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Home » Attualità » Marcia allo Sperone per accendere le luci sul quartiere, per ripensare insieme le periferie come luogo di speranza

Marcia allo Sperone per accendere le luci sul quartiere, per ripensare insieme le periferie come luogo di speranza

Secondo Don Ciotti l'importante è "stare insieme per camminare", perché, afferma Antonella di Bartolo: "Il senso è ripensare alcuni luoghi sospesi come lo Sperone che spesso è alla ribalta delle cronache per fatti spiacevoli e fare risplendere la luce che già c’è"

Letizia Cini
6 Dicembre 2021
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Una passeggiata per le vie di un quartiere periferico a Palermo, per continuare a dare voce a tutte le persone che credono ancora in un cambiamento possibile. Riconoscere le potenzialità di tanti luoghi ‘sospesi’, abitati e animati da molte persone. Camminare insieme per le strade dello Sperone, per dire che ciò che è accaduto qualche giorno fa ci riguarda tutte e tutti, ci interpella e non ci lascia indifferenti. È questo lo spirito con il quale cittadini, cittadine e associazioni che vivono nel capoluogo siciliano, cercano la voglia di riscatto soprattutto di quartieri come quello, che nei giorni scorsi è stato al centro delle cronache per l’arresto di 57 persone per spaccio di droga, in cui erano pesantemente coinvolti anche minori.

Tra gli organizzatori della manifestazione il centro Arrupe di Gianni Notari, alcuni consiglieri comunali e di circoscrizione, ma anche partiti, dal Pd ai movimenti della sinistra che si sono ritrovati nella palestra comunale Valentino Renda. “Il senso è ripensare alcuni luoghi sospesi come lo Sperone – spiega la preside della scuola Pertini, Antonella Di Bartolo – che spesso è alla ribalta delle cronache per fatti spiacevoli e fare risplendere la luce che già c’è. Un richiamo alle istituzioni che sono spesso più latitanti dei pregiudicati. E questo è un messaggio terribile, per il bene del quartiere e delle persone, che non possiamo permettere che passi ancora”.

Per i sindacati un momento importante di riscatto. “Accendere le luci allo Sperone, significa restituire ai luoghi dignità e alle persone futuro. Le luci dello Sperone sono i cittadini che ci vivono, sono i più giovani, sono i bambini. La responsabilità e l’impegno di tutti sono necessari ogni giorno affinché i tanti Sperone diventino centrali nelle scelte e nelle politiche quotidiane – commenta il segretario generale Cgil Palermo, Mario Ridulfo, che ha partecipato oggi alla passeggiata tra i vicoli e le ‘incompiute’ -. La Cgil c’è, con i suoi presidi aperti ogni giorno in tutte le periferie, e sostiene ogni giorno le rivendicazioni dei lavoratori, degli operatori della scuola, degli abitanti, per la crescita del quartiere”.

“Voi oggi avete scelto di camminare insieme per le strade dello Sperone. Ma come diceva Tonino Bello ‘non è sufficiente camminare insieme’, piuttosto è fondamentale ‘stare insieme per camminare’ come state facendo voi. Perché camminare insieme lo posso fare un po’ tutti, ma stare ‘insieme per camminare’ è una prerogativa di chi ha scelto di stare veramente insieme e mettersi accanto all’altro e non può fare a meno di stare con l’altro”. Così don Luigi Ciotti, fondatore di Libera, nel videomessaggio inviato in occasione della manifestazione “Luci allo Sperone”. È stata questa la risposta delle persone che vivono in quella borgata dopo il recente blitz, che ha portato all’arresto di una sessantina di persone impegnate nello spaccio della droga, anche ricorrendo all’aiuto di alcuni quindicenni. “Questo ‘noi’ in cammino diventa un formidabile portatore di luce per il quartiere, che ne ha tanto bisogno e per la città tutta – prosegue don Ciotti -. Alimenta le luci che già splendono, delle cose belle che si fanno e che dovrebbero avere più risalto e riconoscimento. E accende luci nuove nelle vie, nelle piazze e nelle coscienze della gente. Portare la luce nelle strade, per aiutare chi ha perso la strada a ritrovarla e chi ha perso la speranza a riaccenderla dentro di sé e dentro a suoi contesti di vita”.

