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Home » Attualità » Luce! grandi numeri: la carica dei mille a Palazzo Vecchio per ‘Dream Time’, 500mila le persone raggiunte sui social

Luce! grandi numeri: la carica dei mille a Palazzo Vecchio per ‘Dream Time’, 500mila le persone raggiunte sui social

Cinquanta speaker, 197 contenuti, 25 talk: il bilancio del festival organizzato a Firenze per i due anni di 'Luce!' e una carrellata sui suoi protagonisti. Intanto si pensa alla prossima edizione

Letizia Cini e Ludovica Criscitiello
28 Novembre 2022
Luce! grandi numeri: oltre mille le persone illuminate da 'Dream Time', 500mila quelle raggiunte sui social

Luce! grandi numeri: oltre mille le persone illuminate da 'Dream Time', 500mila quelle raggiunte sui social

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Oltre le aspettative: 50 speaker, oltre 1000 partecipanti in presenza, mezzo milione le persone raggiunte sui social, 197 contenuti, 150 studenti, 25 talk, 15 partner, 18 ore di girato video. Questo, in numeri, il bilancio della prima edizione di Dream Time, festival «per pensare a un mondo migliore», organizzato in occasione dei due anni di Luce! (luce.lanazione.it), progetto editoriale del Gruppo Monrif dedicato all’inclusione, alla diversità e alla coesione sociale.

Un evento organizzato in collaborazione con il Comune di Firenze, che sabato 26 novembre ha acceso il Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio: un’intera giornata dedicata a incontri, dibattiti, musica con tanti ospiti e creator provenienti dal mondo dell’economia, della politica e dello spettacolo che si sono succeduti nel palco più prestigioso della città.  Tantissimi gli ospiti che hanno trasformato in realtà un sogno chiamato Dream Time. Dagli amici di Luce! (Atlantia, Crédit Agricole Italia, FS, Gucci, Axa, Grimaldi Lines,  Ruffino, Philip Morris, Regione Toscana, Rekeep, Sorgenia, Nuvenia, che ha pensato anche a degli omaggi per il pubblico, mentre Haribo, che ha distribuito migliaia di caramelle), al fiore all’occhiello del canale, i membri del comitato scientifico: presenti a Firenze la Ceo di Beyond Int. & Double Partner Luisa Bagnoli, lo scrittore, regista e sceneggiatore Ivan Cotroneo, l’attivista e filantropa dell’edutainment Claudia Segre, la presidente di Diversity Francesca Vecchioni; vicini con il pensiero l’imprenditore sociale Luca Trapanese, il sondaggista Nando Pagnoncelli e la filosofa Laura Boella. E ancora il presidente della Regione Toscana Eugenio Giani, Miriam Figerio, Sara Ghedini, Maria Sole Aliotta, Elisa Dellarosa, Eleonora Santi, il vice direttore di Sky TG24 Omar Schillaci.

Tanti e di spessore anche gli argomenti trattati: l’universo femminile con l’attrice Gaia Nanni e il cantante Lodo Guenzi, la musica come espressione dei sentimenti con l’attrice e cantante Margherita Vicario, i problemi degli immigrati di seconda generazione insieme con Antonio Dikele Distefano, scrittore che ha appena debuttato alla regia del film Autumn Beat, il disagio mentale col regista Francesco Bruni e gli attori della serie Netflix Tutto chiede salvezza, Lorenzo Renzi, Vincenzo Nemolato e Vincenzo Crea e ancora la violenza sulle donne con Cathy La Torre, i modelli femminili di managerialità stereotipati con l’imprenditrice e autrice di Armocromia Rossella Migliaccio, l’estrema povertà con Gaia Zorzi, giovanissima testimonial e volontaria della Fondazione Francesca Rava, l’unicità grazie ad amatissimi protagonisti dei social, Francesco Cicconetti e Pierluca Mariti, meglio conosciuti come Mehths e Piuttosto Che, i fratelli Margherita e Damiano Tercon con Philipp Carboni, in arte i Terconauti (con loro in collegamento video l’Ad Haribo Marco Piantanida), i tabù su femminilità a V-Zone con la psicologa Lara Pelagotti, i contributi video di Andrea Bocelli e Tiziano Ferro. Impossibile davvero elencarli tutti.
La serata si è conclusa con la toccante esibizione del rapper sordo Brazzo, le parole sincere di Emma e l’entusiasmo trascinante degli Eugenio in via Di Gioia. Impossibile fare meglio? Forse, lo scopriremo nel 2023, quando si accenderanno le luci sulla prossima edizione di Dream Time.

I protagonisti

Lodo Guenzi
Il cantautore e attore Lodo Guenzi

Ivan Cotroneo

“Da sempre cerco di accendere un faro su realtà che non vengono raccontate. L’ho fatto con “Tutti pazzi per amore” e “La Compagnia del Cigno”. Ivan Cotroneo, membro del comitato scientifico di Luce “cervello che muove idee e temi poi sviluppati dai giornalisti di Luce” – come ha detto la direttrice Agnese Pini. Con il regista, autore e sceneggiatore napoletano si è parlato dell’importanza di dare più spazio alle donne nel mondo del cinema. “Le registe sono al di sotto del 20% e le sceneggiatrici si attestano al 15 per cento. D’altronde continuo a vedere fin troppo sessismo nel mondo dell’intrattenimento”. Meno male che, in mezzo a tutto questo ci sono anche rappresentazioni corrette come nella serie “Tutto chiede salvezza” laddove certi cliché vengono del tutto abbandonati”. Il punto di partenza per superare questa visione patriarcale è la scuola dove Cotroneo va spesso per parlare con i ragazzi. “La speranza che ho è nel futuro e nei ragazzi che sono molto più liberi e fuori dagli schemi”.

