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Home » Attualità » Aborto Usa: un giudice del Mississippi rifiuta di bloccare il divieto di aborto

Aborto Usa: un giudice del Mississippi rifiuta di bloccare il divieto di aborto

È stato il caso Dobbs v Jackson Women's Health Organization a portare alla decisione della Corte Suprema di rovesciare la Roe v. Wade

Marianna Grazi
6 Luglio 2022
Mississippi Aborto

Mississippi, un giudice rifiuta di bloccare il divieto quasi totale di aborto

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Un giudice del Mississippi ha respinto la richiesta dell’unica clinica abortista dello Stato di bloccare temporaneamente il divieto quasi totale delle interruzioni di gravidanza. Ciò significa che – se non ci saranno ulteriori sviluppi legali – il divieto entrerà in vigore giovedì e la clinica chiuderà il giorno prima.

Il divieto di aborto prende piede negli Usa

attivisti pro aborto
Attivisti per i diritti all’aborto si radunano davanti alla Corte Suprema a Washington

Il divieto sarà operativo perché a fine mese scorso la Corte Suprema ha annullato la storica sentenza Roe v Wade, che dal 1973 garantiva il diritto costituzionale all’aborto. La decisione di rovesciarla è stata accolta con manifestazioni sia di protesta che di gioia in tutto il Paese, rispettivamente da parte dei sostenitori pro-choice e di quelli anti-abortisti, in risposta alla decisione che cambierà per gli anni a venire i diritti riproduttivi in America. Milioni di donne non avranno più accesso all’aborto, poiché Stati conservatori come il Mississippi stanno adottando leggi che vietano la procedura.

La richiesta della clinica in Mississippi e il no del giudice

attivisti pro aborto
Attivisti pro aborto davanti al congresso del Mississippi

Gli avvocati della clinica del Mississippi – la Jackson Women’s Health Organization – avevano sostenuto che il diritto alla privacy previsto dalla Costituzione dello Stato includeva anche quello all’aborto.
Ma la giudice Debbra Halford ha respinto l’argomentazione durante l’udienza di martedì. “Il testo della Costituzione del Mississippi non menziona l’aborto”, ha scritto nella sua decisione. Rob McDuff, legale della clinica, ha dichiarato all’Associated Press che stanno valutando se ricorrere in appello.
La causa nello Stato del sud fa parte di un’escalation di cause nei tribunali di tutto il Paese in seguito alla decisione della Corte Suprema. Gli Stati stanno cercando di approvare le proprie leggi sull’aborto, ma molte di queste sono state bloccate da azioni legali. In Florida, il divieto di abortire oltre le 15 settimane è entrato in vigore martedì, dopo che un’ordinanza del tribunale ne aveva bloccato l’applicazione. In Louisiana, il procuratore generale dello Stato ha chiesto alla Corte suprema di consentire l’applicazione di un divieto su quasi tutti gli aborti dopo che era stato bloccato dai tribunali di grado inferiore.

Biden: “Sentenza tragica, esaminiamo le alternative”

Biden aborto
Il presidente degli Stati Uniti in una videoconferenza con i governatori democratici

Il presidente degli Stati Uniti, che si è sempre espresso a favore dei diritti riproduttivi femminili (e non solo, vista la battaglia che sta portando avanti nella tutela della comunità Lgbtq+) qualche giorno fa ha parlato con i governatori democratici. Biden ha dichiarato che sta “esaminando tutte le alternative” per proteggere l’accesso all’aborto, dopo la decisione della Corte Suprema che ha ribaltato la sentenza che da circa 50 anni garantiva il diritto federale. All’indomani del suo viaggio in Europa, Biden ha descritto la sentenza come “tragica” ed ha avvertito che i repubblicani potrebbero tentare di emanare un divieto nazionale se riprenderanno il controllo del Congresso. Il presidente, riferisce l’Associated Press, ha esortato i democratici a eleggere almeno altri due senatori in modo da poter codificare per legge le garanzie fornite con la sentenza Roe v. Wade.

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  • "Ora dobbiamo fare di meno, per il futuro".

Torna anche quest’anno l
  • Per una detenuta come Joy – nigeriana di 34 anni, arrestata nel 2014 per possesso di droga – uscire dal carcere significherà dover imparare a badare a se stessa. Lei che è lontana da casa e dalla famiglia, lei che non ha nessuno ad aspettarla. In carcere ha fatto il suo percorso, ha imparato tanto, ha sofferto di più. Ma ha anche conosciuto persone importanti, detenute come lei che sono diventate delle amiche. 

Mon solo. Nella Cooperativa sociale Gomito a Gomito, per esempio, ha trovato una seconda famiglia, un ambiente lavorativo che le ha offerto “opportunità che, se fossi stata fuori dal carcere, non avrei mai avuto”, come quella di imparare un mestiere e partecipare ad un percorso di riabilitazione sociale e personale verso l’indipendenza, anche economica.

