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Home » Attualità » Marco Cappato accompagna una donna in Svizzera per il suicidio assistito: “È stata una sua scelta”

Marco Cappato accompagna una donna in Svizzera per il suicidio assistito: “È stata una sua scelta”

Per il tesoriere della Luca Coscioni si tratta di una nuova disobbedienza civile, che potrebbe costargli fino a 12 anni di carcere. La 69enne veneta è spirata questa mattina

Marianna Grazi
2 Agosto 2022
Marco Cappato

Marco Cappato, tesoriere dell'associazione Luca Coscioni

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Marco Cappato, tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni, si trova in Svizzera per dare seguito alla richiesta di aiuto ricevuta da parte di una signora veneta di 69 anni, affetta da un tumore incurabile ai polmoni. ‘Adelina’, nome di fantasia, che si apprende essere spirata questa mattina, 2 agosto, in zona Basilea, aveva chiesto di essere accompagnata nel Paese elvetico per potere accedere legalmente al suicidio assistito. Per il tesoriere della Coscioni si tratta di una nuova disobbedienza civile, dal momento che la persona accompagnata non è “tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale”, quindi non rientra nei parametri previsti dalla sentenza 242/2019 della Corte Costituzionale sul caso “Cappato/Dj Fabo” per l’accesso al suicidio assistito in Italia. Come scrivono dall’associazione sui social Marco Cappato rischia fino a 12 anni di carcere per l’accusa di aiuto al suicidio.

“Elena ha appena confermato la sua volontà: è morta, nel modo che ha scelto, nel Paese che glielo ha permesso. Domattina, in Italia, andrò ad autodenuciarmi“, ha dichiarato Cappato, tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni, che ieri aveva accompagnato la donna italiana in Svizzera.
Cappato domani andrà ad autodenunciarsi presso la stazione dei Carabinieri in via Fosse Ardeatine 4 a Milano. “È morta la signora Elena – scrive in una nota l’associazione Coscioni – che fino a ieri avevamo conosciuto con il nome di fantasia ‘Adelina’ per ragioni di privacy”.

 

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Un post condiviso da Associazione Luca Coscioni (@associazione_luca_coscioni)

“Sto accompagnando in Svizzera una signora gravemente malata. Solo lì può ottenere quello che deve essere un suo diritto. Sarà libera di scegliere fino alla fine”, aveva dichiarato nella mattinata dal 1° agosto l’attivista ed ex politico. La donna era affetta da una importante patologia oncologica polmonare irreversibile con metastasi ma non dipendendo da dispositivi di trattamento di sostegno vitale e non assumendo farmaci, salvo antibiotici e antidolorifici secondo necessità, nel nostro Paese non avrebbe avuto alcuna speranza di vedere esaudita la sua ultima e più importante richiesta. Quella di autodeterminarsi, anche nella morte. Insieme alla famiglia, che comprende e rispetta la sua volontà, aveva contattato il Numero Bianco dell’Associazione Luca Coscioni per avere maggiori informazioni e ha preferito andare in Svizzera senza attendere ancora(e, aggiungiamo, inutilmente). Aspettare, viene sottolineato, avrebbe potuto, infatti, determinare ulteriori sofferenze e peggioramenti, vista la progressione della malattia già in fase avanzata.

L’ultimo messaggio di Adelina, anzi Elena

 

