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Home » Attualità » Manifesto dell’Università inclusiva: 53 atenei italiani hanno aderito alle linee Unchr per favorire l’accesso dei rifugiati all’istruzione universitaria e alla ricerca

Manifesto dell’Università inclusiva: 53 atenei italiani hanno aderito alle linee Unchr per favorire l’accesso dei rifugiati all’istruzione universitaria e alla ricerca

Nel mondo soltanto il 3% dei rifugiati ha accesso a un'istruzione superiore: l'obiettivo per Unchr è portare al 15% degli iscritti entro il 2030. Cinque le linee programmatiche che le università aderenti dovranni seguire: corridoio umanitari, borse di studio, processi di integrazione e supporto

Sofia Francioni
19 Dicembre 2021
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Cinquatatre atenei italiani su 92 hanno firmato il Manifesto dell’Università Inclusiva, lanciato nel 2019 dall’Unhcr per favorire l’accesso dei rifugiati all’istruzione universitaria. Attualmente, oltre 70 milioni di persone nel mondo sono costrette a lasciare le loro casa a causa di conflitti, violenze e persecuzioni. Di questi, 25,9 milioni sono rifugiati (di cui oltre 20 milioni sotto il mandato dell’agenzia Onu dei rifugiati). Persone che solo nel 3% dei casi riescono ad aver accesso all’istruzione universitaria, anche se dal 2018 si è registrato un aumento, dall’1 al 3 %. Tuttavia, considerando la percentuale a livello globale del 37%, la difficoltà per i rifugiati di accedere a opportunità di istruzione superiore continua ad essere drammatica, e molto distante dall’obiettivo posto dall’Unchr, che vede il 15% della popolazione rifugiata inserita nel sistema di educazione superiore entro il 2030.

La rappresentante Unchr per l’Italia, San Marino e Santa Sede Chiara Cardoletti ha commentato: “Stiamo attraversando un periodo difficile. Settanta milioni di persone si sono viste costrette a fuggire dalle proprie case. L’istruzione è fondamentale per ridare loro la capacità di ricostruire la propria vita. Solo il 3% dei rifugiati ha accesso all’educazione secondaria: portarlo al 15% è diventato per noi un obiettivo importante”. Tra gli impedimenti che i rifugiati incontrano sulla strada della corona d’alloro: il mancato riconoscimento dei titoli di studio, la questione econimica e la lingua.

Con l’obiettivo di favorire l’inclusione di studenti, ricercatori e docenti rifugiati nei propri atenei, il Manifesto e le università che aderiscono seguono sei punti programmatici per riuscirci:

Supporto agli studenti titolari di protezione internazionale

Le Università e gli istituti di ricerca devono promuovere l’accesso alle informazioni, assicurando che il poprio personale amministrativo, in particolare gli uffici addetti alla registrazione degli studenti e alle relazioni internazionali, abbia tutte le informazioni utili e aggiornate relative allo status di protezione internazionale e alle implicazioni dello status giuridico rispetto all’accesso all’istruzione, nonché le informazioni relative alle procedure di riconoscimento dei titoli di studio conseguiti all’estero. . Sempre le università, al momento dell’iscrizione, sono tenute a fornire informazioni e assistenza ai rifugiati nella fase d’iscrizione, predispongono servizi di orientamento e tutoraggio. Le Università e gli istituti di ricerca devono inoltre favorire l’accesso degli studenti rifugiati a tirocini formativi e stage, in Italia e all’estero, al fine di facilitare il loro futuro ingresso nel mondo del lavoro.

