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Home » Attualità » Rapiscono una specie di cervo in via d’estinzione, arrestati con l’accusa di crudeltà verso gli animali

Rapiscono una specie di cervo in via d’estinzione, arrestati con l’accusa di crudeltà verso gli animali

A Miami due uomini sono stati fermati dalla polizia. L'animale adesso si trova in cura veterinaria in attesa di tornare nel suo habitat naturale

Edoardo Martini
27 Luglio 2022
Cervo Key

Cervo Key

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Ogni giorno la distruzione degli habitat, il commercio illegale, il bracconaggio, l’inquinamento, i cambiamenti climatici mettono sempre più in pericolo le specie del nostro Pianeta. Migliaia di animali rischiano seriamente l’estinzione. È questo il caso del cervo Key trovato in un macchina guidata da due uomini a Miami, in Florida.

Il cervo di Key ferito dopo l’urto con la macchina guidata dai due uomini

Crudeltà verso gli animali: il capo d’accusa contro i due uomini

Il cervo di Key è la sottospecie più piccola di cervo dalla coda bianca ed è elencato come specie a rischio d’estinzione, secondo il sito web della Florida Fish and Wildlife Conservation Commission. I due hanno colpito il cervo in strada e quando sono stati fermati dagli agenti si sono giustificati sostenendo che l’animale fosse morto. “Gli uomini pensavano che il cervo fosse morto, ma successivamente si sono resi conto che l’animale era ancora vivo e quindi hanno deciso di portarlo da un veterinario a Miami per il trattamento”, si legge nella dichiarazione rilasciata. La versione degli uomini però non coincide con quella della polizia: “Entrambi gli uomini non hanno mai chiamato il 911, né la Florida Fish and Wildlife Conservation Commission, il servizio per la fauna selvatica e la pesca”. Gli ufficiali stanno indagando ulteriormente mentre Yoankis Hernandez Pena e Andres Leon Valdes sono stati arrestati: 38 anni il primo, 45il secondo, sono stati portati in prigione con l’accusa di crudeltà verso gli animali e di cattura con l’intenzione di vendita una specie in via di estinzione.
Secondo i funzionari, il cervo è ora sotto la tutela statale e sta ricevendo tutte le cure necessarie da un veterinario. Se il cervo sopravvivrà verrà rilasciato di nuovo in natura e potrà tornare nel suo habitat naturale.

Un tipico esemplare di cervo di Key

Il cervo di Key: la sottospecie che cerca di resistere all’uomo

Il cervo delle isole Key, chiamato anche cervo virginiano della Florida, è il tipico esemplare di nanismo della fauna insulare ed è una sottospecie del notissimo cervo della Virginia o cervo dalla coda bianca, il celeberrimo Bambi del film di Walt Disney, per intenderci, diffuso su un vastissimo areale, che va dal Canada fino al Brasile, passando attraverso la Mesoamerica. Complessivamente esistono ben 39 sottospecie di cervo della Virginia e si è osservato che la loro taglia, notevole in quelle stanziate nelle regioni più settentrionali, tende a diminuire mano a mano che si scende verso il sud.
La domanda sorge quindi spontanea: cosa ci fa questo grazioso esemplare, così isolato, in un minuscolo ecosistema insulare di tipo tropicale, e tanto lontano dalle sue terre d’origine, nelle foreste temperate dell’interno dell’America settentrionale? Come ci è arrivato, quando? E quali prospettive di sopravvivenza gli si presentano, dato che ha la sfortuna di vivere a poca distanza da una delle zone più densamente urbanizzate degli Stati Uniti, quella di Miami, con un continuo passaggio di automobili, aerei, navi e motoscafi, nonché di mezzi militari di ogni tipo?

Gli studiosi pensano che il cervo di Key sia migrato in questo arcipelago tropicale durante la cosiddetta Glaciazione del Wisconsin, quando una lingua di terra asciutta univa le isole al vicino continente. D’altra parte, il cervo di Key possiede le caratteristiche di un buon nuotatore, spostandosi agevolmente da un’isola all’altra; per cui si potrebbe immaginare che egli sia stato in grado di migrare dal continente al suo ultimo rifugio insulare, anche senza bisogno dell’aiuto delle glaciazioni, che fecero scendere il livello del mare. Il cervo di Key, a parte gli alligatori, non aveva nemici naturali prima dell’arrivo dell’uomo. Sulla vicina Florida c’erano bensì il puma e soprattutto l’orso, che però non si spinse oltre l’estremità della terraferma ma anche gli indiani Seminole, che gli davano pazientemente la caccia, appostandolo con arco e frecce, come, del resto, le tribù del continente la davano al grande cervo virginiano, non giunsero mai a metterne seriamente in pericolo l’esistenza.

