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Home » Attualità » Mondiale 2022, il capo del torneo in Qatar sulla morte di un operaio: “Parte naturale della vita”

Mondiale 2022, il capo del torneo in Qatar sulla morte di un operaio: “Parte naturale della vita”

Nasser Al Khater è stato pesantemente criticato per le affermazioni in merito all'ennesima morte bianca avvenuta durante il torneo

Marianna Grazi
10 Dicembre 2022
Il Ceo del Mondiale in Qater Nasser al-Khater (Photo by MUSTAFA ABUMUNES / AFP)

Il Ceo del Mondiale in Qater Nasser al-Khater (Photo by MUSTAFA ABUMUNES / AFP)

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Il Mondiale continua con le partite dei quarti di finale ma anche le morti bianche non si fermano: questa settimana a farne le spese è stato un altro operaio, proveniente dalle Filippine. Proseguono quindi anche le polemiche sul governo del Paese ospitante, dopo che l’amministratore delegato della Coppa del Mondo di calcio in Qatar ha detto che “la morte è una parte naturale della vita” quando gli è stato chiesto di commentare (l’ennesimo) decesso. Il responsabile della manifestazione Nasser Al-Khater è stato pesantemente criticato e denunciato dalle associazioni per i diritti umani, dopo che in un’intervista alla Reuters il si è detto anche “deluso” dalle continue domande dei giornalisti sulla questione.

La questione delle morti dei lavoratori migranti

Lavoratori migranti al lavoro per la preparazione dei Mondiali in Qatar. Secondo le stime sono oltre 6500 le morti bianche

L’organo di governo mondiale del calcio, la Fifa, si è detta “profondamente rattristata” per la morte del lavoratore durante le fasi a gironi: un cittadino filippino è deceduto mentre effettuava delle riparazioni in un resort utilizzato come base di allenamento dalla squadra saudita, come riporta The Athletic. Il Consiglio supremo della manifestazione, però, ha dichiarato che l’operaio “non stava lavorando sotto la sua responsabilità” e che l’incidente è avvenuto “in una proprietà non sotto la sua giurisdizione”. “Il commento del funzionario del Qatar mostra un insensibile disprezzo per l’operaio morto”, ha dichiarato Rothna Begum, rappresentante di Human Rights Watch. “La sua dichiarazione che le morti capitano e che è naturale che accadano, ignora la verità che molte morti di lavoratori migranti erano evitabili“. Il trattamento riservato dal governo qatariota ai lavoratori immigrati è stata una delle principali controversie che hanno oscurato la preparazione e l’avvicinamento alla Coppa del Mondo.

Nasser Al-Khater ha detto che la “morte è una parte naturale della vita”

La morte del filippino è ora oggetto di indagine da parte delle autorità del Qatar. La Fifa ha dichiarato di essere stata informata dell’incidente e di essere in contatto con le autorità locali per ottenere maggiori dettagli: “È qualcosa di cui volete parlare adesso?”, ha chiesto Nasser Al-Khater. “Voglio dire, la morte è una parte naturale della vita, sia che avvenga sul lavoro, sia che avvenga nel sonno. Certo, è morto un operaio. Le nostre condoglianze vanno alla sua famiglia. Però, voglio dire, è strano che ci si voglia concentrare su questo argomento come prima domanda”, ha commentanto infastidito rivolgendosi alla giornalista della BBC News che l’aveva posta. L’amministratore delegato ha poi aggiunto: “La morte dei lavoratori è stata un problema importante nel corso dei Mondiali di calcio. Tutto ciò che è stato detto e riportato sulle morti dei lavoratori è assolutamente falso. Siamo un po’ delusi dal fatto che i giornalisti abbiano esacerbato questa falsa narrazione. E onestamente, credo che molti giornalisti debbano chiedersi e riflettere sul perché abbiano cercato di parlare di questo argomento per così tanto tempo”.

