davies, che ha prestato servizio nell’Army Air Corps, ha spiegato che gli piaceva veder crescere la fiducia dei bambini nei suoi confronti, un po’ come un nonno acquisito che racconta ai più piccoli le sue avventure passate. “I bambini sono fantastici, sono come spugne“, ha detto. “Sono sicuro che ne traggo più beneficio io che loro. È una sensazione piacevole e calorosa [che] mi appartiene. Non sono un vecchio che vive per conto suo. Faccio parte della comunità, il che è fantastico”. 

#lucenews
  • Una testa di leone in passerella apre le sfilate dell’alta moda parigina con tanto di polemiche animaliste. La sfilata Couture di Schiaparelli non è passata inosservata visto che gli abiti erano accompagnati da teste di animali: il leopardo, il leone e la lupa. 

Le teste simboleggiavano tre dei setti peccati capitali (lussuria, orgoglio e avarizia), per una rilettura della “Divina Commedia” che rientra nella vena surrealista che storicamente caratterizza il brand, che porta il nome dell’eclettica Elsa Schiaparelli, stilista ma soprattutto intellettuale e artista a cavallo delle sue due guerre mondiali, e che l’attuale direttore creativo della maison, Daniel Roseberry sta proseguendo in chiave contemporanea.

A sfoggiare un vestito monospalla in velluto nero sul quale troneggiava – in stile trofeo – una grossa testa di leone è stata la top model russa Irina Shayk. Ma in precedenza a spoilerare l’abito ci aveva pensato Kylie Jenner, la più giovane del clan Kardashian diffondendo alcuni scatti sui social. Durante la sfilata, inoltre, Naomi Campbell ha indossato un cappotto di pelliccia con testa di un lupo e Shalom Harlow, tornata di recente a calcare le catwalk, ha sfilato con un tubino maculato con una testa di un leopardo.

Tutti gli animali ovviamente erano finti e sono stati proposti da Roseberry in opere sorprendenti in finta tassidermia, costruite interamente a mano con schiuma, resina e altri materiali. Ovviamente sui social la polemica è scoppiata. Nonostante si tratti di faux fur, il web non ha apprezzato. In molti, forse non conoscendo il tema della sfilata ovvero le “tre fiere” di dantesca memoria, ci hanno visto un richiamo di cattivo gusto alla caccia, agli animali abbattuti come trofei e rimandi all’epoca coloniale.

L’imprenditrice digitale e influencer Chiara Ferragni, presente alla sfilata, si è fatta un selfie insieme a Kylie Jenner e al vestito “incriminato”. Nonostante abbia scritto che la testa del leone era finta, ha incassato più di una critica. Insomma, ai leoni da tastiera l’idea dello stilista non è piaciuta. 

#lucenews #parisfashionweek  #elsaschiaparelli #trefiere #divinacommedia #pfw2023
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  • Lo scontro tra i fan di Harry Potter e la creatrice della saga, JK Rowling, a causa delle affermazioni omotransfobiche dell’autrice, conosce un nuovo capitolo. 

A Toronto, in Canada, un giovane creatore di libri d’arte, Laur Flom, sta realizzando libri di Harry Potter nei quali il nome della Rowling non compare in copertina, né all’interno dei volumi, dove usualmente sono riportate le indicazioni del copyright, con il nome dell’autore. 

Lo scopo, dice, è di “aiutare le persone che sono fan di Harry Potter ma hanno un problema morale con la Rowling e la sua transfobia”. Quando si dice cancel culture: qui si cancella proprio materialmente. 

JK Rowling è stata accusata di transfobia dopo aver postato nel 2020 alcuni messaggi su Twitter nei quali obiettava contro l’uso della parola “persona” al posto della parola “donna” per “descrivere chi ha le mestruazioni”. In seguito, ha negato di essere transfobica, ma è stata ugualmente investita dalle critiche sui social. Ma se queste restano non condivisibili, anche l’impulso alla cancellazione del suo nome desta più di una perplessità. E a molti appare profondamente autoritario.

Laur Flom, artista canadese di origine ebraica, fa parte della comunità transgender. Parte degli incassi per le vendite dei libri sarà devoluta in beneficenza ad associazioni di trans. Flom, che ha 23 anni, ha postato su Tik Tok un video nel quale spiega come trasforma i libri della Rowling: il video è subito divenuto virale. 

