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Home » Attualità » “L’Italia non lascia indietro nessuno, in Afghanistan. Presto dovremo gestire importanti flussi migratori”

“L’Italia non lascia indietro nessuno, in Afghanistan. Presto dovremo gestire importanti flussi migratori”

Marina Sereni, viceministro agli esteri con delega alla cooperazione: "Abbiamo stanziato 240 milioni, riconvertendo a finalità civili gli investimenti militari in quel paese, ma non bastano". "L'ambasciatore Sandalli voleva restare, ma non era possibile. Verso Di Maio critiche ingenerose". La mappa degli altri fronti aperti per l'Italia in campo internazionale

Ettore Maria Colombo
27 Agosto 2021
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In queste settimane e ore drammatiche, la Farnesina ha sempre lavorato, Di Maio in testa. Non spetta a me dirlo, ma il ministro ha ricevuto critiche ingenerose. Sia sulla prima emergenza che sulla preparazione del G20 e nei lavori del G7 la Farnesina non ha perso un attimo di tempo, e dal 15 agosto in poi. Questo dicono i nudi fatti. E mi faccia ringraziare, per l’evacuazione in corso, tutto il personale della Farnesina e della Difesa”.

Marina Sereni (classe 1960, umbra, una lunga militanza nel Pci-Pds-Ds-Pd, partito che ha contribuito a fondare e ne è stata vicepresidente, come pure lo è stata della Camera dei Deputati) è una che lavora tanto e parla poco. Viceministro al ministero degli Esteri nel Conte II, confermata nel governo Draghi, sempre al fianco di Di Maio, segue un settore che è diventato la sua passione, la cooperazione internazionale allo sviluppo.

 

Viceministro, l’altro ieri, alla Farnesina, si è tenuta una riunione molto importante. Può spiegare a Luce! i contenuti di quell’incontro?

“Il ministro degli Esteri ha presieduto un tavolo con me e i rappresentanti delle organizzazioni della società civile che operano in Afghanistan. Al centro dell’incontro, che si è svolto presso l’Unità di crisi della Farnesina, abbiamo ribadito l’impegno del governo e delle Osc (Organizzazioni società civile, si chiamano così le ‘vecchie’ Ong, dopo la legge sulla cooperazione, ndr.) in merito alla crisi afghana. Una riunione che ci è stata chiesta dalle tre reti di cooperazione (Aoi, la più grande, Link 2007 e Cini, ndr) sull’emergenza e anche per il più lungo periodo. Lo abbiamo fatto in uno spirito di squadra che coinvolge tutti gli attori italiani impegnati nell’evacuazione dell’operazione ‘Aquila omnia’: ministeri della Difesa, degli Esteri e dell’Interno. Molti cooperanti li abbiamo già riportati in Italia, altri vogliono restare lì, come Emergency, Intersos, Action Aid, Save the Children con dei loro presidi”.

 

Marina Sereni con il ministro Di Maio

Di Maio ha annunciato che nascerà un tavolo di coordinamento con le Osc e che il loro lavoro è “prezioso e la loro esperienza imprescindibile”. Il tavolo è stato affidato a lei. Cosa farete, ora?

“Lavoreremo su cinque direttrici, tutte importanti. La prima è, ovviamente, la protezione dei civili, che vanno espatriati nel maggior numero possibile, ove lo richiedano. La seconda è continuare a garantire gli aiuti umanitari anche dopo il 31 agosto e che, per le Osc, vi sia la possibilità di continuare a lavorare per chi vuole restare in Afghanistan. La terza è la necessità di tutelare il più possibile, in Afghanistan, i diritti umani, la maggiore conquista di questi 20 anni. La quarta è il contrasto al terrorismo e la gestione dei flussi migratori che, con il tempo, arriveranno garantendo il più possibile corridoi umanitari. La quinta è aiutare gli afghani che vogliono andare via e garantire loro asilo, rapportandoci non solo con le Osc che hanno richiesto di aprire il tavolo, ma anche con le istituzioni locali e il nostro Stato. Dobbiamo aiutare gli afghani che restano lì, e che saranno sottoposti a povertà, fame, persecuzioni, e quelli che fuggono cercando di arrivare fin qui. Il modello cui penso è quello usato in Bosnia”.

