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Home » Attualità » Mantova, trovata morta dopo un mese, il cagnolino in fin di vita le è sempre stato accanto

Mantova, trovata morta dopo un mese, il cagnolino in fin di vita le è sempre stato accanto

Ha vegliato per un mese sul corpo della sua padrona morta in doccia. Nonostante fosse denutrito e disidratato è riuscito ad andare incontro ai soccorritori

Edoardo Martini
26 Luglio 2022
Cane

Cane

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Sempre più connessi ma sempre più soli. Gli incontri, le conoscenze, spesso passano attraverso il web, anche tra vicini o amici. Relazioni virtuali, mentre i rapporti diretti diventano sempre più rari, soprattutto tra chi, dal mondo digitale, resta fuori. E allora anche accorgersi della loro assenza diventa difficile, non ci si fa caso. Era successo a febbraio, quando il cadavere della signora Marinella Beretta, 70 anni, era stato scoperto per caso nella sua abitazione a ben due anni dal decesso. È successo ancora in questi giorni a Firenze, dove una 79enne è stata ritrovata ormai senza vita nella sua casa in zona Gavinana dopo alcuni giorni dalla morte. Ed è successo a Mantova, dove una donna è stata trovata morta nel box doccia dopo un mese. A vigilare sul corpo ci ha pensato il suo cane: quando i soccorritori sono arrivati hanno trovato il corpo della donna in un avanzato stato di decomposizione e l’animale denutrito e disidratato per la lunga veglia.

La fedeltà del cane alla sua padrona

La fedeltà del cane

Nessuno per giorni ha chiesto di lei e nessuno si è mai preoccupato perché nessuno rispondeva alla porta della casa della donna. I vicini hanno dato l’allarme solo quando hanno sentito un forte odore provenire dal suo appartamento. Qui i soccorritori hanno trovato la donna, di 59 anni, morta. In casa è stato trovato il suo amico a quattro zampe, in fin di vita anche lui, che però ha trovato la forza di andare incontro ai soccorritori. Per tutti queste settimane non ha mai abbandonato la donna, sempre stato a vegliare su di lei in bagno.
Il medico legale intervenuto sul posto ha analizzato il cadavere, stabilendo, da un primo accertamento, che il decesso sarebbe avvenuto da qualche settimana a causa probabilmente di un malore causato dalle alte temperature di questi giorni. Le cause del decesso potranno essere confermate solo dall’autopsia, ma ad ora resta in piedi solo la pista relativa al decesso per cause naturali. Sulla porta e nelle finestre della casa della donna non sono stati trovati segni di effrazioni e nulla manca da portafogli e dei cassetti dalla donna. Insomma, nulla che lasci pensare a una rapina finita male o della presenza di terzi in casa. La preoccupazione maggiore adesso è per la salute del cane, trovato in gravissime condizioni. Intanto è stato sottoposto alle cure presso il canile della città, in attesa di scoprire il suo futuro.

Il ministro degli Affari interni ucraino, Anton Gerashchenko

Il precedente in Ucraina

Un episodio simile accadde qualche mese fa in Ucraina, a Makariv, vicino a Kiev, dove un cane attese per settimane il ritorno della sua padrona, morta durante i primi giorni dell’invasione russa. La storia fu raccontata dal consigliere del ministro degli Affari interni ucraino, Anton Gerashchenko, che condivise alcune informazioni sul terribile destino della signora su Twitter. Secondo Gerashchenko, la propietaria di Reeny sarebbe stata “violentata e uccisa da un soldato russo vicino a casa sua”. Da quel momento il cane se ne è stato tutti i giorni davanti all’abitazione della sua amata padrona, nella speranza di vederla finalmente tornare. Sempre tramite i social, il consigliere del ministro fece sapere che Reeny, che ha 9 anni, è molto malato. Per questo i parenti della donna sarebbero già stati rintracciati e sarebbero pronti a prendersi cura di lui.

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#lucenews #lucelanazione #bebevio #inclusivity #libera #protesi #tornosubito
  • Maura Nardi, 41 anni a novembre, ed Emanuele Loati, 25, oltre ad essere innamorati, sono due giovani transgender che, dopo una vera e propria odissea, hanno completato insieme la transizione per il cambio di sesso. E ora, nuovi documenti alla mano, coroneranno finalmente il loro sogno d’amore con le nozze.

“Con l’identità di genere non si può scendere a patti: puoi lottarci per un po’, ma alla fine devi accettare quello che sei perché in ballo c’è la tua vita”.

Emanuele e Maura si sono conosciuti 3 anni fa, proprio durante il difficile e lungo percorso che li avrebbe portati alla loro nuova identità. Da quel primo incontro, proprio come in una favola con la freccia di Cupido scoccata che non lascia scampo, i due non si sono più lasciati.

