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Home » Attualità » Fanno il bucato, si prendono cura dei figli e lavorano: Shecession, cronache dalle equilibriste della pandemia

Fanno il bucato, si prendono cura dei figli e lavorano: Shecession, cronache dalle equilibriste della pandemia

Le faccende domestiche e la cura dei figli sono ancora Questione da mamme, da donne. Detto con i dati Ocse: in Italia nel 2020 le mamme hanno lavorato tra casa&famiglia in media 3 ore in più al giorno rispetto ai loro partner

Sofia Francioni
15 Gennaio 2022
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Da “More Sylvia” della vignettista Nicole Hollander, 1982

Far fare i compiti, preparare lo zaino, fare il bucato, cambiare le lenzuola, dare l’aspirapolvere, stirare, pulire, leggere le favole della buonanotte, andare a fare la spesa…eccetera eccetera eccetera…è ancora una questione da Donne, più spesso da Mamme. A confermarlo, i dati sul lavoro (non retribuito) domestico e di assistenza che in Italia in numeri Ocse al gennaio 2020 si traduce in 3 ore di differenza per la cura di casa e della famiglia. Le ore che per le donne sono cinque, per gli uomini sono infatti due al dì. Ultima in Europa, l’Italia “è il paese europeo dove c’è lo squilibrio maggiore di carico di lavoro domestico sulle spalle delle donne. Aumentato durante la clausura: quando gli uomini erano a casa”, come ha dichiarato alla serata Un anno di Luce! il presidente di Ipsos, Nando Pagnoncelli.

Donne e uomini: tre ore di differenza al giorno nella cura di casa e famiglia

Casalinga anni 50, credit: Pinterest
Casalinga anni 50, credit: Pinterest

Durante la pandemia il lavoro di cura non solo è rimasto appannaggio femminile, ma è anche aumentato. Definita in Inghilterra non a caso “Shecession” (she+recession), la crisi sanitaria ha chiuso le scuole, gli asili nido, ha inaugurato la dad e le mamme in tanti casi hanno raccontato di essere state letteralmente sommerse. Un sondaggio online tedesco (Möhring et al.) ci dice che nel mezzo della crisi pandemica, in circa il 50% di tutte le famiglie con bambini era solo la mamma a prendersi cura dei figli. Mentre dal Regno Unito, altri sondaggi parlano addirittura di un aumento delle disparità nella gestione del lavoro domestico e nella cura dei figli proprio durante i giorni più bui.

Congedo di paternità: la proposta di portarlo a 3 mesi cade nel vuoto

Giuditta Pini deputata Pd
Giuditta Pini deputata Pd

Su questo scenario, però, la politica italiana dopo aver parlato di politiche a sostegno della genitorialità, torna indietro. Il congedo di paternità, inserito dalla ministra alle Pari Opportunità Laura Bonetti nel Family Act, è stato infatti accantonato. E davanti alla legge le donne sono rimaste le uniche ad avere l’obbligo di rimanere a casa con i figli nei primi mesi di vita e la stessa responsabilità – anche in questo caso – non è stata riconosciuta ai padri. “Portare il congedo per i papà a 90 giorni sarebbe costato 1 miliardo e mezzo“, denuncia sui social la deputata del Pd Pd Giuditta Pini, madrina della proposta caduta nel vuoto. “Un miliardo e mezzo: difficile, ma non impossibile visto che si trattava di ristabilire un principio di equità sociale. Durante la discussione sul Family Act ero riuscita a impegnare il governo a portare gradualmente il congedo di paternità a 90 giorni”. Forti, scrive Pini su Instagram, “di una grande spinta da parte dell’opinione pubblica e delle persone più giovani, il tema era arrivato anche ai pieni più alti della politica e la Ministra per le pari opportunità Elena Bonetti, durante il G20, disse che stava lavorando insieme al Parlamento per portare il congedo a 3 mesi”. Ma, continua Pini: Dopo che si è guadagnata un po’ di titoli di giornali , tutto è stato cancellato. Del resto – conclude – potevamo aspettarcelo dato che il Governo non aveva stanziato i fondi necessari (nella Legge di Bilancio ndr) ed ecco che il congedo di paternità in Italia non è aumentato di un solo giorno”.