 

C’è  anche un aiuto economico importante, deciso dalla Farnesina, per la cooperazione. Basterà?

“Sì. Di Maio ha annunciato, già in audizione in Parlamento e oggi lo ribadirà in seno al cdm, che i 120 milioni che servivano all’assistenza militare di training alle forze militari afghane verranno riconvertiti per usi civili. Il Maeci (si chiama così, dal 2014, e non più Mae, proprio a indicare lo sforzo verso la cooperazione internazionale, ndr.), cioè l’intera Farnesina, è in prima linea in questa azione, insieme all’intero governo. Inoltre, vi sono 21 milioni di euro stanziati per la cooperazione allo sviluppo con l’Afghanistan, che verranno riorientati per l’assistenza umanitaria verso questo Paese. Un vero e proprio piano per l’Afghanistan di 140 milioni in totale che verranno utilizzati per scopi umanitari. Un piano soprattutto per le donne afghane, con borse di studio messe a punto con il Ministero dell’Università e con molti altri progetti”.

 

Già, oggi tutti a preoccuparsi per gli afghani. Tra qualche mese saranno solo migranti contro cui erigere nuovi ‘muri’, in Europa e in Italia…

“Abbiamo un debito verso il popolo afghano e non solo verso chi ha collaborato con l’Italia. Arriveranno ondate migratorie importanti, anche se non si sa quando. L’Afghanistan conta 35 milioni di abitanti. Non partiranno, perché non lo vorranno o non potranno, tutti, ma la Ue si deve preparare a organizzazione una risposta degna di una vera Unione europea. Esposti politicamente, ci sono giornalisti, collaboratori delle ong, attivisti dei diritti umani e non certo tutti sono definibili come ‘collaboratori’ dell’Italia. Dobbiamo aiutarli. La Ue, su questo tema, può decidere non all’unanimità, che non si troverà, ma trovando una posizione unitaria tra i Paesi europei più ‘volenterosi’. Le stesse Nazioni Unite ci chiedono di fermare i rimpatri verso l’Afghanistan. Dobbiamo farci carico di parte di questi profughi, anche per contrastare il traffico di esseri umani e anche per combattere i flussi irregolari e il problema del terrorismo. Non si può far finta che questi problemi non esistano, ma dobbiamo aiutare anche chi non ha avuto e non avrà il riconoscimento di status di protezione umanitaria”.

 

Tranne Claudi, ormai assurto ad ‘eroe’, la Farnesina è ‘scappata’ da Kabul, dicono i social.

“Per nulla. L’ambasciatore Sandalli voleva restare a tutti i costi, ma il Maeci ha deciso di farlo rientrare e Di Maio ha spiegato bene perché. Abbiamo ricostruito la struttura operativa della nostra ambasciata alla Farnesina. Non è rimasto solo Claudi, che è stato molto coraggioso. Abbiamo lavorato all’interno di un’operazione militare, Aquila omnia, con tutte le restrizioni del caso”.

 

Viceministro Sereni, allarghiamo lo sguardo, ‘oltre Kabul’. Dove opera la nostra cooperazione?

“Innanzitutto, abbiamo una buona e solida tradizione di cooperazione allo sviluppo fatta di istituzioni nazionali e locali, di organizzazioni della società civile, una vera novità figlia della legge di riforma del 2014, che permette anche a società e imprese private di fare vera cooperazione allo sviluppo, anche con il supporto di Cdp (Cassa depositi e prestiti, ndr.). L’Italia ha 22 Paesi indicati come prioritari in tre scacchieri: quello medio-orientale e africano, ormai il più grande e il più importante, quello asiatico e quello in America centrale e latina. Ovviamente, l’area dei Balcani, la mediorientale e quella africana, dove ormai la differenza tra Africa sub-sahariana e Nord Africa non c’è più, è quella cruciale. L’8 e 9 ottobre organizzeremo due giorni di focus sull’Africa, poi sull’America Latina. Però abbiamo un problema. Come Italia dedichiamo lo 0,22% del Pil alla cooperazione. E’ troppo poco. Abbiamo sottoscritto un impegno, insieme a tanti altri Paesi, a raggiungere lo 0,7%. Nel prossimo bilancio dello Stato, Di Maio ha annunciato che chiederemo un aumento consistente dei fondi per la cooperazione che è un pezzo essenziale della politica estera di un Paese. Un impegno che è stato preso e voglio rispettare”.