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Adelina, è in realtà Elena. O meglio, era. Il nome di fantasia usato per le sue ultime ore di privacy è stato ispirato dalla canzone che ha scelto per i suoi ultimi momenti, Ballade pour Adeline, di Richard Clayderman. La donna, si apprende, è spirata oggi, 2 agosto, nella zona di Basilea. L’ultimo messaggio trasmette la sua convinzione di avere fatto la scelta giusta ma esprime anche il dolore per non aver potuto morire a fianco dei suo cari. La donna, che Marco Cappato ha accompagnato in Svizzera a porre fine alla sua vita col suicidio assistito ha lasciato il suo pensiero in un video di quattro minuti: “Sono sempre stata convinta che ogni persona debba decidere sulla propria vita e debba farlo anche sulla propria fine, senza costrizioni, senza imposizioni, liberamente, e credo di averlo fatto, dopo averci pensato parecchio, mettendo anche in atto convinzioni che avevo anche prima della malattia. Avrei sicuramente preferito finire la mia vita nel mio letto, nella mia casa, tenendo la mano di mia figlia, la mano di mio marito. Purtroppo questo non è stato possibile e quindi ho dovuto venire qui da sola”. E qui, arriva la scelta: “Mettendo in pratica convinzioni che avevo prima che succedesse tutto questo, ho deciso di valutare la possibilità di terminare la mia vita prima che lo facesse in maniera più dolorosa la malattia. Ho parlato con la mia famiglia e avuto la comprensione e il sostegno che potevo desiderare, però quando si è legati affettivamente si cerca sempre di procrastinare questo evento. Ho chiesto aiuto a Cappato perché non volevo che i mie cari, accompagnandomi, potessero avere delle ripercussioni legali ed essere accusati di avermi istigata a prendere una decisione che è sempre stata solo mia. Ho dovuto scegliere tra una strada più lunga che mi portava all’inferno o venire qui a Basilea e ho scelto questa seconda opzione”. Il messaggio termina con un “saluto a chi mi vuole e mi ha voluto bene“.

Cosa prevede la Corte Costituzionale per il suicidio assistito

Marco Cappato fine vita
Cappato con gli organizzatori del referendum sull’eutanasia legale poi bocciato dalla Consulta

Nel 2019 Marco Cappato è stato assolto sul caso di Dj Fabo, al secolo Fabiano Antoniani, che aveva accompagnato in Svizzera nell’ultimo viaggio verso il suicidio assistito. La Corte Costituzionale, in quell’occasione, aveva rimandato al Parlamento l’onere di produrre una legge sul tema fine vita e aveva fissato intanto i “paletti” per accedere al suicidio medicalmente assistito. I criteri fissati sono quattro: la richiesta deve essere di una persona che sia tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetta da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che reputa intollerabili, ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli, sempre che tali condizioni e le modalità di esecuzione siano state verificate da una struttura pubblica del servizio sanitario previo parere comitato etico competente.

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  • “I nostri animali rischiano una fine orribile.”

La scure del Tar del Lazio ha infranto le speranze della “Sfattoria degli Ultimi”, centoncinquanta tra maiali e cinghiali rischiano di morire. 

L’8 agosto l’Asl 1 ha notificato alla Sfattoria la decisione di abbattimento degli animali perché si trovano nella cosiddetta "zona rossa"(ovvero zona infetta in relazione alla peste suina africana) che comprende tutto il territorio romano. L’associazione ha contestato la decisione, sostenendo che essendo animali Dpa (ovvero non destinato alla produzione di alimenti) e quindi da affezione, non possono essere abbattuti secondo legge. Il Tar però “ha rigettato la richiesta di sospensiva urgente e per questo l’ordinanza di abbattimento può diventare esecutiva”. 

Anche il commissario nominato per l’emergenza, Angelo Ferrari, ha ritenuto non accoglibile la richiesta di non procedere all’abbattimento dei suini in questione perché, secondo quanto riferito dall’Asl, le strutture che ospitano gli animali sono state occupate abusivamente e gli animali non sono tracciati e non ci sono certificazioni di provenienza. Accuse respinte al mittente dalla Sfattoria.

Numerosi gli appelli a sostegno della Sfattoria a cominciare dalla petizione su change.org. Ma anche quelle di altre associazioni come Enpa, Leidaa, Lndc e Oipa che annunciano una dura battaglia legale con l’intenzione di trasformare la richiesta di sospensiva in ricorso ordinario. E gli appelli di supporto misti allo sdegno si sono diffusi anche via social dove centinaia di utenti hanno “urlano" contro la decisione dell’azienda sanitaria. 

#lucenews #lucelanazione #sfattoriadegliultimi #salviamoglianimali #protezioneanimali
  • Buone notizie per i neogenitori. Scattano da oggi, 13 agosto, le nuove regole sui congedi parentali previste dal decreto 105/2022. 🔻

La novità più importante è l’introduzione del congedo di paternità obbligatorio di 10 giorni al 100% della retribuzione (in precedenza erano solo 5), che sostituisce il congedo obbligatorio del padre e il congedo facoltativo del padre. 