MammeMatte e Fondazione Rava

La difficoltà di adottare in un mondo in cui tanti bambini hanno bisogno di una famiglia. Ma non di quella perfetta, o cosiddetta “tradizionale”. Quella disposta ad amare al di là del legame biologico. Sul palco della Festa di Luce! Emilia Russo e Karin Falconi dell’associazione “MammeMatte”, professioniste del sociale e mamme adottive, affidatarie, biologiche che si occupano di facilitare l’adozione di bimbi “difficilmente collocabili” perché già grandi, o con disabilità. “Dal 2017 a oggi abbiamo trovato una casa per una settantina di bimbi – raccontano – e continuiamo a denunciare l’atteggiamento a volte ostico di tanti tribunali che ostacolano le adozioni soprattutto da parte di coppie omosessuali o single”. Insieme alle “MammeMatte” anche Gaia Zorzi e Delfina Boni della Fondazione “Francesca Rava” che hanno raccontato dell’importanza di adottare a distanza. Poi il racconto di Elena Goretti consulente sui social media e mamma adottiva di due bimbe, una italiana e l’altra dal Vietnam che era con lei sul palco.

Vittorio Emanuele Parsi

La guerra in Ucraina e la democrazia in pericolo, le questioni affrontate nell’intervista della direttrice Agnese Pini al politologo Vittorio Emanuele Parsi. “Cosa significa per noi – chiede la Pini – vivere l’esperienza della guerra con modalità destinate a un passato lontano?”.
Parsi: “Significa che la guerra ha interrotto il futuro e ci ha ricacciati in un passato da cui eravamo usciti attraverso un duro lavoro da parte di politica e istituzioni. Nel 900 l’Europa è risorta, trasformandosi in tanti paesi europei, economia di mercato e società aperta. Realtà che adesso sono in pericolo”. Si fa fatica a costruire la pace oggi. “Deve cessare l’aggressione per ritornare a un tempo di pace, finché la Russia avrà la leadership, continuando ad attaccare un altro popolo e la sua volontà di autodeterminarsi le istituzioni democratiche correranno un serio pericolo”.

Cathy La Torre, Claudia Segre, Miriam Frigerio

Cathy La Torre avvocata, fondatrice e Ceo di Wildside Human First
Cathy La Torre avvocata, fondatrice e Ceo di Wildside Human First

“La possibilità di una donna di uscire dalla violenza familiare dipende molto dalla sua indipendenza economica – ha detto Cathy La Torre avvocata, fondatrice e Ceo di Wildside Human First -. In Spagna è stato istituito un reddito minimo per due anni per donne che denunciano abusi e violenze”. “Alla violenza si arriva alla fine di un percorso al quale spesso non facciamo caso – ha proseguito Miriam Frigerio, head of brand & communication di Sorgenia – per un’abitudine stratificata in gesti e linguaggi che ci sembrano normali”. Per l’attivista Katy La Torre: “Alla violenza fisica si arriva solo alla fine ma prima si verificano tante situazioni a partire dai fischi per strada fino alle costruzioni psicologiche che portano una donna a sentirsi sola. E arrivata al momento di denunciare non ci riesce. Parlare in modo corretto di violenza è fondamentale e bisogna farlo partendo alla destrutturazion degli stereotipi». «L’indipendenza economica è fondamentale – ha proseguito Claudia Segre presidente Global Thinking Foundation – anche per combattere fenomeni come la prostituzione”.

Francesco Cicconetti

«La satira è libera per definizione. Non possiamo decidere a priori cosa fa ridere una persona e cosa no. Possiamo però invitare tutti ad ascoltare gli altri prima di ridere. A capire se, dopo aver conosciuto le storie di chi è vittima di stereotipi, si ha ancora voglia di scherzarci sopra». Lo ha detto Pierluca Mariti (Piuttosto_che), comico, conduttore e content creator, parlando dei limiti che la satira devono porsi o meno. «E comunque – ha concluso – la satira dovrebbe colpire chi sta in alto. Non chi è vittima di stereotipi». «Sono stato il primo ragazzo trans a raccontarsi sui social – ha detto Francesco Cicconetti (Mehths) – e le persone ne avevano talmente bisogno che si sono attaccate con le unghie alla mia figura, solo perché non c’era nessun altro a cui riferirsi. La burocrazia in Italia è ancora molto indietro, la società è più avanti delle regole».

Cast “Tutto chiede salvezza”

Il disagio mentale è sempre più diffuso tra i giovani, soprattutto dopo la pandemia. Un argomento che viene affrontato nella serie Netflix “Tutto chiede salvezza”: il regista Francesco Bruni e gli attori Lorenzo Renzi, Vincenzo Nemolato e Vincenzo Crea, ospiti della festa di Luce!, portano le testimonianze su Tso e ospedali pediatrici, argomenti al centro della serie che racconta proprio le malattie mentali con una straordinaria e leggera abilità narrativa. Ma il cast porta anche un messaggio intergenerazionale: l’importanza dell’amicizia e delle relazioni nel percorso di cura per i problemi che attanagliano la mente. «I protagonisti sono reietti, gli ultimi come in un certo senso erano gli allievi di Don Milani, manca quella figura. Entra, però, in gioco la magia della fratellanza» dice il regista Bruni nel dialogo con il vicedirettore Luigi Caroppo.