 

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  • Era il 1° febbraio 1945, quando la lotta per la conquista di questo diritto, partita tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento, sulla scorta dei movimenti degli altri Paesi europei, raggiunse il suo obiettivo. Con un decreto legislativo, il Consiglio dei Ministri presieduto da Ivanoe Bonomi riconobbe il voto alle donne, su proposta di Palmiro Togliatti e Alcide De Gasperi. 

Durante la prima guerra mondiale le donne avevano sostituito al lavoro gli uomini che erano al fronte. La consapevolezza di aver assunto un ruolo ancora più centrale all’interno società oltre che della famiglia, crebbe e con essa la volontà di rivendicare i propri diritti. Già nel 1922 un deputato socialista, Emanuele Modigliani aveva presentato una proposta di legge per il diritto di voto femminile, che però non arrivò a essere discussa, per la Marcia su Roma. Mussolini ammise le donne al voto amministrativo nel 1924, ma per pura propaganda, poiché in seguito all’emanazione delle cosiddette “leggi fascistissime” tra il 1925 ed il 1926, le elezioni comunali vennero, di fatto, soppresse. Bisognerà aspettare la fine della guerra perché l’Italia affronti concretamente la questione.

Costituito il governo di liberazione nazionale, le donne si attivarono per entrare a far parte del corpo elettorale: la prima richiesta dell’ottobre 1944, venne avanzata dalla Commissione per il voto alle donne dell’Unione Donne Italiane (Udi), che si mobilitò per ottenere anche il diritto di eleggibilità (sancito da un successivo decreto datato 10 marzo 1946). Si arrivò così, dopo anni di battaglie per il suffragio universale, al primo febbraio 1945, data storica per l’Italia. Il decreto prevedeva la compilazione di liste elettorali femminili distinte da quelle maschili, ed escludeva però dal diritto le prostitute schedate che esercitavano “il meretricio fuori dei locali autorizzati”.

Le elezioni dell’esordio furono le amministrative tra marzo e aprile del 1946 e l’affluenza femminile superò l’89%. 

#lucenews #lucelanazione #dirittodivoto #womenrights #1febbraio1945
  • La regina del pulito Marie Kondo ha dichiarato di aver “un po’ rinunciato” a riordinare casa dopo la nascita del suo terzo figlio. La 38enne giapponese, considerata una "Dea dell’ordine", con i suoi best seller sull’economia domestica negli ultimi anni ha incitato e sostenuto gli sforzi dei comuni mortali di rimettere in sesto case e armadi all’insegna del cosa “provoca dentro una scintilla di gioia”. Ma l’esperta di decluttering, famosa in tutto il mondo, ha ammesso che con tre figli da accudire, la sua casa è oggi “disordinata”, ma ora il riordino non è più una priorità. 

Da quando è diventata madre di tre bambini, ha dichiarato che il suo stile di vita è cambiato e che la sua attenzione si è spostata dall’organizzazione alla ricerca di modi semplici per rendere felici le abitudini di tutti i giorni: "Fino a oggi sono stata una organizzatrice di professione e ho dunque fatto il mio meglio per tenere in ordine la mia casa tutto il tempo”, e anche se adesso “ci ho rinunciato, il modo in cui trascorro il mio tempo è quello giusto per me in questo momento, in questa fase della mia vita”.