 

Supporto per il riconoscimento di titoli e qualifiche

In virtù dell’articolo 7 della Convenzione di Lisbona (ratificata con Legge 148/2002), le Università e gli istituti di ricerca si impegnano ad adottare tutti i provvedimenti utili per l’istituzione di un meccanismo equo, trasparente ed efficace per il riconoscimento dei diplomi, dei certificati e di altri titoli conseguiti all’estero dai titolari dello status di rifugiato o dello status di protezione sussidiaria, anche in assenza di certificazione da parte dello Stato dove è stato conseguito il titolo. Le Università e gli istituti di ricerca forniscono informazioni e assistenza ai rifugiati per quanto riguarda le procedure di riconoscimento di titoli e qualifiche conseguiti all’estero, tenendo presente che, per ragioni di protezione e ai sensi dell’articolo 25 della Convenzione di Ginevra, le istituzioni non possono esigere dai rifugiati alcuna prestazione che comporti il ricorso alle autorità del Paese di origine (Ambasciate e Consolati).

Borse di studio e altri incentivi

Le Università e gli istituti di ricerca, nei limiti delle risorse disponibili, mettono a disposizione borse di studio per studenti e ricercatori titolari di protezione internazionale, e altri incentivi rivolti, ad esempio, al supporto al vitto e all’alloggio, al sostegno allo studio e alla mobilità urbana. Inoltre promuovono, anche attraverso il coinvolgimento della comunità locale, iniziative di private sponsorship rivolte agli studenti e ricercatori titolari di protezione internazionale. Le Università e gli istituti di ricerca promuovono attività di tutoring, anche con il
coinvolgimento degli studenti e di associazioni attive sul territorio, per sostenere i rifugiati nel proprio percorso accademico e di integrazione locale, e provvedono a disseminare informazioni su borse di studio e incentivi promossi da altri enti.

Corridoi umanitari per docenti, studenti e ricercatori rifugiati

Le Università e gli istituti di ricerca possono prevedere annualmente, sulla base di procedure di selezione e registrazione stabilite dai singoli istituti, l’ingresso di quote di studenti rifugiati residenti in Paesi Terzi, al fine di favorire vie di ingresso legale complementari per rifugiati e facilitare la loro integrazione nella società e nell’ambiente accademico. Le Università e gli istituti di ricerca si impegnano, nei limiti delle risorse disponibili, ad offrire agli studenti rifugiati un supporto economico per coprire le spese universitarie e le spese di mantenimento correlate, e un servizio di informazione, accompagnamento e orientamento specifico.

Partecipazione

Le Università e gli istituti di ricerca promuovono la partecipazione alla vita accademica di studenti e ricercatori rifugiati, anche supportandoli nella costituzione di loro associazioni. Le Università e gli istituti di ricerca si impegnano a coinvolgere le associazioni di rifugiati in dibattiti ed eventi pubblici, organizzati dagli atenei, anche sui temi legati alla protezione internazionale.

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  • Numerosi attori e musicisti di alto profilo si sono recati in Ucraina da quando è scoppiata la guerra con la Russia nel febbraio 2022. L’ultimo in ordine di tempo è stato l’attore britannico Orlando Bloom, che ieri ha visitato un centro per bambini e ha incontrato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky a Kiev.

“Non mi sarei mai aspettato che la guerra si sarebbe intensificata in tutto il Paese da quando sono stato lì”, ha detto Bloom su Instagram, “Ma oggi ho avuto la fortuna di ascoltare le risate dei bambini in un centro del programma Spilno sostenuto dall’Unicef, uno spazio sicuro, caldo e accogliente dove i bambini possono giocare, imparare e ricevere supporto psicosociale”.

Bloom è un ambasciatore di buona volontà per l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’infanzia (Unicef). Il centro di Splino, che è uno dei tanti in Ucraina, offre sostegno ai bambini sfollati e alle loro famiglie, con più di mezzo milione di bambini che ne hanno visitato uno nell’ultimo anno.

