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#losapevamotutte, l’hashtag dopo l'omicidio di Giulia Tramontano

5000 post per dire basta: "Avevamo capito che non ti eri allontana da sola, era stato lui, tu eri già morta". Salgono a 23 le donne uccise dall’inizio dell’anno

di LETIZIA CINI -
1 giugno 2023
losapevamotutte

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Lo sapevamo tutte che Giulia Tramontano non sarebbe tornata a casa, anche quando qualcuno voleva aggrapparsi alla speranza estrema che quel passaporto mancante fosse la prova di una fuga, magari per il troppo dolore di aver scoperto che il suo compagno aveva un’altra  donna, che a sua volta aspetta un bambino.
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Giulia Tramontano, la ragazza scomparsa (a destra) e il suo fidanzato Alessandro Impagnatiello

Già, lo sapevamo tutte... E la Rete riporta le nostre paure. Su Twitter ha iniziato a circolare l’hashtag #losapevamotutte: avvocate, attiviste, centri antiviolenza, associazioni vedevano in questa vicenda già i contorni macabri del femminicidio. Che poi Alessandro Impagnatiello ha confessato nei più atroci particolari. “Gli addetti ai lavori hanno subodorato subito la storia di di violenza che c’era dietro il femminicidio. Lui era stato violento con lei già in passato. Ricordiamoci sempre che il femminicidio è solo l’ultimo atto perpetrato. La gravidanza è un periodo molto rischioso per queste donne. La violenza fisica si manifesta o si aggrava, come anche quella psicologica: si perde il controllo fisico del corpo della donna”. A parlare è Anna Agosta, consigliera della rete dei centri antiviolenza D.i.Re e presidente dell’associazione Thamaia Onlus di Catania. La gravidanza quindi, ma anche il confronto chiarificatore tra le due donne, la compagna ufficiale e l’amante, sarebbero diventati elementi scatenanti nel piano dell’assassino. “Si erano parlate e lui non aveva più il controllo”, sottolinea l’attivista. A quel punto invece di “assumersi la responsabilità di quanto accaduto” e stando a cosa si legge sulle prime ricostruzioni, il pensiero sarebbe diventato, come accade in questi casi, “eliminare fisicamente la donna e in questo caso anche il bambino: l’ostacolo alla propria vita”.
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#losapevamotutte: Giulia Tramontano, la ragazza uccisa dal suo fidanzato, reo confesso, Alessandro Impagnatiello

Un precedente: Cristina Omes

Viene in mente il caso analogo del 2014, sempre nel milanese, di Carlo Lissi, 31 anni, che uccise la moglie Cristina Omes, 38 anni, dopo aver fatto l’amore con lei, e finì con l’accoltellare i suoi due figli Giulia e Gabriele, di 5 anni e di 20 mesi. Si era innamorato di un’altra, anche lui. Nel caso di Giulia, incinta al settimo mese e con un corredino per il neonato già pronto, “credo dovrebbe configurarsi il 593 ter per l’interruzione non consensuale della gravidanza con violenza”, aggiunge Agosta che torna a denunciare la “normalizzazione della violenza: 23 donne uccise dall’inizio dell’anno e a marzo c’è stata un’impennata. "Come rete D.i.Re ogni anno accogliamo 21-22mila donne, ma c’è un sommerso tremendo. Aumentano le norme e le pene, ma i numeri non scendono... come mai?  - si chiede - Perché la violenza ha una radice culturale profonda e servono politiche di prevenzione e formazione. Non è un’emergenza, ma un fenomeno culturale, trasversale ed endemico”.

I dati dell'orrore

La conferma arriva anche dai recenti dati pubblicati dal Viminale relativamente al periodo gennaio - maggio 2023: 129 omicidi, con 45 vittime donne, di cui 37 uccise in ambito familiare e affettivo e di queste 23 hanno trovato la morte per mano del partner o dell’ex.

Femminicidio, il fenomeno resiste

Si registra un aumento del numero degli eventi che da 123 passano a 129 (+5%), mentre il numero delle vittime di genere femminile scende da 50 passano a 45. Il fenomeno resiste, nonostante misure interdittive, codice rosso e pene, perché resiste la normalità culturale della violenza sulle donne, secondo la denuncia di chi opera nei centri antiviolenza tutti i giorni. Per questo in molti fin dalla diffusione della notizia non hanno creduto alla fuga della futura mamma, ben prima che le tracce di sangue e le prime ammissioni portassero a quel corpo accoltellato a morte che l’assassino, in un macabro rituale che non lo accontentava. Provando anche, per ben due volte, a darlo alle fiamme.