“Non avevo un vero e proprio progetto. Ho iniziato per dispetto. Ho poco più di vent’anni: quando sono cresciuto, era quasi scontato leggere ‘Harry Potter’. Ma quando sono venute fuori le opinioni che la Rowling ha verso persone come me, mi è rimasto l’amaro in bocca. Poi tutto è cresciuto grazie alla piattaforma, e all’interesse delle persone nei libri”. 

A Flom occorrono dodici ore per modificare copertina e interno del libro. Ogni copia viene messa in vendita a 170 dollari. Ma l’artista propone anche ai possessori di libri di Harry Potter di inviargli le loro copie personali, per renderle “de-Rowlingizzate”.

Ma è davvero questa la strategia migliore?

#lucenews #harrypotter #jkrowling
Strangolato e torturato: sarebbe morto così il noto attivista Lgbtq+ kenyota, Edwin Chiloba. Il corpo senza vita del modello e designer di 25 anni è stato trovato – il 4 gennaio - dentro una cassa di metallo, abbandonata lungo una strada a 40 chilometri dalla città di Eldoret, nella Rift Valley, in Kenya.
L'attivista Lgbtq+ kenyota, Edwin Chiloba (Instagram)
L'attivista Lgbtq+ kenyota, Edwin Chiloba (Instagram)
Nelle ultime ore la polizia keniana ha arrestato un fotografo di Nairobi, in relazione all'omicidio dell’attivista, avvenuto con tutta probabilità nel giorno di Capodanno. È stata la sorella maggiore di Chiloba, Melvin Faith, a raccontare alla Direzione delle Investigazioni Criminali della Contea di Uasin Gishu le presumibili ultime ore del 25enne, come riporta il quotidiano “Daily Nation”. “Avevo invitato mio fratello nel locale notturno di Eldoret, dove lavoro, per festeggiare il nuovo anno. Ci siamo divertiti e abbiamo scattato selfie e brevi video per inaugurare il nuovo anno, lui è andato via con un amico che non conosco” sono le parole della sorella che ha aggiunto che da allora il cellulare del fratello è rimasto spento. Secondo la polizia quell’uomo sarebbe un giovane di Nairobi, di professione fotografo, che i vicini di casa avrebbero visto caricare una cassa di metallo su un'auto. La stessa in cui è stato trovato il corpo esanime di Chiloba ad una ventina di chilometri dalla sua abitazione, dopo che un motociclista l’aveva vista scaricare da un veicolo poi fuggito ad alta velocità. Aprendo la cassa, gli agenti avevano trovato il corpo in stato di decomposizione dell’attivista con addosso abiti femminili.
 
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Chiloba era molto conosciuto nella comunità Lgbtq+ del Kenya e nel mondo della moda. Nel suo ultimo post su Instagram, condiviso il 29 dicembre, Chiloba scriveva che sperava di cogliere diversi obiettivi nel 2023, tra cui quello di far crescere il proprio marchio di moda e lavorare con importanti aziende. Tra gli ultimi post sui social, l’attivista, inoltre, aveva scritto: “Il mio movimento è per tutti. Si tratta di inclusione. E se ho intenzione di combattere ciò per cui sono stato emarginato, lo farò per tutte le persone emarginate”. Il sito “Nairobi News” ricorda che quattro mesi fa Chiloba era stato aggredito da sconosciuti e picchiato ma era riuscito a salvarsi, riportando tagli ed ematomi.
 
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  Gli attivisti per i diritti Lgbtq+ hanno chiesto che le indagini procedano rapidamente, facendo riferimento all'uccisione di un'altra attivista per i diritti della comunità Lgbtq+, Sheila Lumumba, perpetrata lo scorso anno. “È davvero preoccupante che si continui ad assistere a un’escalation di violenza contro i keniani Lgbtq+. È riprovevole e profondamente ingiusto. Ogni giorno, i diritti umani delle persone Lgbtq+ vengono violati con poche conseguenze per i responsabili” dichiara sulla propria pagina Facebook la Khrc, organizzazione non-governativa che da tre decenni si batte per radicare in Kenya una cultura dei diritti umani e della democrazia monitorando violazioni dei diritti stessi. In Kenya, le persone Lgbtq+ vengono ancora pesantemente discriminate all'interno di una società prevalentemente cristiana e conservatrice dove l'omosessualità è tabù, come in molti paesi africani. I rapporti sessuali tra persone dello stesso sesso sono punibili dalla legge, con pene fino a 14 anni di reclusione. Nel 2019 l'Alta Corte del Kenya respinse un ricorso di esponenti della società civile che chiedevano l'abrogazione della legge che risale all'epoca coloniale.
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