Tale congedo sarà accessibile dal padre lavoratore dipendente tra i due mesi precedenti e i cinque successivi alla nascita, anche in caso di morte perinatale del bambino. I giorni di congedo possono essere sovrapposti anche a quelli della madre lavoratrice (pari a 5 mesi) e, in caso di parto gemellare, la durata del congedo è aumentata a 20 giorni lavorativi.

Oltre a questi 10 giorni obbligatori e completamente pagati, entrambi i genitori con figli di età inferiore ai 12 anni avranno diritto a un ulteriorecongedo facoltativo della durata di tre mesi con un’indennità del 30% dello stipendio. Tale congedo non è trasferibile da un genitore all’altro. I genitori hanno anche diritto, in alternativa tra loro, ad un ulteriore periodo di congedo della durata complessiva di tre mesi, per i quali spetta sempre un’indennità del 30% della retribuzione. 

Al genitore solo, sono riconosciuti 11 mesi continuativi o frazionati, di congedo parentale, di cui 9 mesi (e non più 6 mesi) indennizzabili al 30% della retribuzione.

I limiti massimi restano invariati per entrambi i genitori: 6 mesi per la madre e 6 per il padre (elevabili a 7 mesi nel caso in cui si astenga per un periodo intero o frazionato non inferiore a 3 mesi) per ogni figlio. 

Di Nicolò Guelfi ✍

#lucenews #lucelanazione #congedoparentale #maternitàepaternitàaconfronto #genitorifigli
  • Un episodio orribile quello accaduto a Salerno dove due donne lesbiche sono state accoltellate dal padre di una di loro. Le due giovani hanno deciso di denunciare il fatto ai carabinieri e la vicenda è stata resa nota dal consigliere regionale campano di Europa Verde Francesco Borrelli, che ha parlato di “storia folle e agghiacciante”.

La vicenda è iniziata quando le due ragazze, Francesca e Immacolata, la prima 39enne di Crotone e la seconda 23enne della provincia di Napoli, sono arrivate a Salerno per lavorare; nel capoluogo campano sono state ospitate a casa di una parente di Immacolata, il teatro dell’aggressione. 

“Mio padre ci ha detto ‘Voglio fare 30 anni di carcere: volete morire insieme? È arrivato il momento’ e poi ci ha colpito. Mia madre ha assistito all’aggressione e non ha fermato mio padre, anzi ha provato a bloccarci mentre scappavamo”, ha raccontato la più giovane. 

“Entrambe abbiamo riportato qualche ferita, ma siamo riuscite a scappare. Fino alle 5 del mattino però mio padre ci ha inseguite e minacciate. Abbiamo chiamato il 112 e i carabinieri sono intervenuti accompagnandoci nel nostro domicilio di Salerno per fare le valigie e tornare poi a Crotone in sicurezza. Lui a oggi nega tutto, ma abbiamo le prove di quello che ha fatto”, ha raccontato Immacolata.

Le due ragazze sono quindi tornate in Calabria e si sono anche recate al Pronto Soccorso dell’ospedale di Crotone per farsi medicare, sul corpo avevano numerose escoriazioni e ferite lievi di arma da taglio. 