Antonio Dikele Distefano

Antonio Dikele Distefano
Antonio Dikele Distefano

«Da bambino sognavo di fare il calciatore, ma anche una vita normale e una camera tutta mia – ha detto Antonio Dikele Distefano scrittore, sceneggiatore e regista -. Eravamo più poveri degli altri e non capivo perché, ma mia mamma ha sempre avuto la forza di insegnarmi che le cose importanti sono altre. Oggi mi sento ancora definire ’un nuovo italiano’, eppure ho 30 anni. Ho nipoti di 17 anni nati qui che non hanno cittadinanza, mentre loro coetanei nati in Argentina o in altri Paesi la hanno solo grazie a un nonno italiano pur non avendo mai vissuto qui. Sono fiducioso perché la società è più avanti della politica e i ragazzi di oggi sono meno arrabbiati di come ero io a 17 anni. E’ bello perché con la rabbia non si costruisce». «Prima di essere neri o bianchi siamo persone – ha proseguito Hamed Seydou protagonista di “Autumn Beat” – Il messaggio di Autumn Beat è quello di non mollare mai, di seguire la propria strada». Insieme a loro Sara Ghedini di Rekeep, azienda che ha dipendenti provenienti da tutto il mondo. “Abbiamo una realtà decisamente particolare, siamo molto grandi con 11 mila dipendenti di cui 3300 lavoratori nati all’estero e i lavoratori che vengono qui trovano il primo lavoro stabile e in regola più tutta una serie di politiche di welfare aziendale”.

Margherita Vicario

La cantante e attrice Margherita Vicario
La cantante e attrice Margherita Vicario

Quanto la musica riesce a far emergere le minoranze e le categorie deboli? Ne parla, sul palco durante la festa di Luce!, la cantautrice e attrice Margherita Vicario, intervistata da Letizia Cini, responsabile di Luce!. “La musica è un’industria – dice – E’ un sistema economico e dunque ci sono sempre dei vertici. Io devo dare la responsabilità a chi ce l’ha. Gli artisti di tutte le provenienze sociali esistono. Si tende un po’ ad andare sul sicuro. Nella musica mainstream lo spazio per le minoranze deve essere dato dagli artisti stessi nell’espressione della minoranza di per sé. Musica e sessualità: c’è spazio per parlare di sesso nel cantautorato? “La caratteristica del cantautorato – dice vicario – è che l’artista esprime al massimo i suoi sentimenti. Dipende dai generi. Nel rap spesso le donne sono sminuite, ma ci sono anche ottimi artisti perché il rap permette di giocare con le parole. Le parole sono importanti e parlano ai giovanissimi, quindi serve stare attenti al tipo di messaggio che si veicola. Nel cantautorato è evidente che ha molta più voce il cantautore stesso. Io nel mio piccolo, essendo una donna eterosessuale, riesco a parlare in maniera poetica anche di temi abbastanza intimi, cercando di essere fedele a me stessa”. Sui giovani: “I giovani sanno vivere non solo di competitività e lavoro, questa per me è la meglio gioventù nel contesto di un mondo altamente competitivo. E’ una gioventù flessibile che si adatta”.

Maria Sole Aliotta

Aiutare le donne travolte dalla tragedia della guerra si è concretizzato con un luogo per accogliere madri e bambini rifugiati a Roma dall’Ucraina: tutto ciò grazie ad Atlantia. Ne parla Maria Sole Aliotta. “Abbiamo parlato con le onlus chiedendo se le donne avrebbero voluto passare l’estate romana in un nostro summer camp per offrire un periodo di svago. Abbiamo dunque accompagnato questa comunità fatta di circa 1200 profughi per tutta l’estate”. Aliotta racconta le tante storie di guerra: “Ci siamo trovati davanti donne molto forti che avevano un lavoro, aziende, un tenore di vita medio alto. Abbiamo visto donne preparate e dovevamo capire come aiutarle. Nel giro di una notte sono scappate da un conflitto, svegliate dalle sirene. Alcune di loro aspettavano un bambino, alcune con dei bimbi affetti da malattie importanti. Altre sono salite su un bus, salutando il marito e non sapendo se lo avrebbero rivisto Nella tragedia ci sono le piccole tragedie in cui la donna diventa eroe”.

Lara Pelagotti e Francesca Vecchioni

Due donne, Lara Pelagotti, psicologa e psicoterapeuta per Nuvenia, e Francesca Vecchioni, presidente della Fondazione Diversity affrontano la condizione femminile di oggi. “Solo 31% intervistati conosce differenza fra vulva e vagina e solo 34% donne si dice soddisfatta – dice Pelagotti –. Il fatto che manchino le parole significa poterne parlare meno. Arriverà momento in cui parlare di certi temi non avrà più importanza”. Luce ha un grandissimo pregio che è quello di partire dalle persone. “Noi vogliamo farlo continuano a migliorare il modo di cui raccontiamo le persone senza farle sentire inferiori. Non utilizzando, anche nella comunicazione, una prospettiva paternalistica né eroica. Certe persone vengono raccontate solo se speciali – evidenzia Vecchioni, componente del Board di Luce! – e così facendo tutte le altre sentiranno il dovere di adeguarsi. Se invece fai disegnare il mondo da persone disabili, il mondo non avrà più disabilità”.

Terconauti con Pilipp Carboni, Andrea  Pinna e Marco Piantanida di Haribo

L’autismo, l’omosessualità e la salute mentale i temi affrontati da Il primo Damiano, Margherita Tercon e Philipp Carboni: “Siamo i Terconauti. Damiano, che è mio fratello maggiore, è autistico – spiega la 32enne riminese –. Noi parliamo di autismo sui social, cercando di mostrarlo come parte della quotidianità e della normalità”. Anche perché, come precisa proprio il maggiore dei Tercon, a scuola ha subito a lungo bullismo: “Me ne dicevano di tutti i colori. Mi chiamavano water, mi hanno chiuso a chiave dentro un armadio e lo hanno preso a calci con me dentro, mi hanno rotto il naso. E se mi ribellavo mi rispondevano: ma noi scherziamo…”. Andrea Pinna, quello delle “Perle di” è web influencer e scrittore: “In tema di salute mentale siamo all’homo erectus. Perché se sei cardiopatico e prendi medicine allora ti trattano normalmente ma se si parla di salute mentale si cambia atteggiamento e ti dicono che sei matto. I matti invece sono quelli che non si curano. Se pensiamo che Michelangelo era omosessuale e credente e ha dipinto 300 sederi nella cappella Sistina”. Insieme a loro Marco Piantanida di Haribo in collegamento video: “I nostri orsetti (gommosi) hanno compiuto 100 anni che già è un traguardo non indifferente, visto che l’azienda ne ha solo 2 in più. Sì, sono diversi tra loro. E in generale penso che per le aziende per essere leader, deve parlare di questi temi, diversità e inclusione, deve assumersi una responsabilità sociale”.

