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Home » Attualità » Le donne afghane vestite di mille colori per non essere invisibili agli occhi del mondo

Le donne afghane vestite di mille colori per non essere invisibili agli occhi del mondo

Il ritorno dei talebani al potere, nonostante le belle parole e le promesse fatte durante la cerimonia di insediamento del nuovo governo, fa ripiombare il genere femminile nell'oscurantismo più totale. In tutta risposta, la donne afghane si vestono dei tradizionali abiti variopinti per non essere invisibili al mondo dando vita ad una protesta gentile.

Francesco Lommi
14 Settembre 2021
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La condizione delle donne in Afghanistan è un argomento che ormai da qualche settimana, più di precisamente dalla presa di Kabul, tiene banco. Non è un segreto che per i talebani esista una gerarchia di genere tra i cittadini: gli uomini, più o meno liberi di fare quello che vogliono, e le donne, che invece non possono scegliere nemmeno come vestirsi.

Foto di un’aula universitaria di Kabul

Eppure, durante l’insediamento del nuovo governo, i talebani avevano promesso condizioni di vita migliori per il genere femminile rispetto al terrore durato dal ’96 al 2001. Nei fatti però, “le concessioni” per le donne sono più alibi di facciata che una reale volontà di parità di trattamento tra i due sessi: per esempio è stata data la possibilità alle ragazze di frequentare scuole e università, cosa che nel primo governo talebano non era prevista.

Tuttavia, le ragazze non solo devono indossare l’hijab, il velo che copre capo e spalle, ma all’interno delle classi sono divise dai compagni maschi da una tenda che taglia in due la stanza. I buoni proposti per la tutela delle donne si sono rivelati dunque promesse vane. I talebani hanno rimesso il genere femminile all’ombra della Sharia, con abiti e abitudini di matrice puramente conservatrice. In questo senso però, le afghane in giro per il mondo hanno voluto dare vita a una protesta che sui social e sul web sta trovando grande appoggio e risonanza. Se è vero che il governo talebano è quasi per antonomasia conservatore, allora gli abiti che dovrebbero indossare le donne sono molto diversi da quelli imposti dai nuovi padroni di Kabul. Il web infatti è stato invaso di foto di donne afghane con vestiti tradizionali che, diversamente da quello che si potrebbe immaginare, sono la cosa più lontana dall’attuale codice di abbigliamento imposto: tanti colori accesi e vividi, trame floreali e tanti dettagli variopinti.

“I nostri abiti tradizionali non sono questi outfit da ‘dissennatori’ (demoni senza volto della saga Harry Potter, ndr) che i talebani obbligano ad indossare” ha commentato Peymana Assad, politica del Regno Unito con origini afghane, in un post su twitter in cui allegava una sua foto con un abito di tanti colori diversi. Anche Shekiba Teimori, cantante e attivista afghana fuggita appena un mese fa dal suo paese, ha voluto partecipare a questa protesta pacifica: “L’Hijab esisteva prima della caduta di Kabul. Potevamo vedere donne con il velo, ma questa era una decisione familiare e personale, non un’imposizione del governo”.

Le donne in Afghanistan continuano a vivere in un clima di terrore e incertezza. Le promesse dei talebani si sono rivelate menzogne in pochissimo tempo e, a pagarne le conseguenze, saranno sempre gli stessi cittadini: le donne.

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  • Aumentano, purtroppo, gli episodi di bullismo e cyberbullismo. 

I minori vittime di prepotenze nella vita reale, o che le abbiano subite qualche volta sono il 54%, contro il 44% del 2020. Un incremento significativo, di ben 10 punti, che deve spingerci a riflettere. 

Per quanto riguarda il cyber bullismo, il 31% dei minori ne è stato vittima almeno una volta, contro il 23% del 2020. Il fenomeno sembra interessare più i ragazzi delle ragazze sia nella vita reale (il 57% dei maschi è stato vittima di prepotenze, contro il 50% delle femmine) sia in quella virtuale (32% contro 29%). Nel 42% si tratta di offese verbali, ma sono frequenti anche violenze fisiche (26%) e psicologiche (26%).

Il 52% è pienamente consapevole dei reati che commette se intraprende un’azione di bullismo usando internet o lo smartphone, il 14% lo è abbastanza, ma questo non sembra un deterrente. Un 26%, invece, dichiara di non saperne nulla della gravità del reato. Intervistati, con risposte multiple, sui motivi che spingono ad avere comportamenti di prepotenza o di bullismo nei confronti degli altri, il 54% indica il body shaming. 

Mentre tra i motivi che spingono i bulli ad agire in questo modo, il 50% afferma che così dimostra di essere più forte degli altri, il 47% si diverte a mettere in ridicolo gli altri, per il 37% il bullo si comporta in questo modo perché gli piace che gli altri lo temano.

Ma come si comportano se assistono a episodi di bullismo? Alla domanda su come si comportano i compagni quando assistono a queste situazioni, solo il 34% risponde “aiutano la vittima”, un dato che nel 2020 era il 44%. 

Un calo drastico, che forse potrebbe essere spiegato con una minore empatia sociale dovuta al distanziamento sociale e al lockdown, che ha impedito ai minori di intessere relazioni profonde. Migliora, invece, la percentuale degli insegnanti che, rendendosi conto di quanto accaduto, intervengono prontamente (46% contro il 40% del 2020). Un 7%, però, dichiara che i docenti, sebbene si rendano conto di quanto succede, non fanno nulla per fermare le prepotenze.

