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Home » Attualità » Libro di fiabe messo all’indice da Orban. L’editore a Luce!: “Le migliori coscienze unite per difendere il testo. Ma io voglio lasciare l’Ungheria”

Libro di fiabe messo all’indice da Orban. L’editore a Luce!: “Le migliori coscienze unite per difendere il testo. Ma io voglio lasciare l’Ungheria”

Cenerentola non è più una fanciulla bionda ma un giovane rom che s'innamora del principe: l'interpretazione della favola in chiave Lgbt+ irrita Orban. L'editore Nagy M. Boldizsár a Luce!: "Minacce, offese e ora il referendum per vietare ai minori di 18 anni opere a contnuto Lgbt+. Io e il mio compagno vogliamo andarcene da questo paese"

Sofia Francioni
26 Luglio 2021
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In Ungheria, un libro di fiabe per bambini è diventato il manifesto della resistenza della comunità Lgbtq+. “Una favola è per tutti”, titolo originale Meseország Mindenkié, edito  da Nagy M. Boldizsár, è infatti un caso editoriale, che in pochi mesi dalla sua uscita nel 2020 ha ventuplicato le sue copie: da 1.500 a 15mila.  Time lo ha definito il simbolo della lotta contro la propaganda omotransfobica di Orban: nelle sue pagine infatti Cenerentola non è una ragazza bionda con il piedino fatato, ma un ragazzo di etnia Rom che si innamora di un principe a un ballo. Anche le principesse presentate in “Wonderland is for everyone” non sono quelle già immaginate, ma le possibili non ancora raccontate: come quella asessuata, che non vuole sposarsi con nessuno e che non ha bisogno di magie per conquistarsi il lieto fine. L’antologia, che contiene 17 storie, scritte da 17 autori diversi, per ora è disponibile solo in ungherese, anche se verrà tradotta in otto lingue diverse.

Corteo contro la legge che restringe i diritti della comunità Lgbt+ a Budapest

Illustrato da Bölec z Lilla, il libro da una parte ha scatenato l’ira degli ambienti più conservatori, dall’altra ha unito il fronte di chi vuole vivere la propria sessualità liberamente, rappresentando una svolta nella lotta di una comunità che nell’ultimo anno ha subìto attacchi da parte del governo. E il referendum indetto da Orban per vietare la diffusione di materiale che “propaganda e rappresenta” l’omosessualità ai minori under 18 è soltanto l’ultima mossa.

“Dopo la sua pubblicazione un’ampia parte della società mainstream si è espressa contro la risposta offensiva del governo”, ci spiega il suo editore, Nagy M. Boldizsár, con cui Luce! si è messa in contatto in Ungheria. “Mai prima d’ora tante persone avevano preso una posizione pubblica per i diritti delle persone Lgbtq+ nel nostro Paese: aziende, ong, organizzazioni professionali, ambasciate, personaggi pubblici, scrittori e artisti di spicco, anche celebrità e influencer hanno difeso il libro. La stampa e i social lo hanno diffuso, portando sotto i riflettori la retorica omotransfobica vigente”. Sempre in Ungheria, una protesta simile seguì la pubblicazione del libro illustrato “What a Family” sulla vita delle famiglie arcobaleno, dopo che la protezione dei consumatori multò una libreria che lo vendette senza affiggere una specifica etichetta che ne indicasse il contenuto.

Nagy, lei annunciato di voler lasciare il suo paese insieme al suo compagno: perché?

“Il clima politico, sempre più tossico degli ultimi dieci anni, è diventato nemico per chiunque la pensi diversamente dal governo. La libertà di stampa è stata virtualmente eliminata, la possibilità di ricorrere alla Corte costituzionale è stata ridotta al minimo, le organizzazioni della società civile sono state vessate, la libertà di insegnamento è stata limitata, La Central European University è stata resa impraticabile, sono state nominate persone pro-governative a capo della Curia e del Szfe (l’Università di teatro, film e arti di Budapest ndr) e le reti di ricerca sono state distrutte”.

Per lei è diventato difficile restare in Ungheria?

“Sì, sia da un punto di vista umano che professionale”.

Cosa ha subìto personalmente?