Amnesty International: “Morti liquidate come dovute a cause naturali”

La denuncia di Amnesty International: “Morti liquidate senza indagini”

Ella Knight, ricercatrice di Amnesty International sui diritti dei lavoratori migranti, ha dichiarato: “Purtroppo il signor Al-Khater si sbaglia quando dice che si indaga su ogni incidente mortale. Questo semplicemente non è vero. Noi e altri gruppi  abbiamo chiesto per anni alle autorità del Qatar di condurre tali indagini sulle morti dei lavoratori – ha aggiunto –, senza alcun risultato. Invece, continuano a liquidare un gran numero di decessi come dovuti a ’cause naturali’, nonostante i chiari rischi per la salute associati al lavoro a temperature estreme. Va da sé – prosegue – che il governo dovrebbe indagare su questo ultimo tragico caso, così come sulle morti di tutti gli altri. Ogni singola famiglia che ha perso un proprio caro merita risposte e risarcimenti per la perdita”. Le organizzazioni per i diritti umani e alcune associazioni calcistiche i cui Paesi partecipano al torneo affermano che “continueranno a fare pressione” sul Qatar e sulla Fifa affinché istituiscano un fondo di compensazione per i lavoratori migranti e le loro famiglie, nonché la creazione di un centro per i lavoratori migranti a Doha.

 

 

 

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  • Era il 1° febbraio 1945, quando la lotta per la conquista di questo diritto, partita tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento, sulla scorta dei movimenti degli altri Paesi europei, raggiunse il suo obiettivo. Con un decreto legislativo, il Consiglio dei Ministri presieduto da Ivanoe Bonomi riconobbe il voto alle donne, su proposta di Palmiro Togliatti e Alcide De Gasperi. 

Durante la prima guerra mondiale le donne avevano sostituito al lavoro gli uomini che erano al fronte. La consapevolezza di aver assunto un ruolo ancora più centrale all’interno società oltre che della famiglia, crebbe e con essa la volontà di rivendicare i propri diritti. Già nel 1922 un deputato socialista, Emanuele Modigliani aveva presentato una proposta di legge per il diritto di voto femminile, che però non arrivò a essere discussa, per la Marcia su Roma. Mussolini ammise le donne al voto amministrativo nel 1924, ma per pura propaganda, poiché in seguito all’emanazione delle cosiddette “leggi fascistissime” tra il 1925 ed il 1926, le elezioni comunali vennero, di fatto, soppresse. Bisognerà aspettare la fine della guerra perché l’Italia affronti concretamente la questione.

Costituito il governo di liberazione nazionale, le donne si attivarono per entrare a far parte del corpo elettorale: la prima richiesta dell’ottobre 1944, venne avanzata dalla Commissione per il voto alle donne dell’Unione Donne Italiane (Udi), che si mobilitò per ottenere anche il diritto di eleggibilità (sancito da un successivo decreto datato 10 marzo 1946). Si arrivò così, dopo anni di battaglie per il suffragio universale, al primo febbraio 1945, data storica per l’Italia. Il decreto prevedeva la compilazione di liste elettorali femminili distinte da quelle maschili, ed escludeva però dal diritto le prostitute schedate che esercitavano “il meretricio fuori dei locali autorizzati”.

Le elezioni dell’esordio furono le amministrative tra marzo e aprile del 1946 e l’affluenza femminile superò l’89%. 

#lucenews #lucelanazione #dirittodivoto #womenrights #1febbraio1945
  • La regina del pulito Marie Kondo ha dichiarato di aver “un po’ rinunciato” a riordinare casa dopo la nascita del suo terzo figlio. La 38enne giapponese, considerata una "Dea dell’ordine", con i suoi best seller sull’economia domestica negli ultimi anni ha incitato e sostenuto gli sforzi dei comuni mortali di rimettere in sesto case e armadi all’insegna del cosa “provoca dentro una scintilla di gioia”. Ma l’esperta di decluttering, famosa in tutto il mondo, ha ammesso che con tre figli da accudire, la sua casa è oggi “disordinata”, ma ora il riordino non è più una priorità. 

Da quando è diventata madre di tre bambini, ha dichiarato che il suo stile di vita è cambiato e che la sua attenzione si è spostata dall’organizzazione alla ricerca di modi semplici per rendere felici le abitudini di tutti i giorni: "Fino a oggi sono stata una organizzatrice di professione e ho dunque fatto il mio meglio per tenere in ordine la mia casa tutto il tempo”, e anche se adesso “ci ho rinunciato, il modo in cui trascorro il mio tempo è quello giusto per me in questo momento, in questa fase della mia vita”.

✍ Marianna Grazi 

#lucenews #lucelanazione #mariekondo
  • La second hand, ossia l’oggetto di seconda mano, è una moda che negli ultimi anni sta diventando sempre più un’abitudine dei consumatori. Accumulare roba negli armadi, nei cassetti, in cantina, non è più un disagio che riguarda soltanto chi soffre di disposofobia, ossia di chi è affetto da sindrome dell’accumulatore compulsivo. Se l’acquisto è l’unica azione che rende felice l’uomo moderno, non riuscire a liberarsene è la condanna di molti.