Eppure, benché all’inizio del XX secolo la specie non apparisse eccessivamente minacciata, nel 1955 gli esemplari selvatici sopravvissuti erano scesi, bruscamente, a non più di 25: come dire che la specie era giunta, nel senso letterale dell’espressione, a un solo passo dall’estinzione. Che cos’era accaduto, per provocare una svolta così repentina e drammatica? I nemici del cervo delle Key, a parte gli alligatori, erano essenzialmente due: uno diretto, dovuto alla caccia per ricavarne la carne e il grasso, o per semplice divertimento e l’altro, forse ancora più pericoloso, indiretto: l’alterazione dell’habitat per il disboscamento della foresta primigenia, attuato allo scopo di acquisire nuovi terreni allo sviluppo edilizio e per realizzare una moderna ed efficiente rete stradale, proporzionata all’importanza turistica, e anche strategica, dell’arcipelago. Ad oggi, le stime attualmente disponibili sono assai vaghe e imprecise, e ondeggiano fra un minimo di 300 e un massimo di 800 esemplari. Il prossimo futuro ci dirà quale destino sia riservato a questa curiosa ed elegante sottospecie di cervo americano, rimasto intrappolato insieme al più spietato predatore che esista al mondo, in un minuscolo ambiente insulare che conserva ancora un vago profumo di Paradiso terrestre

 

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  • Numerosi attori e musicisti di alto profilo si sono recati in Ucraina da quando è scoppiata la guerra con la Russia nel febbraio 2022. L’ultimo in ordine di tempo è stato l’attore britannico Orlando Bloom, che ieri ha visitato un centro per bambini e ha incontrato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky a Kiev.

“Non mi sarei mai aspettato che la guerra si sarebbe intensificata in tutto il Paese da quando sono stato lì”, ha detto Bloom su Instagram, “Ma oggi ho avuto la fortuna di ascoltare le risate dei bambini in un centro del programma Spilno sostenuto dall’Unicef, uno spazio sicuro, caldo e accogliente dove i bambini possono giocare, imparare e ricevere supporto psicosociale”.

Bloom è un ambasciatore di buona volontà per l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’infanzia (Unicef). Il centro di Splino, che è uno dei tanti in Ucraina, offre sostegno ai bambini sfollati e alle loro famiglie, con più di mezzo milione di bambini che ne hanno visitato uno nell’ultimo anno.

La star hollywoodiana ha poi incontrato il presidente Zelensky, con cui ha trattato temi tra cui il ritorno dei bambini ucraini deportati in Russia, la creazione di rifugi antiatomici negli istituti scolastici e il supporto tecnico per l’apprendimento a distanza nelle aree in cui è impossibile studiare offline a causa della guerra. L’attore britannico aveva scritto ieri su Instagram, al suo arrivo a Kiev, che i «bambini in Ucraina hanno bisogno di riavere la loro infanzia».

#lucelanazione #lucenews #zelensky #orlandobloom
  • “La vita che stavo conducendo mi rendeva particolarmente infelice e se all’inizio ero entrata in terapia perché volevo accettare il fatto che mi dovessi nascondere, ho avuto poi un’evoluzione e questo percorso è diventato di accettazione di me stessa."

✨Un sorriso contagioso, la spensieratezza dei vent’anni e la bellezza di chi si piace e non può che riflettere quella luce anche al di fuori. La si potrebbe definire una Mulan nostrana Carlotta Bertotti, 23 anni, una ragazza torinese come tante, salvo che ha qualcosa di speciale. E non stiamo parlano del Nevo di Ota che occupa metà del suo volto. Ecco però spiegato un primo punto di contatto con Mulan: l’Oriente, dove è più diffusa (insieme all’Africa) quell’alterazione di natura benigna della pigmentazione della cute intorno alla zona degli occhi (spesso anche la sclera si presenta scura). Quella che appare come una chiazza grigio-bluastra su un lato del volto (rarissimi i casi bilaterali), colpisce prevalentemente persone di sesso femminile e le etnie asiatiche (1 su 200 persone in Giappone), può essere presente alla nascita o apparire durante la pubertà. E come la principessa Disney “fin da piccola ho sempre sentito la pressione di dover salvare tutto, ma forse in realtà dovevo solo salvare me stessa. Però non mi piace stare troppo alle regole, sono ribelle come lei”.

🗣Cosa diresti a una ragazza che ha una macchia come la tua e ti chiede come riuscire a conviverci?�
“Che sono profondamente fiera della persona che vedo riflessa allo specchio tutto i giorni e sono arrivata a questa fierezza dopo che ho scoperto e ho accettato tutti i miei lati, sia positivi che negativi. È molto autoreferenziale, quindi invece se dovessi dare un consiglio è quello che alla fine della fiera il giudizio altrui è momentaneo e tutto passa. L’unica persona che resta e con cui devi convivere tutta la vita sei tu, quindi le vere battaglie sono quelle con te stessa, quelle che vale la pena combattere”.

