Legione straniera, in cifre l’11% della task force terrestre dei Cugini d’Oltralpe. Nell’immaginario collettivo, armata senza confini composta da ‘rambo’ pronti a tutto, spinti ad arruolarsi dal desiderio (necessità?) di far perdere le proprie tracce. Nella realtà?
Cos’è la Legione straniera e come ci si arruola?
“Un corpo di elite delle Forze armate francesi, comandati da ufficiali francesi. Con stipendio, assistenza sanitaria, pensione esattamente come un qualsiasi funzionario statale”.
A rispondere è Danilo Pagliaro, nato nel 1957 a Marina di Ravenna, dove il padre era nella Guardia di Finanza, ma fin da piccolo trasferitosi con la famiglia a Venezia: nel 1994, a 36 anni, si è arruolato in Legione straniera in Francia, dove – prendendo il nome Pedro Perrini – ha partecipato a molte missioni, tra cui ex Jugoslavia, Afghanistan, Libano, Repubblica Centrafricana, Bosnia.
Arrivato al grado di brigadier chef (caporal maggiore scelto, ndr), Danilo-Pedro ha deciso di mettere per iscritto quei 23 anni trascorsi in divisa, pubblicando non uno ma tre libri: l’ultimo dei quali – Vita da legionario – Un italiano nella Legione straniera (Diarkos edizioni) – romanzo autobiografico sui generis attraverso il racconto di un italiano impegnato nella forza militare francese – verrà presentato mercoledì 10 maggio a Firenze (Le Murate Caffè Letterario) alle 17.30 e il giorno successivo a Pisa (Museo Aviotruppe).
La testimonianza di Danilo-Pedro
Cosa spinge un uomo che aveva famiglia, oggi 66enne, laureato in Lettere e con una serie di master e corsi post laurea, ad arruolarsi nella Legione straniera?
“Nel mio caso, come in quello di molti altri commilitoni, la ricerca di un lavoro sicuro. Strano? Perché (sorride, ndr)? C’è molto di più dell’immagine veicolata da cinema, letteratura e stampa dietro a una scelta effettivamente molto impegnativa. Io avevo moglie e 2 figli, un’età già ‘over’ per qualsiasi altra arma.
Ma – con un padre maresciallo maggiore nella Guardia di finanza e un passato in Marina – avevo deciso di lavorare comunque nell’ambiente militare. È stata quindi una scelta obbligata: solo la Legione straniera ti offre la possibilità di arruolarti fino ai 40 anni. La Legione ti permette di ricominciare. A un patto…”.
Quale sarebbe?
“Che tu soddisfi tutti i requisiti fisici e psicologici richiesti e indispensabili a ogni età e per ogni grado, condizione tassativa per entrare nel corpo. Il difficile è superare i test d’ammissione. Ci riesce in media un aspirante legionario ogni 120. È una selezione durissima. Bisogna affrontare un percorso di test psico-fisici estremamente rigido. Non puoi sbagliare mai. Al primo test non superato, sei fuori”.
Come vivono i legionari?
“Noi siamo pagati dal ministero della Difesa francese, facciamo parte dell’Esercito, come la Gendarmerie francese. Certo, la disciplina è davvero ferrea. In Legione il regolamento è talmente codificato che si chiama “tariffario”, le tarif. Non devi spostare una cosa e la sposti? Le tarif è una settimana di cella. E così via”.
La Legione straniera è un mito: un manipolo di delinquenti, gente che non ha più niente da perdere, oppure…
“Non saremo dei chierichetti, ma non siamo nemmeno assassini spietati che fanno il lavoro sporco per la Francia. La Legione straniera, in primis, è una branca dell’Esercito francese che accetta le varie nazionalità. In questo senso è un Corpo aggregante: qui non sei bianco, nero o giallo, non sei cattolico, islamico o animista… Hai un kepì bianco, sei un legionario”.
Oggi che c’è una guerra in corso così vicina, cosa ne pensa alla luce della sua lunga esperienza?
“Non sono mai stato personalmente nei luoghi attualmente teatro di guerra, come nessun europeo in divisa (che semmai si è fermato ai confini, Polonia, Romania): ma da quello che ho visto o mi hanno riferito, in tanti anni di missioni operative non ho mai visto qualcosa di simile.
Il conflitto Ucraina Russia ricorda la Seconda guerra mondiale. Città intere rase al suolo. Bombardamenti, droni. Erano 80 anni che non si assisteva a una cosa del genere in Europa. Per questo dico che non ho mai visto un simile livello di distruzione: forse ha assistito a più morti, quello si. Ma in Ucraina è un’altra storia”.
In che senso?
“Un conto è un conflitto a livello di guerra civile: in ex Jugoslavia, Serbia, nei paesi africani, si trattava di conflitti a bassa intensità. Lo scenario bellico attuale vede invece in campo gli eserciti di due stati sovrani, e il livello di distruzione è altissimo”.
Si è parlato di Legione ucraina, esiste una correlazione con quella francese?