Uniti, supportandosi a vicenda senza mai smettere di amarsi, hanno affrontato tutte le difficoltà che si sono presentate e non sono state poche: prima la sofferenza emotiva (ma anche fisica) per la transizione, aggravata poi dalla burocrazia dello Stato. E dopo tante peripezie la luce è apparsa in fondo al tunnel: l’ufficio anagrafe del comune di Recanati, in provincia di Macerata, ha provveduto a rettificare i loro documenti di identità. Era l’ultimo step da superare prima del via libera al matrimonio. Ora non resta che organizzare.

Se quella di Nardi e Loati è una vicenda già particolarmente travagliata, anche se a lieto fine, per Maura le cose sono state, se possibile, ancora più difficili. Ha iniziato la transizione nel 2016 e quando ha completato il percorso, è stata la prima persona non vedente italiana a riuscirci. Da quando ha 19 anni soffre di una forma di cecità a causa dello sviluppo di una rara malattia alla retina, nel suo caso “è stato più semplice convivere con la cecità che con l’incongruenza di genere”.

E aggiunge: “Nonostante il supporto non è stata una passeggiata: ho avuto diversi momenti di sconforto e paura, altri in cui mi sono sentita in colpa per aver trascinato la mia famiglia in questo cammino così complesso. Oggi so che rifarei tutto. La ciliegina sulla torta è stata l’arrivo del mio compagno. Ora finalmente siamo pronti a sposarci e possiamo pensare a una cosa bella”.

#lucenews #recanati #nozze
  • Quello che molti temevano è purtroppo accaduto: per scoprire le interruzioni di gravidanza negli Usa le autorità stanno facendo ricorso anche ai dati personali contenuti nelle app di messaggistica e sui social. 

A destare scalpore è un caso in Nebraska, dove Celeste Burgess, 18 anni, e sua madre Jessica, 41, sono finite in tribunale per un presunto aborto illegale, con molteplici capi d’imputazione. La polizia ha presentato come prove i messaggi su Facebook che le due donne si sarebbero scambiate e a cui, con l’autorizzazione dei gestori della piattaforma – in questo caso Meta –, ha avuto accesso. Le chat private, secondo le autorità, mostrano le prove di un aborto farmacologico illegale, autogestito alla 28esima settimana di gestazione (settimo mese), e di un piano per nascondere "i resti”.

Dopo che la polizia ha ottenuto il materiale dai due mandati di perquisizione, Jessica è stata accusata di altri due reati, induzione all’aborto illegale e pratica dell’aborto come persona diversa da un medico autorizzato, per i quali si è nuovamente dichiarata non colpevole. Attualmente il Nebraska proibisce gli aborti dopo le 20 settimane, una legge in vigore da prima dell’annullamento della sentenza Roe v. Wade.

Il problema di fondo che emerge da questa e da tante altre vicende in materia di diritti ha un duplice aspetto: da una parte c’è l’obbligo di una società di fornire i dati alle forze dell’ordine che ne fanno richiesta per le indagini e dall’altra la possibilità di disporre di questi dati. 

Mai come oggi grandi aziende private possono disporre di informazioni personali relative ai propri utenti, e se queste sono utili per fermare chi commette crimini è un conto, ma se le leggi vengono modificate ciò che può essere giudicato come crimine cambia. Il caso di Celeste Burgess è solo un esempio, ma conferma anche che negare il diritto all’aborto non eradica il fenomeno, ma lo trasporta in una dimensione di illegalità e pericolo per la salute della donna.

#lucenews #lucelanazione #aborto #nebraska #abortion #usa
  • La scelta coraggiosa del calciatore croato Robert Peric-Komsic non poteva non fare il giro del mondo in un baleno. Nel fiore dell’età, e con tutta la vita davanti, a soli 23 anni ha deciso di lasciare il mondo del pallone. La sua non è stata una scelta forzata, è stata intimamente voluta, e se ha detto addio alla sua carriera è stato solo per una scelta d’amore. Dimostrando che la vita della propria madre viene prima di qualunque cosa. Prima della passione per il pallone, prima del successo, prima di ogni carriera.

“Non c’erano altre opzioni, io era l’unica possibilità, l’ultima. Ho avuto ben chiara qual era la mia missione: salvarla.”

