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Home » Attualità » Natalità, quando la richiesta di aiuto arriva da un padre: “Essere genitori oggi è da eroi”

Natalità, quando la richiesta di aiuto arriva da un padre: “Essere genitori oggi è da eroi”

Paolo De Nadai, imprenditore costretto a casa per accudire il figlio ammalato, si sfoga su Linkedin: "Viviamo in una società che rende l’avere famiglia un percorso a ostacoli"

Letizia Cini
25 Febbraio 2023
Paolo De Nadai, fondatore ScuolaZoo & WeRoad e presidente OneDay Group e papà di Carlo

Paolo De Nadai, fondatore ScuolaZoo & WeRoad e presidente OneDay Group e papà di Carlo

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“Oggi niente lavoro. Oggi si fa il papà full time“. Scrive così sul suo profilo Linkedin Paolo De Nadai, imprenditore classe 1988, presidente di OneDay Group, fondatore di ScuolaZoo & WeRoad e soprattutto…. papà di Carlo, 18 mesi. Nella breve “lettera“ affidata alla rete, il manager 35enne solleva una questione di non poco conto: la difficoltà di essere genitore in una società che rende l’avere famiglia un percorso a ostacoli. Ma torniamo alle parole di Paolo De Nadai.

Buttate giù in un momento di sconforto?

“No, non è certo che mi dispiaccia fare il padre: Carlo è meraviglioso. Mi dispiace doverlo fare perché in questo Paese si parla pochissimo di natalità e ancora meno sono i fatti concreti in favore delle coppie che contro ogni buon senso hanno ancora voglia di fare figli“.

Perché dice che oggi diventare genitori è da eroi?

“La conferma è nella vita quotidiana; i posti all’asilo introvabili qui a Milano (come nel resto del Paese), le ’rette’ si mangiano metà dello stipendio. L’altra metà va in baby sitter e ore di permessi in quanto, ovviamente, l’asilo ha orari incompatibili con la vita lavorativa di oggi e comunque lo sanno tutti: i bambini si ammalano 5-6 volte a stagione invernale e quando tuo figlio è ammalato non puoi portarlo all’asilo (che intanto però paghi lo stesso)“.

Così è iniziata la terza settimana di seguito a casa con Carlo.

“Già, fortunatamente risolta, con figlio guarito e io rientrato al lavoro. Ma non la difficoltà dell’avere prole non è solo un fatto tema di costi o di carriera rallentata. Diventare genitori è da eroi anche per l’impatto che questo ha nella vita di coppia e personale. Un cinema, una cena o anche un semplice aperitivo con gli amici diventano dei miraggi. I weekend invernali sono al 70% passati chiusi in casa tra una Tachipirina, un aerosol e mille acrobazie per fargli prendere l’antibiotico senza che lo sputi».

Non ci sono più i vicini di casa di una volta ai quali rivolgersi nei momenti di emergenza bimbi?

“Dipende, e certamente non qui. Soprattutto nelle grandi città non esiste più la rete sociale di supporto alla famiglia che c’era una volta“.

Parentela varia?

“I nonni abitano lontano, la vita di quartiere è inesistente e il pediatra non ti risponde mai, così l’unica strada, anche in questo caso, resta il privato“.

Un momento del monologo sulla maternità di Chiara Francini sul palco si Sanremo 2023
Un momento del monologo sulla maternità di Chiara Francini sul palco si Sanremo 2023

Tra i tanti temi sociali portati sul palco di Sanremo forse ne mancava qualcuno?

“Mi è dispiaciuto vedere poco o nulla sulla difficoltà oggi di essere genitori. Mia moglie mi ha fatto ragionare su come a fianco al monologo di Chiara Francini sul sentirsi ’sbagliate’ perché non si è diventate mamma, ne sarebbe servito uno altro altrettanto forte per tutte quelle donne e papà che arrivano alla sera stremati dalla giornata di lavoro, senza alcun supporto con solo il sorriso e l’amore infinito che si prova verso i figli a fare da barriera alla domanda: ma chi me l’ha fatto fare? E non è tutto, c’è un dato che dovrebbe allarmare chi governa il Paese“.