L’intervista a cura di Marianna Grazi �✍ 𝘓𝘪𝘯𝘬 𝘪𝘯 𝘣𝘪𝘰

#lucenews #lucelanazione #carlottabertotti #nevodiota
  • La salute mentale al centro del podcast di Alessia Lanza. Come si supera l’ansia sociale? Quanto è difficile fare coming out? Vado dallo psicologo? Come trovo la mia strada? La popolare influencer, una delle creator più note e amate del web con 1,4 milioni di followers su Instagram e 3,9 milioni su TikTok, Alessia Lanza debutta con “Mille Pare”, il suo primo podcast in cui affronta, in dieci puntate, una “para” diversa e cerca di esorcizzare le sue fragilità e, di riflesso, quelle dei suoi coetanei.

“Ho deciso di fare questo podcast per svariati motivi: io sono arrivata fin qui anche grazie alla mia immagine, ma questa volta vorrei che le persone mi ascoltassero e basta. Quando ho cominciato a raccontare le mie fragilità un sacco di persone mi hanno detto ‘Anche io ho quella para lì!’. Perciò dico parliamone, perché in un mondo in cui sembra che dobbiamo farcela da soli, io credo nel potere della condivisione”.

#lucenews #lucelanazione #millepare #alessialanza #podcast
  • Si è laureata in Antropologia, Religioni e Civiltà Orientali indossando un abito tradizionale Crow, tribù della sua famiglia adottiva in Montana. Eppure Raffaella Milandri è italianissima e ha conseguito il titolo nella storica università Alma Mater di Bologna, lo scorso 17 marzo. 

La scrittrice e giornalista nel 2010 è diventata membro adottivo della famiglia di nativi americani Black Eagle. Da quel momento quella che era una semplice passione per i popoli indigeni si è focalizzata sullo studio degli aborigeni Usa e sulla divulgazione della loro cultura.

Un titolo di studio specifico, quello conseguito dalla Milandri, “Che ho ritenuto oltremodo necessario per coronare la mia attività di studiosa e attivista per i diritti dei Nativi Americani e per i Popoli Indigeni. La prima forma pacifica di attivismo è divulgare la cultura nativa”. L’abito indossato durante cerimonia di laurea appartiene alla tribù della sua famiglia adottiva. Usanza che è stata istituzionalizzata solo dal 2017 in Montana, Stato d’origine del suo popolo, quando è stata approvata una legge (la SB 319) che permette ai nativi e loro familiari di laurearsi con il “tribal regalia“. 

In virtù di questa norma, il Segretario della Crow Nation, Levi Black Eagle, a maggio 2022 ha ricordato la possibilità di indossare l’abito tradizionale Crow in queste occasioni e così Milandri ha chiesto alla famiglia d’adozione se anche lei, in quanto membro acquisito della tribù, avrebbe potuto indossarlo in occasione della sua discussione.

La scrittrice, ricordando il momento della laurea a Bologna, racconta che è stata “Una grandissima emozione e un onore poter rappresentare la Crow Nation e la mia famiglia adottiva. Ho dedicato la mia laurea in primis alle vittime dei collegi indiani, istituti scolastici, perlopiù a gestione cattolica, di stampo assimilazionista. Le stesse vittime per le quali Papa Francesco, lo scorso luglio, si è recato in Canada in viaggio penitenziale a chiedere scusa  Ho molto approfondito questo tema controverso e presto sarà pubblicato un mio studio sull’argomento dalla Mauna Kea Edizioni”.

#lucenews #raffaellamilandri #antropologia
Ogni giorno la distruzione degli habitat, il commercio illegale, il bracconaggio, l’inquinamento, i cambiamenti climatici mettono sempre più in pericolo le specie del nostro Pianeta. Migliaia di animali rischiano seriamente l’estinzione. È questo il caso del cervo Key trovato in un macchina guidata da due uomini a Miami, in Florida.
Il cervo di Key ferito dopo l'urto con la macchina guidata dai due uomini

