
L'indice della libertà di stampa su scala mondiale è in costante calo
“La libertà di stampa nel mondo è minacciata proprio da coloro che dovrebbero esserne i garanti: le autorità politiche”. Inizia così l’ultimo report pubblicato dall’ONG Reporters sans frontières (RSF), attiva da anni nel testimoniare tutte le limitazioni imposte a uno dei principi cardine della Dichiarazione universale dei diritti umani, pubblicata nel 1948. Una constatazione netta, che esprime in modo chiaro quale sia l’ambito che, nella maggior parte dei casi, pone un bavaglio sulle labbra di coloro che vogliono dare voce a opposizioni e minoranze, o che desiderano accendere la luce su criminalità, corruzione e abusi di potere.

È proprio attorno al termine potere che, come evidenziato dall’organizzazione, ruotano tutte le restrizioni alle quali, a più riprese, vengono sottoposte e sottoposti tutti i lavoratori e le lavoratrici del mondo della comunicazione. Le principali vittime di queste restrizioni sono, senza dubbio, le popolazioni che vivono quotidianamente in condizioni di scarsa libertà. Nelle autocrazie, così come nei sistemi a democrazia ridotta, questo è uno dei primi campi verso i quali il potere si dirige, nel tentativo di condizionare fin dal momento della loro instaurazione i tratti caratteristici dell’opinione pubblica.
Una libertà in costante regressione
Parole che sembrano altisonanti, e che lasciano correre la mente verso autocrazie, dittature, regimi militari ed elezioni pilotate. Ma lo stato di salute della libertà di stampa, anche nel nostro “giardino di casa”, è decisamente preoccupante. L’Italia, secondo i dati pubblicati nel 2024, si colloca al 46° posto al mondo per libertà di stampa, perdendo tre posizioni, con un totale di 69,80 punti su 100. Un dato, quello calcolato da RSF, che si basa su cinque elementi, e che consente di scandagliare numerosi aspetti legati a editoria e comunicazione nei paesi di tutto il mondo.
Il quadro globale, non a caso, appare decisamente variegato. Per un paese come la Norvegia, saldamente nelle primissime posizioni con valori che, da anni, superano i 90 punti, persistono continue violazioni di questo e altri diritti in molte altre zone del mondo. In Argentina, ad esempio, il presidente Milei ha ordinato la chiusura della principale agenzia di stampa del paese, Télam, accusando gli oltre 700 dipendenti di costituire il megafono dell’opposizione. Analogamente, in Cina, i firewall eretti dal Partito comunista impediscono alle notizie che comprometterebbero la stabilità del regime di giungere all’interno del paese, reprimendo – allo stesso tempo – le informazioni sgradite che provengono dai gruppi costituiti da attivisti e attiviste autoctoni.

A destare preoccupazione su scala mondiale, non a caso, è proprio l’indicatore politico, in calo di oltre 7.6 punti di media. Appare chiaro come, nel mondo, le tenaglie della repressione politica si stiano abbattendo su tutti e tutte coloro che credono nell’informazione come vettore di consapevolezza e partecipazione politica, limitando un diritto che, nel corso dei decenni, avevamo imparato a dare per scontato.
La giornata mondiale della libertà di stampa
È in un quadro tutt’altro che roseo che, a partire dal 1993, l’Organizzazione mondiale delle Nazioni Unite ha deciso di proclamare il 3 maggio come data mondiale per sensibilizzare, attraverso l’istituzione della ricorrenza, sul tema della censura e dell’erosione delle libertà fondamentali. Il punto focale della commemorazione è, da quasi trent’anni, il principio espresso nell’articolo 19 della Dichiarazione universale dei diritti umani del 1948, promulgata negli anni che seguirono uno dei periodi più bui della storia mondiale.
La struttura stessa dell’articolo, così come quella della Costituzione italiana, ricalca a pieno e ribalta tutte le privazioni alle quali milioni di persone erano state sottoposte nei decenni precedenti. I principi universalistici di libertà di espressione, l’assenza di frontiere in grado di limitare la circolazione delle idee, derivano in modo chiaro da un passato fatto di repressione e di circoscrizione del diverso. Intenti repressivi dai quali, al giorno d’oggi, ci dobbiamo distanziare con quanta più forza possibile.