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Lorena Cesarini per la parità di genere: "La figura del nero è associata all'immigrato"

L'attrice: "La disparità salariale è solo una forma di un problema più grande: la violenza di genere che ha origine negli sterotipi"

di BARBARA BERTI -
18 luglio 2022
Lorena Cesarini (Instagram)

Lorena Cesarini (Instagram)

"Quello della disparità salariale è solo una forma di quello che è un problema più grande: la violenza di genere che ha origine negli stereotipi". Lo sostiene l'attrice Lorena Cesarini, già co-conduttrice di Sanremo 2022 e testimonial dell’evento "L’uguaglianza del lavoro" che si è tenuto il 18 luglio al MAXXI di Roma. Sono proprio gli stereotipi a causare discriminazioni di ogni tipo, gli stessi che portano ad associare “il nero all’immigrato in Italia” dice ancora l’attrice nata in Senegal, a Dakar, da mamma africana e padre italiano. Diventata famosa per il ruolo di Isabel Mbamba, la prostituta che scioglie il cuore di Alessandro Borghi/Aureliano nella serie Netflix "Suburra", l'attrice vorrebbe slegarsi dagli stereotipi ma le arrivano costantemente provini in cui le chiedono di "fare la parte dell’immigrata o della prostituta pur essendo italianissima", visto che è cresciuta nel Belpaese.
L'attrice Lorena Cesarini (Instagram)

L'attrice Lorena Cesarini (Instagram)

La Cesarini parla anche delle disparità nel mondo dello spettacolo. "Le statistiche ci dicono che le donne vengono pagate meno degli uomini e questo fenomeno si chiama Gender Pay Gap" dice la 35enne, spiegando come l’unica vera arma sia la cultura, la conoscenza. "In questo Gender Pay Gap, anche il mondo dello spettacolo, di cui faccio parte, è coinvolto. Sia per quanto riguarda la distribuzione dei ruoli, sia per quanto riguarda e il discorso del salario" sostiene l’attrice che, dopo la battaglia contro il razzismo di cui si è fatta portavoce anche sul palco dell’Ariston, ha fatto sua la lotta per le pari opportunità.
 
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L’iniziativa "L’uguaglianza del lavoro" è stata organizzata dalla Regione Lazio in occasione della Giornata regionale contro le discriminazioni di genere sul lavoro, istituita con la legge regionale numero 7 del 2021 sulla parità salariale. Le ultime rilevazioni Eures nel Lazio registrano che l’occupazione femminile nel biennio 2019-2021 ha segnato un bilancio in perdita di oltre 41mila lavoratrici. Secondo un’indagine Istat (2019) in Italia una donna su 10 afferma di aver rinunciato a lavorare per dedicarsi alla cura dei figli, a fronte di una media europea del 3,7% e oltre il 43% delle lavoratrici laureate afferma di aver dovuto modificare o ridurre il proprio orario lavorativo (almeno una volta nel corso della vita lavorativa) per riuscire a conciliare lavoro e famiglia. Quota che scende al 19% per gli uomini lavoratori laureati.
Lorena Cesarini all’evento "L’uguaglianza del lavoro" che si è tenuto il 18 luglio al MAXXI di Roma

Lorena Cesarini all’evento "L’uguaglianza del lavoro" che si è tenuto il 18 luglio al MAXXI di Roma

"Di fronte ai dati ancora preoccupanti sulla partecipazione femminile al mercato del lavoro, nel Lazio abbiamo voluto prospettare soluzioni: una legge sui servizi educativi per investire sul welfare di sostegno alle famiglie ed eradicare le diseguaglianze, anche di genere, a partire dall’infanzia. E una legge (n. 7 del 2021) che ha introdotto strumenti concreti per incidere sulle cause strutturali del Gender Gap promuovendo l’occupazione femminile stabile e di qualità e la valorizzazione dei talenti delle donne" ricorda Eleonora Mattia, presidente IX Commissione del Consiglio Regionale del Lazio e promotrice della legge contro le discriminazioni di genere sul lavoro. "Nessuna donna deve più decidere se andare a lavorare o fare un figlio" sostiene ancora la presidente Mattia dicendo che nella regione Lazio esistono il Registro regionale delle aziende virtuose in materia di parità di genere e il protocollo tra Regione e Anci Lazio per il sostegno dei Comuni virtuosi. Il primo rappresenta uno spazio di diffusione di buone pratiche aziendali tramite un sistema di incentivi rivolto alle aziende che mostrano di adottare modelli organizzativi interni paritari; il secondo, invece, riguarda il monitoraggio dei Comuni e le modalità di concessione della ‘Certificazione di equità di genere’ per gli enti locali virtuosi – con equa rappresentanza femminile nelle giunte e posizioni apicali, che attuano il bilancio di genere e costituiscono il Comitato Unico di Garanzia – e un relativo sistema di premialità con maggiorazioni fino al 5% nei punteggi in avvisi e bandi regionali.