✍ Marianna Grazi 

#lucenews #lucelanazione #mariekondo
  • La second hand, ossia l’oggetto di seconda mano, è una moda che negli ultimi anni sta diventando sempre più un’abitudine dei consumatori. Accumulare roba negli armadi, nei cassetti, in cantina, non è più un disagio che riguarda soltanto chi soffre di disposofobia, ossia di chi è affetto da sindrome dell’accumulatore compulsivo. Se l’acquisto è l’unica azione che rende felice l’uomo moderno, non riuscire a liberarsene è la condanna di molti.

Secondo quanto emerge dall’Osservatorio Second-hand Economy 2021, realizzato da BVA Doxa per Subito.it, sono 23 milioni gli italiani che, nel 2021, hanno fatto ricorso alla compravendita di oggetti usati grazie alle piattaforme online. Il 52% degli italiani ha comprato e/o venduto oggetti usati, tra questi il 15% lo ha fatto per la prima volta. L’esperienza di compravendita online di second hand è quella preferita, quasi il 50% degli affari si conclude online anche perché il sistema di vendita è simile a un comune eCommerce: internet è il canale più veloce per quasi la metà dei rispondenti (49%), inoltre offre una scelta più ampia (43%) e si può gestire comodamente da casa (41%). Comprare second hand diventa una sana abitudine che attrae ogni anno nuove persone, è al terzo posto tra i comportamenti sostenibili più messi in atto dagli italiani (52%) – preceduto sempre dalla raccolta differenziata (94%) e l’acquisto di lampadine a LED (71%) –, con picchi ancora più alti di adozione nel 2021 da parte dei laureati (68%), di chi appartiene alla generazione Z (66%), di chi ha 35-44 anni (70%) e delle famiglie con bambini (68%). 

Ma perché concretamente si acquista l’usato? Nel 2021 le prime tre motivazioni che inducono a comprare beni usati sono: il risparmio (56%, in crescita di 6 punti percentuali rispetto al 2020), l’essere contrari agli sprechi e credere nel riuso (49%) e la convinzione che la second hand sia un modo intelligente di fare economia e che rende molti oggetti più accessibili (43%). 

✍E tu? Hai mai comprato accessori oppure oggetti di seconda mano? Cosa ne pensi?

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  • È iniziata come una sorta di sfida personale, come spesso accade tra i ragazzi della sua età, per testare le proprie capacità e resistenza in modo divertente. Poi però, per Isaac Ortman, adolescente del Minnesota, dormire nel cortile della sua casa è diventata una missione. 

“Non credo che la cosa finisca presto, potrei anche continuare fino all’università – ha detto il 14enne di Duluth -. È molto divertente e non sono pronto a smettere”. 

Tanto che ormai ha trascorso oltre 1.000 notti sotto le stelle. Il giovane, che fa il boy scout, come una specie di moderno Barone Rampante ha scoperto per caso il piacere di trascorrere le ore di sonno fuori dalle mura di casa, persino quando la temperatura è scesa a quadi 40 gradi sotto lo zero. Tutto è iniziato circa tre anni fa, nella baita della sua famiglia a 30 miglia da casa, diventando ben presto una routine notturna. Il giovane Ortman ricorda bene il giorno in cui ha abbandonato la sua camera da letto per un’amaca e un sacco a pelo, il 17 aprile 2020, quando era appena in prima media: “Stavo dormendo fuori dalla nostra baita e ho pensato: ‘Wow, potrei provare a dormire all’aperto per una settimana’. Così ho fatto e ho deciso di continuare”. 

“Non si stanca mai: ogni notte è una nuova avventura“, ha detto il padre Andrew Ortman, 48 anni e capo del suo gruppo scout. 

Sua mamma Melissa era un po’ preoccupata quella notte, lei e il padre gli hanno permesso di continuare la sua routine. “Sa che deve entrare in casa se qualcosa non va bene. Dopo 1.000 notti, ha la nostra fiducia. Da quando ha iniziato a farlo, è cresciuto sotto molti aspetti, e non solo in termini di statura”, dice orgogliosa. 

“Non lo sto facendo per nessun record o per una causa, mi sto solo divertendo. Ma con il ragazzo che dorme in Inghilterra, credo si possa dire che si tratta di una gara non ufficiale”, ha detto Isaac riferendosi all’adolescente inglese Max Woosey, che ha iniziato la sua maratona di sonno all’aperto il 29 marzo 2020, con l’obiettivo di raccogliere fondi per un ospedale che cura un suo anziano amico.