Brazzo rapper sordo

Il rapper sordo Brazzo
Il rapper sordo Brazzo

Va oltre le parole Brazzo, il rapper sordo, all’anagrafe Francesco Brizio, 34enne nato a Taranto ma milanese d’adozione. Canta da quanto aveva 5 anni, tanta la voglia di mettere in versi la realtà che lo circonda, le battaglie per il riconoscimento della Lis e la denuncia sociale. Ovviamente quando rappa lo fa anche attraverso la lingua dei segni. “Sono bilingue, posso segnare e parlare allo stesso tempo”, spiega. L’idea, continua Brazzo, è “rendere accessibile la musica, perché io vedo tanti udenti che la ascoltano in modo spensierato, ma anche i sordi ne hanno bisogno. E a loro quell’emozione può arrivare solo attraverso le espressioni e la lingua dei segni”.

Eugenio in Via di Gioia

“Nelle nostre canzoni raccontiamo il mondo, la società e le sue contraddizioni”. Così gli Eugenio in Via di Gioia, gruppo che nasce a Torino ma che è composto da ragazzi di un po’ tutta Italia. Il nome della banda nasce dai cognomi dei vari componenti. Sul palco del Salone dei Cinquecento hanno dialogato con Agnese Pini, direttrice di Qn La Nazione Il Resto del Carlino Il Giorno. Sul palco hanno eseguito ‘Terra’, uno dei loro successi. Diversi i fan in platea che hanno aspettato fino a dopo le 22 per sentirli suonare. Sono un gruppo con idee anche stravaganti e insolite. “Per la canzone ‘Terra’ abbiamo fatto una dichiarazione al pianeta terra disegnando con i gessetti la scritta ‘Ti amo ancora’. Qualcuno pensava fossero stati dei vandali, poi la scritta si è cancellata in modo naturale e le cose, soprattutto con il Comune si sono ricomposte. Avevamo comunque tutte le autorizzazioni”. Si sono conosciuti all’università e dopo le prime canzoni hanno suonato da diverse parti. Fino a un concerto universitario, eseguito di fronte a duemila persone. “Cantavano le nostre canzoni, abbiamo capito che avevamo fatto breccia nel pubblico”. Il sogno resta Sanremo, e nel ‘23 sperano di esserci”

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  • Nicoletta Sipos, giornalista e scrittrice, ha vissuto in Ungheria, in Germania e negli Stati Uniti, prima di raggiungere Milano e lì restare. Il suo romanzo “La guerra di H”, un romanzo fortemente ispirato a fatti realmente accaduti.

L’autrice indaga in maniera del tutto nuova e appassionante un momento drammatico, decisivo della storia del nostro continente: la Seconda guerra mondiale. A raccontare l’ascesa e la disfatta del Nazismo è stavolta la voce di un bambino tedesco, che riporta con semplicità e veracità le molte sofferenze patite dal suo popolo durante il conflitto scatenato da Hitler, focalizzando l’attenzione del lettore sul drammatico paradigma che accomuna chiunque si trovi a vivere sulla propria pelle una guerra: la sofferenza. Pagine toccanti, le sue, tanto più intense perché impregnate di fatti reali, emozioni provate e sentite dai protagonisti e condivise da quanti, tuttora, si trovano coinvolti in un conflitto armato. La memoria collettiva è uno strumento potente per non commettere gli stessi errori. 

"Imparai poco alla volta – scrive il piccolo Heinrich Stein, protagonista del romanzo – che nel nostro strano Paese la verità aveva più volti con infinite sfumature”.

👉Perché una storia così e perché ora?
“Ho incontrato il protagonista di questa mia storia molto tempo fa, addirittura negli anni ’50, ossia in un’epoca che portava ancora gli strascichi della guerra. Diventammo amici, parlammo di Hitler e della miseria della Germania. Poco per volta, via via che ci incontravamo, lui aggiungeva ricordi, dettagli, confessioni. Per anni ho portato dentro di me la testimonianza di questa storia che si arricchiva sempre più di dettagli. Molte volte avrei voluto scriverla, magari a quattro mani con il mio amico, ma lui non se la sentiva. Io stessa esitavo ad affrontare questa storia che racconta una famiglia tedesca in forte sofferenza in una Germania ferita e umiliata. La gente ha etichettato tutto il popolo tedesco durante il nazismo come crudele per antonomasia. Non si pensa mai a quanto la gente comune abbia sofferto, alla fame e al freddo che anche il popolo tedesco ha patito”.

✍ Caterina Ceccuti

#lucenews #giornodellamemoria #27gennaio
  • È dalla sua camera con vista affacciata sull’Arno che Ornella Vanoni accetta di raccontare un po’ di sé ai lettori di Luce!, in attesa di esibirsi, sabato 28 gennaio sul palco della Tuscany Hall di Firenze, dov’è in programma una nuova tappa della nuova tournée Le Donne e la Musica. Un ritorno atteso per Ornella Vanoni, che in questo tour è accompagnata da un quintetto di sole donne.

Innanzitutto come sta, signora Vanoni?
“Stanca, sono partita due mesi dopo l’intervento al femore che mi sono rotto cadendo per una buca proprio davanti a casa mia. Ma l’incidente non mi ha impedito di intraprendere un progetto inaspettato che, sin da subito, mi è stato molto a cuore. Non ho perso la volontà di andare avanti. Anche se il tempo per prepararlo e provare è stato pochissimo. E poi sono molto dispiaciuta“.

