"[...]Altrove nascono mille, centomila bambini, e mamme di futuri bambini: la vita non ha bisogno né di te né di me. Tu sei morto. Forse muoio anch'io. Ma non conta. Perché la vita non muore". La vita non muore, nonostante un aborto. Questo il messaggio che ha lasciato Oriana Fallaci in "Lettera a un bambino mai nato" (1975), tre anni prima che in Italia entrasse in vigore la legge 194, quella che ha depenalizzato e disciplinato le modalità di accesso all'aborto. Non è quel 'bambino mai nato' a fermare la vita. Ma spesso, la vita, la salva. Alle donne che subiscono violenza e rimangono incinta del loro stupratore, a quelle che scoprono che il loro bambino ha delle gravi malformazioni o nascerà già in fin di vita (se non già morto), a quelle che un figlio non lo vogliono. Non per cattiveria, non perché sono 'anormali'. Ma per libera scelta. Una scelta che per molte, anche in paesi che si considerano democratici e ‘avanzati’ dal punto di vista dei diritti umani, non è o non sarà più contemplata. "Una decisione codarda". Forse sono le parole della speaker della Camera nel Congresso Usa, e terza carica dello Stato, le migliori per descrivere quello che sta accadendo - o meglio è accaduto - negli ultimi giorni negli Stati Uniti in tema di aborto. Nancy Pelosi è intervenuta pubblicamente sulla scelta della Corte Suprema americana di non bloccare la stretta varata dal Texas, che vieta l'aborto già dalla sesta settimana di gravidanza. La decisione dei nove giudici, la cui maggioranza conservatrice è stata plasmata dall'ex presidente Donald Trump, apre la strada a un possibile, clamoroso rovesciamento della sentenza del 1973, quella che legalizzò l'aborto in America, la 'Roe contro Wade'.
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