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Home » Attualità » La denuncia di Silvia, mamma che vuole farsi chiudere le tube per una contraccezione permanente

La denuncia di Silvia, mamma che vuole farsi chiudere le tube per una contraccezione permanente

In Italia la legge 194 del 1978 rende possibile la sterilizzazione volontaria di uomini e donne in quanto esercizio della libertà di autodeterminazione. Ma, nonostante non interrompa ma prevenga una gravidanza, l'operazione in Italia è a discrezione (non deliberata) del medico

Sofia Francioni
8 Maggio 2022
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“Ci sono argomenti di cui non si parla pubblicamente. Del resto, quando si parla di maternità si entra in una sfera privata e personale spesso sottoposta a giudizi e consigli o domande niente affatto richieste. Non so se non se ne parli per timore, per cattiva informazione o per il grande tabù di una donna, già madre, che decide di non esserlo nuovamente. Il confronto su questi temi spesso si ferma alle amicizie più intime. Per questo sento l’esigenza di raccontare la mia esperienza, piccola e singola voce, che ho scoperto essere la stessa di molte, sempre troppe, donne in tutta Italia”.

Silvia Rossi, artista e mamma di due bambini

Con la sua lettera-denuncia spedita al nostro giornale Silvia Rossi fa luce sulla contraccezione permanente femminile. La sterilizzazione tramite salpingectomia, che si ottiene con la rimozione delle tube. Un intervento legittimo che in Italia è di fatto lasciato in balia della discrezionalità dei medici. “Un’operazione di cui avrete sicuramente sentito parlare qua e là, soprattutto in riferimento a giovani o giovanissime donne (pochissime) che lo hanno chiesto e ottenuto, con non poche battaglie. Più difficilmente, credo, per donne adulte, già madri, cui venisse negato questo intervento”. Al termine della sua email, con grande lucidità Silvia si e ci domanda:

Se in Italia oggi siamo in grado di accettare che una donna possa decidere di volere o non volere dei figli, siamo sicuri che lo stesso si possa dire anche riguardo l’idea di mettere un fermo alla prima eventualità?“. La risposta è: dipende dalla fortuna, da quale medico incontri.

Salpingectomia o rimozione delle tube

La salpingectomia bilaterale o rimozione delle tube di Falloppio è un intervento chirurgico di routine che abbassa sensibilmente il rischio di cancro ovarico. Pur essendo un sistema contraccettivo permanente e irreversibile, non costituisce necessariamente un ostacolo a una gravidanza uterina, in quanto rimane possibile la fecondazione assistita, non inibendo il regolare funzionamento ormonale dell’ovaio. La sua efficacia è del 100%. La legge 194 del 1978 rende di fatto possibile la sterilizzazione volontaria di uomini e donne, e le numerose sentenze successive ne conclamano la totale legittimità, in quanto “la sterilizzazione, se considerata come frutto di una scelta effettuata da un individuo pienamente cosciente del suo significato, è una norma di esercizio della libertà di autodeterminazione“.

Filo diretto con Luce: il racconto di Silvia

Ma non è quello che è successo a lei. Gallerista, pittrice, disegnatrice, tatuatrice, grafica e mamma di due bambini di 3 e 8 anni, Silvia si è di recente vista negare e poi, nello stesso identico consultorio toscano, approvare un intervento di rimozione delle tube a cui “alla soglia dei 35 anni, con due bellissimi figli messi al mondo, avevo deciso di sottopormi come previsto e permesso dalla legge”. Per farlo si rivolge a un consultorio per parlarne con chi di competenza, avere le giuste informazioni su rischi e conseguenze e in caso procedere ufficialmente. Ma arriva la doccia fredda: “Non si può. Non ha abbastanza figli. Si devono avere più di 35 anni e almeno tre figli”, le dice il medico che la visita. Operatrici e operatori al consultorio glielo confermano: le tube non si possono rimuovere, la legge dice questo.