Le mamme al tempo del Covid? Delle equilibriste tra lavoro, dad e bucato

Marzia che oltre al suo lavoro, si è occupata di seguire i figli con i compiti, la dad, fare le pulizie e dei momenti ricreativi

“La difficoltà maggiore è stato trasmettere ai miei figli che la mamma era a casa ed era disponibile se avessero avuto bisogno, ma che andava rispettato il suo spazio lavorativo, perché restavo comunque la dipendente di un’azienda”. Questa è una delle voci raccolte da Save the Children che a maggio 2021 è entrata nelle case degli italiani per raccontarle: quella di una mamma, Marzia di Roma, che confessa: “Non mi sentivo adeguata a seguire le attività dei bambini contemporaneamente alla mia attività lavorativa a cui non volevo rinunciare perché il mio lavoro mi piace, ho fatto tanti sacrifici per averlo, per essere autonoma e indipendente. Quindi se da una parte non volevo rinunciare a quella, dall’altra non potevo esimermi dall’accompagnare i miei figli in un momento anche così difficile”.

Miriana, che ha affrontato la gravidanza durante l’emergenza e che spera di trovare presto un lavoro

E quella di una ragazza madre, Miriana di Bari, che si è trovata da sola a portare a termine la gravidanza durante l’emergenza, senza nemmeno avere la possibilità “di accedere ai consultori, perché erano chiusi”. “Appena il bimbo potrà andare all’asilo io spero di trovare un impiego e di andare a lavorare, non solo per lui ma anche per il mio futuro, per tornare a essere indipendente”. Due voci che, insieme a un coro di altre mamme, denunciano il bisogno di avere più sostegno da parte della scuola e delle amministrazioni. Come raccontato dal VI rapporto “Le Equilibriste: la maternità in Italia 2021”  di Save the children lo “shock organizzativo familiare” causato dal lockdown ha toccato in maniera impari il Nord e il Sud del Paese, spaccandolo.

L’indice delle Madri spacca in due il Paese

Indice delle madri 2020, Save the Children - Istat
Indice delle madri 2020, Save the Children – Istat

Anche quest’anno, nell‘Indice delle Madri che identifica le Regioni che si impegnano, di più o di meno, a sostenere la maternità in Italia, ci dice che sono le regioni del Nord ad essere più mother friendly. Elaborato dall’Istat per la ong, l’indice valuta attraverso 11 indicatori la condizione delle madri in tre diverse aree: quella della cura, del lavoro e dei servizi. Al Nord si registrano dati ben oltre la media nazionale, rispetto a quelle del Sud, dove tutti e tre gli indicatori si posizionano al di sotto di tale media. Nell’indice generale, le regioni più virtuose risultano nuovamente le Province Autonome di Bolzano e Trento seguite da Valle d’Aosta (era al 4° posto) ed Emilia-Romagna (che perde una posizione). Fanalino di coda Campania (era penultima), Calabria (era al 19° posto) e Sicilia (che ha perso l’ultima posizione), precedute dalla Basilicata (occupava il 17° posto). Per le regioni del Mezzogiorno l’indice mostra sempre valori sotto 93, anche se il trend sembra in lieve miglioramento. Anche nell’area della cura i primi due posti sono occupati dalle Province Autonome di Bolzano e Trento (era quarta) mentre la terza posizione è della Lombardia (che perde una posizione rispetto all’anno scorso).

 

 

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  • Sono tre, per il momento, gli istituti superiori che si sono candidati ad accogliere Nina Rosa Sorrentino, la studentessa disabile di 19 anni che non può sostenere la maturità al liceo Sabin di Bologna (indirizzo Scienze umane) e che i genitori hanno per questo motivo ritirato da scuola.

La storia è nota: la studentessa ha cominciato il suo percorso di studi nel liceo di via Matteotti seguendo il programma differenziato. Già al terzo anno i genitori avevano chiesto di passare al programma degli obiettivi minimi che si può concludere con l’Esame di Stato, mentre quello differenziato ha solo la "certificazione delle competenze".

Il Consiglio di classe aveva respinto la richiesta della famiglia, anche perché passare agli obiettivi minimi avrebbe implicato esami integrativi. Da qui la decisione della famiglia, avvenuta giusto una settimana fa, di ritirare Nina da scuola – esattamente un giorno prima che i giorni di frequenza potessero essere tali da farle comunque ottenere la "certificazione delle competenze" – in modo tale che possa provare a sostenere la Maturità in un altro istituto del capoluogo emiliano.

Sulla storia di Nina, ieri, è tornata anche la ministra per la Disabilità, Alessandra Locatelli, che alla Camera ha risposto, durante il question time, a una domanda sulle iniziative volte a garantire l’inclusione sociale e lavorativa delle persone con sindrome di Down presentata dal capogruppo di FdI, Tommaso Foti.

"C’è ancora un po’ di strada da fare se una ragazza con la sindrome di Down non viene ammessa all’esame di maturità – ha detto la ministra –. Se non si è stati in grado di usare tutte le strategie possibili e l’accomodamento ragionevole, come previsto dalla Convenzione Onu per i diritti delle persone disabili che in Italia è legge; se non si è stati in grado di valorizzare i punti di forza dei ragazzi che non chiedono di essere promossi automaticamente ma di avere un’occasione e un’opportunità."