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  • Per una detenuta come Joy – nigeriana di 34 anni, arrestata nel 2014 per possesso di droga – uscire dal carcere significherà dover imparare a badare a se stessa. Lei che è lontana da casa e dalla famiglia, lei che non ha nessuno ad aspettarla. In carcere ha fatto il suo percorso, ha imparato tanto, ha sofferto di più. Ma ha anche conosciuto persone importanti, detenute come lei che sono diventate delle amiche. 

Mon solo. Nella Cooperativa sociale Gomito a Gomito, per esempio, ha trovato una seconda famiglia, un ambiente lavorativo che le ha offerto “opportunità che, se fossi stata fuori dal carcere, non avrei mai avuto”, come quella di imparare un mestiere e partecipare ad un percorso di riabilitazione sociale e personale verso l’indipendenza, anche economica.

Enrica Morandi, vice presidente e coordinatrice dei laboratori sartoriali del carcere di Rocco D’Amato (meglio noto ai bolognesi come “La Dozza”), si riferisce a lei chiamandola “la mia Joy”, perché dopo tanti anni di lavoro fianco a fianco ha imparato ad apprezzare questa giovane donna impegnata a ricostruire la propria vita: 

“Joy è extracomunitaria, nel nostro Paese non ha famiglia. Per lei sarà impossibile beneficiare degli sconti di pena su cui normalmente possono contare le detenute italiane, per buona condotta o per anni di reclusione maturati. Non è una questione di razzismo, è che esistono problemi logistici veri e propri, come il non sapere dove sistemare e a chi affidare queste ragazze, una volta lasciate le mura del penitenziario. Se una donna italiana ha ad attenderla qualcuno che si fa carico di ospitarla, Joy e altre come lei non hanno nessun cordone affettivo cui appigliarsi”.

L
  • Presidi psicologici, psicoterapeutici e di counselling per tutti gli studenti universitari e scolastici. Lo chiedono l’Udu, Unione degli universitari, e la Rete degli studenti medi nella proposta di legge ‘Chiedimi come sto’ consegnata a una delegazione di parlamentari nel corso di una conferenza stampa a Montecitorio.

La proposta è stata redatta secondo le conclusioni di una ricerca condotta da Spi-Cgil e Istituto Ires, che ha evidenziato come, su un campione di 50mila risposte, il 28 per cento abbia avuto esperienze di disturbi alimentari e oltre il 14 di autolesionismo.

“Nella nostra generazione è ancora forte lo stigma verso chi sta male ed è difficile chiedere aiuto - spiega Camilla Piredda, coordinatrice nazionale dell’Udu - l’interesse effettivo della politica si è palesato solo dopo il 15esimo suicidio di studenti universitari in un anno e mezzo. Ci sembra assurdo che la politica si interessi solamente dopo che si supera il limite, con persone che arrivano a scegliere di togliersi la vita.

Dall’altro lato, è positivo che negli ultimi mesi si sia deciso di chiedere a noi studenti come affrontare e come risolvere, il problema. Non è scontato e non è banale, perché siamo abituati a decenni in cui si parla di nuove generazioni senza parlare alle nuove generazioni”.

#luce #lucenews #università
  • La polemica politica riaccende i riflettori sulle madri detenute con i figli dopo la proposta di legge in merito alla detenzione in carcere delle donne in gravidanza: già presentata dal Pd nella scorsa legislatura, approvata in prima lettura al Senato, ma non alla Camera, prevedeva l’affido della madre e del minore a strutture protette, come le case famiglia, e vigilate. La dichiarata intenzione del centrodestra di rivedere il testo ha messo il Pd sul piede di guerra; alla fine di uno scontro molto acceso, i dem hanno ritirato il disegno di legge ma la Lega, quasi per ripicca, ne ha presentato uno nuovo, esattamente in linea con i desideri della maggioranza.

Lunedì non ci sarà quindi alcuna discussione alla Camera sul testo presentato da Debora Serracchiani nella scorsa legislatura, Tutto ripartirà da capo, con un nuovo testo, firmato da due esponenti del centrodestra: Jacopo Morrone e Ingrid Bisa.

“Questo (il testo Serracchini) era un testo che era già stato votato da un ramo del Parlamento, noi lo avevamo ripresentato per migliorare le condizioni delle detenute madri – ha spiegato ieri il dem Alessandro Zan – ma la maggioranza lo ha trasformato inserendovi norme che di fatto peggiorano le cose, consentendo addirittura alle donne incinte o con figli di meno di un anno di età di andare in carcere. Così non ha più senso, quindi ritiriamo le firme“.