Ma c’è sempre la contraccezione ormonale…

La contraccezione ormonale è l’unica alternativa che al consultorio le viene proposta. Non che Silvia abbia niente in contrario, ma quella che voleva era una contraccezione permanente da fare tramite un’operazione di routine e senza prendere più farmaci. Non si arrende. Torna a casa e continua a informarsi, a cercare riferimenti normativi a conferma di quanto le è stato detto dal medico e dagli operatori. “Ma quello che ho trovato è stata la testimonianza di tantissime madri (oltre un centinaio, donne in primis, donne anche madri, nello specifico ndr) da tutta Italia, che raccontano di aver ricevuto la stessa porta in faccia”. Le motivazioni? Più o meno le stesse: “con variabili sull’età 35, 38, 40 anni per avere il permesso”. Tra le altre, c’è anche qualche testimonianza di successo: di donne che hanno chiesto e ottenuto la salpingectomia, specialmente in sede di parto cesareo “con il consenso del marito. A volte anche del compagno”.

E qui non chiediamo neanche il consenso del marito…

Silvia non trova online nessun riferimento al numero di figli da avere prima di sottoporsi all’operazione. Così chiede un altro consulto. “Ho tanta fiducia nel corpo medico e niente di quello che è successo l’ha scalfita. Ma conosco anche le problematiche della nazione in cui vivo quando si parla di 194, di libertà sessuale e di autodeterminazione, anche e soprattutto in riferimento alla maternità, ma non solo ovviamente”. Nello stesso identico consultorio, Silvia si siede di nuovo di fronte a un medico, un altro che non conosce e che le chiede le ragioni della visita: “Di nuovo dichiaro di avere 35 anni, due figli e di volere la rimozione delle tube. Ero veramente arrabbiatissima quel giorno. Lesa nei miei diritti. Piena”. Il dottore non batte ciglio e le risponde: “Scelta encomiabile, tra l’altro è un intervento che le fornirà una maggiore protezione per alcuni tipi di cancro“. Ecco, sono incredula”, racconta Silvia. “Lui comincia ad assicurarsi che io sia pienamente consapevole della mia scelta, mi spiega come avverrà l’intervento e tutto quello che devo sapere. Mi prepara la cartella. Sono in lista d’attesa. Questo avviene sulla stessa sedia su cui mi ero già seduta più volte a fare la stessa identica domanda. Sono incredula, felice e, se possibile, ancora più arrabbiata. Gli dico che avrei voluto avere subito questa risposta e lui mi guarda un po’ sorpreso dicendomi: non vedo perché dovrei negarle questo intervento, per poi aggiungere: e qui non chiediamo neanche il consenso del marito…“.

Medici che rispettano la legge spacciati come mammane anni Sessanta

Ottenuta la possibilità (garantita dalla legge) dell’operazione, Silvia torna a casa e subito telefona a un’amica “che a sua volta si era vista negare l’intervento, per darle il nome del medico, come se fosse una mammana degli anni Sessanta”. La rabbia continua a salire: “Tra le motivazioni più frequenti per non approvare la rimozione delle tube ci sono il numero dei figli, l’età della donna, il rischio di pentimento o semplicemente il rifiuto del medico, del primario o della struttura”. Come scrive Silvia “questo intervento rientra tra quelli cui vige il diritto di obiezione di coscienza, pur non interrompendo una gravidanza bensì prevenendola. Ma nessuno, a quanto pare, lo dice a voce alta. La responsabilità del diniego viene ricondotta alle donne e alla mancanza di fantomatici requisiti. Non è sulla fortuna che si dovrebbe basare l’applicazione di un mio diritto previsto dalla legge”, conclude. “Non è sulla fortuna di chi trovano quel giorno che le donne dovrebbero poter scegliere liberamente sulla propria salute riproduttiva, sulla propria salute sessuale e mentale. Non è una clinica privata il luogo in cui trovare le risposte che cerco dalla sanità pubblica. Non voglio essere fortunata voglio essere libera”.

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Instagram

  • Passa anche da un semplice tasto la possibilità per una donna, vittima di stalking, di salvarsi da chi vuole farle del male. Il tasto di uno smartwatch che, una volta premuto, lancia un’immediata richiesta di aiuto alle forze di polizia. E grazie a questo orologio, Marta (il nome è di fantasia) potrà ora vedere la sua vita cambiata in meglio. La donna aveva smesso di vivere, a causa della relazione asfissiante e malata con il suo ex marito violento che aveva promesso di sfregiarla con l’acido e poi ucciderla e seppelire il suo corpo in un terreno. Ma venerdì scorso a Marta è stato consegnato il primo di 45 smartwatch che saranno distribuiti ad altrettante vittime. L’orologio è collegato con la centrale operativa del comando provinciale dei carabinieri di Napoli: appena arriva l’Sos, la vittima viene geolocalizzata e arrivano i soccorsi.