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In queste settimane e ore drammatiche, la Farnesina ha sempre lavorato, Di Maio in testa. Non spetta a me dirlo, ma il ministro ha ricevuto critiche ingenerose. Sia sulla prima emergenza che sulla preparazione del G20 e nei lavori del G7 la Farnesina non ha perso un attimo di tempo, e dal 15 agosto in poi. Questo dicono i nudi fatti. E mi faccia ringraziare, per l’evacuazione in corso, tutto il personale della Farnesina e della Difesa”. Marina Sereni (classe 1960, umbra, una lunga militanza nel Pci-Pds-Ds-Pd, partito che ha contribuito a fondare e ne è stata vicepresidente, come pure lo è stata della Camera dei Deputati) è una che lavora tanto e parla poco. Viceministro al ministero degli Esteri nel Conte II, confermata nel governo Draghi, sempre al fianco di Di Maio, segue un settore che è diventato la sua passione, la cooperazione internazionale allo sviluppo.   Viceministro, l’altro ieri, alla Farnesina, si è tenuta una riunione molto importante. Può spiegare a Luce! i contenuti di quell’incontro? “Il ministro degli Esteri ha presieduto un tavolo con me e i rappresentanti delle organizzazioni della società civile che operano in Afghanistan. Al centro dell’incontro, che si è svolto presso l’Unità di crisi della Farnesina, abbiamo ribadito l’impegno del governo e delle Osc (Organizzazioni società civile, si chiamano così le ‘vecchie’ Ong, dopo la legge sulla cooperazione, ndr.) in merito alla crisi afghana. Una riunione che ci è stata chiesta dalle tre reti di cooperazione (Aoi, la più grande, Link 2007 e Cini, ndr) sull’emergenza e anche per il più lungo periodo. Lo abbiamo fatto in uno spirito di squadra che coinvolge tutti gli attori italiani impegnati nell’evacuazione dell’operazione ‘Aquila omnia’: ministeri della Difesa, degli Esteri e dell’Interno. Molti cooperanti li abbiamo già riportati in Italia, altri vogliono restare lì, come Emergency, Intersos, Action Aid, Save the Children con dei loro presidi”.  
Marina Sereni con il ministro Di Maio

Di Maio ha annunciato che nascerà un tavolo di coordinamento con le Osc e che il loro lavoro è “prezioso e la loro esperienza imprescindibile”. Il tavolo è stato affidato a lei. Cosa farete, ora?