L’attaccante del Cibalia Vinkovci non ci ha pensato due volte quando si è trattato di scegliere tra il suo futuro nel mondo calcistico e la salute della sua mamma malata. Per tanto, troppo tempo l’aveva vista lottare contro una malattia al fegato. Ora non c’era più tempo da perdere: si trattava di trovare un donatore compatibile, e al più presto. Lo stomaco della donna si stava oramai riempiendo di acqua, e questo voleva dire che le rimaneva poco tempo, secondo i medici che l’avevano in cura. Questione di qualche giorno appena. Il calciatore della seconda divisione croata era l’unico compatibile. A quel punto Peric-Komsic si è tolto la tuta, ha riposto maglietta e calzoncini da calciatore nella sua valigia e ha preso l’aereo, salendo sul primo volo con destinazione Istanbul. Lì ha trovato sua mamma Ljiljiana che l’aspettava per abbracciarlo, in fin di vita.

“Dopo aver lottato duramente per 13 anni, il vero eroe è lei. Io ho solo fatto quello che chiunque al posto mio avrebbe fatto."

Sono passati quattro mesi e più dall’intervento. Il trapianto è andato benee la signora Ljiljiana è migliorata molto da allora. Giorno dopo giorno ce l’ha messa tutta, e con una straordinaria forza di volontà, animata dall’amore di suo figlio, si sta piano piano riprendendo. E a chi si complimenta per aver fatto qualcosa di straordinario, con l’umiltà dei grandi risponde: “È stata mia madre a darmi la vita. Io l’ho solo estesa a lei”.

#lucenews #lucelanazione #donazionefegato #RobertPericKomsic #donarelavitaperamore
Sempre più connessi ma sempre più soli. Gli incontri, le conoscenze, spesso passano attraverso il web, anche tra vicini o amici. Relazioni virtuali, mentre i rapporti diretti diventano sempre più rari, soprattutto tra chi, dal mondo digitale, resta fuori. E allora anche accorgersi della loro assenza diventa difficile, non ci si fa caso. Era successo a febbraio, quando il cadavere della signora Marinella Beretta, 70 anni, era stato scoperto per caso nella sua abitazione a ben due anni dal decesso. È successo ancora in questi giorni a Firenze, dove una 79enne è stata ritrovata ormai senza vita nella sua casa in zona Gavinana dopo alcuni giorni dalla morte. Ed è successo a Mantova, dove una donna è stata trovata morta nel box doccia dopo un mese. A vigilare sul corpo ci ha pensato il suo cane: quando i soccorritori sono arrivati hanno trovato il corpo della donna in un avanzato stato di decomposizione e l'animale denutrito e disidratato per la lunga veglia.
La fedeltà del cane alla sua padrona

La fedeltà del cane

Nessuno per giorni ha chiesto di lei e nessuno si è mai preoccupato perché nessuno rispondeva alla porta della casa della donna. I vicini hanno dato l'allarme solo quando hanno sentito un forte odore provenire dal suo appartamento. Qui i soccorritori hanno trovato la donna, di 59 anni, morta. In casa è stato trovato il suo amico a quattro zampe, in fin di vita anche lui, che però ha trovato la forza di andare incontro ai soccorritori. Per tutti queste settimane non ha mai abbandonato la donna, sempre stato a vegliare su di lei in bagno. Il medico legale intervenuto sul posto ha analizzato il cadavere, stabilendo, da un primo accertamento, che il decesso sarebbe avvenuto da qualche settimana a causa probabilmente di un malore causato dalle alte temperature di questi giorni. Le cause del decesso potranno essere confermate solo dall’autopsia, ma ad ora resta in piedi solo la pista relativa al decesso per cause naturali. Sulla porta e nelle finestre della casa della donna non sono stati trovati segni di effrazioni e nulla manca da portafogli e dei cassetti dalla donna. Insomma, nulla che lasci pensare a una rapina finita male o della presenza di terzi in casa. La preoccupazione maggiore adesso è per la salute del cane, trovato in gravissime condizioni. Intanto è stato sottoposto alle cure presso il canile della città, in attesa di scoprire il suo futuro.
Il ministro degli Affari interni ucraino, Anton Gerashchenko

Il precedente in Ucraina

Un episodio simile accadde qualche mese fa in Ucraina, a Makariv, vicino a Kiev, dove un cane attese per settimane il ritorno della sua padrona, morta durante i primi giorni dell’invasione russa. La storia fu raccontata dal consigliere del ministro degli Affari interni ucraino, Anton Gerashchenko, che condivise alcune informazioni sul terribile destino della signora su Twitter. Secondo Gerashchenko, la propietaria di Reeny sarebbe stata “violentata e uccisa da un soldato russo vicino a casa sua”. Da quel momento il cane se ne è stato tutti i giorni davanti all'abitazione della sua amata padrona, nella speranza di vederla finalmente tornare. Sempre tramite i social, il consigliere del ministro fece sapere che Reeny, che ha 9 anni, è molto malato. Per questo i parenti della donna sarebbero già stati rintracciati e sarebbero pronti a prendersi cura di lui.
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