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Home » Attualità » Sara Gruen, la scrittrice bestseller che ha quasi rovinato la sua vita per provare l’innocenza di un uomo

Sara Gruen, la scrittrice bestseller che ha quasi rovinato la sua vita per provare l’innocenza di un uomo

Da quando la giornalista e scrittrice statunitense del caso lettererario "Water for elephants", diventato anche film nel 2011, ha riaperto un caso giudiziario di oltre 40 anni fa per dimostrarne l'ingiustizia, la sua vita non è stata più la stessa

Sofia Francioni
8 Gennaio 2022
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Una giornalista scrittrice bestseller finisce con la casa ipotecata, al verde e con la vita in bilico per dimostrare l’innocenza di uomo. Tutto inizia dopo il 2007 quando, in seguito al successo ottenuto dal suo libro Acqua agli elefanti (Water for Elephants) che parla di un circo itinerante anni Trenta, la giornalista e scrittrice Sara Gruen riceve la lettera di Charles “Chuchk” Murdoch che le scrive dal carcere. Condannato all’ergastolo in California, l’uomo le racconta di essere innocente e che anche un giudice della Corte d’Appello competente aveva definito la sua condanna “un clamoroso errore giudiziario”. Ed è da quel momento e da quelle parole che la vita della giornalista Gruen cambia per sempre.

Charles “Chuchk” Murdoch, il bandito di Baskin-Robbins

Una gelateria Baskin Robbins
Una gelateria Baskin Robbins

Conosciuto negli anni Ottanta come il bandito di Baskin-Robbins – multinazionale americana che produce gelati –  per via delle sue rapine nelle gelaterie di Long Beach, Chuchk al tempo rappresentava un caso difficile e anche imbarazzante per la polizia locale. A dire dell’uomo, in negozi dove lavoravano studenti “per evitare grossi problemi”, le sue rapine si svolgevano sempre allo stesso modo, aprendosi con una pistola calibro 38 non caricata e chiudendosi con la richiesta di un cono gelato da parte di Murdoch prima di andare via con i soldi. Ma nel 1994 il bandito di Baskin-Robbins viene implicato in una rapina dentro un locale di Long Beach che risaliva al 1983, dove un cliente del locale resta ucciso e un altro accoltellato. I colpevoli non si trovavano, ma negli anni Novanta, potendole fare, le analisi del Dna permisero di individuare alcune impronte digitali riconducibili a un tale Dino Dinardo, amico del fratello maggiore di Murdoch, che fu arrestato assieme a Chuchk Murdoch e giudicato in un processo separato. Anni dopo, Dinardo in una lettera privata al proprio avvocato disse di essere stato costretto a fare il nome di Murdoch dalla polizia, che gli aveva promesso una pena più lieve in cambio di collaborazione per incastrarlo. Murdoch infatti, come riporta Il Post, era un rapinatore noto e le prove per condannarlo facevano comodo.

La battaglia di Sara Gruer per riaprire un caso giudiziario di 40 anni prima

Sara Gruen, Robert Pattinson e Reese Witherspoon alla prima di “Come l’acqua per gli elefanti” a New York, il 17 aprile del 2011
Sara Gruen, Robert Pattinson e Reese Witherspoon alla prima di Water for Elephants a New York  2011

Come racconta la sua collega e amica Abbot Kahler in questo articolo, da quella lettera e per dimostrare l’innocenza di Chuck Murdoch, Sara entra in una spirale di paranoie e tormenti e tuttora non esce di casa. All’inizio del 2019, scrive Abbott: “era arrivata a pesare 43 chili, non riusciva a lavorare e passava le giornate sdraiata in una stanza al buio per evitare di vomitare gli antibiotici. Dal 2016 è in un costante stato di emergenza. Ha ipotecato la sua casa per far fronte alle spese legali sull’indagine e le minacce di morte l’hanno costretta a fuggire per mesi. La sua salute è declinata con una velocità terrificante. Come amica di Sara da quasi 20 anni, temevo che potesse morire o che se fosse vissuta, sarebbe stata come una versione incompleta e straniera di se stessa, incapace di una conversazione coerente, per non parlare di tornare a scrivere libri”.

