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Home » Attualità » Mustafa nella casa a Siena, la nuova vita del bambino siriano senza arti ha inizio

Mustafa nella casa a Siena, la nuova vita del bambino siriano senza arti ha inizio

La famiglia El Nezzel ha trascorso la prima notte nella nuova dimora in Toscana. Adesso la quarantena, poi le protesi e la riabilitazione a Budrio

Remy Morandi
22 Gennaio 2022
Mustafa, il bambino siriano

Mustafa, il bambino siriano

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Mustafa El Nezzel, il bambino siriano della foto simbolo, è arrivato con la famiglia nella sua nuova casa a Siena. Per tutti loro, il padre Munzir, la madre Zeynep, le due sorelline Nur e Sacide, ha finalmente inizio una nuova vita. Arrivata ieri sera a Roma, all’aeroporto Leonardo da Vinci di Fiumicino con un volo da Istanbul, la famiglia El Nezzel è stata portata a Siena, in Toscana, dove qui è stata accolta in una casa messa a disposizione dalla Caritas dell’Arcidiocesi di Siena. Presto il piccolo Mustafa, 6 anni, nato senza arti per colpa di un bombardamento aereo con armi chimiche in Siria, e il padre Munzir, 35 anni, anche lui mutilato, potranno completamente voltare pagina grazie alle protesi che riceveranno al Centro Protesi Vigorso di Budrio, a Bologna.

Mustafa e il primo giorno nella nuova casa a Siena

Munzir e Mustafa in arrivo a Siena

La speranza di una nuova vita è diventata dunque realtà. La famiglia El Nezzel si è già sistemata nella nuova casa a Siena. Dalle prime foto nella nuova abitazione si possono vedere i volti di Mustafa, Munzir, Zeynep, visibilmente stanchi. Dopo un lungo viaggio, partito da Istanbul, il padre ha comunque la forza di mostrare un sorriso. Anche le due sorelline si divertono, curiose di scoprire ogni angolo di quella nuova casa dove potranno giocare e divertirsi, lontane dall’incubo della guerra e dei bombardamenti. In quella casa la famiglia El Nezzel osserverà per dieci giorni un periodo di quarantena previsto dalle norme anti-Covid. L’Arcidiocesi di Siena fornirà loro, oltre all’abitazione, vitto e i “pocket money”, ossia il sussidio previsto per i rifugiati. È stato inoltre già trovato un mediatore linguistico per aiutare tutta la famiglia a comunicare e ad integrarsi con la comunità senese. E infine, dopo il periodo di quarantena, la Caritas si impegnerà a creare una rete di supporto e di relazioni con il territorio e supporterà la famiglia El Nezzel tramite una cooperativa accreditata nell’apprendimento della lingua italiana.

Protesi in arrivo per il padre Munzir e il piccolo Mustafa

Munzir e Mustafa, la foto-simbolo “Hardship of Life” / Credit Mehmet Aslan

Dopo questo primo periodo nella casa Siena, il piccolo Mustafa e il padre Munzir saranno accompagnati al Centro Protesi Vigorso di Budrio, a Bologna, dove riceveranno le protesi di cui hanno bisogno. Per sostenere le cure, il Siena Awards Festival ha avviato tramite la piattaforma Gofundme una raccolta fondi che in pochissimo tempo è riuscita a raccogliere circa 100mila euro.

Il fotografo della foto simbolo: “Un sogno che si avvera”