Lo scontro tra le due fazioni è finito (anche) sui social media. "Sul tema delle borseggiatrici e ladre incinte occorre cambiare la visione affinché la gravidanza non sia una scusa“ sottolineano i due presentatori della proposta.

La proposta presentata prevede modifiche all’articolo 146 del codice penale in materia di rinvio obbligatorio dell’esecuzione della pena: “Se sussiste un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti – si legge nel testo presentato – il magistrato di sorveglianza può disporre che l’esecuzione della pena non sia differita, ovvero, se già differita, che il differimento sia revocato. Qualora la persona detenuta sia recidiva, l’esecuzione della pena avviene presso un istituto di custodia attenuata per detenute madri“.

#lucenews #madriincarcere
Una passeggiata per le vie di un quartiere periferico a Palermo, per continuare a dare voce a tutte le persone che credono ancora in un cambiamento possibile. Riconoscere le potenzialità di tanti luoghi 'sospesi', abitati e animati da molte persone. Camminare insieme per le strade dello Sperone, per dire che ciò che è accaduto qualche giorno fa ci riguarda tutte e tutti, ci interpella e non ci lascia indifferenti. È questo lo spirito con il quale cittadini, cittadine e associazioni che vivono nel capoluogo siciliano, cercano la voglia di riscatto soprattutto di quartieri come quello, che nei giorni scorsi è stato al centro delle cronache per l'arresto di 57 persone per spaccio di droga, in cui erano pesantemente coinvolti anche minori. Tra gli organizzatori della manifestazione il centro Arrupe di Gianni Notari, alcuni consiglieri comunali e di circoscrizione, ma anche partiti, dal Pd ai movimenti della sinistra che si sono ritrovati nella palestra comunale Valentino Renda. "Il senso è ripensare alcuni luoghi sospesi come lo Sperone - spiega la preside della scuola Pertini, Antonella Di Bartolo - che spesso è alla ribalta delle cronache per fatti spiacevoli e fare risplendere la luce che già c’è. Un richiamo alle istituzioni che sono spesso più latitanti dei pregiudicati. E questo è un messaggio terribile, per il bene del quartiere e delle persone, che non possiamo permettere che passi ancora". Per i sindacati un momento importante di riscatto. "Accendere le luci allo Sperone, significa restituire ai luoghi dignità e alle persone futuro. Le luci dello Sperone sono i cittadini che ci vivono, sono i più giovani, sono i bambini. La responsabilità e l’impegno di tutti sono necessari ogni giorno affinché i tanti Sperone diventino centrali nelle scelte e nelle politiche quotidiane - commenta il segretario generale Cgil Palermo, Mario Ridulfo, che ha partecipato oggi alla passeggiata tra i vicoli e le 'incompiute' -. La Cgil c'è, con i suoi presidi aperti ogni giorno in tutte le periferie, e sostiene ogni giorno le rivendicazioni dei lavoratori, degli operatori della scuola, degli abitanti, per la crescita del quartiere". "Voi oggi avete scelto di camminare insieme per le strade dello Sperone. Ma come diceva Tonino Bello 'non è sufficiente camminare insieme', piuttosto è fondamentale 'stare insieme per camminare' come state facendo voi. Perché camminare insieme lo posso fare un po' tutti, ma stare 'insieme per camminare' è una prerogativa di chi ha scelto di stare veramente insieme e mettersi accanto all'altro e non può fare a meno di stare con l'altro". Così don Luigi Ciotti, fondatore di Libera, nel videomessaggio inviato in occasione della manifestazione "Luci allo Sperone". È stata questa la risposta delle persone che vivono in quella borgata dopo il recente blitz, che ha portato all’arresto di una sessantina di persone impegnate nello spaccio della droga, anche ricorrendo all’aiuto di alcuni quindicenni. "Questo 'noi' in cammino diventa un formidabile portatore di luce per il quartiere, che ne ha tanto bisogno e per la città tutta - prosegue don Ciotti -. Alimenta le luci che già splendono, delle cose belle che si fanno e che dovrebbero avere più risalto e riconoscimento. E accende luci nuove nelle vie, nelle piazze e nelle coscienze della gente. Portare la luce nelle strade, per aiutare chi ha perso la strada a ritrovarla e chi ha perso la speranza a riaccenderla dentro di sé e dentro a suoi contesti di vita".
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