Nell’autunno del 2020, dopo tantissimi tentativi, gli avvocati che avevano collaborato all’indagine sull’innocenza di Chuck Murdoch della Gruen sono riusciti a incontrare la Commissione della contea di Los Angeles che si occupa di rivedere i casi chiusi e archiviati. Non potendo Sara, ma al suo posto è andato il marito. L’innocenza di Murdoch non è ancora provata, ma la tenacia, forse ossessione, con cui la giornalista Gruen ha tentato di dismostrarla ha provato sicuramente lei che nelle sue ultime dichiarazioni personali ha detto: “Vorrei soltanto la mia vita indietro. Il caso è molto più grande di quello che immaginavo”.

 

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Instagram

  • Numerosi attori e musicisti di alto profilo si sono recati in Ucraina da quando è scoppiata la guerra con la Russia nel febbraio 2022. L’ultimo in ordine di tempo è stato l’attore britannico Orlando Bloom, che ieri ha visitato un centro per bambini e ha incontrato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky a Kiev.

“Non mi sarei mai aspettato che la guerra si sarebbe intensificata in tutto il Paese da quando sono stato lì”, ha detto Bloom su Instagram, “Ma oggi ho avuto la fortuna di ascoltare le risate dei bambini in un centro del programma Spilno sostenuto dall’Unicef, uno spazio sicuro, caldo e accogliente dove i bambini possono giocare, imparare e ricevere supporto psicosociale”.

Bloom è un ambasciatore di buona volontà per l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’infanzia (Unicef). Il centro di Splino, che è uno dei tanti in Ucraina, offre sostegno ai bambini sfollati e alle loro famiglie, con più di mezzo milione di bambini che ne hanno visitato uno nell’ultimo anno.

La star hollywoodiana ha poi incontrato il presidente Zelensky, con cui ha trattato temi tra cui il ritorno dei bambini ucraini deportati in Russia, la creazione di rifugi antiatomici negli istituti scolastici e il supporto tecnico per l’apprendimento a distanza nelle aree in cui è impossibile studiare offline a causa della guerra. L’attore britannico aveva scritto ieri su Instagram, al suo arrivo a Kiev, che i «bambini in Ucraina hanno bisogno di riavere la loro infanzia».

#lucelanazione #lucenews #zelensky #orlandobloom
  • “La vita che stavo conducendo mi rendeva particolarmente infelice e se all’inizio ero entrata in terapia perché volevo accettare il fatto che mi dovessi nascondere, ho avuto poi un’evoluzione e questo percorso è diventato di accettazione di me stessa."

✨Un sorriso contagioso, la spensieratezza dei vent’anni e la bellezza di chi si piace e non può che riflettere quella luce anche al di fuori. La si potrebbe definire una Mulan nostrana Carlotta Bertotti, 23 anni, una ragazza torinese come tante, salvo che ha qualcosa di speciale. E non stiamo parlano del Nevo di Ota che occupa metà del suo volto. Ecco però spiegato un primo punto di contatto con Mulan: l’Oriente, dove è più diffusa (insieme all’Africa) quell’alterazione di natura benigna della pigmentazione della cute intorno alla zona degli occhi (spesso anche la sclera si presenta scura). Quella che appare come una chiazza grigio-bluastra su un lato del volto (rarissimi i casi bilaterali), colpisce prevalentemente persone di sesso femminile e le etnie asiatiche (1 su 200 persone in Giappone), può essere presente alla nascita o apparire durante la pubertà. E come la principessa Disney “fin da piccola ho sempre sentito la pressione di dover salvare tutto, ma forse in realtà dovevo solo salvare me stessa. Però non mi piace stare troppo alle regole, sono ribelle come lei”.

🗣Cosa diresti a una ragazza che ha una macchia come la tua e ti chiede come riuscire a conviverci?�
“Che sono profondamente fiera della persona che vedo riflessa allo specchio tutto i giorni e sono arrivata a questa fierezza dopo che ho scoperto e ho accettato tutti i miei lati, sia positivi che negativi. È molto autoreferenziale, quindi invece se dovessi dare un consiglio è quello che alla fine della fiera il giudizio altrui è momentaneo e tutto passa. L’unica persona che resta e con cui devi convivere tutta la vita sei tu, quindi le vere battaglie sono quelle con te stessa, quelle che vale la pena combattere”.