Crudeltà verso gli animali: il capo d'accusa contro i due uomini

Il cervo di Key è la sottospecie più piccola di cervo dalla coda bianca ed è elencato come specie a rischio d'estinzione, secondo il sito web della Florida Fish and Wildlife Conservation Commission. I due hanno colpito il cervo in strada e quando sono stati fermati dagli agenti si sono giustificati sostenendo che l'animale fosse morto. "Gli uomini pensavano che il cervo fosse morto, ma successivamente si sono resi conto che l'animale era ancora vivo e quindi hanno deciso di portarlo da un veterinario a Miami per il trattamento", si legge nella dichiarazione rilasciata. La versione degli uomini però non coincide con quella della polizia: "Entrambi gli uomini non hanno mai chiamato il 911, né la Florida Fish and Wildlife Conservation Commission, il servizio per la fauna selvatica e la pesca". Gli ufficiali stanno indagando ulteriormente mentre Yoankis Hernandez Pena e Andres Leon Valdes sono stati arrestati: 38 anni il primo, 45il secondo, sono stati portati in prigione con l'accusa di crudeltà verso gli animali e di cattura con l'intenzione di vendita una specie in via di estinzione. Secondo i funzionari, il cervo è ora sotto la tutela statale e sta ricevendo tutte le cure necessarie da un veterinario. Se il cervo sopravvivrà verrà rilasciato di nuovo in natura e potrà tornare nel suo habitat naturale.
Un tipico esemplare di cervo di Key

Il cervo di Key: la sottospecie che cerca di resistere all'uomo

Il cervo delle isole Key, chiamato anche cervo virginiano della Florida, è il tipico esemplare di nanismo della fauna insulare ed è una sottospecie del notissimo cervo della Virginia o cervo dalla coda bianca, il celeberrimo Bambi del film di Walt Disney, per intenderci, diffuso su un vastissimo areale, che va dal Canada fino al Brasile, passando attraverso la Mesoamerica. Complessivamente esistono ben 39 sottospecie di cervo della Virginia e si è osservato che la loro taglia, notevole in quelle stanziate nelle regioni più settentrionali, tende a diminuire mano a mano che si scende verso il sud. La domanda sorge quindi spontanea: cosa ci fa questo grazioso esemplare, così isolato, in un minuscolo ecosistema insulare di tipo tropicale, e tanto lontano dalle sue terre d'origine, nelle foreste temperate dell'interno dell'America settentrionale? Come ci è arrivato, quando? E quali prospettive di sopravvivenza gli si presentano, dato che ha la sfortuna di vivere a poca distanza da una delle zone più densamente urbanizzate degli Stati Uniti, quella di Miami, con un continuo passaggio di automobili, aerei, navi e motoscafi, nonché di mezzi militari di ogni tipo?

Gli studiosi pensano che il cervo di Key sia migrato in questo arcipelago tropicale durante la cosiddetta Glaciazione del Wisconsin, quando una lingua di terra asciutta univa le isole al vicino continente. D'altra parte, il cervo di Key possiede le caratteristiche di un buon nuotatore, spostandosi agevolmente da un'isola all'altra; per cui si potrebbe immaginare che egli sia stato in grado di migrare dal continente al suo ultimo rifugio insulare, anche senza bisogno dell'aiuto delle glaciazioni, che fecero scendere il livello del mare. Il cervo di Key, a parte gli alligatori, non aveva nemici naturali prima dell'arrivo dell'uomo. Sulla vicina Florida c'erano bensì il puma e soprattutto l'orso, che però non si spinse oltre l'estremità della terraferma ma anche gli indiani Seminole, che gli davano pazientemente la caccia, appostandolo con arco e frecce, come, del resto, le tribù del continente la davano al grande cervo virginiano, non giunsero mai a metterne seriamente in pericolo l'esistenza.

Eppure, benché all'inizio del XX secolo la specie non apparisse eccessivamente minacciata, nel 1955 gli esemplari selvatici sopravvissuti erano scesi, bruscamente, a non più di 25: come dire che la specie era giunta, nel senso letterale dell'espressione, a un solo passo dall'estinzione. Che cos'era accaduto, per provocare una svolta così repentina e drammatica? I nemici del cervo delle Key, a parte gli alligatori, erano essenzialmente due: uno diretto, dovuto alla caccia per ricavarne la carne e il grasso, o per semplice divertimento e l'altro, forse ancora più pericoloso, indiretto: l'alterazione dell'habitat per il disboscamento della foresta primigenia, attuato allo scopo di acquisire nuovi terreni allo sviluppo edilizio e per realizzare una moderna ed efficiente rete stradale, proporzionata all'importanza turistica, e anche strategica, dell'arcipelago. Ad oggi, le stime attualmente disponibili sono assai vaghe e imprecise, e ondeggiano fra un minimo di 300 e un massimo di 800 esemplari. Il prossimo futuro ci dirà quale destino sia riservato a questa curiosa ed elegante sottospecie di cervo americano, rimasto intrappolato insieme al più spietato predatore che esista al mondo, in un minuscolo ambiente insulare che conserva ancora un vago profumo di Paradiso terrestre

 
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