Per cosa?
“La morte dell’orso Juan Carrito, travolto e ucciso da un’auto cercava bacche e miele: la mia carissima amica Dacia (Maraini, ndr) l’altro giorno ha scritto una cosa molto bella dedicata a lui. Dovrò scrollarmi di dosso la malinconia e ricaricarmi in vista del concerto“.

Con lei sul palco ci sarà una jazz band al femminile con Sade Mangiaracina al pianoforte, Eleonora Strino alla chitarra, Federica Michisanti al contrabbasso, Laura Klain alla batteria e Leila Shirvani. Perché questa scelta?
“Perché sono tutte bravissime, professioniste davvero eccezionali. Non è una decisione presa sulla spinta di tematiche legate al genere o alle quote rosa, ma nata grazie a Paolo Fresu, amico e trombettista fantastico del quale sono innamorata da sempre. Tempo fa, durante una chiacchierata, Paolo mi raccontò che al festival jazz di Berchidda erano andate in scena tante musiciste bravissime. E allora ho pensato: ’Se sono così brave perché non fare un gruppo di donne? Certo, non l’ha fatto mai nessuno. Bene, ora lo faccio io“.

Il fatto che siano tutte donne è un valore aggiunto?
“In realtà per me conta il talento, ma sono felice della scelta: è bellissimo sentire suonare queste artiste, vederle sul palco intorno a me mi emoziona“.

L
  • Devanshi Sanghvi è una bambina di otto anni che sarebbe potuta crescere e studiare per gestire l’attività di diamanti multimilionaria appartenente alla sua facoltosissima famiglia, con un patrimonio stimato di 60 milioni di dollari.

Ma la piccola ha scelto di farsi suora, vivendo così una vita spartana, vestita con sari bianchi, a piedi nudi e andando di porta in porta a chiedere l’elemosina. Si è unita ai “diksha” alla presenza di anziani monaci giainisti. La bimba è arrivata alla cerimonia ingioiellata e vestita di sete pregiate. Sulla sua testa poggiava una corona tempestata di diamanti. Dopo la cerimonia, a cui hanno partecipato migliaia di persone, è rimasta in piedi con altre suore, vestita con un sari bianco che le copriva anche la testa rasata. Nelle fotografie, la si vede con in mano una scopa che ora dovrà usare per spazzare via gli insetti dal suo cammino per evitare di calpestarli accidentalmente.

Di Barbara Berti ✍

#lucenews #lucelanazione #india #DevanshiSanghvi
  • Settanta giorni trascorsi in un mondo completamente bianco, la capitana dell’esercito britannico Harpreet Chandi, che già lo scorso anno si era distinta per un’impresa tra i ghiacci, è una fisioterapista che lavora in un’unità di riabilitazione regionale nel Buckinghamshire, fornendo supporto a soldati e ufficiali feriti. 

Ha dimostrato che i record sono fatti per essere battuti e, soprattutto, i limiti personali superabili grazie alla forza di volontà e alla preparazione. E ora è diventata una vera leggenda vivente, battendo il record del mondo femminile per la più lunga spedizione polare – sola e senza assistenza – della storia.

Il 9 gennaio scorso, 57esimo giorno del viaggio che era cominciato lo scorso 14 novembre, la 34enne inglese ha raggiunto il centro del Polo Sud dopo aver percorso circa 1100 chilometri. Quando è arrivata a destinazione nel bel mezzo della calotta polare era felice, pura e semplice gioia di aver raggiunto l’agognato traguardo: “Il Polo Sud è davvero un posto incredibile dove stare. Non mi sono fermata molto a lungo perché ho ancora un lungo viaggio da fare. È stato davvero difficile arrivare qui, sciando tra le 13 e le 15 ore al giorno con una media di 5 ore di sonno”.

Di Irene Carlotta Cicora ✍

#lucenews #lucelanazione #polosud #HarpreetChandi #polarpreet
Oltre le aspettative: 50 speaker, oltre 1000 partecipanti in presenza, mezzo milione le persone raggiunte sui social, 197 contenuti, 150 studenti, 25 talk, 15 partner, 18 ore di girato video. Questo, in numeri, il bilancio della prima edizione di Dream Time, festival «per pensare a un mondo migliore», organizzato in occasione dei due anni di Luce! (luce.lanazione.it), progetto editoriale del Gruppo Monrif dedicato all’inclusione, alla diversità e alla coesione sociale. Un evento organizzato in collaborazione con il Comune di Firenze, che sabato 26 novembre ha acceso il Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio: un’intera giornata dedicata a incontri, dibattiti, musica con tanti ospiti e creator provenienti dal mondo dell’economia, della politica e dello spettacolo che si sono succeduti nel palco più prestigioso della città.  Tantissimi gli ospiti che hanno trasformato in realtà un sogno chiamato Dream Time. Dagli amici di Luce! (Atlantia, Crédit Agricole Italia, FS, Gucci, Axa, Grimaldi Lines,  Ruffino, Philip Morris, Regione Toscana, Rekeep, Sorgenia, Nuvenia, che ha pensato anche a degli omaggi per il pubblico, mentre Haribo, che ha distribuito migliaia di caramelle), al fiore all’occhiello del canale, i membri del comitato scientifico: presenti a Firenze la Ceo di Beyond Int. & Double Partner Luisa Bagnoli, lo scrittore, regista e sceneggiatore Ivan Cotroneo, l’attivista e filantropa dell’edutainment Claudia Segre, la presidente di Diversity Francesca Vecchioni; vicini con il pensiero l’imprenditore sociale Luca Trapanese, il sondaggista Nando Pagnoncelli e la filosofa Laura Boella. E ancora il presidente della Regione Toscana Eugenio Giani, Miriam Figerio, Sara Ghedini, Maria Sole Aliotta, Elisa Dellarosa, Eleonora Santi, il vice direttore di Sky TG24 Omar Schillaci. Tanti e di spessore anche gli argomenti trattati: l’universo femminile con l’attrice Gaia Nanni e il cantante Lodo Guenzi, la musica come espressione dei sentimenti con l’attrice e cantante Margherita Vicario, i problemi degli immigrati di seconda generazione insieme con Antonio Dikele Distefano, scrittore che ha appena debuttato alla regia del film Autumn Beat, il disagio mentale col regista Francesco Bruni e gli attori della serie Netflix Tutto chiede salvezza, Lorenzo Renzi, Vincenzo Nemolato e Vincenzo Crea e ancora la violenza sulle donne con Cathy La Torre, i modelli femminili di managerialità stereotipati con l’imprenditrice e autrice di Armocromia Rossella Migliaccio, l’estrema povertà con Gaia Zorzi, giovanissima testimonial e volontaria della Fondazione Francesca Rava, l’unicità grazie ad amatissimi protagonisti dei social, Francesco Cicconetti e Pierluca Mariti, meglio conosciuti come Mehths e Piuttosto Che, i fratelli Margherita e Damiano Tercon con Philipp Carboni, in arte i Terconauti (con loro in collegamento video l’Ad Haribo Marco Piantanida), i tabù su femminilità a V-Zone con la psicologa Lara Pelagotti, i contributi video di Andrea Bocelli e Tiziano Ferro. Impossibile davvero elencarli tutti. La serata si è conclusa con la toccante esibizione del rapper sordo Brazzo, le parole sincere di Emma e l’entusiasmo trascinante degli Eugenio in via Di Gioia. Impossibile fare meglio? Forse, lo scopriremo nel 2023, quando si accenderanno le luci sulla prossima edizione di Dream Time.