La star hollywoodiana ha poi incontrato il presidente Zelensky, con cui ha trattato temi tra cui il ritorno dei bambini ucraini deportati in Russia, la creazione di rifugi antiatomici negli istituti scolastici e il supporto tecnico per l’apprendimento a distanza nelle aree in cui è impossibile studiare offline a causa della guerra. L’attore britannico aveva scritto ieri su Instagram, al suo arrivo a Kiev, che i «bambini in Ucraina hanno bisogno di riavere la loro infanzia».

#lucelanazione #lucenews #zelensky #orlandobloom
  • “La vita che stavo conducendo mi rendeva particolarmente infelice e se all’inizio ero entrata in terapia perché volevo accettare il fatto che mi dovessi nascondere, ho avuto poi un’evoluzione e questo percorso è diventato di accettazione di me stessa."

✨Un sorriso contagioso, la spensieratezza dei vent’anni e la bellezza di chi si piace e non può che riflettere quella luce anche al di fuori. La si potrebbe definire una Mulan nostrana Carlotta Bertotti, 23 anni, una ragazza torinese come tante, salvo che ha qualcosa di speciale. E non stiamo parlano del Nevo di Ota che occupa metà del suo volto. Ecco però spiegato un primo punto di contatto con Mulan: l’Oriente, dove è più diffusa (insieme all’Africa) quell’alterazione di natura benigna della pigmentazione della cute intorno alla zona degli occhi (spesso anche la sclera si presenta scura). Quella che appare come una chiazza grigio-bluastra su un lato del volto (rarissimi i casi bilaterali), colpisce prevalentemente persone di sesso femminile e le etnie asiatiche (1 su 200 persone in Giappone), può essere presente alla nascita o apparire durante la pubertà. E come la principessa Disney “fin da piccola ho sempre sentito la pressione di dover salvare tutto, ma forse in realtà dovevo solo salvare me stessa. Però non mi piace stare troppo alle regole, sono ribelle come lei”.

🗣Cosa diresti a una ragazza che ha una macchia come la tua e ti chiede come riuscire a conviverci?�
“Che sono profondamente fiera della persona che vedo riflessa allo specchio tutto i giorni e sono arrivata a questa fierezza dopo che ho scoperto e ho accettato tutti i miei lati, sia positivi che negativi. È molto autoreferenziale, quindi invece se dovessi dare un consiglio è quello che alla fine della fiera il giudizio altrui è momentaneo e tutto passa. L’unica persona che resta e con cui devi convivere tutta la vita sei tu, quindi le vere battaglie sono quelle con te stessa, quelle che vale la pena combattere”.

L’intervista a cura di Marianna Grazi �✍ 𝘓𝘪𝘯𝘬 𝘪𝘯 𝘣𝘪𝘰

#lucenews #lucelanazione #carlottabertotti #nevodiota
  • La salute mentale al centro del podcast di Alessia Lanza. Come si supera l’ansia sociale? Quanto è difficile fare coming out? Vado dallo psicologo? Come trovo la mia strada? La popolare influencer, una delle creator più note e amate del web con 1,4 milioni di followers su Instagram e 3,9 milioni su TikTok, Alessia Lanza debutta con “Mille Pare”, il suo primo podcast in cui affronta, in dieci puntate, una “para” diversa e cerca di esorcizzare le sue fragilità e, di riflesso, quelle dei suoi coetanei.

“Ho deciso di fare questo podcast per svariati motivi: io sono arrivata fin qui anche grazie alla mia immagine, ma questa volta vorrei che le persone mi ascoltassero e basta. Quando ho cominciato a raccontare le mie fragilità un sacco di persone mi hanno detto ‘Anche io ho quella para lì!’. Perciò dico parliamone, perché in un mondo in cui sembra che dobbiamo farcela da soli, io credo nel potere della condivisione”.

#lucenews #lucelanazione #millepare #alessialanza #podcast
  • Si è laureata in Antropologia, Religioni e Civiltà Orientali indossando un abito tradizionale Crow, tribù della sua famiglia adottiva in Montana. Eppure Raffaella Milandri è italianissima e ha conseguito il titolo nella storica università Alma Mater di Bologna, lo scorso 17 marzo. 