E sarebbe?

“Ormai si parla di inverno demografico con meno di 400mila nati e un milione di nuovi pensionati all’anno: una notizia come questa dovrebbe essere al primo posto di ogni TG, nell’agenda politica, nel dibattito culturale e sociale. E invece il nulla. A distanza di 2000 anni la formula ’panem et circenses’ continua a funzionare alla grande: reddito di cittadinanza, Rosa Chemical che bacia Fedez e nessuno parla del fatto che ormai in Italia non facciamo più figli, i pochi che facciamo al 12% abbandonano la scuola, in 3 milioni sono Neet e in 100mila ogni anno vanno a vivere all’estero“.

Paolo De Nadai, imprenditore classe 1987, presidente di OneDay Group, fondatore di ScuolaZoo & WeRoad
Paolo De Nadai, imprenditore classe 1987, presidente di OneDay Group, fondatore di ScuolaZoo & WeRoad

Come imprenditore fa tesoro di tutto questo?

“Non solo, proprio in virtù del mio ruolo ho il dovere dell’ottimismo: vedo anche sempre più aziende, associazioni, persone impegnate nella lotta al proliferare dei Neet (questa la definizione data ai giovani italiani che non studiano e non lavorano, ndr), all’abbandono scolastico, impegnati nel supporto ai genitori e alla parità di carriera non solo tra uomini e donne, ma anche tra chi ha e chi non ha figli. Perché essere genitori non deve più rappresentare un freno, un problema alla carriera“.

Nel suo gruppo ci sono aziende come ScuolaZoo, WeRoad, Chef in Camicia e ZooCom che si occupano di giovani.

“OneDay Group è una holding che attraverso il lavoro delle sue company si occupa proprio di loro: in OneDay lavorano 330 persone e l’età media è 30 anni“.

Perché questa scelta?

“Il nostro obiettivo è quello di stravolgere le regole del lavoro e di fare impresa, per questo lo stile è informale e innovato. Pratiche come lo smart working libero in OneDay sono la normalità dal 2018, e nel 2022 abbiamo introdotto le ferie libere’. Inoltre cerchiamo di supportare i nostri colleghi che stanno mettendo su famiglia“.

In che modo?

“Quello più utile (sorride, ndr), aiutandoli economicamente grazie a un piano di welfare strutturato, come un bonus una tantum di mille euro per matrimoni o unioni civile e un bonus di 300 euro al mese per tre anni (circa 11mila euro in totale) come supporto alla crescita dei figli. Lo scorso anno in azienda abbiamo festeggiato 19 nascite. Motivo? Fatti, non parole. Anche se su certi ’palchi’ servirebbero anche quelle“.

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  • "Ora dobbiamo fare di meno, per il futuro".

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  • Per una detenuta come Joy – nigeriana di 34 anni, arrestata nel 2014 per possesso di droga – uscire dal carcere significherà dover imparare a badare a se stessa. Lei che è lontana da casa e dalla famiglia, lei che non ha nessuno ad aspettarla. In carcere ha fatto il suo percorso, ha imparato tanto, ha sofferto di più. Ma ha anche conosciuto persone importanti, detenute come lei che sono diventate delle amiche. 

Mon solo. Nella Cooperativa sociale Gomito a Gomito, per esempio, ha trovato una seconda famiglia, un ambiente lavorativo che le ha offerto “opportunità che, se fossi stata fuori dal carcere, non avrei mai avuto”, come quella di imparare un mestiere e partecipare ad un percorso di riabilitazione sociale e personale verso l’indipendenza, anche economica.

Enrica Morandi, vice presidente e coordinatrice dei laboratori sartoriali del carcere di Rocco D’Amato (meglio noto ai bolognesi come “La Dozza”), si riferisce a lei chiamandola “la mia Joy”, perché dopo tanti anni di lavoro fianco a fianco ha imparato ad apprezzare questa giovane donna impegnata a ricostruire la propria vita: 

“Joy è extracomunitaria, nel nostro Paese non ha famiglia. Per lei sarà impossibile beneficiare degli sconti di pena su cui normalmente possono contare le detenute italiane, per buona condotta o per anni di reclusione maturati. Non è una questione di razzismo, è che esistono problemi logistici veri e propri, come il non sapere dove sistemare e a chi affidare queste ragazze, una volta lasciate le mura del penitenziario. Se una donna italiana ha ad attenderla qualcuno che si fa carico di ospitarla, Joy e altre come lei non hanno nessun cordone affettivo cui appigliarsi”.

