Si chiama “Age pride” e fa riferimento non certo a una sconfitta, quanto all’orgoglio d’essere entrati nel cosiddetto “terzo tempo” della vita. D’essere diventati, insomma, vecchi.
Oppure, citando, di star vivendo una sorta di “deliziosa decrepitezza”, qui e ora a celebrare la conquista più importante: libertà. D’essere e di stare nel mondo.
Lidia Ravera apre il festival Pari e Dispari
È quasi un invito alla rivoluzione quello avanzato da Lidia Ravera, giornalista e scrittrice che già nel 1976 aveva lasciato il segno con quello che poi sarebbe diventato un longseller, “Porci con le ali“, ospite in apertura della seconda edizione del festival Pari e Dispari dedicato ai temi della questione di genere e della parità, giovedì 16 novembre alle 18 alla libreria Lo Spazio di Pistoia (via Curtatone e Montanara 20-22).
Di stereotipi e preconcetti ne è infarcita anche la questione dell’età, come anche di disprezzo, spiega Ravera che a questa fase della vita ha dedicato il suo ultimo libro “Age pride. Per liberarci dai pregiudizi sull’età” (Einaudi, 2023), sorta di “manifesto” contro l’ageismo, “contro lo stigma che colpisce chi non è più giovane”.
Sempre più anziani? Basta stigma
Fascia della popolazione, questa, decisamente non più ignorabile, per via del crescente dato sull’invecchiamento: “Negli ultimi quarant’anni la popolazione italiana è aumentata del 20%. La popolazione ‘anziana’ del 155%.
Abbiamo un grande adulto, più spesso una grande adulta, ogni tre abitanti”, è quanto emerge dai dati raccolti in una delle cartelline di Lidia Ravera. “L’ultima parte della vita è una stagione che viene scansata, quasi cancellata – denuncia l’autrice -, con uno stigma sociale che non accenna a diminuire.
Il fatto è che mentre una volta si diventava vecchi e si moriva, oggi si diventa vecchi avendo davanti a sé ancora venti o forse trent’anni. Dopodiché occorre una sola cosa: fare una rivoluzione che valorizzi quest’età anziché considerarla una discarica”.
“La vecchiaia è un tempo inutile”: come si ribalta questo pregiudizio?
“Partiamo da un assunto: non ci sono due vecchiaie uguali, ciascuno ha la sua. Da febbraio sono in giro con ‘Age pride’ e le platee che incontro mi confermano che siamo indietro. C’è un’idea di disprezzo, come se ‘i vecchi’ fossero una categoria. Ma non lo sono.
Una vita così lunga modella una persona e la sua esistenza, ciascuno ha la vecchiaia che si merita. Se trovi un vecchio arido, taccagno, ipocondriaco e lamentoso, quello era già così a trent’anni. Non si cambia. Anzi, se riesci a ribattere colpo su colpo e invece di vergognarti godere della libertà di questi anni sei un artista.
Continuo a incontrare miei coetanei o persone persino più grandi di me straordinariamente colte e ironiche e non capisco perché continui questa forma di razzismo strisciante ingiustificato verso l’età. L’aver vissuto a lungo non può essere altro che fonte di orgoglio.
Io non mi vergogno, anzi oggi mi sento una leonessa. Sono contenta di essere arrivata fin qui, col mio bagaglio di dolori, allegrie, incontri. Fa tutto parte di un tessuto pregiato che aumenta la mia forza”.
“Certe mattine mi sveglio sedicenne, altre morente”, scrive lei: in quale risveglio è più a suo agio?
“In quelli intermedi. Come ognuno di noi, anche io ho un’età interiore. E mi capita molto spesso di sentirmi una sedicenne che non riesco a licenziare.
Come accade nell’ultimo mio romanzo, in uscita a febbraio per Bompiani, ‘Un giorno tutto questo sarà tuo’: l’io narrante è un 15enne maschio e devo dire non ho trovato nessuna difficoltà a scrivere proprio grazie alla mia adolescente interiore”.
Una ‘terapia di gruppo’ per sdoganare la vecchiaia
Questo suo battagliare per la vecchiaia assomiglia un po’ a una terapia di gruppo. Funziona?
“La scrittura funziona sempre. ‘Age pride’ è stata una piccola occasione saggistica concessami da Einaudi che ho usato per capire meglio. Tant’è che ho avuto delle piccole grandi illuminazioni.
La prima, nell’incipit: ‘Non ho mai visto mia madre felice’. Tutto nasce da lì. Ho sempre avuto paura di invecchiare perché ho visto la generazione prima della mia, impersonificata da mia madre, scontenta. E allora pensavo che diventare grandi fosse bruttissimo.
A lungo mi sono ripromessa di suicidarmi a 59 anni come Virginia Woolf. Poi ho rimandato sempre e ho continuato a voler rivalutare, combattere. Ed è stata la scelta giusta. Se non lavoriamo contro gli stereotipi moriamo. Ci credo molto”.
I giovani? Perché è utile che partecipino a questo dibattito?
“Sarebbe stato utile a 16 anni incontrare una simpatica strega a dirmi che la vita dura tutta la vita, che non serve correre spaventato da una fine.
Perché la vita non finisce mica per sorpassati limiti di età. È bella sempre, anzi forse di più in fondo, per quella capacità di godere delle cose che a 16 anni non hai. James Hillman diceva che la più grave patologia della vecchiaia è l’idea che se ne ha. E se non la cambiamo avremo vecchiaie tristi.
Io non sono cambiata. Semmai migliorata. Sono più libera, meno conformista, seguo la mia strada, ho imparato ad ascoltare, non sono più ossessivamente al centro del quadro. Mi dispiace solo che non durerà a lungo”.
E il decadimento fisico? Come dovrebbe essere vissuto?
“Io stamattina sono andata a correre per sei chilometri. Stasera vado al cinema, esco tutte le sere. Lavoro come e più di prima. Certo, forse occorre fare più attenzione a certi aspetti, che sono però prevenibili e prevedibili.
Il resto sono episodi che possono accadere a qualsiasi età. La vita ha comunque un termine, ma perché ingoiare gli stereotipi senza metterli in discussione? Sono nocivi più degli insaccati. Per tutti. Per le donne di più perché cominciano subito.
Quelli sulla vecchiaia poi, uccidono. E bisogna combatterli come fossero un’infezione”.
Il programma del festival
Il programma del festival Pari e dispari, declinato attorno al tema ‘Donne e scienza’ sempre nel salotto della libreria Lo Spazio di Pistoia, proseguirà fino a domenica 19 ospiti la scrittrice Antonella Lattanzi (venerdì ore 18), la giornalista e comunicatrice scientifica Paola Catapano (sabato ore 16.30), il neuroscienziato Giorgio Vallortigara (sabato alle 18) e l’ingegnera Chiara Montanari (domenica alle 18).