L’intervista a cura di Marianna Grazi �✍ 𝘓𝘪𝘯𝘬 𝘪𝘯 𝘣𝘪𝘰

#lucenews #lucelanazione #carlottabertotti #nevodiota
  • La salute mentale al centro del podcast di Alessia Lanza. Come si supera l’ansia sociale? Quanto è difficile fare coming out? Vado dallo psicologo? Come trovo la mia strada? La popolare influencer, una delle creator più note e amate del web con 1,4 milioni di followers su Instagram e 3,9 milioni su TikTok, Alessia Lanza debutta con “Mille Pare”, il suo primo podcast in cui affronta, in dieci puntate, una “para” diversa e cerca di esorcizzare le sue fragilità e, di riflesso, quelle dei suoi coetanei.

“Ho deciso di fare questo podcast per svariati motivi: io sono arrivata fin qui anche grazie alla mia immagine, ma questa volta vorrei che le persone mi ascoltassero e basta. Quando ho cominciato a raccontare le mie fragilità un sacco di persone mi hanno detto ‘Anche io ho quella para lì!’. Perciò dico parliamone, perché in un mondo in cui sembra che dobbiamo farcela da soli, io credo nel potere della condivisione”.

#lucenews #lucelanazione #millepare #alessialanza #podcast
  • Si è laureata in Antropologia, Religioni e Civiltà Orientali indossando un abito tradizionale Crow, tribù della sua famiglia adottiva in Montana. Eppure Raffaella Milandri è italianissima e ha conseguito il titolo nella storica università Alma Mater di Bologna, lo scorso 17 marzo. 

La scrittrice e giornalista nel 2010 è diventata membro adottivo della famiglia di nativi americani Black Eagle. Da quel momento quella che era una semplice passione per i popoli indigeni si è focalizzata sullo studio degli aborigeni Usa e sulla divulgazione della loro cultura.

Un titolo di studio specifico, quello conseguito dalla Milandri, “Che ho ritenuto oltremodo necessario per coronare la mia attività di studiosa e attivista per i diritti dei Nativi Americani e per i Popoli Indigeni. La prima forma pacifica di attivismo è divulgare la cultura nativa”. L’abito indossato durante cerimonia di laurea appartiene alla tribù della sua famiglia adottiva. Usanza che è stata istituzionalizzata solo dal 2017 in Montana, Stato d’origine del suo popolo, quando è stata approvata una legge (la SB 319) che permette ai nativi e loro familiari di laurearsi con il “tribal regalia“. 

In virtù di questa norma, il Segretario della Crow Nation, Levi Black Eagle, a maggio 2022 ha ricordato la possibilità di indossare l’abito tradizionale Crow in queste occasioni e così Milandri ha chiesto alla famiglia d’adozione se anche lei, in quanto membro acquisito della tribù, avrebbe potuto indossarlo in occasione della sua discussione.

La scrittrice, ricordando il momento della laurea a Bologna, racconta che è stata “Una grandissima emozione e un onore poter rappresentare la Crow Nation e la mia famiglia adottiva. Ho dedicato la mia laurea in primis alle vittime dei collegi indiani, istituti scolastici, perlopiù a gestione cattolica, di stampo assimilazionista. Le stesse vittime per le quali Papa Francesco, lo scorso luglio, si è recato in Canada in viaggio penitenziale a chiedere scusa  Ho molto approfondito questo tema controverso e presto sarà pubblicato un mio studio sull’argomento dalla Mauna Kea Edizioni”.

#lucenews #raffaellamilandri #antropologia
Una giornalista scrittrice bestseller finisce con la casa ipotecata, al verde e con la vita in bilico per dimostrare l'innocenza di uomo. Tutto inizia dopo il 2007 quando, in seguito al successo ottenuto dal suo libro Acqua agli elefanti (Water for Elephants) che parla di un circo itinerante anni Trenta, la giornalista e scrittrice Sara Gruen riceve la lettera di Charles "Chuchk" Murdoch che le scrive dal carcere. Condannato all'ergastolo in California, l'uomo le racconta di essere innocente e che anche un giudice della Corte d’Appello competente aveva definito la sua condanna "un clamoroso errore giudiziario". Ed è da quel momento e da quelle parole che la vita della giornalista Gruen cambia per sempre.

Charles "Chuchk" Murdoch, il bandito di Baskin-Robbins

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La battaglia di Sara Gruer per riaprire un caso giudiziario di 40 anni prima

Sara Gruen, Robert Pattinson e Reese Witherspoon alla prima di “Come l’acqua per gli elefanti” a New York, il 17 aprile del 2011
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