#lucenews #lucelanazione #ninasorentino #disabilityinclusion #bologna
  • “Ho fatto la storia”. Con queste parole Alex Roca Campillo ha postato sul suo account Twitter il video degli ultimi, emozionanti, metri della maratona di Barcellona.

Ed effettivamente un record Alex l’ha scritto: è la prima persona al mondo con una disabilità al 76 per cento a riuscire a percorrere la distanza di 42 km e 195 metri.
Alex ha concluso la sua gara in 5 ore 50 minuti e 51 secondi, ma il cronometro in questa situazione è passato decisamente in secondo piano. “tutto questo è stato possibile grazie alle mia squadra. Grazie a tutti quelli che dal bordo della strada mi hanno spinto fino al traguardo. Non ho parole”.

#lucenews #alexrocacampillo #maratonadibarcellona #barcellona
  • In Uganda dirsi gay potrà costare l’ergastolo. Il Parlamento dell’Uganda ha appena approvato una legge che propone nuove e severe sanzioni per le relazioni tra persone dello stesso sesso. Al termine di una sessione molto movimentata e caotica, la speaker del Parlamento Annet Anita Among, dopo il voto finale ha detto: “È stata approvata a tempo record”. La legge, che passa ora nelle mani del presidente Yoweri Museveni, che potrà scegliere se porre il veto o firmarla, propone nuove e molto dure sanzioni per le relazioni omosessuali in un Paese in cui l’omosessualità è già illegale.

La versione finale non è ancora stata pubblicata ufficialmente, ma gli elementi discussi in Parlamento includono che una persona condannata per adescamento o traffico di bambini allo scopo di coinvolgerli in attività omosessuali, rischia l’ergastolo; individui o istituzioni che sostengono o finanziano attività o organizzazioni per i diritti Lgbt, oppure pubblicano, trasmettono e distribuiscono materiale mediatico e testuale a favore degli omosessuali, rischiano di essere perseguiti e incarcerati. 

“Questa proposta di legge – ha detto Asuman Basalirwa, membro del Parlamento che l’ha presentata – è stata concepita per proteggere la nostra cultura, i valori legali, religiosi e familiari tradizionali degli ugandesi e gli atti che possono promuovere la promiscuità sessuale in questo Paese”. Il parlamentare ha poi aggiunto: “Mira anche a proteggere i nostri bambini e giovani che sono resi vulnerabili agli abusi sessuali attraverso l’omosessualità e gli atti correlati”.

Secondo la legge amici, familiari e membri della comunità avrebbero il dovere di denunciare alle autorità le persone omosessuali. Nello stesso disegno di legge, tra l’altro, si introduce la pena di morte per chi abusa dei bambini o delle persone vulnerabili. 

#lucenews #lucelanazione #uganda #lgbtrights
  • Un’altra pagina di storia del calcio femminile è stata scritta. Non tanto per il risultato della partita ma per il record di spettatori presenti. All’Olimpico di Roma andava in scena il match di andata dei quarti di finale di Champions League tra Roma e Barcellona quando si è stabilito un nuovo record: sono state 39.454 infatti le persone che hanno incoraggiato le ragazze fin dal primo minuto superando il precedente di 39.027 stabilito in Juventus-Fiorentina del 24 marzo 2019.

Era l’andata dei quarti di finale che la Roma ha raggiunto alla sua prima partecipazione alla Champions League, ottenuta grazie al secondo posto nell’ultimo campionato. Il Barcellona, campione di Spagna e d’Europa due anni fa, era favorito e in campo lo ha dimostrato, soprattutto nel primo tempo, riuscendo a vincere 1-0. La squadra di casa è stata tenuta a galla dalle parate di Ceasar, migliore in campo, ma ha provato a impensierire la corazzata spagnola nella ripresa dove più a volte ha sfiorato la rete con le conclusioni di Haavi, Giacinti e Giugliano, il primo “numero 10” a giocare all’Olimpico per la Roma dopo il ritiro di Francesco Totti.