Omicidio premeditato

Per gli investigatori, quello di Senago è stato un omicidio premeditato. Pianificato dal barman trentenne Alessandro Impagnatiello. “Indagini, chat e ricerche su internet” sarebbero lì a testimoniare, secondo il pm Alessia Menegazzo, che l’uomo si è preparato all’ultimo incontro con Giulia Tramontano, cercando sul web ad esempio le modalità per disfarsi del corpo e di come bruciare un cadavere per farlo sparire o per renderlo irriconoscibile. “L’assassino si è accanito sul corpo”, conferma anche il comandante provinciale dei carabinieri Iacopo Mannucci Benincasa.
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Omicidio di Giulia Tramontano, l'arresto del barman omicida

L’hashtag #losapevamotutte

Losapevamotutte, 5000 post per dire basta:  #losapevamotutte è l’hashtag di tendenza in queste ore su twitter in seguito all’uccisione di Giulia Tramontano, l’ennesimo femminicidio. I pensieri, la rabbia, il dolore, l’amarezza espressi in quasi 5000 tweet si intrecciano anche con un altro caso di cronaca, ancora più recente, l’omicidio di Pier Paola Romana, la poliziotta uccisa oggi a Roma da un collega che si è poi suicidato.
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La prima vittima del 2023 è stata Giulia Donato, una ragazza di 23 anni uccisa a Genova dal suo fidanzato, Andrea Incorvaia, 32 anni

I messaggi per Giulia e il suo bambino

A spiegare il senso dell’hashtag una delle tante utenti: "Avevamo capito che: non si era allontana da sola, era stato lui, era già morta. Lui aveva simulato la fuga con messaggi, soldi passaporto. Questa splendida ragazza ed il suo bimbo non avranno giustizia. Sappiamo anche questo". Tra coloro che scrivono c’è anche chi Giulia forse l’aveva incrociata: "Aveva frequentato la mia stessa università, l’Orientale di Napoli. Adesso quando percorrerò quei corridoi un mio pensiero andrà a te e al tuo bambino. Due vite strappate. Cara Giulia, riposa il pace accanto al tuo bimbo". Sono tanti anche i nomi noti che lasciano un’amara riflessione. Come quella della giornalista Myrta Merlino. "Cambiano le città, i nomi. Ma, ogni volta, ripetiamo lo stesso sfogo, per ogni drammatico epilogo. Conosciamo i meccanismi, denunciamo le violenze, ma nulla cambia. E tutto si consuma sulla pelle e col sangue delle donne. Dire basta non basta più". Critiche feroci a chi ha esortato le donne a salvarsi. "Sì, certo, alle ragazze va insegnato come vestirsi, qual è l’approccio giusto, e ora pare che debbano essere educate anche nella scelta del partner. Tutto ciò è assurdo, e privo di rispetto nei confronti delle vittime". Mentre il sentire comune non è quello di istruire le donne a difendersi, ma i educare i figli a rispettarle. "Non possiamo uscire di notte da sole - constata un’altra - è meglio che non usiamo le app di incontri perché non si sa mai. Non possiamo lasciarci perché qualcuno potrebbe rivendicarci come proprietà, e ora non possiamo nemmeno fidanzarci e avere figli perché chi lo sa come sarà". "La cosa terribile del fatto che #losapevamotutte è rendersi conto - osserva un’altra - ogni giorno di più del clima e della cultura di questo paese che hanno reso così facile per un uomo pensare che la prima soluzione ai suoi problemi sia uccidere una donna".

I commenti degli uomini

Non mancano i commenti degli uomini, messi nell’hashtag sul banco degli imputati: "In un Paese dove si tende a giustificare tutto anche la violenza dove è più importante combattere la gravidanza per altri (utero in affitto, ndr) che il femminicidio non avevamo bisogno di un’altra confusione tra vittima e carnefice... è dare voce alla parte più brutta della nostra società", I più si chiedono quante vite spezzate dovranno ancora vedere, prima che le istituzioni considerino i femminicidi una priorità in Italia. "Poi mi dite quante ne devono morire ancora - sintetizza bene un’altra utente - prima di portare l’educazione sentimentale, sessuale e di genere a scuola. Dalla primaria. Voi pensate che con i piccoli non si debba parlare di questi temi, invece è proprio quando sono piccoli che bisogna parlarne".