I giovanissimi sono sempre più iperconessi, ma sono ancora in grado di legarsi?

#lucenews #giornatacontroilbullismo
  • “Non sono giorni facilissimi, il dolore va e viene: è molto difficile non pensare a qualcosa che ti fa male”. Camihawke, al secolo Camilla Boniardi, una delle influencer più amate del web si mette ancora una volta a nudo raccontando le sue insicurezze e fragilità. In un post su Instagram parla della tricodinia. 

“Se fosse tutto ok, per questa tricodinia rimarrebbe solo lo stress come unica causa e allora dovrò modificare qualcosa nella mia vita. Forse il mio corpo mi sta parlando e devo dargli ascolto."

La tricodinia è una sensazione dolorosa al cuoio capelluto, accompagnata da un bruciore o prurito profondo che, in termini medici, si chiama disestesia. Può essere transitoria o diventare cronica, a volte perfino un gesto quotidiano come pettinarsi o toccarsi i capelli può diventare molto doloroso. Molte persone – due pazienti su tre sono donne – lamentano formicolii avvertiti alla radice, tra i follicoli e il cuoio capelluto. Tra le complicazioni, la tricodinia può portare al diradamento e perfino alla caduta dei capelli. 

#lucenews #lucelanazione #camihawke #tricodinia
  • Dai record alle prime volte all’attualità, la 65esima edizione dei Grammy Awards non delude quanto a sorprese. 

Domenica 5 febbraio, in una serata sfavillante a Los Angeles, la cerimonia dell’Oscare della musica della Recording Academy ha fatto entusiasmare sia per i big presenti sia per i riconoscimenti assegnati. 

Intanto ad essere simbolicamente premiate sono state le donne e i manifestanti contro la dittatura della Repubblica Islamica: “Baraye“, l’inno delle proteste in Iran, ha vinto infatti il primo Grammy per la canzone che ispira cambiamenti sociali nel mondo. Ad annunciarlo dal palco è stata nientemeno che  la first lady americana Jill Biden.

L’autore, il 25enne Shervin Hajipour, era praticamente sconosciuto quando è stato eliminato dalla versione iraniana di American Idol, ma la sua canzone è diventata un simbolo delle proteste degli ultimi mesi in Iran evocando sentimenti di dolore, rabbia, speranza e desiderio di cambiamento. Hajipour vive nel Paese in rivolta ed è stato arrestato dopo che proprio questo brano, a settembre, è diventata virale generando oltre 40 milioni di click sul web in 48 ore.

#lucenews #grammyawards2023 #shervinhajipour #iran
La condizione delle donne in Afghanistan è un argomento che ormai da qualche settimana, più di precisamente dalla presa di Kabul, tiene banco. Non è un segreto che per i talebani esista una gerarchia di genere tra i cittadini: gli uomini, più o meno liberi di fare quello che vogliono, e le donne, che invece non possono scegliere nemmeno come vestirsi.
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Eppure, durante l’insediamento del nuovo governo, i talebani avevano promesso condizioni di vita migliori per il genere femminile rispetto al terrore durato dal ’96 al 2001. Nei fatti però, "le concessioni" per le donne sono più alibi di facciata che una reale volontà di parità di trattamento tra i due sessi: per esempio è stata data la possibilità alle ragazze di frequentare scuole e università, cosa che nel primo governo talebano non era prevista. Tuttavia, le ragazze non solo devono indossare l’hijab, il velo che copre capo e spalle, ma all’interno delle classi sono divise dai compagni maschi da una tenda che taglia in due la stanza. I buoni proposti per la tutela delle donne si sono rivelati dunque promesse vane. I talebani hanno rimesso il genere femminile all’ombra della Sharia, con abiti e abitudini di matrice puramente conservatrice. In questo senso però, le afghane in giro per il mondo hanno voluto dare vita a una protesta che sui social e sul web sta trovando grande appoggio e risonanza. Se è vero che il governo talebano è quasi per antonomasia conservatore, allora gli abiti che dovrebbero indossare le donne sono molto diversi da quelli imposti dai nuovi padroni di Kabul. Il web infatti è stato invaso di foto di donne afghane con vestiti tradizionali che, diversamente da quello che si potrebbe immaginare, sono la cosa più lontana dall’attuale codice di abbigliamento imposto: tanti colori accesi e vividi, trame floreali e tanti dettagli variopinti. "I nostri abiti tradizionali non sono questi outfit da 'dissennatori' (demoni senza volto della saga Harry Potter, ndr) che i talebani obbligano ad indossare" ha commentato Peymana Assad, politica del Regno Unito con origini afghane, in un post su twitter in cui allegava una sua foto con un abito di tanti colori diversi. Anche Shekiba Teimori, cantante e attivista afghana fuggita appena un mese fa dal suo paese, ha voluto partecipare a questa protesta pacifica: "L’Hijab esisteva prima della caduta di Kabul. Potevamo vedere donne con il velo, ma questa era una decisione familiare e personale, non un’imposizione del governo". Le donne in Afghanistan continuano a vivere in un clima di terrore e incertezza. Le promesse dei talebani si sono rivelate menzogne in pochissimo tempo e, a pagarne le conseguenze, saranno sempre gli stessi cittadini: le donne.
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