Secondo quanto emerge dall’Osservatorio Second-hand Economy 2021, realizzato da BVA Doxa per Subito.it, sono 23 milioni gli italiani che, nel 2021, hanno fatto ricorso alla compravendita di oggetti usati grazie alle piattaforme online. Il 52% degli italiani ha comprato e/o venduto oggetti usati, tra questi il 15% lo ha fatto per la prima volta. L’esperienza di compravendita online di second hand è quella preferita, quasi il 50% degli affari si conclude online anche perché il sistema di vendita è simile a un comune eCommerce: internet è il canale più veloce per quasi la metà dei rispondenti (49%), inoltre offre una scelta più ampia (43%) e si può gestire comodamente da casa (41%). Comprare second hand diventa una sana abitudine che attrae ogni anno nuove persone, è al terzo posto tra i comportamenti sostenibili più messi in atto dagli italiani (52%) – preceduto sempre dalla raccolta differenziata (94%) e l’acquisto di lampadine a LED (71%) –, con picchi ancora più alti di adozione nel 2021 da parte dei laureati (68%), di chi appartiene alla generazione Z (66%), di chi ha 35-44 anni (70%) e delle famiglie con bambini (68%). 

Ma perché concretamente si acquista l’usato? Nel 2021 le prime tre motivazioni che inducono a comprare beni usati sono: il risparmio (56%, in crescita di 6 punti percentuali rispetto al 2020), l’essere contrari agli sprechi e credere nel riuso (49%) e la convinzione che la second hand sia un modo intelligente di fare economia e che rende molti oggetti più accessibili (43%). 

✍E tu? Hai mai comprato accessori oppure oggetti di seconda mano? Cosa ne pensi?

#lucenews #lucelanazione #secondhand #vintage
  • È iniziata come una sorta di sfida personale, come spesso accade tra i ragazzi della sua età, per testare le proprie capacità e resistenza in modo divertente. Poi però, per Isaac Ortman, adolescente del Minnesota, dormire nel cortile della sua casa è diventata una missione. 

“Non credo che la cosa finisca presto, potrei anche continuare fino all’università – ha detto il 14enne di Duluth -. È molto divertente e non sono pronto a smettere”. 

Tanto che ormai ha trascorso oltre 1.000 notti sotto le stelle. Il giovane, che fa il boy scout, come una specie di moderno Barone Rampante ha scoperto per caso il piacere di trascorrere le ore di sonno fuori dalle mura di casa, persino quando la temperatura è scesa a quadi 40 gradi sotto lo zero. Tutto è iniziato circa tre anni fa, nella baita della sua famiglia a 30 miglia da casa, diventando ben presto una routine notturna. Il giovane Ortman ricorda bene il giorno in cui ha abbandonato la sua camera da letto per un’amaca e un sacco a pelo, il 17 aprile 2020, quando era appena in prima media: “Stavo dormendo fuori dalla nostra baita e ho pensato: ‘Wow, potrei provare a dormire all’aperto per una settimana’. Così ho fatto e ho deciso di continuare”. 

“Non si stanca mai: ogni notte è una nuova avventura“, ha detto il padre Andrew Ortman, 48 anni e capo del suo gruppo scout. 

Sua mamma Melissa era un po’ preoccupata quella notte, lei e il padre gli hanno permesso di continuare la sua routine. “Sa che deve entrare in casa se qualcosa non va bene. Dopo 1.000 notti, ha la nostra fiducia. Da quando ha iniziato a farlo, è cresciuto sotto molti aspetti, e non solo in termini di statura”, dice orgogliosa. 

“Non lo sto facendo per nessun record o per una causa, mi sto solo divertendo. Ma con il ragazzo che dorme in Inghilterra, credo si possa dire che si tratta di una gara non ufficiale”, ha detto Isaac riferendosi all’adolescente inglese Max Woosey, che ha iniziato la sua maratona di sonno all’aperto il 29 marzo 2020, con l’obiettivo di raccogliere fondi per un ospedale che cura un suo anziano amico.