“Io e il mio compagno volevamo adottare un bambino. Abbiamo iniziato il processo due anni fa e siamo stati informati dalla Protezione dei bambini che dopo poco ne avremmo avuto uno. Ma lo scorso Natale è stata approvata una nuova legge che vieta alle coppie gay questa possibilità, prima potevamo farlo utilizzando le opportunità concesse alle persone single, ma la nuova norma – come ha detto il primo ministro Orban in un’intervista – è stata fatta ad hoc per escluderci dalle adozioni. È stata l’ultima goccia. Vogliamo vivere una vita piena, vogliamo una famiglia e una vita più dignitosa”.

E dal punto di vista professionale?

“Lavoro nell’ambiente culturale e sono molto stanco della mancanza di un’atmosfera creativa, ispiratrice, che ha abbandonato questo Paese da troppo tempo. Lo stato interferisce troppo nella vita dei civili e sento una costante frustrazione per l’attuale situazione politica. Voglio allontanarmi e continuare a fare il mio lavoro da un altro Paese”.

 

Ha ricevuto minacce o intimidazioni da parte del governo?

“Non direttamente, ma il fatto che l’omofobia sia stata istituzionalizzata e che il governo abbia definito le persone Lgbtq+ “nemiche del popolo ungherese” ha avuto un impatto sulle nostre vite. Le persone omofobiche e transfobiche si sentono incoraggiate dalla comunicazione del governo. I discorsi d’odio sono diventati più frequenti e più duri e negli ultimi mesi ci sono stati diversi attacchi fisici alle minoranze sessuali riportati dalla stampa. Mi sento spesso spaventato per strada, soprattutto quando torno a casa da solo ed è una nuova sensazione”.

 

Dopo la pubblicazione del libro le minacce sono aumentate?

“Sì, per ora però si manifestano solo virtualmente. Tante persone mi augurano di morire e ritengono importante dichiarare che non mi considerano un essere umano o un uomo, perché sono gay. Messaggi tristi, che mostrano l’esigenza di sfogare una rabbia repressa. Il governo, invece di affrontare i problemi di natura economica e sociale dei cittadini, vuole indirizzare la loro disperazione, la loro frustrazione verso la comunità Lgbtq+. A quanto pare ci riesce ed è desolante”.

Ma in Ungheria è ancora possibile pubblicare libri a tema Lbgtq+?

“Sì, perché la legge, che ne vieta la diffusione ai minori, non definisce chiaramente cosa si intende per prodotti che “rappresentino e promuovano l’omosessualità”. È infatti praticamente impossibile capire quali libri rientrino in questa categoria. Se guardiamo al mercato editoriale, ci sono più romanzi per minori di 18 anni con personaggi Lgbtq+ che senza. Prendiamo Andersen: nelle sue fiabe ci sono spesso delle allegorie dell’esperienza omosessuale o transgender, vogliamo davvero bandirlo? Oppure guardiamo ai programmi scolastici o universitari: i ragazzi potranno ancora leggere i sonetti di Shakespeare? E le liriche di Saffo? E che dire del poeta gay che ha scritto l’inno ungherese? È una legge semplicemente assurda.”

 

Nagy M. Boldizsár, editore delle fiabe in chiave Lgbt+

Le librerie che espongono questi libri devono segnalarne il contenuto con un’etichetta?

“Per ora non c’è l’obbligo di etichettare i libri. Alcuni negozi hanno messo un cartello nella finestra o sulla porta d’ingresso dicendo che vendono anche libri, che contengono comportamenti diversi dai ruoli di genere tradizionali. Ancora comunque non sappiamo cosa troverà punibile il governo”.

Perché il governo di Orban mostra questa avversità nei confronti della comunità Lgbtq+?

“Orban governa da molto tempo sulla base delle sue campagne di odio. In Ungheria sono stati dichiarati nemici: i rom, i rifugiati, Bruxelles, George Soros, le banche e ora la comunità Lgbtq+. Ma questa campagna d’odio non è stata all’altezza delle aspettative: il governo ha incontrato una forte resistenza sociale. L’Unione europea è molto indignata e sono state avviate procedure di infrazione contro l’Ungheria. L’omofobia e la transfobia del governo erano solo degli strumenti, utili allo scopo di ottenere un vantaggio politico ed elettorale. Con l’attuale legge, soprannominata “Child Protection Act”, il governo sta vittimizzando anche i bambini. E con quest’atto, credo abbia definitivamente superato il limite agli occhi di molti.