La scrittrice e giornalista nel 2010 è diventata membro adottivo della famiglia di nativi americani Black Eagle. Da quel momento quella che era una semplice passione per i popoli indigeni si è focalizzata sullo studio degli aborigeni Usa e sulla divulgazione della loro cultura.

Un titolo di studio specifico, quello conseguito dalla Milandri, “Che ho ritenuto oltremodo necessario per coronare la mia attività di studiosa e attivista per i diritti dei Nativi Americani e per i Popoli Indigeni. La prima forma pacifica di attivismo è divulgare la cultura nativa”. L’abito indossato durante cerimonia di laurea appartiene alla tribù della sua famiglia adottiva. Usanza che è stata istituzionalizzata solo dal 2017 in Montana, Stato d’origine del suo popolo, quando è stata approvata una legge (la SB 319) che permette ai nativi e loro familiari di laurearsi con il “tribal regalia“. 

In virtù di questa norma, il Segretario della Crow Nation, Levi Black Eagle, a maggio 2022 ha ricordato la possibilità di indossare l’abito tradizionale Crow in queste occasioni e così Milandri ha chiesto alla famiglia d’adozione se anche lei, in quanto membro acquisito della tribù, avrebbe potuto indossarlo in occasione della sua discussione.

La scrittrice, ricordando il momento della laurea a Bologna, racconta che è stata “Una grandissima emozione e un onore poter rappresentare la Crow Nation e la mia famiglia adottiva. Ho dedicato la mia laurea in primis alle vittime dei collegi indiani, istituti scolastici, perlopiù a gestione cattolica, di stampo assimilazionista. Le stesse vittime per le quali Papa Francesco, lo scorso luglio, si è recato in Canada in viaggio penitenziale a chiedere scusa  Ho molto approfondito questo tema controverso e presto sarà pubblicato un mio studio sull’argomento dalla Mauna Kea Edizioni”.

#lucenews #raffaellamilandri #antropologia
Cinquatatre atenei italiani su 92 hanno firmato il Manifesto dell'Università Inclusiva, lanciato nel 2019 dall'Unhcr per favorire l'accesso dei rifugiati all'istruzione universitaria. Attualmente, oltre 70 milioni di persone nel mondo sono costrette a lasciare le loro casa a causa di conflitti, violenze e persecuzioni. Di questi, 25,9 milioni sono rifugiati (di cui oltre 20 milioni sotto il mandato dell'agenzia Onu dei rifugiati). Persone che solo nel 3% dei casi riescono ad aver accesso all'istruzione universitaria, anche se dal 2018 si è registrato un aumento, dall’1 al 3 %. Tuttavia, considerando la percentuale a livello globale del 37%, la difficoltà per i rifugiati di accedere a opportunità di istruzione superiore continua ad essere drammatica, e molto distante dall’obiettivo posto dall’Unchr, che vede il 15% della popolazione rifugiata inserita nel sistema di educazione superiore entro il 2030. La rappresentante Unchr per l’Italia, San Marino e Santa Sede Chiara Cardoletti ha commentato: "Stiamo attraversando un periodo difficile. Settanta milioni di persone si sono viste costrette a fuggire dalle proprie case. L’istruzione è fondamentale per ridare loro la capacità di ricostruire la propria vita. Solo il 3% dei rifugiati ha accesso all’educazione secondaria: portarlo al 15% è diventato per noi un obiettivo importante". Tra gli impedimenti che i rifugiati incontrano sulla strada della corona d'alloro: il mancato riconoscimento dei titoli di studio, la questione econimica e la lingua. Con l’obiettivo di favorire l’inclusione di studenti, ricercatori e docenti rifugiati nei propri atenei, il Manifesto e le università che aderiscono seguono sei punti programmatici per riuscirci:

Supporto agli studenti titolari di protezione internazionale

Le Università e gli istituti di ricerca devono promuovere l’accesso alle informazioni, assicurando che il poprio personale amministrativo, in particolare gli uffici addetti alla registrazione degli studenti e alle relazioni internazionali, abbia tutte le informazioni utili e aggiornate relative allo status di protezione internazionale e alle implicazioni dello status giuridico rispetto all’accesso all’istruzione, nonché le informazioni relative alle procedure di riconoscimento dei titoli di studio conseguiti all’estero. . Sempre le università, al momento dell'iscrizione, sono tenute a fornire informazioni e assistenza ai rifugiati nella fase d'iscrizione, predispongono servizi di orientamento e tutoraggio. Le Università e gli istituti di ricerca devono inoltre favorire l’accesso degli studenti rifugiati a tirocini formativi e stage, in Italia e all’estero, al fine di facilitare il loro futuro ingresso nel mondo del lavoro.  

Supporto per il riconoscimento di titoli e qualifiche

In virtù dell’articolo 7 della Convenzione di Lisbona (ratificata con Legge 148/2002), le Università e gli istituti di ricerca si impegnano ad adottare tutti i provvedimenti utili per l’istituzione di un meccanismo equo, trasparente ed efficace per il riconoscimento dei diplomi, dei certificati e di altri titoli conseguiti all’estero dai titolari dello status di rifugiato o dello status di protezione sussidiaria, anche in assenza di certificazione da parte dello Stato dove è stato conseguito il titolo. Le Università e gli istituti di ricerca forniscono informazioni e assistenza ai rifugiati per quanto riguarda le procedure di riconoscimento di titoli e qualifiche conseguiti all’estero, tenendo presente che, per ragioni di protezione e ai sensi dell’articolo 25 della Convenzione di Ginevra, le istituzioni non possono esigere dai rifugiati alcuna prestazione che comporti il ricorso alle autorità del Paese di origine (Ambasciate e Consolati).

Borse di studio e altri incentivi

Le Università e gli istituti di ricerca, nei limiti delle risorse disponibili, mettono a disposizione borse di studio per studenti e ricercatori titolari di protezione internazionale, e altri incentivi rivolti, ad esempio, al supporto al vitto e all’alloggio, al sostegno allo studio e alla mobilità urbana. Inoltre promuovono, anche attraverso il coinvolgimento della comunità locale, iniziative di private sponsorship rivolte agli studenti e ricercatori titolari di protezione internazionale. Le Università e gli istituti di ricerca promuovono attività di tutoring, anche con il coinvolgimento degli studenti e di associazioni attive sul territorio, per sostenere i rifugiati nel proprio percorso accademico e di integrazione locale, e provvedono a disseminare informazioni su borse di studio e incentivi promossi da altri enti.

Corridoi umanitari per docenti, studenti e ricercatori rifugiati

Le Università e gli istituti di ricerca possono prevedere annualmente, sulla base di procedure di selezione e registrazione stabilite dai singoli istituti, l’ingresso di quote di studenti rifugiati residenti in Paesi Terzi, al fine di favorire vie di ingresso legale complementari per rifugiati e facilitare la loro integrazione nella società e nell’ambiente accademico. Le Università e gli istituti di ricerca si impegnano, nei limiti delle risorse disponibili, ad offrire agli studenti rifugiati un supporto economico per coprire le spese universitarie e le spese di mantenimento correlate, e un servizio di informazione, accompagnamento e orientamento specifico.

Partecipazione

Le Università e gli istituti di ricerca promuovono la partecipazione alla vita accademica di studenti e ricercatori rifugiati, anche supportandoli nella costituzione di loro associazioni. Le Università e gli istituti di ricerca si impegnano a coinvolgere le associazioni di rifugiati in dibattiti ed eventi pubblici, organizzati dagli atenei, anche sui temi legati alla protezione internazionale.
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