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"Mi violentò e glielo lasciai fare", "Non ho avuto il coraggio di parlare, era mio zio". Le voci di Maria e Marina su #ilgiornodopo

di CAMILLA PRATO -
10 dicembre 2021
giornodopo

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La storia di Maria

"A vent'anni ero una canna al vento. Solo 5 anni di analisi freudiana mi hanno poi riportato alla realtà". Inizia così il racconto di Maria, una delle centinaia, migliaia di vittime di violenza che si contano ogni anno nel nostro Paese. Con la campagna lanciata da Eva Dal Canto a cui Luce! ha subito aderito ci facciamo testimoni e specchio delle loro voci e testimonianze. Perché riuscire a parlare di un abuso subito è doloroso, richiede tempo, a volte non ci si riesce mai. Non è una colpa, non sminuisce quello che queste donne hanno subito. Così come non è una loro colpa quello che hanno subìto. La storia di Maria è accaduta a Milano, "Una sera d'estate chiesi un passaggio dal centro a casa. Ancora c'era luce, era giugno. Non so perché mi fidassi così della gente". Una ragazza che cerca un passaggio, innocente. Ma quello che le è successo, di innocente, non ha nulla. "Questo diceva di essere un avvocato, avrà avuto 50 anni. Io abitavo, in linea d'aria, vicino a Linate. Anziché voltare per il mio quartiere andò nelle campagne vicine. Si fermò vicino ad un canale. Se avessi aperto la portiera sarei caduta in acqua, così alla fine feci un ragionamento: era meglio essere consenziente e magari non morire". Aveva capito quello che stava per accadere, nella sua testa i pensieri si affollavano. "Io ero sola, lui era un uomo, aveva la macchina e non lo conoscevo. Mi violentò e glielo lasciai fare anzi, cercai di farmelo piacere ma non fu così. Poi mi riportò a casa. Il giorno dopo lo trovai sotto casa perché mi voleva dare una catenina che avevo perso nella sua auto, ma io andai dritta. Non lo dissi mai a nessuno. In fondo ero salita io in auto. Non solo, non mi ero nemmeno tanto ribellata". Un senso di colpa che la attanaglia fin da subito, impedendole di parlare, impedendole di affrontare anche le emozioni provate, il dolore, la paura, la rabbia... "Io poi ero quella che ero in quel periodo, anche se non ho mai veramente toccato il fondo perché volevo vivere. Mi rendo conto che mi sto giustificando anche con te (Letizia Cini ndr, che aveva raccontato qui la sua esperienza e che qualche settimana fa ha rilanciato l'appello alle donne durante il programma di RaiUno "Storie Italiane") eppure proprio con te non lo dovrei fare!". "Non ricordo nemmeno cosa feci il giorno dopo. Probabilmente le stesse cose senza senso che facevo in quel periodo. Nessuno mi avrebbe creduta. Mi vergogno terribilmente di quella che sono stata in quel brevissimo periodo. Non me lo perdono e in fondo mi dico, ben ti sta".

La vicenda di Marina

Anche Marina, milanese di 60 anni, ci scrive. Era una bimba quando ha incontrato l'orco fra le pareti domestiche: il giorno dopo averlo finalmente raccontato a sua madre, ha preso il treno per Milano. Avevo 12 anni ed ero una vera bambina. Sarei poi sviluppata a 14 anni. Ogni estate la trascorrevo nel Veneto, da mio nonno, in una casa colonica. Dopo pranzo tutti facevano un riposino e io salivo in camera anche se poi non dormivo. In quei giorni era venuta da Milano anche la sorella di mia mamma col marito. Quel pomeriggio anche lui era salito in camera per riposarsi. Io ero nel mio letto e lui mi invitò a sedermi accanto a lui. Mi chiese se mi ricordavo quando da piccola mi portava a giocare sotto gli alberi. Io (fortunatamente) non ricordavo nulla. Mi guardava in modo strano e mentre parlava mi infilava la sua mano tra il braccio e il petto, sotto l’ascella. Proprio lì dove mi sarebbe poi cresciuto il seno. Capivo che non doveva fare così e cercavo ogni scusa per scappare. Ad un certo punto mia mamma salì in camera e io le dissi: "Mamma , è vero che devo scendere per fare gli impacchi all'occhio?" Avevo un orzaiolo. Lei mi disse però che potevo aspettare. Presi allora una gonnellina verde, tanto per prendere tempo. Era di sua figlia , mia cugina ed era passata a me visto che ero più piccola. Gli chiesi se si ricordasse quella gonna. Volevo che pensasse che anche lui aveva avuto una bambina. Mio papà era morto da due anni e mi sentivo debole. Di sicuro lo zio non avrebbe mai fatto questo a me se mio padre fosse stato in vita perché lo avrebbe temuto. Almeno… questo io allora pensavo. Riuscii a scappare. Il giorno dopo voleva darci un passaggio a Milano in auto. Mia madre forse capì qualcosa quando dissi che io in macchina con lo zio non ci volevo andare. Non avevo il coraggio di parlare. Ogni volta che accadeva qualcosa del genere sentivo che gli adulti incolpavano sempre le femmine. Quando mia madre ormai stava per morire (io avevo 46 anni) glielo raccontai e lei mi disse che se sua sorella lo avesse saputo, lo avrebbe ucciso. Una "palpatina" così banale così ferma nella mia mente: ho provato tanto schifo e paura. Il giorno dopo presi il treno per Milano.

La campagna #ilgiornodopo: scriveteci a [email protected]

Rigraziamo Maria e Marina per aver condiviso con Luce! le loro storie terribili, ingiuste, strazienti. Parlarne, fa sentire tutti meno soli. Storie che anche oggi ci danno l'occasione per ribadire forte e chiaro che NON è colpa della vittima se viene molestata, violentata, abusata in qualsiasi modo. Rilanciamo forte il nostro messaggio di vicinanza, di solidarietà e di ascolto verso tutte queste persone, e le invitiamo, se vogliono, a condividere con i nostri lettori le loro storie, per uscire dal silenzio e scoprire che la loro forza può dare speranza e coraggio a tante altre vittime. Come Eva Dal Canto, la prima a lanciare la campagna, come reazione al video di Beppe Grillo  in cui questi cercava di scagionare il figlio Ciro indagato per stupro, come Letizia, come Valentina, Claudia, Francesca e tante altre. Se volete condividere la vostra testimonianza, e partecipare alla campagna #ilgiornodopo, scriveteci a [email protected]