#lucenews #lucelanazione #lgbtqitalia #aggressioneomofoba #salerno
Marco Cappato, tesoriere dell'Associazione Luca Coscioni, si trova in Svizzera per dare seguito alla richiesta di aiuto ricevuta da parte di una signora veneta di 69 anni, affetta da un tumore incurabile ai polmoni. 'Adelina', nome di fantasia, che si apprende essere spirata questa mattina, 2 agosto, in zona Basilea, aveva chiesto di essere accompagnata nel Paese elvetico per potere accedere legalmente al suicidio assistito. Per il tesoriere della Coscioni si tratta di una nuova disobbedienza civile, dal momento che la persona accompagnata non è "tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale", quindi non rientra nei parametri previsti dalla sentenza 242/2019 della Corte Costituzionale sul caso "Cappato/Dj Fabo" per l'accesso al suicidio assistito in Italia. Come scrivono dall'associazione sui social Marco Cappato rischia fino a 12 anni di carcere per l’accusa di aiuto al suicidio. "Elena ha appena confermato la sua volontà: è morta, nel modo che ha scelto, nel Paese che glielo ha permesso. Domattina, in Italia, andrò ad autodenuciarmi", ha dichiarato Cappato, tesoriere dell'Associazione Luca Coscioni, che ieri aveva accompagnato la donna italiana in Svizzera. Cappato domani andrà ad autodenunciarsi presso la stazione dei Carabinieri in via Fosse Ardeatine 4 a Milano. "È morta la signora Elena - scrive in una nota l'associazione Coscioni - che fino a ieri avevamo conosciuto con il nome di fantasia 'Adelina' per ragioni di privacy".
 
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"Sto accompagnando in Svizzera una signora gravemente malata. Solo lì può ottenere quello che deve essere un suo diritto. Sarà libera di scegliere fino alla fine", aveva dichiarato nella mattinata dal 1° agosto l'attivista ed ex politico. La donna era affetta da una importante patologia oncologica polmonare irreversibile con metastasi ma non dipendendo da dispositivi di trattamento di sostegno vitale e non assumendo farmaci, salvo antibiotici e antidolorifici secondo necessità, nel nostro Paese non avrebbe avuto alcuna speranza di vedere esaudita la sua ultima e più importante richiesta. Quella di autodeterminarsi, anche nella morte. Insieme alla famiglia, che comprende e rispetta la sua volontà, aveva contattato il Numero Bianco dell'Associazione Luca Coscioni per avere maggiori informazioni e ha preferito andare in Svizzera senza attendere ancora(e, aggiungiamo, inutilmente). Aspettare, viene sottolineato, avrebbe potuto, infatti, determinare ulteriori sofferenze e peggioramenti, vista la progressione della malattia già in fase avanzata.

L'ultimo messaggio di Adelina, anzi Elena

 
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Adelina, è in realtà Elena. O meglio, era. Il nome di fantasia usato per le sue ultime ore di privacy è stato ispirato dalla canzone che ha scelto per i suoi ultimi momenti, Ballade pour Adeline, di Richard Clayderman. La donna, si apprende, è spirata oggi, 2 agosto, nella zona di Basilea. L'ultimo messaggio trasmette la sua convinzione di avere fatto la scelta giusta ma esprime anche il dolore per non aver potuto morire a fianco dei suo cari. La donna, che Marco Cappato ha accompagnato in Svizzera a porre fine alla sua vita col suicidio assistito ha lasciato il suo pensiero in un video di quattro minuti: "Sono sempre stata convinta che ogni persona debba decidere sulla propria vita e debba farlo anche sulla propria fine, senza costrizioni, senza imposizioni, liberamente, e credo di averlo fatto, dopo averci pensato parecchio, mettendo anche in atto convinzioni che avevo anche prima della malattia. Avrei sicuramente preferito finire la mia vita nel mio letto, nella mia casa, tenendo la mano di mia figlia, la mano di mio marito. Purtroppo questo non è stato possibile e quindi ho dovuto venire qui da sola". E qui, arriva la scelta: "Mettendo in pratica convinzioni che avevo prima che succedesse tutto questo, ho deciso di valutare la possibilità di terminare la mia vita prima che lo facesse in maniera più dolorosa la malattia. Ho parlato con la mia famiglia e avuto la comprensione e il sostegno che potevo desiderare, però quando si è legati affettivamente si cerca sempre di procrastinare questo evento. Ho chiesto aiuto a Cappato perché non volevo che i mie cari, accompagnandomi, potessero avere delle ripercussioni legali ed essere accusati di avermi istigata a prendere una decisione che è sempre stata solo mia. Ho dovuto scegliere tra una strada più lunga che mi portava all'inferno o venire qui a Basilea e ho scelto questa seconda opzione". Il messaggio termina con un "saluto a chi mi vuole e mi ha voluto bene".

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