E così Marta ha ripreso la sua vita interrotta per paura dell’ex e delle sue minacce. «Posso uscire più serena e tranquilla dopo mesi e mesi trascorsi rintanata in casa. Grazie a questo orologio mi sento protetta. È vero, devo rinunciare alla mia privacy, ma è un prezzo che sono disposta a pagare.»

Lo scorso 30 novembre i carabinieri del Comando provinciale di Napoli, la sezione fasce deboli della Procura partenopea coordinata dal procuratore aggiunto Raffaello Falcone, la Fondazione Vodafone Italia e la Soroptimist international club Napoli hanno annunciato l’avvio del progetto pilota "Mobile Angel", che prevede, appunto, la consegna di questo orologio salvavita alle vittime di maltrattamenti. Il progetto è stato esteso anche alle città di Milano e Torino. Lo smartwatch affidato a Marta è il primo nel Sud Italia. Il mobile angel, spiegano i Carabinieri, rientra in un progetto ad ampio respiro che ha come punto focale le vittime di violenza. Un contesto di tutela all’interno del quale è stata istituita anche la "stanza tutta per sé", un ambiente dove chi ha subìto vessazioni può sentirsi a suo agio nel raccontare il proprio vissuto. 

#lucenews #lucelanazione #mobileangel #napoli
  • Se nei giorni scorsi l’assessore al Welfare del Comune di Napoli, papà single di Alba, bambina affetta da Sindrome di Down, aveva ri-scritto pubblicamente alla premier Giorgia Meloni per avere un confronto sull’idea di famiglia e sul tema delle adozioni, stavolta commenta quanto sta accadendo in Italia in relazione ai diritti dei figli delle famiglie arcobaleno. 

Ricordiamo, infatti, che lo scorso 12 marzo il Governo ha ordinato, in merito ad una richiesta pervenuta al Comune di Milano di una coppia dello stesso sesso, lo stop a procedere alla registrazione del loro figlio appena nato e impedendo, di fatto, la creazione di una famiglia omogenitoriale. Il veto della destra compatta boccia il certificato europeo di filiazione che propone agli Stati membri di garantire ai genitori residenti in Unione Europea il diritto ad essere riconosciuti come madri e padri dei propri figli nello stesso modo in tutti i Paesi Ue.

“In tutta Europa i figli di coppie gay avranno il riconoscimento degli stessi diritti degli altri bambini. In Italia il Senato, trascinato da Fratelli d’Italia, fortemente contrario, ha appena bocciato la proposta – dice Trapanese in un lungo post sulla sua pagina Instagram -. Quindi, i figli delle coppie omosessuali non sono, per il nostro Paese, figli come gli altri. Questo hanno deciso e detto chiaramente”. Così facendo, “resteranno bambini privi di tutele complete, i cui genitori dovranno affrontare battaglie giudiziarie, sfiniti da tempi lunghissimi, solo perché il loro bimbo venga considerato semplicemente un figlio”. 

Trapanese attacca chiaramente questa decisione: “L’Italia è l’unico paese europeo con un governo che lavora per togliere diritti invece che per aggiungerli. Se la prende con bambini che esistono e vivono la loro quotidianità serenamente in famiglie piene d’amore, desiderati sopra ogni cosa, ma considerati in Italia figli di un dio minore”. Per Trapanese “stiamo continuando a parlare di ciò che dovrebbe essere semplicemente attuato. I diritti non si discutono, si riconoscono e basta. Ma come fate a non rendervene conto?”.

#lucenews #diritti #coppieomogenitoriali
  • Il nuovo progetto presentato dal governatore Viktor Laiskodat a Kupang, in Indonesia, prevede l’entrata degli alunni a scuola alle 5.30 del mattino. Secondo l’alto funzionario il provvedimento servirebbe per rafforzare la disciplina dei bambini.

Solitamente nelle scuole del Paese le lezioni iniziavano tra le 7 e le 8 del mattino: anticipando l’orario d’ingresso i bambini sono apparsi esausti quando tornano a casa. La madre di una 16enne, infatti, è molto preoccupata da questa nuova iniziativa: “È estremamente difficile, ora devono uscire di casa mentre è ancora buio pesto. Non posso accettarlo. La loro sicurezza non è garantita quando è ancora notte. Inoltre mia figlia, ogni volta che arriva a casa, è esausta e si addormenta immediatamente.”