È “un sogno che si avvera”, ha commentato il fotografo turco Mehmet Aslan che ha scattato la foto-simbolo “Hardship of life” (La durezza della vita), quella che ritrae il padre Munzir e il piccolo Mustafa insieme e sorridenti. Quella foto venne scatta ad aprile del 2021 nella provincia turca di Hatay, dove la famiglia El Nezzel si stava rifugiando per scappare dai bombardamenti e dalla guerra in Siria. La foto di Mehmet Aslan fece presto il giro del mondo e vinse il prestigioso Siena International Photo Awards (SIPA) 2021. Nel solco del moto di solidarietà che esplose in Italia nei confronti del piccolo Mustafa, fu l’Ambasciata d’Italia ad Ankara, in coordinamento con la Farnesina, ad attivarsi per rintracciare la famiglia El Nezzel. L’operazione dell’Ambasciata riuscì, la famiglia fu trovata e vennero attivati immediatamente per tutti loro i programmi di accoglienza in Italia. Ieri mattina la famiglia El Nezzel è partita da Istanbul in Turchia ed è arrivata in serata all’aeroporto Leonardo da Vinci di Fiumicino, Roma, in serata. Poi il viaggio verso Siena, e finalmente per tutti loro è iniziata una nuova vita.

Le bombe in Siria e la nascita di Mustafa

Il padre Munzir e il piccolo Mustafa / Foto di Mehmet Aslan

Tutto ha inizio nel 2016, quando Munzir e la moglie Zeynep, a quel tempo incinta di Mustafa, si trovavano in un mercato a Idlib, una città della Siria nord-occidentale al confine con la Turchia. Qui una bomba sganciata dagli aerei del regime di Bashar al-Assad colpisce in pieno il mercato e la giovane coppia siriana. Nell’attacco Munzir perde la gamba destra. Sia lui che la moglie vengono trasportati d’urgenza con un’ambulanza in Turchia. I due vengono curati, ma il feto che portava in grembo Zeynep subisce danni irreversibili. Pochi giorni dopo infatti nasce Mustafa, affetto da tetra amelia, una rara e grave malattia che comporta l’assenza degli arti.

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  • Per una detenuta come Joy – nigeriana di 34 anni, arrestata nel 2014 per possesso di droga – uscire dal carcere significherà dover imparare a badare a se stessa. Lei che è lontana da casa e dalla famiglia, lei che non ha nessuno ad aspettarla. In carcere ha fatto il suo percorso, ha imparato tanto, ha sofferto di più. Ma ha anche conosciuto persone importanti, detenute come lei che sono diventate delle amiche. 

Mon solo. Nella Cooperativa sociale Gomito a Gomito, per esempio, ha trovato una seconda famiglia, un ambiente lavorativo che le ha offerto “opportunità che, se fossi stata fuori dal carcere, non avrei mai avuto”, come quella di imparare un mestiere e partecipare ad un percorso di riabilitazione sociale e personale verso l’indipendenza, anche economica.

Enrica Morandi, vice presidente e coordinatrice dei laboratori sartoriali del carcere di Rocco D’Amato (meglio noto ai bolognesi come “La Dozza”), si riferisce a lei chiamandola “la mia Joy”, perché dopo tanti anni di lavoro fianco a fianco ha imparato ad apprezzare questa giovane donna impegnata a ricostruire la propria vita: 

“Joy è extracomunitaria, nel nostro Paese non ha famiglia. Per lei sarà impossibile beneficiare degli sconti di pena su cui normalmente possono contare le detenute italiane, per buona condotta o per anni di reclusione maturati. Non è una questione di razzismo, è che esistono problemi logistici veri e propri, come il non sapere dove sistemare e a chi affidare queste ragazze, una volta lasciate le mura del penitenziario. Se una donna italiana ha ad attenderla qualcuno che si fa carico di ospitarla, Joy e altre come lei non hanno nessun cordone affettivo cui appigliarsi”.

L
  • Presidi psicologici, psicoterapeutici e di counselling per tutti gli studenti universitari e scolastici. Lo chiedono l’Udu, Unione degli universitari, e la Rete degli studenti medi nella proposta di legge ‘Chiedimi come sto’ consegnata a una delegazione di parlamentari nel corso di una conferenza stampa a Montecitorio.

La proposta è stata redatta secondo le conclusioni di una ricerca condotta da Spi-Cgil e Istituto Ires, che ha evidenziato come, su un campione di 50mila risposte, il 28 per cento abbia avuto esperienze di disturbi alimentari e oltre il 14 di autolesionismo.