I protagonisti

Lodo Guenzi
Il cantautore e attore Lodo Guenzi

Ivan Cotroneo

“Da sempre cerco di accendere un faro su realtà che non vengono raccontate. L’ho fatto con “Tutti pazzi per amore” e “La Compagnia del Cigno”. Ivan Cotroneo, membro del comitato scientifico di Luce “cervello che muove idee e temi poi sviluppati dai giornalisti di Luce” – come ha detto la direttrice Agnese Pini. Con il regista, autore e sceneggiatore napoletano si è parlato dell’importanza di dare più spazio alle donne nel mondo del cinema. “Le registe sono al di sotto del 20% e le sceneggiatrici si attestano al 15 per cento. D’altronde continuo a vedere fin troppo sessismo nel mondo dell’intrattenimento”. Meno male che, in mezzo a tutto questo ci sono anche rappresentazioni corrette come nella serie “Tutto chiede salvezza” laddove certi cliché vengono del tutto abbandonati”. Il punto di partenza per superare questa visione patriarcale è la scuola dove Cotroneo va spesso per parlare con i ragazzi. “La speranza che ho è nel futuro e nei ragazzi che sono molto più liberi e fuori dagli schemi”.

MammeMatte e Fondazione Rava

La difficoltà di adottare in un mondo in cui tanti bambini hanno bisogno di una famiglia. Ma non di quella perfetta, o cosiddetta “tradizionale”. Quella disposta ad amare al di là del legame biologico. Sul palco della Festa di Luce! Emilia Russo e Karin Falconi dell’associazione “MammeMatte”, professioniste del sociale e mamme adottive, affidatarie, biologiche che si occupano di facilitare l’adozione di bimbi “difficilmente collocabili” perché già grandi, o con disabilità. “Dal 2017 a oggi abbiamo trovato una casa per una settantina di bimbi – raccontano – e continuiamo a denunciare l’atteggiamento a volte ostico di tanti tribunali che ostacolano le adozioni soprattutto da parte di coppie omosessuali o single”. Insieme alle “MammeMatte” anche Gaia Zorzi e Delfina Boni della Fondazione “Francesca Rava” che hanno raccontato dell’importanza di adottare a distanza. Poi il racconto di Elena Goretti consulente sui social media e mamma adottiva di due bimbe, una italiana e l’altra dal Vietnam che era con lei sul palco.

Vittorio Emanuele Parsi

La guerra in Ucraina e la democrazia in pericolo, le questioni affrontate nell’intervista della direttrice Agnese Pini al politologo Vittorio Emanuele Parsi. “Cosa significa per noi – chiede la Pini - vivere l’esperienza della guerra con modalità destinate a un passato lontano?”. Parsi: “Significa che la guerra ha interrotto il futuro e ci ha ricacciati in un passato da cui eravamo usciti attraverso un duro lavoro da parte di politica e istituzioni. Nel 900 l’Europa è risorta, trasformandosi in tanti paesi europei, economia di mercato e società aperta. Realtà che adesso sono in pericolo”. Si fa fatica a costruire la pace oggi. “Deve cessare l’aggressione per ritornare a un tempo di pace, finché la Russia avrà la leadership, continuando ad attaccare un altro popolo e la sua volontà di autodeterminarsi le istituzioni democratiche correranno un serio pericolo”.

Cathy La Torre, Claudia Segre, Miriam Frigerio

Cathy La Torre avvocata, fondatrice e Ceo di Wildside Human First
Cathy La Torre avvocata, fondatrice e Ceo di Wildside Human First
“La possibilità di una donna di uscire dalla violenza familiare dipende molto dalla sua indipendenza economica – ha detto Cathy La Torre avvocata, fondatrice e Ceo di Wildside Human First -. In Spagna è stato istituito un reddito minimo per due anni per donne che denunciano abusi e violenze”. “Alla violenza si arriva alla fine di un percorso al quale spesso non facciamo caso – ha proseguito Miriam Frigerio, head of brand & communication di Sorgenia – per un’abitudine stratificata in gesti e linguaggi che ci sembrano normali”. Per l’attivista Katy La Torre: “Alla violenza fisica si arriva solo alla fine ma prima si verificano tante situazioni a partire dai fischi per strada fino alle costruzioni psicologiche che portano una donna a sentirsi sola. E arrivata al momento di denunciare non ci riesce. Parlare in modo corretto di violenza è fondamentale e bisogna farlo partendo alla destrutturazion degli stereotipi». «L’indipendenza economica è fondamentale – ha proseguito Claudia Segre presidente Global Thinking Foundation – anche per combattere fenomeni come la prostituzione”.