“Lavoreremo su cinque direttrici, tutte importanti. La prima è, ovviamente, la protezione dei civili, che vanno espatriati nel maggior numero possibile, ove lo richiedano. La seconda è continuare a garantire gli aiuti umanitari anche dopo il 31 agosto e che, per le Osc, vi sia la possibilità di continuare a lavorare per chi vuole restare in Afghanistan. La terza è la necessità di tutelare il più possibile, in Afghanistan, i diritti umani, la maggiore conquista di questi 20 anni. La quarta è il contrasto al terrorismo e la gestione dei flussi migratori che, con il tempo, arriveranno garantendo il più possibile corridoi umanitari. La quinta è aiutare gli afghani che vogliono andare via e garantire loro asilo, rapportandoci non solo con le Osc che hanno richiesto di aprire il tavolo, ma anche con le istituzioni locali e il nostro Stato. Dobbiamo aiutare gli afghani che restano lì, e che saranno sottoposti a povertà, fame, persecuzioni, e quelli che fuggono cercando di arrivare fin qui. Il modello cui penso è quello usato in Bosnia”.   C'è  anche un aiuto economico importante, deciso dalla Farnesina, per la cooperazione. Basterà? “Sì. Di Maio ha annunciato, già in audizione in Parlamento e oggi lo ribadirà in seno al cdm, che i 120 milioni che servivano all’assistenza militare di training alle forze militari afghane verranno riconvertiti per usi civili. Il Maeci (si chiama così, dal 2014, e non più Mae, proprio a indicare lo sforzo verso la cooperazione internazionale, ndr.), cioè l’intera Farnesina, è in prima linea in questa azione, insieme all’intero governo. Inoltre, vi sono 21 milioni di euro stanziati per la cooperazione allo sviluppo con l'Afghanistan, che verranno riorientati per l'assistenza umanitaria verso questo Paese. Un vero e proprio piano per l’Afghanistan di 140 milioni in totale che verranno utilizzati per scopi umanitari. Un piano soprattutto per le donne afghane, con borse di studio messe a punto con il Ministero dell’Università e con molti altri progetti”.   Già, oggi tutti a preoccuparsi per gli afghani. Tra qualche mese saranno solo migranti contro cui erigere nuovi ‘muri’, in Europa e in Italia… “Abbiamo un debito verso il popolo afghano e non solo verso chi ha collaborato con l’Italia. Arriveranno ondate migratorie importanti, anche se non si sa quando. L’Afghanistan conta 35 milioni di abitanti. Non partiranno, perché non lo vorranno o non potranno, tutti, ma la Ue si deve preparare a organizzazione una risposta degna di una vera Unione europea. Esposti politicamente, ci sono giornalisti, collaboratori delle ong, attivisti dei diritti umani e non certo tutti sono definibili come ‘collaboratori’ dell’Italia. Dobbiamo aiutarli. La Ue, su questo tema, può decidere non all’unanimità, che non si troverà, ma trovando una posizione unitaria tra i Paesi europei più ‘volenterosi’. Le stesse Nazioni Unite ci chiedono di fermare i rimpatri verso l'Afghanistan. Dobbiamo farci carico di parte di questi profughi, anche per contrastare il traffico di esseri umani e anche per combattere i flussi irregolari e il problema del terrorismo. Non si può far finta che questi problemi non esistano, ma dobbiamo aiutare anche chi non ha avuto e non avrà il riconoscimento di status di protezione umanitaria”.   Tranne Claudi, ormai assurto ad ‘eroe’, la Farnesina è ‘scappata’ da Kabul, dicono i social. “Per nulla. L’ambasciatore Sandalli voleva restare a tutti i costi, ma il Maeci ha deciso di farlo rientrare e Di Maio ha spiegato bene perché. Abbiamo ricostruito la struttura operativa della nostra ambasciata alla Farnesina. Non è rimasto solo Claudi, che è stato molto coraggioso. Abbiamo lavorato all’interno di un’operazione militare, Aquila omnia, con tutte le restrizioni del caso”.   Viceministro Sereni, allarghiamo lo sguardo, ‘oltre Kabul’. Dove opera la nostra cooperazione? “Innanzitutto, abbiamo una buona e solida tradizione di cooperazione allo sviluppo fatta di istituzioni nazionali e locali, di organizzazioni della società civile, una vera novità figlia della legge di riforma del 2014, che permette anche a società e imprese private di fare vera cooperazione allo sviluppo, anche con il supporto di Cdp (Cassa depositi e prestiti, ndr.). L’Italia ha 22 Paesi indicati come prioritari in tre scacchieri: quello medio-orientale e africano, ormai il più grande e il più importante, quello asiatico e quello in America centrale e latina. Ovviamente, l’area dei Balcani, la mediorientale e quella africana, dove ormai la differenza tra Africa sub-sahariana e Nord Africa non c’è più, è quella cruciale. L’8 e 9 ottobre organizzeremo due giorni di focus sull’Africa, poi sull’America Latina. Però abbiamo un problema. Come Italia dedichiamo lo 0,22% del Pil alla cooperazione. E’ troppo poco. Abbiamo sottoscritto un impegno, insieme a tanti altri Paesi, a raggiungere lo 0,7%. Nel prossimo bilancio dello Stato, Di Maio ha annunciato che chiederemo un aumento consistente dei fondi per la cooperazione che è un pezzo essenziale della politica estera di un Paese. Un impegno che è stato preso e voglio rispettare”.  
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