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Instagram

  • Nino Gennaro cresce in un paese complesso, difficile, famigerato per essere stato il regno del boss Liggio, impegnandosi attivamente in politica; nel 1975 è infatti responsabile dell’organizzazione della prima Festa della Donna, figura tra gli animatori del circolo Placido Rizzotto, presto chiuso e, sempre più emarginato dalla collettività, si trova poi coinvolto direttamente nel caso di una sua amica, percossa dal padre perché lo frequentava e che sporse denuncia contro il genitore, fatto che ebbe grande risonanza sui media. Con lei si trasferì poi a Palermo e qui comincia la sua attività pubblica come scrittore; si tratta di una creatività onnivora, che si confronta in diretta con la cronaca, lasciando però spazio alla definizione di mitologie del corpo e del desiderio, in una dimensione che vuole comunque sempre essere civile, di testimonianza.

Nel 1980 a Palermo si avviano le attività del suo gruppo teatrale “Teatro Madre”, che sceglie una dimensione urbana, andando in scena nei luoghi più diversi e spesso con attori non professionisti (i testi si intitolano “Bocca viziosa”, “La faccia è erotica”, “Il tardo mafioso Impero”), all’inseguimento di un cortocircuito scena/vita. Già il logo della compagnia colpisce l’attenzione: un cuore trafitto da una svastica, che vuole alludere alla pesantezza dei legami familiari, delle tradizioni vissute come gabbia. Le sue attività si inscrivono, quindi, in uno dei periodi più complessi della storia della città siciliana, quando una sequenza di delitti efferati ne sconvolge la quotidianità e Gennaro non è mai venuto meno al suo impegno, fondando nel 1986 il Comitato Cittadino di Informazione e Partecipazione e legandosi al gruppo che gestiva il centro sociale San Saverio, dedicandosi quindi a numerosi progetti sociali fino alla morte per Aids nel 1995.

La sua drammaturgia si alimenta di una poetica del frammento, del remix, con brani che spesso vengono montati in modo diverso rispetto alla loro prima stesura.

Luca Scarlini ✍

#lucenews #lucelanazione #ninogennaro #queer
  • -6 a Sanremo 2023!

Questo Festival ha però un sapore dolceamaro per l
  • Era il 1° febbraio 1945, quando la lotta per la conquista di questo diritto, partita tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento, sulla scorta dei movimenti degli altri Paesi europei, raggiunse il suo obiettivo. Con un decreto legislativo, il Consiglio dei Ministri presieduto da Ivanoe Bonomi riconobbe il voto alle donne, su proposta di Palmiro Togliatti e Alcide De Gasperi. 

Durante la prima guerra mondiale le donne avevano sostituito al lavoro gli uomini che erano al fronte. La consapevolezza di aver assunto un ruolo ancora più centrale all’interno società oltre che della famiglia, crebbe e con essa la volontà di rivendicare i propri diritti. Già nel 1922 un deputato socialista, Emanuele Modigliani aveva presentato una proposta di legge per il diritto di voto femminile, che però non arrivò a essere discussa, per la Marcia su Roma. Mussolini ammise le donne al voto amministrativo nel 1924, ma per pura propaganda, poiché in seguito all’emanazione delle cosiddette “leggi fascistissime” tra il 1925 ed il 1926, le elezioni comunali vennero, di fatto, soppresse. Bisognerà aspettare la fine della guerra perché l’Italia affronti concretamente la questione.

Costituito il governo di liberazione nazionale, le donne si attivarono per entrare a far parte del corpo elettorale: la prima richiesta dell’ottobre 1944, venne avanzata dalla Commissione per il voto alle donne dell’Unione Donne Italiane (Udi), che si mobilitò per ottenere anche il diritto di eleggibilità (sancito da un successivo decreto datato 10 marzo 1946). Si arrivò così, dopo anni di battaglie per il suffragio universale, al primo febbraio 1945, data storica per l’Italia. Il decreto prevedeva la compilazione di liste elettorali femminili distinte da quelle maschili, ed escludeva però dal diritto le prostitute schedate che esercitavano “il meretricio fuori dei locali autorizzati”.

Le elezioni dell’esordio furono le amministrative tra marzo e aprile del 1946 e l’affluenza femminile superò l’89%. 