Francesco Cicconetti

«La satira è libera per definizione. Non possiamo decidere a priori cosa fa ridere una persona e cosa no. Possiamo però invitare tutti ad ascoltare gli altri prima di ridere. A capire se, dopo aver conosciuto le storie di chi è vittima di stereotipi, si ha ancora voglia di scherzarci sopra». Lo ha detto Pierluca Mariti (Piuttosto_che), comico, conduttore e content creator, parlando dei limiti che la satira devono porsi o meno. «E comunque – ha concluso - la satira dovrebbe colpire chi sta in alto. Non chi è vittima di stereotipi». «Sono stato il primo ragazzo trans a raccontarsi sui social – ha detto Francesco Cicconetti (Mehths) - e le persone ne avevano talmente bisogno che si sono attaccate con le unghie alla mia figura, solo perché non c’era nessun altro a cui riferirsi. La burocrazia in Italia è ancora molto indietro, la società è più avanti delle regole».

Cast “Tutto chiede salvezza”

Il disagio mentale è sempre più diffuso tra i giovani, soprattutto dopo la pandemia. Un argomento che viene affrontato nella serie Netflix "Tutto chiede salvezza": il regista Francesco Bruni e gli attori Lorenzo Renzi, Vincenzo Nemolato e Vincenzo Crea, ospiti della festa di Luce!, portano le testimonianze su Tso e ospedali pediatrici, argomenti al centro della serie che racconta proprio le malattie mentali con una straordinaria e leggera abilità narrativa. Ma il cast porta anche un messaggio intergenerazionale: l’importanza dell’amicizia e delle relazioni nel percorso di cura per i problemi che attanagliano la mente. «I protagonisti sono reietti, gli ultimi come in un certo senso erano gli allievi di Don Milani, manca quella figura. Entra, però, in gioco la magia della fratellanza» dice il regista Bruni nel dialogo con il vicedirettore Luigi Caroppo.

Antonio Dikele Distefano

Antonio Dikele Distefano
Antonio Dikele Distefano
«Da bambino sognavo di fare il calciatore, ma anche una vita normale e una camera tutta mia – ha detto Antonio Dikele Distefano scrittore, sceneggiatore e regista -. Eravamo più poveri degli altri e non capivo perché, ma mia mamma ha sempre avuto la forza di insegnarmi che le cose importanti sono altre. Oggi mi sento ancora definire ’un nuovo italiano’, eppure ho 30 anni. Ho nipoti di 17 anni nati qui che non hanno cittadinanza, mentre loro coetanei nati in Argentina o in altri Paesi la hanno solo grazie a un nonno italiano pur non avendo mai vissuto qui. Sono fiducioso perché la società è più avanti della politica e i ragazzi di oggi sono meno arrabbiati di come ero io a 17 anni. E’ bello perché con la rabbia non si costruisce». «Prima di essere neri o bianchi siamo persone – ha proseguito Hamed Seydou protagonista di “Autumn Beat” – Il messaggio di Autumn Beat è quello di non mollare mai, di seguire la propria strada». Insieme a loro Sara Ghedini di Rekeep, azienda che ha dipendenti provenienti da tutto il mondo. “Abbiamo una realtà decisamente particolare, siamo molto grandi con 11 mila dipendenti di cui 3300 lavoratori nati all’estero e i lavoratori che vengono qui trovano il primo lavoro stabile e in regola più tutta una serie di politiche di welfare aziendale”.

Margherita Vicario

La cantante e attrice Margherita Vicario
La cantante e attrice Margherita Vicario
Quanto la musica riesce a far emergere le minoranze e le categorie deboli? Ne parla, sul palco durante la festa di Luce!, la cantautrice e attrice Margherita Vicario, intervistata da Letizia Cini, responsabile di Luce!. “La musica è un’industria - dice - E’ un sistema economico e dunque ci sono sempre dei vertici. Io devo dare la responsabilità a chi ce l’ha. Gli artisti di tutte le provenienze sociali esistono. Si tende un po’ ad andare sul sicuro. Nella musica mainstream lo spazio per le minoranze deve essere dato dagli artisti stessi nell’espressione della minoranza di per sé. Musica e sessualità: c’è spazio per parlare di sesso nel cantautorato? “La caratteristica del cantautorato - dice vicario - è che l’artista esprime al massimo i suoi sentimenti. Dipende dai generi. Nel rap spesso le donne sono sminuite, ma ci sono anche ottimi artisti perché il rap permette di giocare con le parole. Le parole sono importanti e parlano ai giovanissimi, quindi serve stare attenti al tipo di messaggio che si veicola. Nel cantautorato è evidente che ha molta più voce il cantautore stesso. Io nel mio piccolo, essendo una donna eterosessuale, riesco a parlare in maniera poetica anche di temi abbastanza intimi, cercando di essere fedele a me stessa”. Sui giovani: “I giovani sanno vivere non solo di competitività e lavoro, questa per me è la meglio gioventù nel contesto di un mondo altamente competitivo. E’ una gioventù flessibile che si adatta”.