“Nella nostra generazione è ancora forte lo stigma verso chi sta male ed è difficile chiedere aiuto - spiega Camilla Piredda, coordinatrice nazionale dell’Udu - l’interesse effettivo della politica si è palesato solo dopo il 15esimo suicidio di studenti universitari in un anno e mezzo. Ci sembra assurdo che la politica si interessi solamente dopo che si supera il limite, con persone che arrivano a scegliere di togliersi la vita.

Dall’altro lato, è positivo che negli ultimi mesi si sia deciso di chiedere a noi studenti come affrontare e come risolvere, il problema. Non è scontato e non è banale, perché siamo abituati a decenni in cui si parla di nuove generazioni senza parlare alle nuove generazioni”.

#luce #lucenews #università
  • La polemica politica riaccende i riflettori sulle madri detenute con i figli dopo la proposta di legge in merito alla detenzione in carcere delle donne in gravidanza: già presentata dal Pd nella scorsa legislatura, approvata in prima lettura al Senato, ma non alla Camera, prevedeva l’affido della madre e del minore a strutture protette, come le case famiglia, e vigilate. La dichiarata intenzione del centrodestra di rivedere il testo ha messo il Pd sul piede di guerra; alla fine di uno scontro molto acceso, i dem hanno ritirato il disegno di legge ma la Lega, quasi per ripicca, ne ha presentato uno nuovo, esattamente in linea con i desideri della maggioranza.

Lunedì non ci sarà quindi alcuna discussione alla Camera sul testo presentato da Debora Serracchiani nella scorsa legislatura, Tutto ripartirà da capo, con un nuovo testo, firmato da due esponenti del centrodestra: Jacopo Morrone e Ingrid Bisa.

“Questo (il testo Serracchini) era un testo che era già stato votato da un ramo del Parlamento, noi lo avevamo ripresentato per migliorare le condizioni delle detenute madri – ha spiegato ieri il dem Alessandro Zan – ma la maggioranza lo ha trasformato inserendovi norme che di fatto peggiorano le cose, consentendo addirittura alle donne incinte o con figli di meno di un anno di età di andare in carcere. Così non ha più senso, quindi ritiriamo le firme“.

Lo scontro tra le due fazioni è finito (anche) sui social media. "Sul tema delle borseggiatrici e ladre incinte occorre cambiare la visione affinché la gravidanza non sia una scusa“ sottolineano i due presentatori della proposta.

La proposta presentata prevede modifiche all’articolo 146 del codice penale in materia di rinvio obbligatorio dell’esecuzione della pena: “Se sussiste un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti – si legge nel testo presentato – il magistrato di sorveglianza può disporre che l’esecuzione della pena non sia differita, ovvero, se già differita, che il differimento sia revocato. Qualora la persona detenuta sia recidiva, l’esecuzione della pena avviene presso un istituto di custodia attenuata per detenute madri“.

#lucenews #madriincarcere
Mustafa El Nezzel, il bambino siriano della foto simbolo, è arrivato con la famiglia nella sua nuova casa a Siena. Per tutti loro, il padre Munzir, la madre Zeynep, le due sorelline Nur e Sacide, ha finalmente inizio una nuova vita. Arrivata ieri sera a Roma, all’aeroporto Leonardo da Vinci di Fiumicino con un volo da Istanbul, la famiglia El Nezzel è stata portata a Siena, in Toscana, dove qui è stata accolta in una casa messa a disposizione dalla Caritas dell’Arcidiocesi di Siena. Presto il piccolo Mustafa, 6 anni, nato senza arti per colpa di un bombardamento aereo con armi chimiche in Siria, e il padre Munzir, 35 anni, anche lui mutilato, potranno completamente voltare pagina grazie alle protesi che riceveranno al Centro Protesi Vigorso di Budrio, a Bologna.