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  • La regina del pulito Marie Kondo ha dichiarato di aver “un po’ rinunciato” a riordinare casa dopo la nascita del suo terzo figlio. La 38enne giapponese, considerata una "Dea dell’ordine", con i suoi best seller sull’economia domestica negli ultimi anni ha incitato e sostenuto gli sforzi dei comuni mortali di rimettere in sesto case e armadi all’insegna del cosa “provoca dentro una scintilla di gioia”. Ma l’esperta di decluttering, famosa in tutto il mondo, ha ammesso che con tre figli da accudire, la sua casa è oggi “disordinata”, ma ora il riordino non è più una priorità. 

Da quando è diventata madre di tre bambini, ha dichiarato che il suo stile di vita è cambiato e che la sua attenzione si è spostata dall’organizzazione alla ricerca di modi semplici per rendere felici le abitudini di tutti i giorni: "Fino a oggi sono stata una organizzatrice di professione e ho dunque fatto il mio meglio per tenere in ordine la mia casa tutto il tempo”, e anche se adesso “ci ho rinunciato, il modo in cui trascorro il mio tempo è quello giusto per me in questo momento, in questa fase della mia vita”.

✍ Marianna Grazi 

#lucenews #lucelanazione #mariekondo
In Ungheria, un libro di fiabe per bambini è diventato il manifesto della resistenza della comunità Lgbtq+. “Una favola è per tutti”, titolo originale Meseország Mindenkié, edito  da Nagy M. Boldizsár, è infatti un caso editoriale, che in pochi mesi dalla sua uscita nel 2020 ha ventuplicato le sue copie: da 1.500 a 15mila.  Time lo ha definito il simbolo della lotta contro la propaganda omotransfobica di Orban: nelle sue pagine infatti Cenerentola non è una ragazza bionda con il piedino fatato, ma un ragazzo di etnia Rom che si innamora di un principe a un ballo. Anche le principesse presentate in “Wonderland is for everyone” non sono quelle già immaginate, ma le possibili non ancora raccontate: come quella asessuata, che non vuole sposarsi con nessuno e che non ha bisogno di magie per conquistarsi il lieto fine. L’antologia, che contiene 17 storie, scritte da 17 autori diversi, per ora è disponibile solo in ungherese, anche se verrà tradotta in otto lingue diverse.
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Illustrato da Bölec z Lilla, il libro da una parte ha scatenato l’ira degli ambienti più conservatori, dall’altra ha unito il fronte di chi vuole vivere la propria sessualità liberamente, rappresentando una svolta nella lotta di una comunità che nell’ultimo anno ha subìto attacchi da parte del governo. E il referendum indetto da Orban per vietare la diffusione di materiale che “propaganda e rappresenta” l’omosessualità ai minori under 18 è soltanto l’ultima mossa. “Dopo la sua pubblicazione un'ampia parte della società mainstream si è espressa contro la risposta offensiva del governo”, ci spiega il suo editore, Nagy M. Boldizsár, con cui Luce! si è messa in contatto in Ungheria. “Mai prima d'ora tante persone avevano preso una posizione pubblica per i diritti delle persone Lgbtq+ nel nostro Paese: aziende, ong, organizzazioni professionali, ambasciate, personaggi pubblici, scrittori e artisti di spicco, anche celebrità e influencer hanno difeso il libro. La stampa e i social lo hanno diffuso, portando sotto i riflettori la retorica omotransfobica vigente”. Sempre in Ungheria, una protesta simile seguì la pubblicazione del libro illustrato “What a Family” sulla vita delle famiglie arcobaleno, dopo che la protezione dei consumatori multò una libreria che lo vendette senza affiggere una specifica etichetta che ne indicasse il contenuto.

Nagy, lei annunciato di voler lasciare il suo paese insieme al suo compagno: perché?

“Il clima politico, sempre più tossico degli ultimi dieci anni, è diventato nemico per chiunque la pensi diversamente dal governo. La libertà di stampa è stata virtualmente eliminata, la possibilità di ricorrere alla Corte costituzionale è stata ridotta al minimo, le organizzazioni della società civile sono state vessate, la libertà di insegnamento è stata limitata, La Central European University è stata resa impraticabile, sono state nominate persone pro-governative a capo della Curia e del Szfe (l’Università di teatro, film e arti di Budapest ndr) e le reti di ricerca sono state distrutte”.

Per lei è diventato difficile restare in Ungheria?

“Sì, sia da un punto di vista umano che professionale”.

Cosa ha subìto personalmente?