Sulla vicenda è intervenuto anche Marsel Robot, esperto di istruzione dell’Università di Nusa Cendana, che ha spiegato come a lungo termine la privazione del sonno potrebbe mettere in pericolo la salute degli studenti e causare un cambiamento nei loro comportamenti: “Non c’è alcuna correlazione con lo sforzo per migliorare la qualità dell’istruzione. Gli studenti dormiranno solo per poche ore e questo è un grave rischio per la loro salute. Inoltre, questo causerà loro stress e sfogheranno la loro tensione in attività magari incontrollabili”. Anche il Ministero per l’emancipazione delle donne e la Commissione indonesiana per la protezione dei minori hanno espresso richieste di revisione della politica. Il cambiamento delle regole di Kupang è stato anche contestato dai legislatori locali, che hanno chiesto al governo di annullare quella che hanno definito una politica infondata.

Tuttavia il governo centrale ha mantenuto il suo esperimento rincarando la dose ed estendendolo anche all’agenzia di istruzione locale, dove anche i dipendenti pubblici ora inizieranno la loro giornata alle 5.30 del mattino.

#lucenews #lucelanazione #indonesia #scuola
  • Quante ore dormi? È difficile addormentarsi? Ti svegli al minimo rumore o al mattino rimandi tutte le sveglie per dormire un po’ di più? Soffri d’insonnia?

Sono circa 13,4 milioni gli italiani che soffrono di insonnia, secondo le ultime rilevazioni di Aims - l
"Ci sono argomenti di cui non si parla pubblicamente. Del resto, quando si parla di maternità si entra in una sfera privata e personale spesso sottoposta a giudizi e consigli o domande niente affatto richieste. Non so se non se ne parli per timore, per cattiva informazione o per il grande tabù di una donna, già madre, che decide di non esserlo nuovamente. Il confronto su questi temi spesso si ferma alle amicizie più intime. Per questo sento l’esigenza di raccontare la mia esperienza, piccola e singola voce, che ho scoperto essere la stessa di molte, sempre troppe, donne in tutta Italia".
Silvia Rossi, artista e mamma di due bambini
Con la sua lettera-denuncia spedita al nostro giornale Silvia Rossi fa luce sulla contraccezione permanente femminile. La sterilizzazione tramite salpingectomia, che si ottiene con la rimozione delle tube. Un intervento legittimo che in Italia è di fatto lasciato in balia della discrezionalità dei medici. "Un'operazione di cui avrete sicuramente sentito parlare qua e là, soprattutto in riferimento a giovani o giovanissime donne (pochissime) che lo hanno chiesto e ottenuto, con non poche battaglie. Più difficilmente, credo, per donne adulte, già madri, cui venisse negato questo intervento". Al termine della sua email, con grande lucidità Silvia si e ci domanda: Se in Italia oggi siamo in grado di accettare che una donna possa decidere di volere o non volere dei figli, siamo sicuri che lo stesso si possa dire anche riguardo l'idea di mettere un fermo alla prima eventualità?". La risposta è: dipende dalla fortuna, da quale medico incontri.

Salpingectomia o rimozione delle tube

La salpingectomia bilaterale o rimozione delle tube di Falloppio è un intervento chirurgico di routine che abbassa sensibilmente il rischio di cancro ovarico. Pur essendo un sistema contraccettivo permanente e irreversibile, non costituisce necessariamente un ostacolo a una gravidanza uterina, in quanto rimane possibile la fecondazione assistita, non inibendo il regolare funzionamento ormonale dell’ovaio. La sua efficacia è del 100%. La legge 194 del 1978 rende di fatto possibile la sterilizzazione volontaria di uomini e donne, e le numerose sentenze successive ne conclamano la totale legittimità, in quanto "la sterilizzazione, se considerata come frutto di una scelta effettuata da un individuo pienamente cosciente del suo significato, è una norma di esercizio della libertà di autodeterminazione".

Filo diretto con Luce: il racconto di Silvia

Ma non è quello che è successo a lei. Gallerista, pittrice, disegnatrice, tatuatrice, grafica e mamma di due bambini di 3 e 8 anni, Silvia si è di recente vista negare e poi, nello stesso identico consultorio toscano, approvare un intervento di rimozione delle tube a cui "alla soglia dei 35 anni, con due bellissimi figli messi al mondo, avevo deciso di sottopormi come previsto e permesso dalla legge". Per farlo si rivolge a un consultorio per parlarne con chi di competenza, avere le giuste informazioni su rischi e conseguenze e in caso procedere ufficialmente. Ma arriva la doccia fredda: "Non si può. Non ha abbastanza figli. Si devono avere più di 35 anni e almeno tre figli", le dice il medico che la visita. Operatrici e operatori al consultorio glielo confermano: le tube non si possono rimuovere, la legge dice questo.