Mustafa e il primo giorno nella nuova casa a Siena

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La speranza di una nuova vita è diventata dunque realtà. La famiglia El Nezzel si è già sistemata nella nuova casa a Siena. Dalle prime foto nella nuova abitazione si possono vedere i volti di Mustafa, Munzir, Zeynep, visibilmente stanchi. Dopo un lungo viaggio, partito da Istanbul, il padre ha comunque la forza di mostrare un sorriso. Anche le due sorelline si divertono, curiose di scoprire ogni angolo di quella nuova casa dove potranno giocare e divertirsi, lontane dall’incubo della guerra e dei bombardamenti. In quella casa la famiglia El Nezzel osserverà per dieci giorni un periodo di quarantena previsto dalle norme anti-Covid. L’Arcidiocesi di Siena fornirà loro, oltre all’abitazione, vitto e i “pocket money”, ossia il sussidio previsto per i rifugiati. È stato inoltre già trovato un mediatore linguistico per aiutare tutta la famiglia a comunicare e ad integrarsi con la comunità senese. E infine, dopo il periodo di quarantena, la Caritas si impegnerà a creare una rete di supporto e di relazioni con il territorio e supporterà la famiglia El Nezzel tramite una cooperativa accreditata nell’apprendimento della lingua italiana.

Protesi in arrivo per il padre Munzir e il piccolo Mustafa

Munzir e Mustafa, la foto-simbolo "Hardship of Life" / Credit Mehmet Aslan
Dopo questo primo periodo nella casa Siena, il piccolo Mustafa e il padre Munzir saranno accompagnati al Centro Protesi Vigorso di Budrio, a Bologna, dove riceveranno le protesi di cui hanno bisogno. Per sostenere le cure, il Siena Awards Festival ha avviato tramite la piattaforma Gofundme una raccolta fondi che in pochissimo tempo è riuscita a raccogliere circa 100mila euro.

Il fotografo della foto simbolo: "Un sogno che si avvera"

È “un sogno che si avvera”, ha commentato il fotografo turco Mehmet Aslan che ha scattato la foto-simbolo “Hardship of life” (La durezza della vita), quella che ritrae il padre Munzir e il piccolo Mustafa insieme e sorridenti. Quella foto venne scatta ad aprile del 2021 nella provincia turca di Hatay, dove la famiglia El Nezzel si stava rifugiando per scappare dai bombardamenti e dalla guerra in Siria. La foto di Mehmet Aslan fece presto il giro del mondo e vinse il prestigioso Siena International Photo Awards (SIPA) 2021. Nel solco del moto di solidarietà che esplose in Italia nei confronti del piccolo Mustafa, fu l’Ambasciata d’Italia ad Ankara, in coordinamento con la Farnesina, ad attivarsi per rintracciare la famiglia El Nezzel. L’operazione dell’Ambasciata riuscì, la famiglia fu trovata e vennero attivati immediatamente per tutti loro i programmi di accoglienza in Italia. Ieri mattina la famiglia El Nezzel è partita da Istanbul in Turchia ed è arrivata in serata all’aeroporto Leonardo da Vinci di Fiumicino, Roma, in serata. Poi il viaggio verso Siena, e finalmente per tutti loro è iniziata una nuova vita.

Le bombe in Siria e la nascita di Mustafa

Il padre Munzir e il piccolo Mustafa / Foto di Mehmet Aslan
Tutto ha inizio nel 2016, quando Munzir e la moglie Zeynep, a quel tempo incinta di Mustafa, si trovavano in un mercato a Idlib, una città della Siria nord-occidentale al confine con la Turchia. Qui una bomba sganciata dagli aerei del regime di Bashar al-Assad colpisce in pieno il mercato e la giovane coppia siriana. Nell’attacco Munzir perde la gamba destra. Sia lui che la moglie vengono trasportati d’urgenza con un’ambulanza in Turchia. I due vengono curati, ma il feto che portava in grembo Zeynep subisce danni irreversibili. Pochi giorni dopo infatti nasce Mustafa, affetto da tetra amelia, una rara e grave malattia che comporta l'assenza degli arti.
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