“Io e il mio compagno volevamo adottare un bambino. Abbiamo iniziato il processo due anni fa e siamo stati informati dalla Protezione dei bambini che dopo poco ne avremmo avuto uno. Ma lo scorso Natale è stata approvata una nuova legge che vieta alle coppie gay questa possibilità, prima potevamo farlo utilizzando le opportunità concesse alle persone single, ma la nuova norma – come ha detto il primo ministro Orban in un’intervista – è stata fatta ad hoc per escluderci dalle adozioni. È stata l’ultima goccia. Vogliamo vivere una vita piena, vogliamo una famiglia e una vita più dignitosa”.

E dal punto di vista professionale?

“Lavoro nell’ambiente culturale e sono molto stanco della mancanza di un'atmosfera creativa, ispiratrice, che ha abbandonato questo Paese da troppo tempo. Lo stato interferisce troppo nella vita dei civili e sento una costante frustrazione per l’attuale situazione politica. Voglio allontanarmi e continuare a fare il mio lavoro da un altro Paese”.  

Ha ricevuto minacce o intimidazioni da parte del governo?

“Non direttamente, ma il fatto che l'omofobia sia stata istituzionalizzata e che il governo abbia definito le persone Lgbtq+ “nemiche del popolo ungherese” ha avuto un impatto sulle nostre vite. Le persone omofobiche e transfobiche si sentono incoraggiate dalla comunicazione del governo. I discorsi d'odio sono diventati più frequenti e più duri e negli ultimi mesi ci sono stati diversi attacchi fisici alle minoranze sessuali riportati dalla stampa. Mi sento spesso spaventato per strada, soprattutto quando torno a casa da solo ed è una nuova sensazione”.  

Dopo la pubblicazione del libro le minacce sono aumentate?

“Sì, per ora però si manifestano solo virtualmente. Tante persone mi augurano di morire e ritengono importante dichiarare che non mi considerano un essere umano o un uomo, perché sono gay. Messaggi tristi, che mostrano l’esigenza di sfogare una rabbia repressa. Il governo, invece di affrontare i problemi di natura economica e sociale dei cittadini, vuole indirizzare la loro disperazione, la loro frustrazione verso la comunità Lgbtq+. A quanto pare ci riesce ed è desolante”.

Ma in Ungheria è ancora possibile pubblicare libri a tema Lbgtq+?

“Sì, perché la legge, che ne vieta la diffusione ai minori, non definisce chiaramente cosa si intende per prodotti che "rappresentino e promuovano l'omosessualità”. È infatti praticamente impossibile capire quali libri rientrino in questa categoria. Se guardiamo al mercato editoriale, ci sono più romanzi per minori di 18 anni con personaggi Lgbtq+ che senza. Prendiamo Andersen: nelle sue fiabe ci sono spesso delle allegorie dell’esperienza omosessuale o transgender, vogliamo davvero bandirlo? Oppure guardiamo ai programmi scolastici o universitari: i ragazzi potranno ancora leggere i sonetti di Shakespeare? E le liriche di Saffo? E che dire del poeta gay che ha scritto l’inno ungherese? È una legge semplicemente assurda.”  

Nagy M. Boldizsár, editore delle fiabe in chiave Lgbt+

Le librerie che espongono questi libri devono segnalarne il contenuto con un’etichetta?

“Per ora non c'è l'obbligo di etichettare i libri. Alcuni negozi hanno messo un cartello nella finestra o sulla porta d'ingresso dicendo che vendono anche libri, che contengono comportamenti diversi dai ruoli di genere tradizionali. Ancora comunque non sappiamo cosa troverà punibile il governo”.

Perché il governo di Orban mostra questa avversità nei confronti della comunità Lgbtq+?

“Orban governa da molto tempo sulla base delle sue campagne di odio. In Ungheria sono stati dichiarati nemici: i rom, i rifugiati, Bruxelles, George Soros, le banche e ora la comunità Lgbtq+. Ma questa campagna d'odio non è stata all'altezza delle aspettative: il governo ha incontrato una forte resistenza sociale. L'Unione europea è molto indignata e sono state avviate procedure di infrazione contro l'Ungheria. L'omofobia e la transfobia del governo erano solo degli strumenti, utili allo scopo di ottenere un vantaggio politico ed elettorale. Con l’attuale legge, soprannominata “Child Protection Act”, il governo sta vittimizzando anche i bambini. E con quest’atto, credo abbia definitivamente superato il limite agli occhi di molti.
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