#lucenews #isaacortman #minnesota #boyscout
Il Mondiale continua con le partite dei quarti di finale ma anche le morti bianche non si fermano: questa settimana a farne le spese è stato un altro operaio, proveniente dalle Filippine. Proseguono quindi anche le polemiche sul governo del Paese ospitante, dopo che l'amministratore delegato della Coppa del Mondo di calcio in Qatar ha detto che "la morte è una parte naturale della vita" quando gli è stato chiesto di commentare (l'ennesimo) decesso. Il responsabile della manifestazione Nasser Al-Khater è stato pesantemente criticato e denunciato dalle associazioni per i diritti umani, dopo che in un'intervista alla Reuters il si è detto anche "deluso" dalle continue domande dei giornalisti sulla questione.

La questione delle morti dei lavoratori migranti

Lavoratori migranti al lavoro per la preparazione dei Mondiali in Qatar. Secondo le stime sono oltre 6500 le morti bianche
L'organo di governo mondiale del calcio, la Fifa, si è detta "profondamente rattristata" per la morte del lavoratore durante le fasi a gironi: un cittadino filippino è deceduto mentre effettuava delle riparazioni in un resort utilizzato come base di allenamento dalla squadra saudita, come riporta The Athletic. Il Consiglio supremo della manifestazione, però, ha dichiarato che l'operaio "non stava lavorando sotto la sua responsabilità" e che l'incidente è avvenuto "in una proprietà non sotto la sua giurisdizione". "Il commento del funzionario del Qatar mostra un insensibile disprezzo per l'operaio morto", ha dichiarato Rothna Begum, rappresentante di Human Rights Watch. "La sua dichiarazione che le morti capitano e che è naturale che accadano, ignora la verità che molte morti di lavoratori migranti erano evitabili". Il trattamento riservato dal governo qatariota ai lavoratori immigrati è stata una delle principali controversie che hanno oscurato la preparazione e l'avvicinamento alla Coppa del Mondo.
Nasser Al-Khater ha detto che la "morte è una parte naturale della vita"
La morte del filippino è ora oggetto di indagine da parte delle autorità del Qatar. La Fifa ha dichiarato di essere stata informata dell'incidente e di essere in contatto con le autorità locali per ottenere maggiori dettagli: "È qualcosa di cui volete parlare adesso?", ha chiesto Nasser Al-Khater. "Voglio dire, la morte è una parte naturale della vita, sia che avvenga sul lavoro, sia che avvenga nel sonno. Certo, è morto un operaio. Le nostre condoglianze vanno alla sua famiglia. Però, voglio dire, è strano che ci si voglia concentrare su questo argomento come prima domanda", ha commentanto infastidito rivolgendosi alla giornalista della BBC News che l'aveva posta. L'amministratore delegato ha poi aggiunto: "La morte dei lavoratori è stata un problema importante nel corso dei Mondiali di calcio. Tutto ciò che è stato detto e riportato sulle morti dei lavoratori è assolutamente falso. Siamo un po' delusi dal fatto che i giornalisti abbiano esacerbato questa falsa narrazione. E onestamente, credo che molti giornalisti debbano chiedersi e riflettere sul perché abbiano cercato di parlare di questo argomento per così tanto tempo".

Amnesty International: "Morti liquidate come dovute a cause naturali"

La denuncia di Amnesty International: "Morti liquidate senza indagini"
Ella Knight, ricercatrice di Amnesty International sui diritti dei lavoratori migranti, ha dichiarato: "Purtroppo il signor Al-Khater si sbaglia quando dice che si indaga su ogni incidente mortale. Questo semplicemente non è vero. Noi e altri gruppi  abbiamo chiesto per anni alle autorità del Qatar di condurre tali indagini sulle morti dei lavoratori – ha aggiunto –, senza alcun risultato. Invece, continuano a liquidare un gran numero di decessi come dovuti a 'cause naturali', nonostante i chiari rischi per la salute associati al lavoro a temperature estreme. Va da sé – prosegue – che il governo dovrebbe indagare su questo ultimo tragico caso, così come sulle morti di tutti gli altri. Ogni singola famiglia che ha perso un proprio caro merita risposte e risarcimenti per la perdita". Le organizzazioni per i diritti umani e alcune associazioni calcistiche i cui Paesi partecipano al torneo affermano che "continueranno a fare pressione" sul Qatar e sulla Fifa affinché istituiscano un fondo di compensazione per i lavoratori migranti e le loro famiglie, nonché la creazione di un centro per i lavoratori migranti a Doha.      
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