L
  • Presidi psicologici, psicoterapeutici e di counselling per tutti gli studenti universitari e scolastici. Lo chiedono l’Udu, Unione degli universitari, e la Rete degli studenti medi nella proposta di legge ‘Chiedimi come sto’ consegnata a una delegazione di parlamentari nel corso di una conferenza stampa a Montecitorio.

La proposta è stata redatta secondo le conclusioni di una ricerca condotta da Spi-Cgil e Istituto Ires, che ha evidenziato come, su un campione di 50mila risposte, il 28 per cento abbia avuto esperienze di disturbi alimentari e oltre il 14 di autolesionismo.

“Nella nostra generazione è ancora forte lo stigma verso chi sta male ed è difficile chiedere aiuto - spiega Camilla Piredda, coordinatrice nazionale dell’Udu - l’interesse effettivo della politica si è palesato solo dopo il 15esimo suicidio di studenti universitari in un anno e mezzo. Ci sembra assurdo che la politica si interessi solamente dopo che si supera il limite, con persone che arrivano a scegliere di togliersi la vita.

Dall’altro lato, è positivo che negli ultimi mesi si sia deciso di chiedere a noi studenti come affrontare e come risolvere, il problema. Non è scontato e non è banale, perché siamo abituati a decenni in cui si parla di nuove generazioni senza parlare alle nuove generazioni”.

#luce #lucenews #università
  • La polemica politica riaccende i riflettori sulle madri detenute con i figli dopo la proposta di legge in merito alla detenzione in carcere delle donne in gravidanza: già presentata dal Pd nella scorsa legislatura, approvata in prima lettura al Senato, ma non alla Camera, prevedeva l’affido della madre e del minore a strutture protette, come le case famiglia, e vigilate. La dichiarata intenzione del centrodestra di rivedere il testo ha messo il Pd sul piede di guerra; alla fine di uno scontro molto acceso, i dem hanno ritirato il disegno di legge ma la Lega, quasi per ripicca, ne ha presentato uno nuovo, esattamente in linea con i desideri della maggioranza.

Lunedì non ci sarà quindi alcuna discussione alla Camera sul testo presentato da Debora Serracchiani nella scorsa legislatura, Tutto ripartirà da capo, con un nuovo testo, firmato da due esponenti del centrodestra: Jacopo Morrone e Ingrid Bisa.

“Questo (il testo Serracchini) era un testo che era già stato votato da un ramo del Parlamento, noi lo avevamo ripresentato per migliorare le condizioni delle detenute madri – ha spiegato ieri il dem Alessandro Zan – ma la maggioranza lo ha trasformato inserendovi norme che di fatto peggiorano le cose, consentendo addirittura alle donne incinte o con figli di meno di un anno di età di andare in carcere. Così non ha più senso, quindi ritiriamo le firme“.

Lo scontro tra le due fazioni è finito (anche) sui social media. "Sul tema delle borseggiatrici e ladre incinte occorre cambiare la visione affinché la gravidanza non sia una scusa“ sottolineano i due presentatori della proposta.

La proposta presentata prevede modifiche all’articolo 146 del codice penale in materia di rinvio obbligatorio dell’esecuzione della pena: “Se sussiste un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti – si legge nel testo presentato – il magistrato di sorveglianza può disporre che l’esecuzione della pena non sia differita, ovvero, se già differita, che il differimento sia revocato. Qualora la persona detenuta sia recidiva, l’esecuzione della pena avviene presso un istituto di custodia attenuata per detenute madri“.

#lucenews #madriincarcere
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Paolo De Nadai, imprenditore classe 1987, presidente di OneDay Group, fondatore di ScuolaZoo & WeRoad
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