Maria Sole Aliotta

Aiutare le donne travolte dalla tragedia della guerra si è concretizzato con un luogo per accogliere madri e bambini rifugiati a Roma dall’Ucraina: tutto ciò grazie ad Atlantia. Ne parla Maria Sole Aliotta. “Abbiamo parlato con le onlus chiedendo se le donne avrebbero voluto passare l’estate romana in un nostro summer camp per offrire un periodo di svago. Abbiamo dunque accompagnato questa comunità fatta di circa 1200 profughi per tutta l’estate”. Aliotta racconta le tante storie di guerra: “Ci siamo trovati davanti donne molto forti che avevano un lavoro, aziende, un tenore di vita medio alto. Abbiamo visto donne preparate e dovevamo capire come aiutarle. Nel giro di una notte sono scappate da un conflitto, svegliate dalle sirene. Alcune di loro aspettavano un bambino, alcune con dei bimbi affetti da malattie importanti. Altre sono salite su un bus, salutando il marito e non sapendo se lo avrebbero rivisto Nella tragedia ci sono le piccole tragedie in cui la donna diventa eroe”.

Lara Pelagotti e Francesca Vecchioni

Due donne, Lara Pelagotti, psicologa e psicoterapeuta per Nuvenia, e Francesca Vecchioni, presidente della Fondazione Diversity affrontano la condizione femminile di oggi. “Solo 31% intervistati conosce differenza fra vulva e vagina e solo 34% donne si dice soddisfatta – dice Pelagotti –. Il fatto che manchino le parole significa poterne parlare meno. Arriverà momento in cui parlare di certi temi non avrà più importanza”. Luce ha un grandissimo pregio che è quello di partire dalle persone. “Noi vogliamo farlo continuano a migliorare il modo di cui raccontiamo le persone senza farle sentire inferiori. Non utilizzando, anche nella comunicazione, una prospettiva paternalistica né eroica. Certe persone vengono raccontate solo se speciali – evidenzia Vecchioni, componente del Board di Luce! – e così facendo tutte le altre sentiranno il dovere di adeguarsi. Se invece fai disegnare il mondo da persone disabili, il mondo non avrà più disabilità”.

Terconauti con Pilipp Carboni, Andrea  Pinna e Marco Piantanida di Haribo

L’autismo, l’omosessualità e la salute mentale i temi affrontati da Il primo Damiano, Margherita Tercon e Philipp Carboni: “Siamo i Terconauti. Damiano, che è mio fratello maggiore, è autistico – spiega la 32enne riminese –. Noi parliamo di autismo sui social, cercando di mostrarlo come parte della quotidianità e della normalità”. Anche perché, come precisa proprio il maggiore dei Tercon, a scuola ha subito a lungo bullismo: “Me ne dicevano di tutti i colori. Mi chiamavano water, mi hanno chiuso a chiave dentro un armadio e lo hanno preso a calci con me dentro, mi hanno rotto il naso. E se mi ribellavo mi rispondevano: ma noi scherziamo…”. Andrea Pinna, quello delle “Perle di” è web influencer e scrittore: “In tema di salute mentale siamo all’homo erectus. Perché se sei cardiopatico e prendi medicine allora ti trattano normalmente ma se si parla di salute mentale si cambia atteggiamento e ti dicono che sei matto. I matti invece sono quelli che non si curano. Se pensiamo che Michelangelo era omosessuale e credente e ha dipinto 300 sederi nella cappella Sistina”. Insieme a loro Marco Piantanida di Haribo in collegamento video: “I nostri orsetti (gommosi) hanno compiuto 100 anni che già è un traguardo non indifferente, visto che l’azienda ne ha solo 2 in più. Sì, sono diversi tra loro. E in generale penso che per le aziende per essere leader, deve parlare di questi temi, diversità e inclusione, deve assumersi una responsabilità sociale”.

Brazzo rapper sordo

Il rapper sordo Brazzo
Il rapper sordo Brazzo
Va oltre le parole Brazzo, il rapper sordo, all’anagrafe Francesco Brizio, 34enne nato a Taranto ma milanese d’adozione. Canta da quanto aveva 5 anni, tanta la voglia di mettere in versi la realtà che lo circonda, le battaglie per il riconoscimento della Lis e la denuncia sociale. Ovviamente quando rappa lo fa anche attraverso la lingua dei segni. “Sono bilingue, posso segnare e parlare allo stesso tempo”, spiega. L’idea, continua Brazzo, è “rendere accessibile la musica, perché io vedo tanti udenti che la ascoltano in modo spensierato, ma anche i sordi ne hanno bisogno. E a loro quell’emozione può arrivare solo attraverso le espressioni e la lingua dei segni”.

Eugenio in Via di Gioia

“Nelle nostre canzoni raccontiamo il mondo, la società e le sue contraddizioni”. Così gli Eugenio in Via di Gioia, gruppo che nasce a Torino ma che è composto da ragazzi di un po’ tutta Italia. Il nome della banda nasce dai cognomi dei vari componenti. Sul palco del Salone dei Cinquecento hanno dialogato con Agnese Pini, direttrice di Qn La Nazione Il Resto del Carlino Il Giorno. Sul palco hanno eseguito ‘Terra’, uno dei loro successi. Diversi i fan in platea che hanno aspettato fino a dopo le 22 per sentirli suonare. Sono un gruppo con idee anche stravaganti e insolite. “Per la canzone ‘Terra’ abbiamo fatto una dichiarazione al pianeta terra disegnando con i gessetti la scritta ‘Ti amo ancora’. Qualcuno pensava fossero stati dei vandali, poi la scritta si è cancellata in modo naturale e le cose, soprattutto con il Comune si sono ricomposte. Avevamo comunque tutte le autorizzazioni”. Si sono conosciuti all’università e dopo le prime canzoni hanno suonato da diverse parti. Fino a un concerto universitario, eseguito di fronte a duemila persone. “Cantavano le nostre canzoni, abbiamo capito che avevamo fatto breccia nel pubblico”. Il sogno resta Sanremo, e nel ‘23 sperano di esserci”
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