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Mustafa, quarantena tra giocattoli e prime parole in italiano. Il bambino siriano sogna le protesi

di REMY MORANDI -
24 gennaio 2022
Mustafa e la famiglia El Nezzel nella casa a Siena

Mustafa e la famiglia El Nezzel nella casa a Siena

Ci sono delle bellissime mattine di sole a Siena. E Mustafa, il bambino siriano nato senza arti, attende di poterle trascorrere giocando e divertendosi insieme ai suoi nuovi amici. Per il momento però, il piccolo di 6 anni - arrivato venerdì scorso in Italia insieme al padre Munzir, la madre Zeynep e le sorelline Nur e Sacide - è costretto a rimanere dentro le mura di casa, in attesa che i dieci giorni di quarantena, ormai diventati sette, finiscano. Si gioca a casa dunque, con la mamma, il papà, le sorelline e tutti i volontari della Caritas che costantemente vanno a trovare la famiglia El Nezzel. I giocattoli non mancano. Tra i più amati dal piccolo Mustafa – come scrive Claudio Capanni sulle pagine de La Nazione e di Quotidiano Nazionale - ci sono ovviamente loro: i Lego. Con quei mattoncini il bambino si diverte, ma non solo. Giocandoci, il piccolo riesce a imparare le sue prime parole in italiano: verde, giallo, rosso.

Il governatore della Toscana Eugenio Giani, 62 anni, con il piccolo Mustafa, 6 anni

Mustafa quando riceverà le protesi?

Giocattoli e visite dei volontari della Caritas. Così, dunque, il piccolo Mustafa sta trascorrendo i suoi primi giorni in Italia. Ieri ha perfino ricevuto la visita del presidente della Regione Toscana, Eugenio Giani, che con un post sui social ha raccontato: “Mustafa sogna di andare a scuola con gambe e braccia, come gli altri bambini. Dobbiamo fare di tutto per coronare con le adeguati protesi il suo sogno”. E in effetti, dopo la quarantena sarà il tempo delle cure, delle visite preliminari, degli accertamenti per poter procedere alla realizzazione delle protesi. Sia per il piccolo Mustafa, nato senza braccia né gambe, sia per il padre Munzir, rimasto senza la gamba destra a causa dell’esplosione di una bomba. Tutto avrà inizio a febbraio con le prime visite al Centro Protesi Vigorso di Budrio, a Bologna. Qui un team di medici e specialisti assisterà Mustafa e Munzir, poi avrà inizio il percorso per la produzione delle protesi. Nessuno però al momento può fare previsioni su quanto dureranno le cure e su quando Mustafa e Munzir riceveranno le protesi. La situazione del padre “è risolvibile in breve tempo, trattandosi di una menomazione derivante da trauma”, spiega la Caritas. Quella di Mustafa, invece, “sarà più complessa perché il bambino non ha mai avuto gli arti e dovrà sperimentare il senso dell’equilibrio. Sarà un cammino lungo”, sottolinea il team della Caritas.

Munzir e Mustafa, la foto-simbolo "Hardship of Life" / Credit Mehmet Aslan

La raccolta fondi prosegue: donati 150mila euro

I fondi per le protesi di Mustafa e Munzir comunque non mancano. Prima dell’arrivo, venerdì scorso, di Mustafa e Munzir in Italia, la raccolta fondi “Can a Photo Make a Difference?” (Può una foto fare la differenza?), organizzata dal Siena International Photo Award sulla piattaforma Gofundme, aveva già raggiunto la cifra di 100mila euro, sufficienti a garantire le cure del papà e del piccolo. Adesso, dopo pochi giorni dal loro arrivo nella casa a Siena, la raccolta è cresciuta fino ad arrivare alla somma di circa 150mila euro. Tre giorni fa è addirittura arrivata una donazione anonima da 10mila euro. “Al momento – spiega il direttore del Siena International Photo Award, Luca Venturi – sono stati raccolti fondi per le protesi e per provvedere al fabbisogno della famiglia” ma questi soldi serviranno anche “quando il bimbo crescerà e l’attenzione intorno a questa vicenda sarà calata”, aggiunge Venturi che ha deciso di lasciare aperta la raccolta fondi sulla piattaforma Gofundme, dove chiunque può fare una donazione libera per il piccolo Mustafa.

Il padre Munzir e il piccolo Mustafa / Foto di Mehmet Aslan

La bomba al mercato e la foto simbolo. Com’è nata la storia di Mustafa

Per rispondere al titolo della raccolta fondi “Can a Photo Make a Difference?” verrebbe a questo punto da dire: sì, è possibile che una foto riesca a fare la differenza. E in effetti, la storia della famiglia El Nezzel lo dimostra. Tutto ebbe inizio nel 2016, quando Munzir e la moglie Zeynep vennero colpiti da una bomba lanciata da un caccia del regime di Bashar al-Assad in un mercato a Idlib, città della Siria nord-occidentale. Nell’attacco Munzir perse la gamba destra. La moglie Zeynep, in quel momento incinta del piccolo Mustafa, si salvò ma il feto subì danni irreversibili. Il piccolo, infatti, nacque poco tempo dopo senza arti, affetto da una grave forma di tetra amelia. Tre anni dopo la bomba, Zeynep e Munzir decisero di scappare dalla Siria, rifugiandosi nella provincia turca di Hatay. Fu proprio qui che il fotografo turco Mehmet Aslan scattò quella foto, “Hardship of Life”, destinata a cambiare la vita per sempre della famiglia El Nezzel. Quella foto simbolo infatti vinse il Siena International Photo Awards (SIPA) 2021. Il moto di solidarietà nei confronti della storia di Mustafa si diffuse presto in tutta Italia. L’ambasciata italiana ad Ankara e la Farnesina si attivarono per trovare la famiglia El Nezzel. L’operazione ebbe successo e parallelamente il Siena Awards attivò la raccolta fondi per sostenere l’arrivo di Mustafa in Italia. E così, venerdì 21 gennaio alle ore 17 e 32 il volo TK1663, partito da Istanbul, è atterrato a Roma. A bordo c’era tutta la famiglia del piccolo Mustafa, lui compreso. Una nuova vita aveva inizio. [video width="854" height="480" mp4="https://luce.lanazione.it/wp-content/uploads/2022/01/bambino2.mp4"][/video]