✍ Edoardo Martini

#lucenews #lucelanazione #calciofemminile #championsleague
Da "More Sylvia" della vignettista Nicole Hollander, 1982
Far fare i compiti, preparare lo zaino, fare il bucato, cambiare le lenzuola, dare l’aspirapolvere, stirare, pulire, leggere le favole della buonanotte, andare a fare la spesa...eccetera eccetera eccetera...è ancora una questione da Donne, più spesso da Mamme. A confermarlo, i dati sul lavoro (non retribuito) domestico e di assistenza che in Italia in numeri Ocse al gennaio 2020 si traduce in 3 ore di differenza per la cura di casa e della famiglia. Le ore che per le donne sono cinque, per gli uomini sono infatti due al dì. Ultima in Europa, l'Italia "è il paese europeo dove c'è lo squilibrio maggiore di carico di lavoro domestico sulle spalle delle donne. Aumentato durante la clausura: quando gli uomini erano a casa", come ha dichiarato alla serata Un anno di Luce! il presidente di Ipsos, Nando Pagnoncelli.

Donne e uomini: tre ore di differenza al giorno nella cura di casa e famiglia

Casalinga anni 50, credit: Pinterest
Casalinga anni 50, credit: Pinterest
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Congedo di paternità: la proposta di portarlo a 3 mesi cade nel vuoto

Giuditta Pini deputata Pd
Giuditta Pini deputata Pd
Su questo scenario, però, la politica italiana dopo aver parlato di politiche a sostegno della genitorialità, torna indietro. Il congedo di paternità, inserito dalla ministra alle Pari Opportunità Laura Bonetti nel Family Act, è stato infatti accantonato. E davanti alla legge le donne sono rimaste le uniche ad avere l'obbligo di rimanere a casa con i figli nei primi mesi di vita e la stessa responsabilità - anche in questo caso - non è stata riconosciuta ai padri. "Portare il congedo per i papà a 90 giorni sarebbe costato 1 miliardo e mezzo", denuncia sui social la deputata del Pd Pd Giuditta Pini, madrina della proposta caduta nel vuoto. "Un miliardo e mezzo: difficile, ma non impossibile visto che si trattava di ristabilire un principio di equità sociale. Durante la discussione sul Family Act ero riuscita a impegnare il governo a portare gradualmente il congedo di paternità a 90 giorni". Forti, scrive Pini su Instagram, "di una grande spinta da parte dell’opinione pubblica e delle persone più giovani, il tema era arrivato anche ai pieni più alti della politica e la Ministra per le pari opportunità Elena Bonetti, durante il G20, disse che stava lavorando insieme al Parlamento per portare il congedo a 3 mesi”. Ma, continua Pini: Dopo che si è guadagnata un po’ di titoli di giornali , tutto è stato cancellato. Del resto – conclude - potevamo aspettarcelo dato che il Governo non aveva stanziato i fondi necessari (nella Legge di Bilancio ndr) ed ecco che il congedo di paternità in Italia non è aumentato di un solo giorno".

Le mamme al tempo del Covid? Delle equilibriste tra lavoro, dad e bucato

Marzia che oltre al suo lavoro, si è occupata di seguire i figli con i compiti, la dad, fare le pulizie e dei momenti ricreativi
"La difficoltà maggiore è stato trasmettere ai miei figli che la mamma era a casa ed era disponibile se avessero avuto bisogno, ma che andava rispettato il suo spazio lavorativo, perché restavo comunque la dipendente di un'azienda". Questa è una delle voci raccolte da Save the Children che a maggio 2021 è entrata nelle case degli italiani per raccontarle: quella di una mamma, Marzia di Roma, che confessa: "Non mi sentivo adeguata a seguire le attività dei bambini contemporaneamente alla mia attività lavorativa a cui non volevo rinunciare perché il mio lavoro mi piace, ho fatto tanti sacrifici per averlo, per essere autonoma e indipendente. Quindi se da una parte non volevo rinunciare a quella, dall’altra non potevo esimermi dall’accompagnare i miei figli in un momento anche così difficile".
Miriana, che ha affrontato la gravidanza durante l'emergenza e che spera di trovare presto un lavoro
E quella di una ragazza madre, Miriana di Bari, che si è trovata da sola a portare a termine la gravidanza durante l'emergenza, senza nemmeno avere la possibilità "di accedere ai consultori, perché erano chiusi". "Appena il bimbo potrà andare all’asilo io spero di trovare un impiego e di andare a lavorare, non solo per lui ma anche per il mio futuro, per tornare a essere indipendente". Due voci che, insieme a un coro di altre mamme, denunciano il bisogno di avere più sostegno da parte della scuola e delle amministrazioni. Come raccontato dal VI rapporto “Le Equilibriste: la maternità in Italia 2021”  di Save the children lo "shock organizzativo familiare" causato dal lockdown ha toccato in maniera impari il Nord e il Sud del Paese, spaccandolo.

L'indice delle Madri spacca in due il Paese

Indice delle madri 2020, Save the Children - Istat
Indice delle madri 2020, Save the Children - Istat
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