Ma c'è sempre la contraccezione ormonale...

La contraccezione ormonale è l'unica alternativa che al consultorio le viene proposta. Non che Silvia abbia niente in contrario, ma quella che voleva era una contraccezione permanente da fare tramite un'operazione di routine e senza prendere più farmaci. Non si arrende. Torna a casa e continua a informarsi, a cercare riferimenti normativi a conferma di quanto le è stato detto dal medico e dagli operatori. "Ma quello che ho trovato è stata la testimonianza di tantissime madri (oltre un centinaio, donne in primis, donne anche madri, nello specifico ndr) da tutta Italia, che raccontano di aver ricevuto la stessa porta in faccia". Le motivazioni? Più o meno le stesse: "con variabili sull’età 35, 38, 40 anni per avere il permesso". Tra le altre, c'è anche qualche testimonianza di successo: di donne che hanno chiesto e ottenuto la salpingectomia, specialmente in sede di parto cesareo "con il consenso del marito. A volte anche del compagno".

E qui non chiediamo neanche il consenso del marito...

Silvia non trova online nessun riferimento al numero di figli da avere prima di sottoporsi all'operazione. Così chiede un altro consulto. "Ho tanta fiducia nel corpo medico e niente di quello che è successo l’ha scalfita. Ma conosco anche le problematiche della nazione in cui vivo quando si parla di 194, di libertà sessuale e di autodeterminazione, anche e soprattutto in riferimento alla maternità, ma non solo ovviamente". Nello stesso identico consultorio, Silvia si siede di nuovo di fronte a un medico, un altro che non conosce e che le chiede le ragioni della visita: "Di nuovo dichiaro di avere 35 anni, due figli e di volere la rimozione delle tube. Ero veramente arrabbiatissima quel giorno. Lesa nei miei diritti. Piena". Il dottore non batte ciglio e le risponde: "Scelta encomiabile, tra l’altro è un intervento che le fornirà una maggiore protezione per alcuni tipi di cancro". Ecco, sono incredula", racconta Silvia. "Lui comincia ad assicurarsi che io sia pienamente consapevole della mia scelta, mi spiega come avverrà l’intervento e tutto quello che devo sapere. Mi prepara la cartella. Sono in lista d’attesa. Questo avviene sulla stessa sedia su cui mi ero già seduta più volte a fare la stessa identica domanda. Sono incredula, felice e, se possibile, ancora più arrabbiata. Gli dico che avrei voluto avere subito questa risposta e lui mi guarda un po’ sorpreso dicendomi: non vedo perché dovrei negarle questo intervento, per poi aggiungere: e qui non chiediamo neanche il consenso del marito...".

Medici che rispettano la legge spacciati come mammane anni Sessanta

Ottenuta la possibilità (garantita dalla legge) dell'operazione, Silvia torna a casa e subito telefona a un'amica "che a sua volta si era vista negare l’intervento, per darle il nome del medico, come se fosse una mammana degli anni Sessanta". La rabbia continua a salire: "Tra le motivazioni più frequenti per non approvare la rimozione delle tube ci sono il numero dei figli, l'età della donna, il rischio di pentimento o semplicemente il rifiuto del medico, del primario o della struttura". Come scrive Silvia "questo intervento rientra tra quelli cui vige il diritto di obiezione di coscienza, pur non interrompendo una gravidanza bensì prevenendola. Ma nessuno, a quanto pare, lo dice a voce alta. La responsabilità del diniego viene ricondotta alle donne e alla mancanza di fantomatici requisiti. Non è sulla fortuna che si dovrebbe basare l’applicazione di un mio diritto previsto dalla legge", conclude. "Non è sulla fortuna di chi trovano quel giorno che le donne dovrebbero poter scegliere liberamente sulla propria salute riproduttiva, sulla propria salute sessuale e mentale. Non è una clinica privata il luogo in cui trovare le risposte che cerco dalla sanità pubblica. Non voglio essere fortunata voglio essere libera".
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