“Sia chiaro, nessun militare della Legione straniera è stato inviato in missioni nei territori in cui si combatte la guerra tutt’ora in corso alle porte con l’Europa. Quindi no, la Legione straniera francese non ha niente a che vedere con la sedicente legione ucraina, composta da mercenari, che vanno a sparare per soldi”.
Fra commilitoni ucraini e russi, com’è stata possibile la convivenza dopo l’invasione?
“Il legionario è un combattente pronto ad andare in missione ovunque la Francia abbia bisogno di lui; quando fai parte della Legione, sei francese (con tanto di documenti, passaporto e diritto di chiedere la cittadinanza dopo 5 anni di arruolamento, pensione), questo crea attaccamento, verso il corpo e verso i commilitoni.
Ho visto con i miei occhi legionari russi offrirsi di ospitale le famiglie di colleghi ucraini nelle proprie case, in Francia. E la stessa Legione si è impegnata in aiuto delle persone in arrivo dalle zone del conflitto”.
In che modo?
“È stato liberato e adibito all’ospitalità un villaggio della Legione straniera a Cassis, in Costa Azzurra, circa 40 minuti da Marsiglia: lì per mesi i familiari dei militari ucraini hanno soggiornato, spesati di tutto: vitto alloggio, abbigliamento, perfino le piccole cose prese allo spaccio. Non vorrei sembrare retorico, ma la Legione diventa come una famiglia nella quale sono rappresentate oltre 140 nazionalità.
Famiglia e reggimento diventano una cosa unica. Ci si muove all’unisono. Per esempio, non si va in ferie scaglionati, ma tutti insieme. L’intero reggimento è in ferie, così non si creano problemi di sostituzione. Nonostante questa varietà di provenienza, è impossibile che un legionario combatta contro il proprio Paese in caso di conflitto”.
Lo stabilisce il regolamento?
“Esattamente. I legionari sono chiamati ad intervenire in missioni all’estero, in operazioni internazionali ad altissimo rischio, spesso in prima linea.
Per evitare che un italiano possa ritrovarsi a combattere contro un suo connazionale, naturalmente si tratta solo di un esempio, in caso di evento bellico tutti i legionari italiani verrebbero ’esonerati’ da quella missione. A meno che non sia poi lui stesso che chiede di farlo”.
Dove è stato in missione?
“L’elenco è lungo. Ho fatto molta Africa, due anni e mezzo a Gibuti, due in Mozambico, nella Repubblica del Centro Africa, in Camerun, Costa d’Avorio, Egitto, ma anche Yemen, Qatar, Afghanistan”.
Come si sopravvive agli orrori della guerra?
“L’odore della morte che si incontra nelle operazioni speciali non ti abbandona mai. Ma non soffro di incubi da reduce, se è quello che intende. E sa perché? Perché Pedro – il mio nome di battaglia – ha sempre agito nel bene.
Un conto e il ricordo di aver visto violentare una donna, un conto è il ricordo di averlo fatto, anche se poi magari ti sei ravveduto. Se tu sei in pace con la tua coscienza, anche dopo aver assistito ad atrocità inimmaginabili, ce la puore fai. Noi legionari non andiamo per sparare, usiamo le armi per difenderci”.
Però, nonostante gli anni di esperienza e le tante missioni, a Srebrenica, in Bosnia, Pedro ha scoperto qualcosa capace di sconvolgerlo…
“Durante una marcia ci siamo imbattuti in un campo di concentramento. Il primo segnale? La puzza, un odore nauseabondo. L’odore di morte, di cadavere in putrefazione. Poi abbiamo visto i recinti con i prigionieri. Larve umane, morti viventi. Un’immagine a colori, uguale a quella dei filmati dei campi di concentramento nazisti dopo la liberazione. Purtroppo siamo arrivati troppo tardi per salvare molti di loro”.
Anche lei ha ucciso in battaglia?
“Purtroppo devo rispondere sì. Ho sparato verso chi ci attaccava e ho visto cadere il bersaglio. Non sai chi uccidi e nemmeno se è morto o solo ferito. Sai che hai colpito chi ti voleva uccidere. È spietato, ma non esiste alternativa”.
Cosa prova oggi ripensando a tutto questo?
“Ho sempre cercato di parlare poco di quanto avviene in combattimento. Non abbiamo nulla da nascondere, noi della Legione combattiamo lealmente. Però ho visto scene agghiaccianti. Violenza senza limiti contro donne e bambini.
Ho visto neonati crocifissi agli alberi, ed è toccato a noi staccarli di lì. Non è facile da comprendere, ma è questo che cerchiano di impedire: la barbarie. Un atteggiamento da militari (e da esseri umani) che deve avere il suo peso e anche una giusta considerazione.
La guerra esiste, purtroppo, con distruzione, morti e feriti. Ma chi combatte lo fa anche con la speranza di portare la pace. Per questo Danilo non rinnega, e non lo farà, mai le missioni del legionario Pedro“.