Enrica Morandi, vice presidente e coordinatrice dei laboratori sartoriali del carcere di Rocco D’Amato (meglio noto ai bolognesi come “La Dozza”), si riferisce a lei chiamandola “la mia Joy”, perché dopo tanti anni di lavoro fianco a fianco ha imparato ad apprezzare questa giovane donna impegnata a ricostruire la propria vita: 

“Joy è extracomunitaria, nel nostro Paese non ha famiglia. Per lei sarà impossibile beneficiare degli sconti di pena su cui normalmente possono contare le detenute italiane, per buona condotta o per anni di reclusione maturati. Non è una questione di razzismo, è che esistono problemi logistici veri e propri, come il non sapere dove sistemare e a chi affidare queste ragazze, una volta lasciate le mura del penitenziario. Se una donna italiana ha ad attenderla qualcuno che si fa carico di ospitarla, Joy e altre come lei non hanno nessun cordone affettivo cui appigliarsi”.

L
  • Presidi psicologici, psicoterapeutici e di counselling per tutti gli studenti universitari e scolastici. Lo chiedono l’Udu, Unione degli universitari, e la Rete degli studenti medi nella proposta di legge ‘Chiedimi come sto’ consegnata a una delegazione di parlamentari nel corso di una conferenza stampa a Montecitorio.

La proposta è stata redatta secondo le conclusioni di una ricerca condotta da Spi-Cgil e Istituto Ires, che ha evidenziato come, su un campione di 50mila risposte, il 28 per cento abbia avuto esperienze di disturbi alimentari e oltre il 14 di autolesionismo.

“Nella nostra generazione è ancora forte lo stigma verso chi sta male ed è difficile chiedere aiuto - spiega Camilla Piredda, coordinatrice nazionale dell’Udu - l’interesse effettivo della politica si è palesato solo dopo il 15esimo suicidio di studenti universitari in un anno e mezzo. Ci sembra assurdo che la politica si interessi solamente dopo che si supera il limite, con persone che arrivano a scegliere di togliersi la vita.

Dall’altro lato, è positivo che negli ultimi mesi si sia deciso di chiedere a noi studenti come affrontare e come risolvere, il problema. Non è scontato e non è banale, perché siamo abituati a decenni in cui si parla di nuove generazioni senza parlare alle nuove generazioni”.

#luce #lucenews #università
  • La polemica politica riaccende i riflettori sulle madri detenute con i figli dopo la proposta di legge in merito alla detenzione in carcere delle donne in gravidanza: già presentata dal Pd nella scorsa legislatura, approvata in prima lettura al Senato, ma non alla Camera, prevedeva l’affido della madre e del minore a strutture protette, come le case famiglia, e vigilate. La dichiarata intenzione del centrodestra di rivedere il testo ha messo il Pd sul piede di guerra; alla fine di uno scontro molto acceso, i dem hanno ritirato il disegno di legge ma la Lega, quasi per ripicca, ne ha presentato uno nuovo, esattamente in linea con i desideri della maggioranza.

Lunedì non ci sarà quindi alcuna discussione alla Camera sul testo presentato da Debora Serracchiani nella scorsa legislatura, Tutto ripartirà da capo, con un nuovo testo, firmato da due esponenti del centrodestra: Jacopo Morrone e Ingrid Bisa.

“Questo (il testo Serracchini) era un testo che era già stato votato da un ramo del Parlamento, noi lo avevamo ripresentato per migliorare le condizioni delle detenute madri – ha spiegato ieri il dem Alessandro Zan – ma la maggioranza lo ha trasformato inserendovi norme che di fatto peggiorano le cose, consentendo addirittura alle donne incinte o con figli di meno di un anno di età di andare in carcere. Così non ha più senso, quindi ritiriamo le firme“.

Lo scontro tra le due fazioni è finito (anche) sui social media. "Sul tema delle borseggiatrici e ladre incinte occorre cambiare la visione affinché la gravidanza non sia una scusa“ sottolineano i due presentatori della proposta.

La proposta presentata prevede modifiche all’articolo 146 del codice penale in materia di rinvio obbligatorio dell’esecuzione della pena: “Se sussiste un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti – si legge nel testo presentato – il magistrato di sorveglianza può disporre che l’esecuzione della pena non sia differita, ovvero, se già differita, che il differimento sia revocato. Qualora la persona detenuta sia recidiva, l’esecuzione della pena avviene presso un istituto di custodia attenuata per detenute madri“.

#lucenews #madriincarcere
Un giudice del Mississippi ha respinto la richiesta dell'unica clinica abortista dello Stato di bloccare temporaneamente il divieto quasi totale delle interruzioni di gravidanza. Ciò significa che – se non ci saranno ulteriori sviluppi legali – il divieto entrerà in vigore giovedì e la clinica chiuderà il giorno prima.

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La richiesta della clinica in Mississippi e il no del giudice

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Biden: "Sentenza tragica, esaminiamo le alternative"

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